Comunione, comunità e disciplina ecclesiale

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Capitolo IV - Linee di impegno e di verifica pastorale

61. - In quest'ultimo capitolo, dopo aver focalizzato sia sotto il profilo morale che canonico il significato e alcune caratteristiche della disciplina ecclesiale all'interno della comunità cristiana, vogliamo rapidamente tracciare alcune linee di impegno e di verifica pastorale che ci paiono importanti per la Chiesa che vive in Italia.

Come già abbiamo notato nell'Introduzione, lo spirito di comunione è certamente cresciuto e si è rafforzato nelle nostre Chiese particolari, rinnovando profondamente il profilo delle nostre comunità.

Ma non possiamo non riconoscere che un senso di incompiutezza caratterizza l'esperienza di rinnovamento comunitario avviata a partire dal Concilio Vaticano II.

Non solo forti tensioni attraversano spesso il tessuto ecclesiale, ma si nota pure, a dispetto di uno spirito di comunione che tutti sinceramente dicono di condividere, il persistere e talvolta l'aggravarsi di uno stile individualistico nel modo di concepire e di gestire la vita ecclesiale e l'impegno pastorale.

Non ultima causa di questo stato di cose è la mancanza di una profonda e convita "ascetica" del vivere insieme in Cristo, sapendo posporre le proprie vedute, i propri interessi ed anche i propri "doni'' in vista dell'edificazione comune e della comune testimonianza.

Il rispetto e l'accoglienza della disciplina ecclesiale, come espressione e strumento di promozione della comunione nella Chiesa, può aiutare non poco in vista del recupero di uno stile autenticamente ecclesiale nell'esperienza della vita comunitaria.

62. - Spesso il rapporto clero-laici soffre ancora, da una parte per le tracce di una mentalità "clericale" dura a morire, dall'altra per il disimpegno o, all'opposto, lo spirito di rivendicazione che finisce col misconoscere l'autentico mistero della comunione ecclesiale.

Non sempre è dato trovare realizzato, nella vita del clero diocesano, l'ideale auspicato dal Concilio: "i sacerdoti riconoscano nel Vescovo il loro padre e gli obbediscano con rispettoso amore.

Il Vescovo consideri i sacerdoti suoi cooperatori come figli e amici".51

Le "mutue relazioni'' fra le Diocesi e gli Istituti religiosi, a dieci anni dal documento della Santa Sede ad esse dedicato, non sembrano dappertutto cresciute nella linea di una più cordiale reciproca accoglienza e di una più organica collaborazione.

Anche i rapporti tra le Diocesi e le parrocchie da un lato, i gruppi e i movimenti sorti in questi ultimi decenni dall'altro, conoscono momenti di fatica persistenti, e si risolvono talvolta in tensione contrappositiva anzichè in collaborazione ordinata e costruttiva.

63. - È sufficiente richiamare questi problemi così concreti e così attuali, che toccano i rapporti fra le varie componenti della comunità ecclesiale, per dire che l'orizzonte di crescita rimane ampio e impegnativo.

Su taluni di questi temi non mancherà l'occasione di ritornare in futuro.

Senza entrare per ora nel merito specifico di ciascuno di essi, vogliamo indicare alcune linee di approfondimento e di impegno per i prossimi anni, secondo la triplice prospettiva del popolo di Dio profetico, sacerdotale e regale.

I. Accogliere il significato ecclesiale del Magistero del Papa e dei Vescovi

64. - Abbiamo già visto come il Magistero dottrinale e morale dei Pastori costituisca una componente fondamentale dell'autentica Chiesa di Cristo, che quale "popolo santo di Dio partecipa dell'ufficio profetico di Cristo".52

Questo ruolo di maestri e dottori, che il Papa e i Vescovi sono chiamati ad esercitare nella comunità ecclesiale, non sminuisce la vocazione, la dignità e la missione dei laici nella Chiesa e nel mondo, ma la potenzia e l'arricchisce in modo sempre più pieno e integrale secondo il disegno di Dio.

