Documento finale

Capitolo V - Nuovi cammini di conversione sinodale

"Io in loro e Tu in me, perché siano perfetti nell'unità" ( Gv 17,23 )

86. Per camminare uniti la Chiesa ha bisogno di una conversione sinodale, sinodalità del Popolo di Dio sotto la guida dello Spirito in Amazzonia.

Con questo orizzonte di comunione e partecipazione cerchiamo nuovi cammini ecclesiali, soprattutto nella ministerialità e sacramentalità della Chiesa dal volto amazzonico.

La vita consacrata, i laici, e tra loro le donne, sono gli antichi protagonisti, ma sempre nuovi, che ci chiamano a questa conversione.

87. La Sinodalità missionaria nella Chiesa amazzonica

a. La sinodalità missionaria di tutto il Popolo di Dio sotto la guida dello Spirito.

'Sinodo' è una parola antica, venerata dalla Tradizione; indica il cammino che percorrono insieme i membri del popolo di Dio; rimanda al Signore Gesù, che si presenta come "la Via, la Verità e la Vita" ( Gv 14,6 ), e al fatto che i cristiani furono chiamati 'i discepoli della Via' ( cfr. At 9,2 ); essere sinodali significa seguire insieme "la via del Signore" ( At 18,25 ).

La sinodalità è il modo di essere della Chiesa primitiva ( cfr. At 15 ) e deve essere il nostro.

"Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo" ( 1 Cor 12,12 ).

La sinodalità caratterizza anche la Chiesa del Vaticano II, intesa come Popolo di Dio, nell'eguaglianza e nella comune dignità a fronte della diversità di ministeri, carismi e servizi.

"Indica lo specifico modus vivendi et operandi della Chiesa Popolo di Dio che manifesta e realizza in concreto il suo essere comunione nel camminare insieme, nel radunarsi in assemblea e nel partecipare attivamente di tutti i suoi membri alla sua missione evangelizzatrice", cioè nel "coinvolgimento e ( nel )la partecipazione di tutto il Popolo di Dio alla vita e alla missione della Chiesa" ( CTI, La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, 2 marzo 2018, nn. 6-7 ).

88. Per camminare insieme, la Chiesa oggi ha bisogno di convertirsi all'esperienza sinodale.

È necessario rafforzare una cultura di dialogo, di ascolto reciproco, di discernimento spirituale, di consenso e di comunione per trovare spazi e modalità al fine di giungere a decisioni comuni e rispondere alle sfide pastorali.

In questo modo, sarà promossa la corresponsabilità nella vita della Chiesa in uno spirito di servizio.

È urgente camminare, proporre e assumere responsabilità per superare il clericalismo e le imposizioni arbitrarie.

La sinodalità è una dimensione costitutiva della Chiesa.

Non si può essere Chiesa senza riconoscere un effettivo esercizio del sensus fidei di tutto il Popolo di Dio.

89. b. Spiritualità di comunione sinodale sotto la guida dello Spirito

La Chiesa vive della comunione con il Corpo di Cristo attraverso il dono dello Spirito Santo.

Il cosiddetto Concilio Apostolico di Gerusalemme ( cfr At 15; Gal 2,1-10 ) è un evento sinodale in cui la Chiesa Apostolica, in un momento decisivo del suo cammino, vive la sua vocazione alla luce della presenza del Signore risorto in vista della missione.

Questo evento si costituì nella figura paradigmatica dei Sinodi della Chiesa e della sua vocazione sinodale.

La decisione presa dagli Apostoli, in accordo con tutta la comunità di Gerusalemme, è stata opera dell'azione dello Spirito Santo che guida il cammino della Chiesa, assicurandole la fedeltà al Vangelo di Gesù: "È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi" ( At 15,28 ).

Tutta l'assemblea accettò la decisione e la fece propria ( cfr. At 15,22 ); poi la comunità di Antiochia fece lo stesso ( cfr. At 15,30-31 ).

Essere veramente 'sinodale' vuol dire avanzare in armonia sotto l'impulso dello Spirito vivificante.

90. La Chiesa in Amazzonia è chiamata a camminare nell'esercizio del discernimento, che è il centro dei processi e degli eventi sinodali.

Si tratta di determinare e percorrere come Chiesa, attraverso l'interpretazione teologica dei segni dei tempi, sotto la guida dello Spirito Santo, il cammino da seguire al servizio del disegno di Dio.

Il discernimento comunitario permette di scoprire la chiamata che Dio fa sentire in ogni determinata situazione storica.

