Evangelizzazione e cultura della vita umana

Indice

II - Quale uomo e quale vita secondo il disegno di Dio?

17. - Con l'amore e la passione della Chiesa che, fedele al suo Signore, « si dimostra amica sincera e disinteressata degli uomini che vuole aiutare, fin dal loro itinerario terrestre, a partecipare come figli alla vita del Dio vivente, Padre di tutti gli uomini »,7 riproponiamo alcune verità fondamentali circa la vita umana.

Assumendo gli interrogativi che gli uomini del nostro tempo si pongono, prenderemo le mosse dai dati dell'esperienza umana, li illumineremo e interpreteremo con la luce della fede e puntualizzeremo le esigenze etiche che ne derivano.

I. La verità sull'uomo e il messaggio cristiano

18. - La prima cosa che sorprende e meraviglia ogni uomo nella sua esperienza immediata è la vita.

Essa viene prima di lui, precedendone il pensiero e il volere, e ne provoca la responsabilità perché chiede di essere apprezzata, amata e vissuta secondo il suo interiore significato.

In tutti noi è presente l'anelito profondo ad una pienezza di vita.

Ciascuno lo sperimenta fin dall'infanzia nell'affetto della madre e del padre, lo scopre nell'amore fecondo dell'uomo e della donna, lo esprime nell'amicizia sincera, lo ritrova nel desiderio ardente di vivere, soprattutto quando l'esistenza si fa fragile e breve.

All'interno di questa esperienza e mediante essa, l'uomo percepisce di essere persona, ossia un soggetto cosciente e responsabile, titolare di diritti connessi con le radici della vita.

Espressione e garanzia del desiderio mai interamente compiuto di vivere, questi diritti vengono sempre più sentiti e riconosciuti nel nostro tempo.

Si esprime anche così la consapevolezza che ciascuno ha una dignità originaria e indistruttibile, che costituisce il suo bene più prezioso e insieme il fondamento dell'uguaglianza e della solidarietà di tutti gli uomini.

19. - Il messaggio cristiano fa piena luce sull'uomo e sul significato del suo essere ed esistere.

La rivelazione biblica, infatti, proclama con grande forza la dignità della persona e il valore inviolabile della sua vita.

È Dio che ha dato la vita all'uomo, infondendogli il suo spirito ( cfr Gen 2,7 ), e lo ha posto al centro del creato come signore di tutte le cose, affinché con la sua opera sapiente umanizzi il mondo e renda gloria al suo Creatore.

Fatto a immagine e somiglianza di Dio, l'uomo è creatura razionale e libera, capace di conoscere e di amare, che non può ritrovarsi pienamente se non nel dono sincero di sé.8

L'essere immagine di Dio, mentre testimonia il dono del Creatore, esprime anche un compito: l'uomo e la donna sono reciprocamente chiamati a vivere l'uno "accanto" all'altro e, ancor più, l'uno "per" l'altro.

Si può, quindi, affermare che già dal principio, in forza della creazione, Dio affida l'uomo all'uomo.

Ciascuno, perciò, è responsabile dell'altro, nel rispetto religioso e fedele del progetto di Dio.

20. - In Gesu Cristo poi diventa perfetta la rivelazione dell'uomo.

Solamente nel mistero di Gesu, nato, morto e risorto per noi, trova vera luce il mistero dell'uomo, perché « Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore, svela anche pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione ».9

Egli è la vera immagine di Dio e su di lui ogni uomo è chiamato a misurarsi e a modellarsi.

In Gesù, che ha condiviso in tutto la vita e la condizione umana, tranne che nel peccato, l'uomo trova la fonte e l'esempio di ogni solidarietà e di ogni attenzione alla persona umana, alla sua vita, alla sua sofferenza e alla sua morte.

Cristo non solo ci rivela ciò che siamo.

Con la sua Pasqua ci trasforma e ci rende capaci di diventare ciò che siamo.

Comunicandoci lo Spirito Santo, ci rende partecipi della sua stessa dignità di Figlio, ci dona il cuore nuovo che ci fa capaci di donarci sino alla fine e, destinandoci all'eterna vita di comunione e di amore con il Padre, porta a compimento la nostra aspirazione alla pienezza della vita.

