Documento finale |
La sinodalità missionaria non riguarda soltanto la Chiesa a livello universale.
L'esigenza di camminare insieme, dando una reale testimonianza di fraternità in una vita comunitaria rinnovata e più evidente, concerne anzitutto le singole comunità.
Occorre dunque risvegliare in ogni realtà locale la consapevolezza che siamo popolo di Dio, responsabile di incarnare il Vangelo nei diversi contesti e all'interno di tutte le situazioni quotidiane.
Ciò comporta di uscire dalla logica della delega che tanto condiziona l'azione pastorale.
Possiamo riferirci per esempio ai percorsi di catechesi in preparazione ai sacramenti, che costituiscono un compito che molte famiglie demandano del tutto alla parrocchia.
Questa mentalità ha come conseguenza che i ragazzi rischiano di intendere la fede non come una realtà che illumina la vita quotidiana, ma come un insieme di nozioni e regole che appartengono a un ambito separato dalla loro esistenza.
È necessario invece camminare insieme: la parrocchia ha bisogno della famiglia per far sperimentare ai giovani il realismo quotidiano della fede; la famiglia viceversa ha bisogno del ministero dei catechisti e della struttura parrocchiale per offrire ai figli una visione più organica del cristianesimo, per introdurli nella comunità e aprirli ad orizzonti più ampi.
Non basta dunque avere delle strutture, se in esse non si sviluppano relazioni autentiche; è la qualità di tali relazioni, infatti, che evangelizza.
La parrocchia è necessariamente coinvolta in questo processo, per assumere la forma di una comunità più generativa, un ambiente da cui si irradia la missione verso gli ultimi.
In questo particolare frangente storico emergono diversi segnali che testimoniano che essa, in vari casi, non riesce a corrispondere alle esigenze spirituali degli uomini del nostro tempo, soprattutto a causa di alcuni fattori, che hanno modificato a fondo gli stili di vita delle persone.
Viviamo infatti in una cultura "senza confini", segnata da una nuova relazione spazio-temporale anche a motivo della comunicazione digitale, e caratterizzata da una continua mobilità.
In tale contesto, una visione dell'azione parrocchiale delimitata dai soli confini territoriali e incapace di intercettare con proposte diversificate i fedeli, e in particolare i giovani, imprigionerebbe la parrocchia in un immobilismo inaccettabile e in una preoccupante ripetitività pastorale.
Occorre dunque un ripensamento pastorale della parrocchia, in una logica di corresponsabilità ecclesiale e di slancio missionario, sviluppando sinergie sul territorio.
Solo così essa potrà apparire un ambiente significativo che intercetta la vita dei giovani.
Nella stessa direzione di una maggiore apertura e condivisione è importante che le singole comunità si interroghino per verificare se gli stili di vita e l'uso delle strutture trasmettono ai giovani una testimonianza leggibile del Vangelo.
La vita privata di molti sacerdoti, suore, religiosi, vescovi è senza dubbio sobria e impegnata per la gente; ma è quasi invisibile ai più, soprattutto ai giovani.
Molti di loro trovano che il nostro mondo ecclesiale è complesso da decifrare; sono trattenuti a distanza dai ruoli che rivestiamo e dagli stereotipi che li accompagnano.
Facciamo in modo che la nostra vita ordinaria, in tutte le sue espressioni, sia più accessibile.
La vicinanza effettiva, la condivisione di spazi e di attività creano le condizioni per una comunicazione autentica, libera da pregiudizi.
È in questo modo che Gesù ha portato l'annuncio del Regno ed è su questa via che ci spinge anche oggi il suo Spirito.
Una chiesa sinodale e missionaria si manifesta attraverso comunità locali abitate da molti volti.
Fin dall'inizio la Chiesa non ha avuto una forma rigida e omologante, ma si è sviluppata come un poliedro di persone con sensibilità, provenienze e culture diverse.
Proprio in questo modo essa ha mostrato di portare nei vasi di creta della fragilità umana il tesoro incomparabile della vita trinitaria.
L'armonia che è dono dello Spirito non abolisce le differenze, ma le accorda generando una ricchezza sinfonica.
Questo incontro nell'unica fede tra persone diverse costituisce la condizione fondamentale per il rinnovamento pastorale delle nostre comunità.
