Criteri di ecclesialità dei gruppi, movimenti, associazioni

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Parte I - Criteri per il discernimento

8. - Sulla scorta degli elementi offerti dal Concilio e degli orientamenti che hanno presieduto all'elaborazione della imminente riforma del C.J.C., si possono tracciare alcune linee che servono come criteri autorevoli e sicuri di giudizio e di comportamento per i Pastori e, indirettamente, per le stesse aggregazioni, tanto per il discernimento dell'ecclesialità di queste realtà aggregative, quanto per il riconoscimento delle medesime nel rapporto di collaborazione con i Pastori.

Sulla base dell'insieme delle indicazioni conciliari i criteri di ecclesialità sono facilmente riducibili ai seguenti:

1) fedeltà all'ortodossia,

2) conformità alle finalità della Chiesa,

3) comunione con il Vescovo,

4) riconoscimento della pluralità associativa e disponibilità alla collaborazione.

I. - Ortodossia dottrinale e coerenza dei metodi e dei comportamenti

9. - È il primo criterio di ecclesialità, che merita attenta considerazione.

a) Una chiara adesione alla dottrina della fede cattolica e al magistero della Chiesa, che la interpreta e la proclama, è indubbiamente condizione indispensabile perché una realtà possa legittimamente esistere come tale « nella Chiesa ».

Questo requisito importa la disponibilità ad aderire all'insegnamento della Chiesa non soltanto quando essa propone « i principi dell'ordine etico e religioso », ma anche quando essa attua il dovere e il diritto, che le competono, « di intervenire con autorità presso i suoi figli nella sfera dell'ordine temporale per giudicare dell'applicazione di quei principi ai casi concreti ».5

b) Occorre pure che le associazioni, movimenti e gruppi promuovano e garantiscano, di conseguenza, una limpida coerenza cristiana nei metodi formativi e nei comportamenti comunitari.

c) Non può mancare, in modo particolare, il necessario equilibrio che nell'azione formativa deve esistere:

- tra dimensione personale e dimensione comunitaria;

- tra appartenenza alla Chiesa e appartenenza ai gruppo;

- tra impegno di preghiera, coerenza di vita e azione per gli altri;

- tra impegno del laico « nella Chiesa » e impegno del laico « nel mondo »;

- tra valorizzazione della vocazione specifica dei laici e riconoscimento della funzione ecclesiale della Gerarchia;

- tra autonomia di vita e di attività del gruppo e rapporto con le strutture fondamentali della vita pastorale ( diocesi e parrocchie );

- quando si tratta di movimenti giovanili che hanno componenti maschili e femminili, tra momenti di formazione e di vita distinti e momenti di formazione e di vita comuni.

d) La coerenza importa inoltre l'impegno di tendere a realizzare una « intima unità » tra la fede e la vita vissuta, nella convinzione che l'incidenza delle associazioni dipende « dalla testimonianza cristiana e dallo spirito evangelico dei singoli membri e di tutta l'associazione »,6 e che perciò « di ben poca utilità saranno ( … ) le associazioni più fiorenti, se non sono volte ad educare gli uomini alla maturità cristiana ».7

e) Da parte infine di sacerdoti e religiosi, eventualmente coinvolti in tali realtà aggregative, si esige il rispetto degli obblighi prioritari della vita diocesana e della vita religiosa.

II. - Conformità alle finalità della Chiesa

10. - Questo requisito appare ovvio; ma non sembrano inutili, per una sua retta interpretazione, alcune precisazioni.8

a) Svolgono attività sicuramente conformi alle finalità della Chiesa - ossia all'evangelizzazione - tutte quelle associazioni che si propongono scopi spirituali, religiosi, formativi, pastorali, come pure quelle che attendono all'esercizio di opere di pietà, di misericordia, di carità.

La conformità delle finalità di queste associazioni, movimenti, gruppi, ecc. con quelle della Chiesa si mostra in questi casi molto nettamente; e il Concilio riconosce e raccomanda la ricchezza di iniziative che derivano da tali finalità.

b) Sono egualmente conformi alle finalità di evangelizzazione della Chiesa le associazioni che perseguono scopi di animazione cristiana dell'ordine temporale.