Così, nella storia umana, da sempre segnata dalla predestinazione in Cristo, ogni persona non è chiamata soltanto a "nascere" alla dignità di uomo, ma anche a "rinascere" a quella di figlio di Dio nel Figlio unigenito.

Perciò « la prospettiva dell'adozione divina sottolinea in modo singolarmente eloquente l'altissima dignità della persona » e della sua vita.10

II. La vita umana ricevuta in dono è inviolabile

21. - Ogni uomo, nella sua esistenza, fa l'esperienza che la vita è un dono.

Tale percezione è più immediata e facile in chi, pur tra le inevitabili difficoltà, si trova in una situazione serena.

Rischia invece di offuscarsi in chi si sente oppresso dal bisogno e dal peso delle delusioni e delle sofferenze e, talvolta, come Giobbe, vorrebbe maledire il giorno in cui è nato ( cfr Gb 3,1-26 ).

Ma c'è di più: la vita appare come un dono ricevuto da altri.

Ogni uomo sa che non è stato lui a darsi la vita, che essa è limitata e fragile e che il suo inizio, la sua custodia e il suo sviluppo dipendono dalla responsabilità e dall'amore di tanti altri.

Questa consapevolezza si fa più chiara di fronte al concepito non ancora nato, al bambino, al malato, all'anziano, al morente, al più debole e indifeso.

La vita è colta dall'uomo come un valore primario, inscindibilmente connesso con la sua stessa dignità di persona.

Così essa si presenta come il punto di appoggio della nostra identità personale, su cui si radicano e si sviluppano tutti gli altri valori e diritti.

22. - La fede cristiana ci dà la certezza che la vita è dono di Dio e del Suo amore.

Egli è « amante della vita » ( Sap 11,26 ) e in Lui è la « sorgente della vita » ( Sal 36,10 ), dall'eternità pensa, vuole, desidera ogni donna e uomo che, secondo il suo disegno di Padre, vengono al mondo.

Nessun uomo viene all'esistenza per caso, egli è sempre termine dell'amore creativo di Dio.

Di ogni vita umana Dio stesso si fa garante: « domanderò conto della vita dell'uomo all'uomo, a ognuno di suo fratello. ( Gen 9,5 ).

Ed è categorico il suo comandamento "Non uccidere", perché vuole la vita e ne protegge con premura il pieno sviluppo sino al compimento eterno.

Per questo la vita umana è inviolabile: appartiene a Dio come un bene che Egli affida alla libertà dell'uomo, affinché sia fatto fruttificare secondo il Suo disegno di amore.

Tale inviolabilità, partecipe dell'inviolabilità stessa di Dio, è strettamente connessa con la dignità dell'uomo che, solo fra tutte le creature terrene, è stato voluto per se stesso ed è, pertanto, "persona".

Egli è sempre un valore in sé e per sé, e come tale esige d'essere considerato e trattato; mai, invece, può essere considerato e trattato come un oggetto utilizzabile, uno strumento, una cosa.

23. - Anche quando la nostra vita si fa pesante e quella degli altri esigente, essa merita sempre il coraggio e la sapienza di essere vissuta con riconoscenza e di venire accolta, difesa, aiutata in ogni creatura umana, dal concepimento sino al naturale tramonto, favorendone lo sviluppo completo, secondo una visione integrale della persona.

Tutti e ciascuno abbiamo, quindi, la responsabilità di respingere qualsiasi attentato che sopprima o minacci la vita umana.

Innanzitutto ogni aborto procurato, anche se realizzato con l'assunzione di farmaci, va rifiutato e condannato perché è un grave crimine contro la vita e contro l'amore.

Con immutata convinzione ribadiamo anche il giudizio già formulato sulla legge italiana che lo legalizza, di legge immorale gravemente ingiusta, contraria ai diritti più elementari della persona e ai doveri fondamentali della società.11

Nella stessa linea va pure rifiutata e condannata l'eutanasia, che uccide con il pretesto di una falso amore mascherato di pietà.