Esso incide sull'annuncio, sulla celebrazione e sul servizio, ossia sugli ambiti fondamentali della pastorale ordinaria.
La sapienza popolare dice che "per educare un bambino ci vuole un villaggio": questo principio oggi vale per tutti gli ambiti della pastorale.
L'effettiva realizzazione di una comunità dai molti volti incide anche sull'inserimento nel territorio, sull'apertura al tessuto sociale e sull'incontro con le istituzioni civili.
Solo una comunità unita e plurale sa proporsi in modo aperto e portare la luce del Vangelo negli ambiti della vita sociale che oggi ci sfidano:
la questione ecologica,
il lavoro,
il sostegno alla famiglia,
l'emarginazione,
il rinnovamento della politica,
il pluralismo culturale e religioso,
il cammino per la giustizia e per la pace,
l'ambiente digitale.
Ciò sta già avvenendo nelle associazioni e nei movimenti ecclesiali.
I giovani ci chiedono di non affrontare queste sfide da soli e di dialogare con tutti, non per ritagliare una fetta di potere, ma per contribuire al bene comune.
L'annuncio di Gesù Cristo, morto e risorto, che ci ha rivelato il Padre e donato lo Spirito, è vocazione fondamentale della comunità cristiana.
Fa parte di questo annuncio l'invito ai giovani a riconoscere nella loro vita i segni dell'amore di Dio e a scoprire la comunità come luogo di incontro con Cristo.
Tale annuncio costituisce il fondamento, sempre da ravvivare, della catechesi dei giovani e le conferisce una qualità kerigmatica ( cfr. Francesco, Evangelii gaudium, n. 164 ).
Va tenuto vivo l'impegno a offrire itinerari continuativi e organici che sappiano integrare: una conoscenza viva di Gesù Cristo e del suo Vangelo, la capacità di leggere nella fede la propria esperienza e gli eventi della storia, un accompagnamento alla preghiera e alla celebrazione della liturgia, l'introduzione alla Lectio divina e il sostegno alla testimonianza della carità e alla promozione della giustizia, proponendo così un'autentica spiritualità giovanile.
Gli itinerari catechistici mostrino l'intima connessione della fede con l'esperienza concreta di ogni giorno, con il mondo dei sentimenti e dei legami, con le gioie e le delusioni che si sperimentano nello studio e nel lavoro; sappiano integrare la dottrina sociale della Chiesa; siano aperti ai linguaggi della bellezza, della musica e delle diverse espressioni artistiche, e alle forme della comunicazione digitale.
Le dimensioni della corporeità, dell'affettività e della sessualità vanno tenute bene in conto, giacché c'è un intreccio profondo tra educazione alla fede e educazione all'amore.
La fede, insomma, va compresa come una pratica, ossia come una forma di abitare il mondo.
È urgente che nella catechesi dei giovani si rinnovi l'impegno per i linguaggi e le metodologie, senza mai perdere di vista l'essenziale, cioè l'incontro con Cristo, che è il cuore della catechesi.
Hanno ottenuto apprezzamento YouCat, DoCat e strumenti simili, senza tralasciare i catechismi prodotti dalle varie Conferenze episcopali.
Si rende necessario anche un rinnovato impegno per i catechisti, che spesso sono giovani a servizio di altri giovani, quasi loro coetanei.
È importante curare adeguatamente la loro formazione e fare in modo che il loro ministero sia maggiormente riconosciuto dalla comunità.
La celebrazione eucaristica è generativa della vita della comunità e della sinodalità della Chiesa.
Essa è luogo di trasmissione della fede e di formazione alla missione, in cui si rende evidente che la comunità vive di grazia e non dell'opera delle proprie mani.
Con le parole della tradizione orientale possiamo affermare che la liturgia è incontro con il Divino Servitore che fascia le nostre ferite e prepara per noi il banchetto pasquale, inviandoci a fare lo stesso con i nostri fratelli e sorelle.
Va dunque riaffermato con chiarezza che l'impegno a celebrare con nobile semplicità e con il coinvolgimento dei diversi ministeri laicali, costituisce un momento essenziale della conversione missionaria della Chiesa.
I giovani hanno mostrato di saper apprezzare e vivere con intensità celebrazioni autentiche in cui la bellezza dei segni, la cura della predicazione e il coinvolgimento comunitario parlano realmente di Dio.