Infatti - come spiega la Lumen gentiurn - "per quel senso della fede, che è esercitato e sorretto dallo Spirito di verità, il popolo di Dio sotto la guida del sacro Magistero, al quale fedelmente conformandosi accoglie non la parola degli uomini ma, qual'è in realtà, la parola di Dio ( cfr 1 Ts 2,13 ), aderisce indefettibilmente alla fede 'una volta per tutte trasmessa ai santi' ( Gd 3 ), con retto giudizio penetra in essa più a fondo e più pienamente l'applica nella vita".53

65. - Non è esagerato dire, però, che questa verità, che pure costituisce parte integrante della dottrina conciliare sulla Chiesa, si è non poco appannata nella coscienza ecclesiale dei cristiani.

Le cause - già esaminate nell'Introduzione - vanno ricercate nella cultura unilateralmente soggettivistica del nostro tempo.

Ma non va dimenticato che talvolta esse vanno individuate anche all'interno della vita della Chiesa, ad esempio in una comunione non sempre piena tra la riflessione dei teologi e la predicazione e la catechesi dei presbiteri da un lato, e i pronunciamenti magisteriali dall'altro.

Quando teologi e presbiteri mostrano di non aderire pienamente, o addirittura di essere in disaccordo con le indicazioni del Magistero, si provoca nella comunità ecclesiale un senso di disorientamento, di confusione e anche di scetticismo.

66. - È dunque esigenza prioritaria richiamare a un maturo ed equilibrato rapporto tra il ministero dottrinale dei Pastori e la ricerca e l'insegnamento dei teologi, pur riconoscendo cordialmente l'importanza di questi ultimi per una responsabile crescita della fede nelle nostre comunità.

Pastori e teologi sono chiamati, infatti, a svolgere un diverso e complementare servizio nella Chiesa: il Magistero dei Pastori si caratterizza per il "carisma sicuro di verità" di cui è insignito e in forza del quale possiede "l'ufficio di interpretare autenticamente la Parola di Dio scritta o trasmessa";54 il servizio dei teologi è un prezioso aiuto all'approfondimento critico e sistematico della fede, che dev'essere compiuto nella fedeltà alla Parola di Dio e alla Tradizione della Chiesa, in comunione col Magistero dei Pastori, nell'ascolto attento della vita del popolo cristiano e nel discernimento dei "segni dei tempi".

È pertanto essenziale all'esercizio del servizio teologico, insieme ad una sana ed equilibrata libertà di ricerca,55 una profonda, convinta e solidale unità col Magistero del Papa e dei Vescovi: senza di questa esso è snaturato nella sua autentica vocazione ecclesiale.

67. - Merita, d'altra parte, un'attenta riflessione il fenomeno diffuso del silenzio e dell'indifferenza che accompagnano soprattutto gli insegnamenti morali del Magistero presso larghi strati del popolo cristiano.

Fenomeno, questo, che investe specialmente quegli ambiti della vita morale nei quali è più manifesto il distacco, se non addirittura il contrasto, fra l'insegnamento del Vangelo riproposto nella dottrina della Chiesa e la visione culturale oggi dominante.

Si pensi, in particolare, alla morale sessuale e coniugale e al comportamento morale nei confronti dei gravi problemi della vita umana, soprattutto alle sue origini e al suo declino.

I cristiani devono ritrovare la consapevolezza che l'intervento della Chiesa in questi campi costituisce non già un'imposizione esteriore e autoritaria, ma un prezioso servizio alla dignità della persona e alla verità dell'amore umano, illuminato dalla rivelazione del progetto di Dio sull'uomo in Gesù Cristo.

In questa prospettiva la morale proposta dalla chiesa, proprio per l'altezza dell'ideale presentato, chiede al cristiano di unire l'impegno sincero e risoluto a camminare sulla strada della verità, con la fiducia e la pazienza di cui ogni cammino di fede, nel suo svolgersi quotidiano, ha bisogno.