Con altrettanta fermezza sono da rifiutare gli abusi della genetica e delle tecniche di fecondazione artificiale.

Quello che chiamiamo embrione deve essere trattato come persona.

E « dovrà anche essere difeso nella sua integrità, curato e guarito, nella misura del possibile, come ogni altro essere umano, nell'ambito dell'assistenza medica ».12

Nello stesso tempo, il rispetto e la tutela della vita umana esigono di respingere anche altre forme di violazione quali sono, ad esempio,

la violenza sui bambini,

il maltrattamento dei minori,

la violenza sessuale,

la pornografia,

la prostituzione,

i comportamenti che facilitano la diffusione dell'AIDS,

l'uso e lo spaccio della droga,

la carenza di adeguati sistemi di sicurezza nei posti di lavoro e di ritrovo,

l'inquinamento dell'ambiente,

la guerra e ogni altra ingiusta aggressione.

III. La vita umana trova il suo senso nell'amore

24. - La vita umana viene percepita come valore e come realtà ricca di senso quando ci si sente amati e quando sappiamo amare.

Ogni persona, infatti, è assetata e bisognosa di amore: « l'uomo non può vivere senza amore.

Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l'amore, se non s'incontra con l'amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente ».13

Tutto questo risulta ancora più vero per la persona debole e indifesa o in situazione di marginalità e di sofferenza.

D'altra parte solo il dono di sé eleva davvero la qualità della vita.

L'uomo si sente maturo e veramente realizzato quando, superando ogni ripiegamento su se stesso, è capace di aprirsi agli altri, di donare e di donarsi.

È così che amandoci l'un l'altro ci aiutiamo a vivere, diventiamo liberi e veri, ci realizziamo.

La famiglia è il primo e originario luogo in cui tutto questo viene sperimentato.

Il bambino incomincia ad accorgersi di essere vivo dall'affetto materno e paterno che lo circonda.

Fisicamente e affettivamente, vive della madre e del padre.

La stabilità della famiglia e l'armonia dei genitori sono - una sua esigenza vitale.

Al tempo stesso, il figlio aiuta i genitori a sviluppare l'intesa e la maturità coniugale.

L'affetto paterno e materno li fa crescere, attraverso quel dono di sé che è proprio della vocazione dei genitori e, in modo tutto speciale, della madre.

Attraverso la reciprocità e la gratuità dei rapporti, la vita familiare suscita in tutti i componenti il senso dell'essere insieme gli uni per gli altri, costruisce con l'esistenza di ogni giorno un tessuto di rispetto e di dialogo, di accoglienza e di solidarietà, che fa della famiglia la prima scuola di umanità.

25. - La rivelazione ci permette di scoprire la radice più profonda di questa realtà.

L'uomo è chiamato ad amare perché è creato a immagine e somiglianza di Dio, che è l'Amore ( cfr 1 Gv 4,8 ).

« Dire che l'uomo è creato a immagine e somiglianza di questo Dio vuol dire che l'uomo è chiamato ad esistere 'per' gli altri, a diventare un dono ».14

È quindi nel mistero di comunione della Trinità, di cui l'essere umano è costituito come un riflesso nel mondo, che si comprende la vocazione di ciascuno all'amore.

Nella medesima ottica, le parole di Gesù « chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà » ( Lc 9,24 ) e « c'è più gioia nel dare che nel ricevere » ( At 20,35 ) ci dicono con estrema persuasività che soltanto nel dono incondizionato di sé l'uomo trova il gusto di vivere, conquista il senso della sua esistenza e la riscatta da una ineluttabile caducità.

Ma è soprattutto nella Croce di Cristo, gesto supremo di amore e di donazione senza riserve, che incontriamo il luogo privilegiato e insuperabile della manifestazione di questa verità.

La fede, inoltre, ci offre l'assoluta certezza, che infonde gioia e speranza alla nostra esistenza: a nessuna vita umana viene mai a mancare l'amore di Dio.

Quand'anche un uomo fosse abbandonato e rifiutato da tutti, continuerebbe comunque ad essere amato da parte di Dio, che non lo può dimenticare né abbandonare perché per ciascuno di noi ha sacrificato suo Figlio: « Chi ci separerà dall'amore di Cristo?

Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?

… Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori, per virtù di Colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né amore né vita … né alcuna altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo Gesù nostro Signore » ( Rm 8,35-39 ).

26. - Ne deriva che è necessario educare tutti e ciascuno, fin dalla più tenera età, alla donazione gratuita di sé, smascherare l'inganno di una mentalità che vede solo nel tornaconto personale un motivo per vivere e per impegnarsi, ricuperare la certezza che anche nella malattia e nella sofferenza è possibile sperimentare un "senso" per la vita.

Nell'opera educativa non può mancare una corretta sottolineatura del valore del sacrificio.

Anche il nuovo e giusto riconoscimento della dignità della donna e dei suoi ruoli nella vita sociale non può prescindere dall'attenta considerazione della sua singolare vocazione al dono di sé, che trova una particolare manifestazione nella maternità.

In quest'opera complessa e articolata, che chiama in causa varie responsabilità educative e culturali, è necessario innanzitutto riconoscere e assicurare alla famiglia il suo ruolo originario e insostituibile.

IV. L'amore e la sessualità sono per il dono

27. - L'amore, quale fondamentale e nativa vocazione di ogni uomo, coinvolge la persona nella sua interezza, secondo la sua struttura di spirito incarnato.

Parte integrante di questa struttura è la sessualità che, oltre a determinare l'identità personale di ciascuno, rivela come ogni donna e ogni uomo, nella loro diversità e complementarietà, siano fatti per la comunione e la donazione.

La sessualità, infatti, dice come la persona umana sia intrinsecamente caratterizzata dall'apertura all'altro e solo nel rapporto e nella comunione con l'altro trovi la verità di se stessa.

Così, la sessualità - che pure è minacciata dall'egoismo e può essere falsificata e ridotta attraverso il ripiegamento di ciascuno su di sé - richiede, per sua stessa natura, di essere orientata, elevata, integrata e vissuta nel dinamismo di donazione disinteressata, tipico dell'amore.

La sessualità, in quanto modalità espressiva della persona, in ordine al dono di sé, può realizzarsi o nella forma della verginità, come segno di dedizione alla causa del Regno, o nella forma coniugale in cui l'uomo e la donna divengono, nell'appartenenza reciproca, segno sacramentale dell'amore di Cristo per la Chiesa.

La sessualità e l'amore trovano nel matrimonio il contesto in cui possono esprimersi nella loro totalità, comprendente anche la dimensione genitale.

La logica del dono, nell'esercizio della sessualità, rimanda quindi alla famiglia come all'ambito in cui il dono di sé si trasforma in comunione interpersonale profonda, unica ed esclusiva, e in generazione ed educazione della vita.

28. - Alla luce della rivelazione, l'immagine e la somiglianza di Dio riguardano la persona umana nella sua stessa diversità sessuale e nella reciproca originaria complementarietà e donazione tra l'uomo e la doma.

Infatti, « Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò » ( Gen 1,27 ), infondendo così in ciascuno l'originaria vocazione ad esistere reciprocamente l'uno per l'altro nell'amore.

La fede ci dice pure che il patto matrimoniale, in virtu del quale l'uomo e la donna formano una carne sola ( cfr Gen 2,24 ), è simbolo reale dell'amore di Dio e ripresenta, nel mistero, l'amore di Cristo per la Chiesa ( cfr Ef 5,25-32 ).

In questo amore vengono assunte e portate a compimento le esigenze di piena umanità, totalità, fedeltà e fecondità proprie di ogni vero amore coniugale.

29. - Di fronte alla verità dell'amore e della sessualità « la donazione fisica totale sarebbe menzogna, se non fosse segno e frutto della donazione personale e totale, nella quale tutta la persona, anche nella sua dimensione temporale, è presente ».15

Non sono quindi leciti i rapporti sessuali prima e al di fuori del matrimonio e il ricorso alla contraccezione è sempre, oggettivamente, un male morale, perché falsifica la natura e le finalità proprie dell'atto coniugale.