Considerando però che tale scopo può essere realizzato in modi diversi, occorre tener conto della precisazione del Concilio il quale ritiene « di grande importanza, soprattutto in una società pluralistica, … che si faccia una chiara distinzione tra le azioni che i fedeli, individualmente o associati tra loro, compiono in proprio nome come cittadini, guidati dalla coscienza cristiana, e le azioni che essi compiono in nome della Chiesa in comunione con i loro pastori ».9

11. - Si deve distinguere, a questo proposito, tra associazioni di ispirazione cristiana che operano nel temporale, e associazioni di animazione cristiana del temporale.

a) Le associazioni di ispirazione cristiana che operano nel temporale sono quelle i cui membri, interpretando le diverse situazioni culturali, professionali, sociali, politiche, alla luce dei principi cristiani, e intervenendo in esse per farle crescere secondo prospettive di autentico umanesimo plenario, impegnano nella propria azione esclusivamente se stessi, operando sempre e soltanto sotto la propria responsabilità, personale o collettiva.10

Si tratta di realtà associative che, pur rivestendo una grande importanza come concreti strumenti per un'efficace azione dei cristiani nel mondo, non presentano tuttavia una specifica consistenza ecclesiale; ad esse, tra l'altro, possono aderire o comunque dare il proprio sostegno persone che ne condividono gli ideali e i programmi, anche senza condividere un preciso e personale impegno di fede e di vita ecclesiale.11

L'autorità pastorale della Chiesa, di conseguenza, non assume una diretta responsabilità nei loro confronti.12

b) Le associazioni di animazione cristiana del temporale sono invece quelle che mirano propriamente alla formazione, al coordinamento e al sostegno dei laici per una presenza cristianamente significativa nei diversi campi dell'impegno culturale, professionale, sociale.

È una presenza che si propone espressamente finalità di testimonianza cristiana nell'impegno di promozione umana e di partecipazione sociale e quindi presuppone nei membri una adesione personale ai valori evangelici, motivata dalla fede e sostenuta dalla carità, che diventa ansia apostolica soprattutto negli ambienti di vita e di lavoro.

Si tratta, in questo caso, di associazioni che, coerentemente alla loro natura, si raccordano in modo più o meno intenso con la comunità cristiana e con i suoi Pastori; che anzi, in un certo senso, la esprimono e la rendono visibile sulla complessa frontiera delle realtà socio-temporali, pur trattenendosi dall'operare in proprio scelte politico-sociali in senso specifico, che restano affidate all'ulteriore responsabilità dei cristiani, singoli o associati, « in quanto cittadini ».

Queste debbono essere ritenute, a loro modo, vere aggregazioni ecclesiali e, pur distinte da quelle che hanno finalità spirituali-religiose formative- pastorali, rientrano nell'area delle realtà associative cui intende far riferimento la presente nota.13

III. - Comunione con il Vescovo

12. - La volontà di piena comunione con il Vescovo, « principio visibile e fondamento dell'unità della Chiesa particolare » ( LG, 22a ), si dimostra autentica se si traduce concretamente nella disponibilità ad accogliere con lealtà e con fiducia:

a) i principi dottrinali e gli orientamenti pastorali che il Vescovo richiama nonché i sussidi spirituali e formativi che egli eventualmente offre;

b) la sua azione di coordinamento pastorale, che mira ad armonizzare tutta l'attività dei fedeli e a finalizzarla al bene comune della Chiesa, evitando la dispersione delle forze o l'introduzione di forme e metodi meno opportuni;

c) l'esercizio del suo compito di vigilanza e, se occorre, di richiamo e di correzione per il recupero di una piena comunione ecclesiale;14

d) il ministero del presbitero eventualmente inviato o approvato dal Vescovo.

IV. - Riconoscimento della legittima pluralità delle forme associate nella Chiesa e disponibilità alla collaborazione con le altre associazioni

13. - Si richiede da parte di ogni associazione un atteggiamento di rispetto, di stima, di apertura verso le forme associative diverse dalla propria; e tale atteggiamento si dimostra vero se si traduce in una disponibilità reale al coordinamento e alla collaborazione con esse, pur nel rispetto della natura propria di ciascuna, e al di sopra di ogni spirito discriminatorio, che comporta spesso il pericolo di autoidentificarsi con la Chiesa.