68. - In particolare, quanti come i sacerdoti e i catechisti hanno una specifica responsabilità nel proporre l'insegnamento morale della Chiesa sulle questioni della sessualità e del matrimonio, devono guardarsi dal presentare come pensiero della Chiesa quello che non lo è.

La linea pastorale da seguire è quella della Chiesa stessa, che inscindibilmente si presenta come maestra e madre:

maestra nell'annunciare la verità e il bene dell'uomo;

madre nell'aiutare tutti e ciascuno, con pazienza e misericordia, a conoscere sempre meglio la verità e ad aderire sempre più profondamente al bene.

Meritano di essere riascoltate con attenzione le parole di Paolo VI nell'enciclica Humanae vitae: "Non sminuire in nulla la salutare dottrina di Cristo è eminente forma di carità verso le anime.

Ma ciò deve sempre accompagnarsi con la pazienza e la bontà di cui il Signore stesso ha dato l'esempio nel trattare con gli uomini.

Venuto non per giudicare ma per salvare, egli fu certo intransigente con il male, ma misericordioso verso le persone.

Nelle loro difficoltà, i coniugi ritrovino sempre nella parola e nel cuore del sacerdote l'eco della voce e dell'amore del Redentore".56

69. - Un altro settore del quale ci preme mettere in risalto l'attualità è quello del Magistero sociale della Chiesa.

Anche recentemente il Santo Padre Giovanni Paolo II ha richiamato l'urgenza di una sua approfondita conoscenza e puntuale traduzione nei diversi contesti sociali, culturali, economici e politici.

Di fronte alla "gravità del momento presente",57 soprattutto nell'orizzonte del comune destino dell'umanità, ma anche in rapporto alle forme di nuova povertà ed emarginazione da cui è lacerata la nostra società, è necessario battere in breccia ogni tentazione di privilegiare antievangelicamente il proprio particolare interesse - come singoli, come gruppi sociali, come nazioni -, e rinnovare la consapevolezza che è doveroso per tutti "includere tra i doveri principali dell'uomo moderno, e osservare, gli obblighi sociali".58

L'adempimento del dovere della giustizia, il rispetto delle leggi civili e l'impegno a mettere in opera, "con lo stile personale e familiare della vita, con l'uso dei beni, con la partecipazione come cittadini, col contributo alle decisioni economiche e politiche …, le misure ispirate alla solidarietà e all'amore preferenziale per i poveri",59 sono parte integrante del compito etico del credente e della sua fedeltà alla verità dell'uomo.

II. Mettere in atto le disposizioni della disciplina liturgica e sacramentale

70. - Un'altra linea di impegno per le nostre comunità ecclesiali è, senza dubbio, quella relativa alla disciplina liturgica e sacramentale.

Anche a questo proposito, il Concilio ha rinnovato profondamente nel popolo cristiano la coscienza della propria partecipazione all'unico sacerdozio di Cristo, ribadendo nello stesso tempo che "il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico ( … ) differiscono essenzialmente e non solo di grado".60

A vent'anni dalla promulgazione della Costituzione conciliare sulla liturgia, la competente Commissione episcopale della C.E.I. ha pubblicato una Nota pastorale sul "Rinnovamento liturgico in Italia", per offrire un contributo e un indirizzo all'attuazione della riforma liturgica nelle nostre Chiese particolari.61

Ne richiamiamo alcune fondamentali direttive, che restano di grande attualità per aiutare tutti, presbiteri, religiosi e laici, a cogliere il profondo significato ecclesiale del rispetto e della valorizzazione delle norme liturgiche e sacramentali.

71. - È importante, innanzitutto, ricordare che "intelligenza dei principi teologici, fedeltà alle norme, adattamento creativo alle esigenze delle diverse comunità" sono "i criteri che assicurano e testimoniano una vera attenzione allo spirito della riforma liturgica",62 intesa a promuovere nell'oggi della comunità ecclesiale la celebrazione dell'evento della salvezza che ci viene da Cristo nella forza santificante dello Spirito.