È necessario riscattare la sessualità da ogni sua banalizzazione e assolutizzazione, per riaffermare e vivere il suo nativo orientamento all'amore e al dono interpersonale.

Per questo è indispensabile una vasta opera educativa, che riguardi soprattutto gli adolescenti e i giovani.

In particolare è urgente l'educazione alla castità come virtu che promuove in pienezza la sessualità della persona e la difende da ogni impoverimento e falsificazione.

Nella vita coniugale, inoltre, è necessario coltivare tra i coniugi un rapporto di reciproca accoglienza e donazione, favorito anche dal ricorso ai metodi naturali di regolazione della fertilità.

Essi si presentano come tecniche legittime e affidabili, ma prima ancora essi sono in grado di suscitare e sviluppare uno stile di relazione serena e armoniosa, in un contesto di amore e di servizio alla vita.

V. La generazione è donazione di vita ad una persona umana

30. - La generazione è l'evento privilegiato nel quale si manifesta chiaramente come la vita umana è un dono che si riceve per essere donato.

Ognuno di noi sa che non si è dato la vita da se stesso, altri gliel'hanno donata.

Gli stessi genitori sentono che il figlio è una realtà più grande del loro dono di amore: « se è frutto della loro reciproca donazione d'amore, è, a sua volta, un dono per ambedue, un dono che scaturisce dal dono ».16

Persona "in proprio", il figlio non è in loro potere, né è oggetto di un diritto che gli sposi possano pretendere, strumentalizzandolo ai loro desideri soggettivi.

31. - Sempre in riferimento alla verità dell'uomo come immagine di Dio, la fede ci dice che Dio chiama i genitori ad una « speciale partecipazione del suo amore e insieme del suo potere di Creatore e di Padre, mediante la loro libera e responsabile cooperazione a trasmettere il dono della vita umana ».17

Dio stesso è il protagonista nel mistero della generazione: dalla sua parola creatrice e dal suo amore deriva la vita.

Di qui la sublime dignità della procreazione umana: i genitori sono « cooperatori dell'amore di Dio e quasi suoi interpreti ».18

Generare è rispondere a Dio ed alla consegna che egli diede fin da principio: « Dio li benedisse e disse loro: Siate fecondi e moltiplicatevi » ( Gen 1,28 ).

A questa benedizione sono direttamente connessi il bene e lo sviluppo della società: la responsabilità di generare ha i suoi risvolti anche nei confronti della comunità.

I figli non sono destinati alla famiglia.

Nati da genitori cristiani e iniziati alla vita cristiana, fanno vivere e crescere la comunità ecclesiale.

E in quanto cittadini contribuiscono alla continuità e alla crescita della comunità sociale.

32. - Alla luce di queste considerazioni è innanzitutto necessario che i genitori decidano e agiscano secondo una vera paternità responsabile.

La nascita di nuove persone umane, infatti, è un evento affidato alla loro coscienza, ma non al loro arbitrio o ai loro calcoli soggettivi.

Per essere degni del nome di genitori, devono prendere le loro decisioni cercando sinceramente ciò che l'amore di Dio attende da loro nella situazione concreta in cui si trovano, « tenendo conto sia del proprio bene personale che di quello dei figli tanto di quelli nati che di quelli che si prevede nasceranno, valutando le condizioni del proprio stato di vita e quelle del proprio tempo, tanto nel loro aspetto materiale che spirituale ».19

In questa ottica, ed anche in considerazione della nostra situazione demografica, i genitori sono oggi invitati ad essere particolarmente generosi nel trasmettere la vita.

Se la dignità e la responsabilità di generare chiedono sempre generosità, talvolta domandano eroismo, quando la maternità si presenta difficile e rischiosa.

È proprio in questi momenti che la madre e il padre hanno bisogno e hanno diritto di essere aiutati dagli altri.

È inoltre urgente riscoprire nei figli il preziosissimo dono del matrimonio e, di conseguenza, occorre rifiutare la logica che vede nel figlio un "diritto", come pure le varie forme di fecondazione artificiale, che di quella logica sono oggettiva espressione.