* * *

14. - A questo punto, concludendo il presente capitolo, conviene far cenno a un ultimo criterio di verifica dell'ecclesialità delle associazioni, che in un certo senso riassume e integra i quattro che si sono fin qui recensiti: e precisamente al criterio dei frutti spirituali.

Per « frutti spirituali » si intendono quegli elementi di spiccato rilievo soprannaturale che accompagnano, su una certa distanza di tempo, l'opera di un'associazione, movimento, gruppo, ecc. e rappresentano, in un certo senso, la controprova degli autentici dinamismi « spirituali », cioè mossi dallo Spirito Santo, che in essi e attraverso di essi si esprimono:

il largo spazio dato alla preghiera,

lo stile di povertà,

la disponibilità al servizio della carità,

il fiorire di vocazioni sacerdotali e di speciale consacrazione,

l'invenzione di nuovi metodi di evangelizzazione,

il coraggio di una presenza esplicita in ambienti difficili,

la passione per l'accostamento dei lontani dalla pratica della fede,

il maturare di vere conversioni,

la forte « presa » sui giovani,

la riscoperta della fraternità vissuta e della comunione dei beni,

la rivalutazione dei carismi e dei ministeri, ecc.

Si dovrà però sempre ricordare che tali « frutti » sono a loro volta da verificare alla luce del complesso armonico di tutti i valori cristiani: così, ad esempio,

la povertà non è pauperismo iroso e polemico,

l'accostamento dei lontani non può finire in gretto proselitismo,

la carità fraterna deve essere esercitata in primo luogo verso le persone e le strutture ordinarie della comunità cristiana senza altezzose prese di distanza,

le vocazioni devono accettare di farsi verificare dalla Chiesa e di inserirsi lealmente e cordialmente nei normali canali formativi da essa predisposti,

il coraggio di una presenza esplicita non può assumere toni di intolleranza,

la fraternità non deve scadere nell'intimismo,

l'apprezzamento dei carismi non può confondersi con la ricerca dello « straordinario », e via dicendo.