Il rispetto della disciplina liturgica può e deve aiutare a non confondere la sana creatività - come capacità di adattamento alle diverse situazioni e sapiente utilizzazione delle possibilità di scelta offerte dai libri liturgici, per meglio promuovere il legame tra liturgia e vita - con la novità a tutti i costi, che fa smarrire il vero significato del mistero celebrato, il quale non è mai possesso individuale ma dono di grazia ricevuto dalla Chiesa.

72. - In tale prospettiva acquistano valore i nuovi libri liturgici "che offrono al popolo di Dio uno strumento idoneo, ancorchè perfettibile, per un rinnovamento profondo e autentico del culto della Chiesa e della vita liturgica delle comunità e dei singoli fedeli".63

Una sempre più approfondita e puntuale conoscenza ed utilizzazione di essi è dovere precipuo dei ministri e degli operatori pastorali.

Non è inutile richiamare anche l'importanza, per una crescita dell'autentico ''sensus Ecclesiae", della celebrazione - preferibilmente in comune - della liturgia delle ore.

Per chi nella Chiesa ne ha assunto l'impegno con l'ordinazione diaconale e presbiterale o con la professione dei consigli evangelici, la fedeltà quotidiana a questa celebrazione, oltre che un chiaro dovere, è garanzia di santificazione personale e di fecondità del proprio servizio ecclesiale.

Se pervaso dal sentimento della costante e fedele unione a tutta la Chiesa che celebra e vive il mistero di Cristo, il ministro non potrà non farsi segno e strumento di una celebrazione liturgica e sacramentale che sia autentica "esperienza di fede che si comunica, di speranza che si conferma, di carità che si diffonde".64

73. - Infine, occorre ricordare, nel campo sacramentale, che la Chiesa è consapevole di non essere padrona e arbitra delle azioni salvifiche di Cristo: al contrario, in qualità di sua sposa, è tenuta ad attuarle come il Signore le ha volute.

Soprattutto i presbiteri, dispensatori dei divini misteri, sono chiamati a rivivere tale fedeltà e obbedienza della Chiesa, rispettando le condizioni di validità e liceità nella celebrazione dei sacramenti, in particolare di quelli della riconciliazione e dell'Eucaristia, ma anche del battesimo e del matrimonio, e preparando con cura i fedeli a riceverli con le dovute disposizioni morali e spirituali.65

Nell'amministrazione dei sacramenti la coscienza cristiana, in specie sacerdotale, non può appellarsi a presunti diritti dei fedeli contro le disposizioni della Chiesa.

Si pensi, ad esempio, alla disciplina ecclesiale circa la non ammissibilità dei divorziati risposati ai sacramenti della riconciliazione e dell'Eucaristia.66

La fedeltà dei ministri alle norme sacramentali, unita alla carità, è motivo di crescita e maturazione del senso ecclesiale del popolo di Dio.

III. Rilanciare le forme di partecipazione ecclesiale secondo il loro autentico significato

74. - La terza linea d'impegno che proponiamo a tutti, Pastori e fedeli, è quella di un approfondimento dell'autentico significato e di un rilancio delle molteplici forme di partecipazione ecclesiale.

Esse rappresentano, a livello di vita e di disciplina ecclesiale, delle realtà di primaria importanza che manifestano, sostengono e promuovono il dinamismo di comunione che compagina la comunità cristiana.

L'impegno della partecipazione è infatti proprio di ogni cristiano, perchè nasce dai sacramenti dell'iniziazione e della maturità ecclesiale, e viene rinnovato ogni domenica nella celebrazione comunitaria dell'Eucaristia.

Ma tale impegno, che è allo stesso tempo un diritto e un dovere del cristiano, non deve esser visto ed esercitato in competizione con il ministero di governo dei Vescovi e dei presbiteri loro collaboratori.

Le molteplici forme di partecipazione e di corresponsabilità ecclesiale, da sempre presenti nella Tradizione della Chiesa, che il Concilio Vaticano II ha rivitalizzato e rinnovato, devono rappresentare gli strumenti concreti mediante i quali la comunione da Cristo donata alla sua Chiesa si manifesta visibilmente e si edifica secondo la configurazione che le è propria e specifica: quella di una comunità di figli e fratelli di eguale dignità, all'interno della quale Cristo si rende presente attraverso il ministero di unità e di governo dei Vescovi uniti col Papa.