Infatti, « il matrimonio non conferisce agli sposi il diritto di avere un figlio, ma soltanto il diritto a porre quegli atti naturali che di per sé sono ordinati alla procreazione.

Un vero e proprio diritto al figlio sarebbe contrario alla sua dignità e alla sua natura ».20

Piuttosto sono i figli, fin dal concepimento, ad avere dei diritti che vanno riconosciuti e rispettati.

VI. Anche la sofferenza e la morte hanno un senso

33. - La sofferenza e la morte fanno parte di ogni vita umana, anche se ne esprimono gli aspetti più misteriosi.

Sembrano contraddirne il valore e provocano dubbi e interrogativi che inquietano la ragione e feriscono il cuore.

Alla morte si cerca di non pensare.

E, quando ci colpisce nelle persone care o sopraggiunge improvvisa a stroncare esistenze giovani e creature innocenti, pare inutile o inaccettabile ogni risposta che cerchi di darle un senso.

Anche la sofferenza fisica è sempre più oggetto di paura e di rifiuto: la si considera come il male per eccellenza o l'unico, che si cerca solo di eliminare, a qualunque costo.

C'è tuttavia un crescente impegno di solidarietà generosa per prevenire e alleviare la sofferenza.

È doveroso dare atto alla dedizione di tanti medici e operatori sanitari e allo sforzo di quanti si adoperano per valorizzare e utilizzare le risorse del progresso scientifico e tecnico allo scopo di salvare vite umane, curare le malattie e vincere il dolore.

Non meno di quello fisico è lacerante il dolore morale, che può spingere ai livelli estremi della disperazione, quando non si sa offrirlo o non si trova nessuno capace di condividere e aiutare.

34. - Nuova luce sul senso della sofferenza e della morte umana ci è venuta da Gesu.

Solidale con l'uomo che soffre, di villaggio in villaggio, si è fatto fratello e amico, per sanare e fare del bene.

Il dolore umano gli ha strappato, insieme alle lacrime, l'intervento della sua onnipotenza.

Ha consolato gli afflitti, nutrito gli affamati, guarito gli ammalati.

Ha scacciato i demoni e ha restituito ai morti la vita, per darci la certezza che il regno di Dio è già presente nel mondo.

Ha sperimentato personalmente la sofferenza e la morte, e ha donato agli uomini la vita eterna, attraverso il cammino della croce sfociato nella risurrezione.

Soffrendo e morendo ha preso su di sé tutti i dolori e tutte le morti.

Grazie a lui ogni sofferenza è un passo verso la pienezza della gioia e ogni morte porta con sé la fecondità del passaggio alla vita senza fine.

Esse trovano un senso se vengono assunte e offerte come ha fatto lui, affidandosi all'amore del Padre e testimoniando l'amore per i fratelli: perché solo l'amore ha dato valore salvifico alle sofferenze e alla morte di Gesu.

Il problema del soffrire e del morire riguarda da vicino tutti noi.

La risposta al perché del dolore sta nel nostro saper rispondere alle sue richieste, come insegna Giovanni Paolo II nella lettera Salvifici doloris: « Nel programma messianico di Cristo, che è insieme il programma del regno di Dio, la sofferenza è presente nel mondo

per sprigionare amore,

per far nascere opere di amore verso il prossimo,

per trasformare tutta la civiltà umana nella 'civiltà dell'amore'.

In questo amore il significato salvifico della sofferenza si realizza sino in fondo e raggiunge la sua dimensione definitiva ».

E ancora: « Cristo allo stesso tempo ha insegnato all'uomo a fare del bene con la sofferenza ed a far del bene a chi soffre.

In questo duplice aspetto Egli ha svelato sino in fondo il senso della sofferenza »21

35. - La riscoperta del senso della sofferenza e della morte è condizione indispensabile per avviare e sviluppare la vera cultura della vita.

In questa luce diventa più facile respingere ogni forma di emarginazione, disattenzione, rifiuto e uccisione di chi vive o si prevede venga alla luce in una situazione di sofferenza o di malattia.