Questa Assemblea è un momento di grazia per esercitare l'ascolto reciproco, il dialogo sincero e il discernimento comunitario per il bene comune del Popolo di Dio nella Regione Amazzonica, e poi, nella fase di attuazione delle decisioni, per continuare a camminare sotto l'impulso dello Spirito Santo nelle piccole comunità, nelle parrocchie, nelle diocesi, nei vicariati, nelle 'prelature', e in tutta la regione.

91. c. Verso uno stile sinodale di vita e di lavoro nella regione amazzonica

Con audacia evangelica, vogliamo implementare nuovi cammini per la vita della Chiesa e il suo servizio ad un'ecologia integrale in Amazzonia.

La sinodalità segna uno stile di vivere la comunione e la partecipazione nelle Chiese locali che si caratterizza per il rispetto della dignità e dell'uguaglianza di tutti i battezzati e le battezzate, la complementarietà dei carismi e dei ministeri, il piacere di riunirsi in assemblea per discernere insieme la voce dello Spirito.

Questo Sinodo ci offre l'occasione di riflettere su come strutturare le Chiese locali in ogni regione e Paese, e di procedere a una conversione sinodale che indichi percorsi comuni di evangelizzazione.

La logica dell'incarnazione insegna che Dio, in Cristo, si lega agli esseri umani che vivono nelle "culture proprie dei popoli" ( AG 9 ) e che la Chiesa, Popolo di Dio inserito tra i popoli, ha la bellezza di un volto pluriforme perché si radica in molte culture diverse ( cfr. EG 116 ).

Questo si realizza nella vita e nella missione delle Chiese locali radicate in ogni "grande territorio socio-culturale" ( AG 22 ).

92. Una Chiesa dal volto amazzonico ha bisogno che le sue comunità siano impregnate di spirito sinodale, sostenute da strutture organizzative in accordo con questa dinamica, come autentici organismi di 'comunione'.

Le forme di esercizio della sinodalità sono varie, dovranno essere decentralizzate nei loro diversi livelli ( diocesano, regionale, nazionale, universale ), rispettose e attente ai processi locali, senza indebolire il legame con le altre Chiese sorelle e con la Chiesa universale.

Le forme organizzative per l'esercizio della sinodalità possono essere varie.

Stabiliscono una sincronia tra la comunione e la partecipazione, tra la corresponsabilità e la ministerialità di tutti, prestando particolare attenzione all'effettiva partecipazione dei laici al discernimento e alla presa di decisioni, rafforzando la partecipazione delle donne.

93. Nuovi cammini per la ministerialità ecclesiale

a. Chiesa ministeriale e nuovi ministeri

Il rinnovamento del Concilio Vaticano II pone i laici in seno al Popolo di Dio, in una Chiesa tutta ministeriale, che ha nel sacramento del battesimo il fondamento dell'identità e della missione di ogni cristiano.

I laici sono i fedeli che, con il battesimo sono stati incorporati a Cristo, costituiti così in popolo di Dio e, in modo proprio, resi partecipi dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, per cui esercitano il loro ruolo nella missione propria di tutto il popolo cristiano, nella Chiesa e nel mondo ( cfr. LG 31 ).

Da questa triplice relazione, con Cristo, con la Chiesa e con il mondo, nasce la vocazione e la missione del laicato.

La Chiesa in Amazzonia, in vista di una società giusta e solidale nella cura della 'casa comune', vuole fare dei laici attori privilegiati.

Il loro modo di agire è stato ed è vitale, sia nel coordinamento delle comunità ecclesiali, esercitando alcuni ministeri, sia nel loro impegno profetico in un mondo inclusivo per tutti, che ha nei suoi martiri una testimonianza che ci interpella.

94. Come espressione della corresponsabilità di tutti i battezzati nella Chiesa e dell'esercizio del sensus fidei di tutto il Popolo di Dio, sono nate le assemblee e i consigli pastorali in tutti gli ambiti ecclesiali, come pure le equipe di coordinamento dei diversi servizi pastorali ed i ministeri affidati ai laici.

Riconosciamo la necessità di rafforzare e ampliare gli spazi di partecipazione del laicato, sia nella consultazione che nella presa di decisioni, nella vita e nella missione della Chiesa.

95. Sebbene la missione nel mondo sia compito di ogni battezzato, il Concilio Vaticano II ha sottolineato la missione del laicato: "l'attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente" ( GS 39 ).

Per la Chiesa amazzonica è urgente che si promuovano e si conferiscano ministeri a uomini e donne in modo equo.

Il tessuto della Chiesa locale, anche in Amazzonia, è garantito dalle piccole comunità ecclesiali missionarie che coltivano la fede, ascoltano la Parola e celebrano insieme, essendo vicine alla vita della gente.

È la Chiesa degli uomini e delle donne battezzati che dobbiamo consolidare promuovendo la ministerialità e, soprattutto, la consapevolezza della dignità battesimale.