75. - In concreto, il diritto canonico conosce alcune forme di partecipazione aperte a tutti i cristiani, che però spesso sono disattese o nella loro pratica o nell'impegno a viverne l'originario significato.

Si pensi

alla funzione di padrino nei confronti dei battezzati e dei cresimati,

all'obbligo di dare le informazioni richieste in ordine all'ammissione dei candidati alla celebrazione dei sacramenti che hanno speciale rilievo "sociale" ( pubblicazioni matrimoniali, informazioni relative ai candidati al sacerdozio ),

al dovere di rendere testimonianza su richiesta del giudice nei processi ecclesiastici - soprattutto nelle cause matrimoniali -,

al dovere di sovvenire alle necessità della Chiesa partecipandovi con le proprie risorse.

76. - Espressioni ulteriori di partecipazione ecclesiale, che derivano da una libera disponibilità del cristiano in risposta a una chiamata dell'autorità ecclesiastica, sono poi i diversi ministeri e l'esercizio di taluni uffici ecclesiastici veri e propri non riservati ai ministri ordinati.

La recente disciplina della Chiesa ha fatto più largo spazio ai laici in ordine a queste forme di qualificata partecipazione, per esempio circa

l'insegnamento nelle facoltà teologiche,

l'insegnamento della religione cattolica nella scuola,

le funzioni di giudice nei tribunali ecclesiastici,

di cancelliere,

di notaio,

di direttore di taluni settori nelle curie diocesane,

o anche di amministratore in enti ecclesiastici.

77. - L'esercizio della partecipazione avviene in modo particolare attraverso le diverse forme dell'associazionismo dei fedeli, da quelle tradizionali delle Confraternite e delle Pie unioni, a quella felicemente collaudata dell'Azione Cattolica Italiana, a quelle più recenti che si usa riassumere nella formula "Associazioni, Gruppi, Movimenti".

In tutte queste realtà, i cristiani "tendono mediante l'azione comune all'incremento di una vita più perfetta, alla promozione del culto pubblico o della dottrina cristiana, o ad altre opere di apostolato, quali sono

iniziative di evangelizzazione,

esercizio di opere di pietà o di carità,

animazione dell'ordine temporale mediante lo spirito cristiano".67

La Chiesa ha sempre raccomandato l'adesione e l'impegno attivo in queste varie forme di aggregazione laicale; e noi rinnoviamo l'invito, impegnandoci per parte nostra a favorire il coordinamento pastorale del prezioso apporto da esse dato, attraverso opportune strutture di collegamento e partecipazione ecclesiale, come le "Consulte dell'apostolato dei laici", a livello nazionale e a livello diocesano.

78. - Ma l'espressione "partecipazione ecclesiale" viene più comunemente usata in riferimento a quegli specifici organismi che si sono sviluppati dopo il Concilio Vaticano II come strumenti e momenti di studio, di programmazione, di coordinamento e di verifica dell'azione pastorale della diocesi o della parrocchia, in comunione e sotto la guida rispettivamente del Vescovo diocesano o del parroco: pensiamo in particolare al Consiglio presbiterali diocesano, al Consiglio pastorale diocesano, al Consiglio pastorale parrocchiale, al Consiglio parrocchiale per gli affari economici.

Quanto ai Consigli presbiterali e pastorali, sappiamo che, dopo una fase iniziale di fervido impegno per la loro costituzione e dopo le prime esperienze di lavoro d'insieme, sono talvolta subentrati momenti di fatica e di sfiducia, che hanno indotto taluni a frettolose conclusioni negative.

C'è chi, confondendo la partecipazione ecclesiale con le metodologie dei consessi democratici, lamenta la consultività del voto e il predominio degli indirizzi dell'autorità ecclesiastica.