Perciò avremo sempre più bisogno di imparare a non sottrarci alla fatica di vivere, preoccupati soltanto di costruirci una vita facile che considera diritto ogni desiderio e fa delle comodità e del benessere l'unico scopo dell'esistenza.

Ed avremo sempre più bisogno di partecipare alla sofferenza degli altri, perché ciascuno di noi è debitore verso ogni umano dolore e può ricevere molto da chi sta soffrendo.

VII. La scienza e la tecnica sono per l'uomo

36. - Lo sviluppo della scienza e della tecnica fa sì che non pochi problemi riguardanti la vita dell'uomo diventino più complessi e gravidi di conseguenze imprevedibili.

Scienza e tecnica, senza dubbio, hanno dato e continuano a dare contributi preziosi alla vita.

Basta pensare anche solo ai vantaggi derivanti dalle scienze biomediche:

l'eliminazione di molte malattie infettive,

la scoperta di farmaci e di tecniche chirurgiche risolutive nei confronti di malattie fino a ieri mortali,

la medicina "sostitutiva" inaugurata dai trapianti di organi.

Nel settore della genetica si aprono nuove strade per la cura radicale di malattie ereditarie e per la stessa cura della vita nascente.

Ma quando si considera il progresso della scienza e della tecnica come valore assoluto, si tradisce la causa della vita.

Riconoscendo moralmente lecito tutto ciò che è tecnicamente possibile, si finisce col subordinare o sacrificare l'uomo alla ricerca scientifica ed all'applicazione tecnologica, soprattutto quando l'essere umano è incapace di difendersi, come nel caso degli embrioni.

E si dimentica che non c'è vero progresso, se l'uomo diventa sempre più una cosa.

37. - La fede cristiana riconosce il grande valore della scienza e della tecnica.

Le considera come una significativa espressione della signoria dell'uomo sul creato e della sua responsabilità verso la vita ricevuta in dono.

La fede autentica, che ispira la sapienza cristiana, è amica della scienza e della tecnica.

Esse, per loro natura, sono ordinate all'uomo, al suo servizio e al suo sviluppo integrale.

Per questo attingono dalla persona e dai suoi valori morali l'indicazione della loro finalità e la consapevolezza dei loro limiti.

38. - Dobbiamo perciò favorire ogni ricerca scientifica che, nel tentativo di affrontare e risolvere i problemi della vita umana con le risorse ed i metodi che le sono propri, si lascia guidare da criteri etici, nel pieno rispetto e nella piena valorizzazione della persona.

Al tempo stesso, per amore dell'uomo, occorre rifiutare ogni sperimentazione, ricerca e applicazione che, misconoscendo questi criteri fondamentali, si ergano a criterio ultimo di giudizio e di valore, cessando di essere mezzi altamente qualificati a servizio degli uomini e trasformandosi in realtà che schiacciano gli uomini stessi.

VIII. Il bene comune esige il rispetto e la promozione del bene di ogni persona

39. - La vita umana chiama in causa anche la comunità politica.

Non poche scelte riguardanti la tutela della vita sono condizionate da interessi e fattori di ordine economico.

Alcuni ambiti della vita sociale subiscono pressioni e speculazioni di mercato, come avviene con la contraccezione, le manipolazioni degli embrioni, la diffusione della droga e la pornografia.

Altri ambiti dello sviluppo rischiano di essere determinati da fattori d'interesse economico che ne alterano le finalità, come ad esempio, lo studio delle cure contro talune malattie, la pratica dei trapianti d'organo, la prevenzione in campo sociale e produttivo, la salvaguardia dell'ambiente.

La legislazione civile si limita spesso ad assumere, nel bene e nel male, gli atteggiamenti di fondo della cultura dominante e contribuisce a consolidarli.

Da più parti si sottolinea che la politica non può più restare indifferente o neutrale di fronte al diritto alla vita di ogni persona e al rispetto della sua dignità, come pure non può più essere sorda di fronte alle reali e impellenti esigenze della famiglia di oggi.

I principi della Costituzione italiana offrono un prezioso punto di riferimento per una corretta impostazione e soluzione di tali problemi, a partire dal riconoscimento dei diritti inalienabili della persona e di quelli della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.