Bisogna dunque favorire la loro partecipazione attiva, ma tenendo vivo lo stupore per il Mistero; venire incontro alla loro sensibilità musicale e artistica, ma aiutarli a comprendere che la liturgia non è puramente espressione di sé, ma azione di Cristo e della Chiesa.
Ugualmente importante è accompagnare i giovani a scoprire il valore dell'adorazione eucaristica come prolungamento della celebrazione, in cui vivere la contemplazione e la preghiera silenziosa.
135. Grande importanza, nei percorsi di fede, ha anche la pratica del sacramento della Riconciliazione.
I giovani hanno bisogno di sentirsi amati, perdonati, riconciliati e hanno una segreta nostalgia dell'abbraccio misericordioso del Padre.
Per questo è fondamentale che i presbiteri offrano una generosa disponibilità per la celebrazione di questo sacramento.
Le celebrazioni penitenziali comunitarie aiutano i giovani ad accostarsi alla confessione individuale e rendono più esplicita la dimensione ecclesiale del sacramento.
136. In molti contesti la pietà popolare svolge un ruolo importante di accesso dei giovani alla vita di fede in modo pratico, sensibile e immediato.
Valorizzando il linguaggio del corpo e la partecipazione affettiva, la pietà popolare porta con sé il desiderio di entrare in contatto con il Dio che salva, spesso attraverso la mediazione della Madre di Dio e dei santi.
Il pellegrinaggio è per i giovani un'esperienza di cammino che diviene metafora della vita e della Chiesa: contemplando la bellezza del creato e dell'arte, vivendo la fraternità e unendosi al Signore nella preghiera si ripropongono così le migliori condizioni del discernimento.
I giovani possono contribuire a rinnovare lo stile delle comunità parrocchiali e a costruire una comunità fraterna e prossima ai poveri.
I poveri, i giovani scartati, quelli più sofferenti, possono diventare il principio di rinnovamento della comunità.
Essi vanno riconosciuti come soggetti dell'evangelizzazione e ci aiutano a liberarci dalla mondanità spirituale.
Spesso i giovani sono sensibili alla dimensione della diakonia.
Molti sono impegnati attivamente nel volontariato e trovano nel servizio la via per incontrare il Signore.
La dedizione agli ultimi diventa così realmente una pratica della fede, in cui si apprende quell'amore "in perdita" che si trova al centro del Vangelo e che è a fondamento di tutta la vita cristiana.
I poveri, i piccoli, i malati, gli anziani sono la carne di Cristo sofferente: per questo mettersi a loro servizio è un modo per incontrare il Signore e uno spazio privilegiato per il discernimento della propria chiamata.
Un'apertura particolare è richiesta, in diversi contesti, ai migranti e ai rifugiati.
Con loro bisogna operare per l'accoglienza, la protezione, la promozione e l'integrazione.
L'inclusione sociale dei poveri fa della Chiesa la casa della carità.
Solo una pastorale capace di rinnovarsi a partire dalla cura delle relazioni e dalla qualità della comunità cristiana sarà significativa e attraente per i giovani.
La Chiesa potrà così presentarsi a loro come una casa che accoglie, caratterizzata da un clima di famiglia fatto di fiducia e confidenza.
L'anelito alla fraternità, tante volte emerso dall'ascolto sinodale dei giovani, chiede alla Chiesa di essere « madre per tutti e casa per molti » ( Francesco, Evangelii gaudium, n. 287): la pastorale ha il compito di realizzare nella storia la maternità universale della Chiesa attraverso gesti concreti e profetici di accoglienza gioiosa e quotidiana che ne fanno una casa per i giovani.
La vocazione è il fulcro intorno a cui si integrano tutte le dimensioni della persona.
Tale principio non riguarda solamente il singolo credente, ma anche la pastorale nel suo insieme.
È quindi molto importante chiarire che solo nella dimensione vocazionale tutta la pastorale può trovare un principio unificante, perché in essa trova la sua origine e il suo compimento.
Nei cammini di conversione pastorale in atto non si chiede quindi di rafforzare la pastorale vocazionale in quanto settore separato e indipendente, ma di animare l'intera pastorale della Chiesa presentando con efficacia la molteplicità delle vocazioni.