C'è chi, trattenuto da una concezione che confonde la comunione con l'unanimismo e il paternalismo, mal sopporta il confronto aperto, il rigore delle analisi, il desiderio di contribuire a una decisione più matura e più efficace.

C'è una comunità, o un presbiterio, che stentano a sentirsi "rappresentati" da questi organismi o, all'opposto, troppo comodamente lasciano ad essi ogni sforzo di riflessione e di programmazione pastorale.

Quanto ai Consigli parrocchiali per gli affari economici, dobbiamo anzitutto lamentare che, nonostante il Codice di diritto canonico ne abbia reso obbligatoria la costituzione,68 è ancora troppo alto il numero delle parrocchie che ne sono prive, pur mettendo in conto l'oggettiva difficoltà di far maturare uno stile e un metodo appropriati per la conduzione di questo nuovo organismo.

79. - Abbiamo richiamato queste difficoltà per dovere di lealtà; ma nonostante le difficoltà, del resto largamente prevedibili dopo secoli di diversa conduzione dell'azione pastorale, intendiamo che gli organismi di partecipazione ecclesiale siano promossi e sostenuti con ogni impegno.

La loro riuscita dipende in gran parte dalla maturità spirituale dei partecipanti, cioè dal grado di autentica esperienza di fede e di comunione che in essi è maturato e dalla misura della passione che li anima per l'edificazione della Chiesa e per l'annuncio a tutti del Vangelo.

Perchè l'attività di questi Consigli non assuma a poco a poco dimensione formale e burocratica ed essi crescano come strumento vivo a servizio del dinamismo missionario delle comunità, occorre

che maturi sempre meglio nei cristiani la coscienza che la comunità stessa non è in primo luogo una struttura da amministrare, ma l'espressione e lo strumento di un'esperienza di comunione tra i credenti in Cristo;

che si dà nesso inscindibile tra esperienza di comunione e impegno per la missione evangelizzatrice nel contesto umano in cui la comunità vive;

che la pastorale non è soltanto questione di buona volontà ma richiede riflessione adeguata, scelte coerenti, indirizzi costanti, verifiche appropriate, con l'apporto responsabile di tutti.

Infine, perchè il lavoro di questi organismi di partecipazione ecclesiale possa svolgersi in modo unitario e costruttivo, si presuppone la necessaria chiarezza circa il rapporto fra la gerarchia e gli altri fedeli all'interno dell'unica Chiesa, e una corretta concezione del valore consultivo dei voti espressi e degli indirizzi approvati.

La comunione cristiana infatti è comunione nello stesso tempo fraterna e gerarchica, le cui movenze sono profondamente diverse dagli schemi, pur legittimi, propri delle istituzioni civili in forza della rappresentanza democratica.

Indice

51 Lumen gentium, n. 28.
52 Lumen gentium, n. 12.
53 Ivi.
54 Dei Verbum, n. 10.
55 Cfr Gaudium et spes, n. 62.
56 Paolo VI , Lett. Enc. Humanae vitae, n. 29.
57 Cfr Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Sollicitudo rei socialis, n. 47.
58 Cfr Gaudium et spes, n. 30.
59 Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Sollicitudo rei socialis, n. 47.
60 Lumen gentium, n. 10.
61 Comm. Episc. per la Liturgia, Nota pastorale su Il rinnovamento liturgico in Italia
a vent'anni dalla Cost. conciliare Sacrosanctum Concilium ( 23 settembre 1983 )
62 Ivi, n. 16.
63 Ivi, n. 2; cfr anche n. 15.
64 Ivi, n 7.
65 Cfr Giovanni Paolo II, in particolare le indicazioni contenute
nell'Esort. Ap. Post-Sinodale Reconciliatio et paenitentia ( 2 dicembre 1984 ).
66 Cfr Comm. Episc. per la famiglia La pastorale dei divorziati risposati
e di quanti vivono in situazioni matrimoniali irregolari o difficili, 26 aprile 1979.
67 C.I.C., can. 298, par. 1.
68 C.I.C., can 537.