E la nostra società non manca di registrare diversi esempi di attenzione alla vita umana in tutti i suoi momenti.

Vogliamo ricordare le molteplici esperienze di accoglienza, di aiuto e di volontariato verso le madri e le famiglie in difficoltà, i minori abbandonati o bisognosi, gli handicappati, i tossicodipendenti, gli emarginati, i malati, gli anziani.

Il Convegno "A servizio della vita umana" dell'aprile 1989 è stato una splendida testimonianza del fiorire di questa attenzione.

40. - La comunità cristiana ha sempre sviluppato sollecitudine e solidarietà verso l'uomo e la sua vita.

Spesso quanto ha saputo individuare e costruire è diventato, in seguito, patrimonio comune dell'intera società civile.

Tale atteggiamento si basa sulla consapevolezza che ogni essere umano è partecipe della stessa umanità e che nessuno può dirsi estraneo all'altro.

Non è, quindi, lecito ripetere le parole insensate di Caino: « Sono forse io il custode di mio fratello? » ( Gen 4,9 ).

Il cristiano sa che ogni uomo è « un fratello per il quale Cristo è morto ». ( 1 Cor 8,11 ) e si sente chiamato, in una continua gara di carità, a portare i pesi di ogni altra persona ( cfr Rm 12,10 ).

41. - La coscienza della fraternità suscita l'impegno reciproco di vivere gli uni per gli altri.

Abbiamo tutti la stessa dignità di persone e siamo di fatto interdipendenti.

Non possiamo, quindi, fare a meno di scegliere la solidarietà tra gli uomini e le nazioni, come « determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siamo veramente responsabili di tutti ».22

Si iscrive qui l'azione sociale e politica, che ha come scopo e ragion d'essere la realizzazione del bene comune.

Ma tale bene « non potrà essere realizzato se non viene energicamente difeso e promosso il bene della singola persona umana: ogni persona va rispettata in tutti i suoi diritti, a partire dal diritto fondamentale che è quello alla vita.

È compito dell'intera società assicurare le condizioni economiche, lavorative, igieniche e sanitarie, ecologiche, assistenziali, giuridiche e culturali per lo sviluppo sempre più umano della vita di tutti e di ciascuno ».23

Indice

7 Paolo VI, Humanae vitae, n. 18.
8 Cfr. Gaudium et spes, n. 24.
9 Ivi, n. 22.
10 Cfr Giovanni Paolo II, Discorso al VII Simposio dei Vescovi europei, n. 5, 17 ottobre 1989
11 Cfr C.E.I., Cons. Perm.
Comunità cristiana e accoglienza della vita umana nascente, nn. 15-17.
12 Congr. Dottrina fede Istruzione
Il rispetto della vita umana nascente e la dignità della procreazione, n. 1.
Si vedano, nello stesso documento, le conseguenze che ne derivano circa la liceità delle diagnosi prenatali ( n. 2 )
e degli interventi terapeutici sull'embrione umano ( n. 3 ),
la valutazione morale della ricerca e della sperimentazione sugli embrioni e sui feti (n. 4),
dell'uso a scopo di ricerca degli embrioni ottenuti mediante fecondazione in vitro ( n. 5 )
e degli altri procedimenti di manipolazione degli embrioni connessi con le tecniche di riproduzione umana ( n. 6 ).
13 Giovanni Paolo II, Enciclica Redemptor hominis, n. 10.
14 Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Mulieris dignitatem, n. 7.
15 Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, n. 11.
16 Giovanni Paolo II, Discorso ai VII Simposio dei Vescovi europei, n. 5, 17 ottobre 1989.
17 Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, n. 28.
18 Gaudium et spes, n. 50.
19 Ivi.
20 Congr. Dottrina fede Istruzione
Il rispetto della vita umana nascente e la dignità della procreazione, n. 8.
21 Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Salvifici doloris, n. 30, 11 febbraio 1984.
22 Giovanni Paolo II, Enciclica Sollicitudo rei socialis, n. 38.
23 Giovanni Paolo II, Discorso al Convegno A servizio della vita umana, n. 6, 16 aprile 1989.