Il fine della pastorale è infatti aiutare tutti e ciascuno, attraverso un cammino di discernimento, a giungere alla « misura della pienezza di Cristo » ( Ef 4,13 ).
Fin dall'inizio del cammino sinodale è emersa con forza la necessità di qualificare vocazionalmente la pastorale giovanile.
In tal modo emergono le due caratteristiche indispensabili di una pastorale destinata alle giovani generazioni:
è "giovanile", perché i suoi destinatari si trovano in quella singolare e irripetibile età della vita che è la giovinezza;
è "vocazionale", perché la giovinezza è la stagione privilegiata delle scelte di vita e della risposta alla chiamata di Dio.
La "vocazionalità" della pastorale giovanile non va intesa in modo esclusivo, ma intensivo.
Dio chiama a tutte le età della vita – dal grembo materno fino alla vecchiaia –, ma la giovinezza è il momento privilegiato dell'ascolto, della disponibilità e dell'accoglienza della volontà di Dio.
Il Sinodo avanza la proposta che a livello di Conferenza Episcopale Nazionale si predisponga un "Direttorio di pastorale giovanile" in chiave vocazionale che possa aiutare i responsabili diocesani e gli operatori locali a qualificare la loro formazione ed azione con e per i giovani.
Pur riconoscendo che la progettazione per settori pastorali è necessaria per evitare l'improvvisazione, in varie occasioni i Padri sinodali hanno comunicato il loro disagio per una certa frammentazione della pastorale della Chiesa.
In particolare si sono riferiti alle varie pastorali che riguardano i giovani: pastorale giovanile, familiare, vocazionale, scolastica e universitaria, sociale, culturale, caritativa, del tempo libero, ecc.
La moltiplicazione di uffici molto specializzati, ma a volte separati, non giova alla significatività della proposta cristiana.
In un mondo frammentato che produce dispersione e moltiplica le appartenenze, i giovani hanno bisogno di essere aiutati a unificare la vita, leggendo in profondità le esperienze quotidiane e facendo discernimento.
Se questa è la priorità, è necessario sviluppare maggiore coordinamento e integrazione tra i diversi ambiti, passando da un lavoro per "uffici" a un lavoro per "progetti".
Durante il Sinodo in molte occasioni si è parlato della Giornata Mondiale della Gioventù e anche di tanti altri eventi che si svolgono a livello continentale, nazionale e diocesano, insieme a quelli organizzati da associazioni, movimenti, congregazioni religiose e da altri soggetti ecclesiali.
Tali momenti di incontro e di condivisione sono apprezzati pressoché ovunque perché offrono la possibilità di camminare nella logica del pellegrinaggio, di sperimentare la fraternità con tutti, di condividere gioiosamente la fede e di crescere nell'appartenenza alla Chiesa.
Per tanti giovani sono stati un'esperienza di trasfigurazione, in cui hanno sperimentato la bellezza del volto del Signore e fatto scelte di vita importanti.
I frutti migliori di queste esperienze si raccolgono nella vita quotidiana.
Diviene quindi importante progettare e realizzare queste convocazioni come tappe significative di un processo virtuoso più ampio.
Spazi specifici dedicati dalla comunità cristiana ai giovani, come gli oratori e i centri giovanili e altre strutture simili manifestano la passione educativa della Chiesa.
Essi si declinano in molti modi, ma rimangono ambiti privilegiati in cui la Chiesa si fa casa accogliente per adolescenti e giovani, che possono scoprire i loro talenti e metterli a disposizone nel servizio.
Essi trasmettono un patrimonio educativo molto ricco, da condividere su larga scala, a sostegno delle famiglie e della stessa società civile.
Nel dinamismo di una Chiesa in uscita è però necessario pensare a un rinnovamento creativo e flessibile di queste realtà, passando dall'idea di centri statici, dove i giovani possano venire, all'idea di soggetti pastorali in movimento con e verso i giovani, capaci cioè di incontrarli nei loro luoghi di vita ordinari – la scuola e l'ambiente digitale, le periferie esistenziali, il mondo rurale e quello del lavoro, l'espressione musicale e artistica, ecc. – generando un nuovo tipo di apostolato più dinamico e attivo.
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