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5 Giovanni XXIII, Enc. Pacem in terris, n. 57;
cfr. anche GS 43b;
Paolo VI, Lett. Ap. Octogesima adveniens, n. 4
6 AA 19b
7 PO 6b;
cfr. anche Giovanni Paolo II, Esort. Ap. Catechesi tradendae, n. 70
8 Per quanto riguarda, tra le altre, le finalità apostoliche della Chiesa, è noto che il Concilio Vaticano II presenta un concetto di « apostolato » molto ampio: lo riferisce infatti non soltanto alla finalità che, con terminologia piuttosto fluttuante, chiama « soprannaturale » ( CD 17b ), « religiosa » ( GS 42b ), « immediatamente spirituale » ( AA 24d ), e che consiste nella « salvezza degli uomini », cioè nel « portare il messaggio di Cristo e la sua grazia agli uomini » ( AA 5 ); ma lo estende anche alla finalità della « animazione cristiana dell'ordine temporale » ( AA 19a ), alla missione di « permeare e perfezionare l'ordine delle realtà temporali con lo spirito evangelico » ( AA 5 ), che si traduce nel « lavorare affinché gli uomini siano resi capaci di ben costruire l'ordine temporale e di ordinario a Dio per mezzo di Cristo » ( AA 7d ), o, in altri termini, nel far sì che l'ordine temporale sia « instaurato in modo che, nel rispetto integrale delle leggi sue proprie, sia reso ulteriormente conforme ai principi della vita cristiana » ( AA 7d; su questo aspetto, cfr. anche la sottolineatura molto forte dell'Esortazione apostolica di Paolo VI Evangelii nuntiandi, n. 70 ).
Ciò si spiega alla luce della convinzione del Concilio che sebbene l'ordine « temporale » e quello « spirituale » siano distinti, tuttavia « nell'unico disegno di Dio sono così legati, che Dio stesso intende ricapitolare in Cristo tutto il mondo per formare una nuova creatura, in modo iniziale su questa terra, in modo perfetto nell'ultimo giorno », e che « in ambedue gli ordini il laico, che è ad un tempo fedele e cittadino, deve continuamente farsi guidare dalla sola coscienza cristiana » ( AA 5 )
9 GS 76a; cfr. anche LG 36d
10 Hanno tale natura, ad esempio, quelle realtà associative che si propongono finalità direttamente politiche o sindacali, o di intervento e servizio sociale,o di promozione professionale, o di azione solidaristica e cooperativa; così pure quelle che - come oggi s'usa dire - operano « nel civile », come aggregazioni politicoculturali in senso lato ( pre ed extra-partitiche )
11 A ben vedere, si tratta di organismi « civili » più che « ecclesiali », anche se in concreto sono promossi da cristiani che in essi mettono a frutto la luce che proviene dalla fede e la forza d'impegno che nasce dalla carità.
In tali organismi si esprime piuttosto quel diritto di libera associazione per finalità non contrastanti con i valori fondamentali che è proprio della persona umana in quanto tale ed è solitamente riconosciuto come diritto costituzionalmente garantito negli Stati veramente democratici.
Si può ricordare una pagina illuminante del terzo Sinodo dei Vescovi: « Di per sé, non spetta alla Chiesa, in quanto comunità religiosa e gerarchica, fornire soluzioni concrete in campo sociale, economico e politico per la causa della giustizia nel mondo.
La sua missione, però, porta con sé la difesa e la promozione della dignità e dei diritti fondamentali della persona urilana.
I membri della Chiesa, in quanto membri della società civile, hanno il diritto e il dovere di perseguire, al pari degli altri cittadini, il bene comune.
I cristiani devono adempiere con fedeltà e competenza le loro funzioni di ordine temporale …
Essi devono operare, come un fermento nel mondo, nella vita familiare, professionale, sociale, culturale e politica.
Sta a loro assumersi in tutto questo campo la propria responsabilità, seguendo come guida lo spirito del Vangelo e la dottrina della Chiesa.
In tal modo, rendono testimonianza alla potenza dello Spirito Santo con la loro azione a servizio degli uomini in tutto quello che decide della esistenza e del futuro dell'umanità.
E mentre attendono a quelle attività essi operano in linea generale per iniziativa loro propria, senza coinvolgere la responsabilità della Gerarchia ecclesiastica; tuttavia, in qualche modo, impegnano la responsabilità della Chiesa, essendo suoi membri » ( III Sinodo dei Vescovi 1971, La giustizia nel mondo, II, La missione della Chiesa, della Gerarchia e dei cristiani ).
12 Ciò non significa, peraltro, che la Gerarchia ecclesiastica non possa e, in determinate circostanze, non debba prendere posizione anche in rapporto a queste realtà: « Nei confronti delle opere e delle istituzioni di ordine temporale, il compito della Gerarchia ecclesiastica consiste nell'insegnare e interpretare autenticamente i principi dell'ordine morale che devono essere rispettati nelle cose temporali; inoltre è in suo potere giudicare, tutto ben considerato, e servendosi dell'aiuto di esperti, della conformità di tali opere e istituzioni con i principi morali e stabilire quali cose sono necessarie per custodire e promuovere i beni di ordine soprannaturale » ( AA 24g )
13 Si danno talvolta associazioni che perseguono finalità « miste », cioè sia di formazione e di impegno religioso-spirituale, sia di animazione cristiana del temporale.
La cosa, anche se possibile, non è priva di aspetti delicati, e richiede perciò grande equilibrio e discrezione, soprattutto in chi dirige tali associazioni, alle quali in ogni modo vanno opportunamente applicate le indicazioni qui offerte a proposito dell'uno e dell'altro tipo di finalità apostolica.
14 È opportuno ricordare che la vigilanza, prima ancora che un diritto, è un dovere apostolico per il Vescovo; che il suo esercizio può esprimersi, tra l'altro, nella richiesta di dati e di informazioni, nella verifica di programmi e di pubblicazioni, nell'invito fatto ai responsabili a conferire con lui, nell'invio di delegati di sua fiducia, nella visita dell'associazione; e che sempre, anche quando si traduce in qualche rilievo critico, essa mira a chiarire, a correggere, a stimolare il ricupero di una piena autenticità ecclesiale.