96. Inoltre, il Vescovo può affidare, con un mandato a tempo determinato, in assenza di sacerdoti, l'esercizio della cura pastorale delle comunità ad una persona non investita del carattere sacerdotale, che sia membro della stessa comunità.

Devono essere evitati i personalismi e quindi sarà un incarico a rotazione.

Il Vescovo potrà costituire questo ministero in rappresentanza della comunità cristiana con un mandato ufficiale attraverso un atto rituale, affinché la persona responsabile della comunità sia riconosciuta anche a livello civile e locale.

Resterà sempre il sacerdote, con la potestà e la facoltà di parroco, ad essere il responsabile della comunità.

97. b. La vita consacrata

Il testo evangelico – "Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio" ( Lc 4,18 ) - esprime una convinzione che anima la missione della vita consacrata in Amazzonia, inviata ad annunciare la Buona Notizia nell'accompagnamento prossimo ai popoli indigeni, ai più vulnerabili e ai più lontani, a partire da un dialogo e da un annuncio che rende possibile una profonda conoscenza della spiritualità.

Una vita consacrata con esperienze intercongregazionali e interistituzionali può rimanere in quelle comunità, dove nessuno vuole stare e con le quali nessuno vuole stare, imparando da loro e rispettando la cultura e le lingue indigene per arrivare al cuore dei popoli.

98. La missione, mentre contribuisce ad edificare e consolidare la Chiesa, rafforza e rinnova la vita consacrata e la chiama con più forza a riprendere ciò che è il più puro della sua ispirazione originaria.

In questo modo la sua testimonianza sarà profetica e fonte di nuove vocazioni religiose.

Proponiamo di scommettere su una vita consacrata con identità amazzonica, rafforzando le vocazioni autoctone.

Sosteniamo l'inserimento e l'itineranza delle persone consacrate, insieme ai più impoveriti ed esclusi.

I processi formativi devono includere una focalizzazione a partire dall'interculturalità, dall'inculturazione e dal dialogo tra le spiritualità e le cosmovisioni amazzoniche.

99. c. La presenza e l'ora della donna

La Chiesa in Amazzonia vuole "allargare gli spazi per una presenza femminile più incisiva nella Chiesa" ( EG 103 ).

"Non riduciamo l'impegno delle donne nella Chiesa, bensì promuoviamo il loro ruolo attivo nella comunità ecclesiale.

Se la Chiesa perde le donne, nella sua dimensione totale e reale, la Chiesa rischia la sterilità" ( Francesco, Incontro con l'Episcopato brasiliano, Rio de Janeiro, 27 luglio 2013 ).

100. Il Magistero della Chiesa a partire dal Concilio Vaticano II ha messo in risalto il posto da protagonista che la donna occupa in essa: "Ma viene l'ora, l'ora è venuta, in cui la vocazione della donna si completa in pienezza, l'ora in cui la donna acquista nella società un'influenza, un irradiamento, un potere finora mai raggiunto.

È per questo, in questo momento nel quale l'umanità sperimenta una così profonda trasformazione, che le donne imbevute dello spirito del Vangelo possono tanto per aiutare l'umanità a non decadere" ( Paolo VI, Messaggio alle donne alla conclusione del Concilio Vaticano II, 8 dicembre 1965 ).

101. La saggezza dei popoli ancestrali afferma che la madre terra ha un volto femminile.

Nel mondo indigeno e in quello occidentale, le donne sono coloro che lavorano in molteplici campi, nell'istruzione dei figli, nella trasmissione della fede e del Vangelo; sono una presenza testimoniante e responsabile nella promozione umana, per cui si chiede che la voce delle donne sia ascoltata, che siano consultate e partecipino alle prese di decisioni e, in questo modo, possano contribuire con la loro sensibilità alla sinodalità ecclesiale.

Apprezziamo la funzione della donna, riconoscendo il suo ruolo fondamentale nella formazione e nella continuità delle culture, nella spiritualità, nelle comunità e nelle famiglie.

È necessario che ella assuma con maggiore forza la sua leadership in seno alla Chiesa e che la Chiesa riconosca ciò e lo promuova, rafforzando la sua partecipazione nei consigli pastorali delle parrocchie e delle diocesi, come anche nelle istanze di governo.

102. Di fronte alla realtà che soffrono le donne vittime di violenza fisica, morale e religiosa, femminicidio compreso, la Chiesa si pone in difesa dei loro diritti e le riconosce come protagoniste e custodi del creato e della 'casa comune'.

Riconosciamo la ministerialità che Gesù ha riservato alle donne.

È necessario promuovere la formazione delle donne attraverso studi di teologia biblica, teologia sistematica, diritto canonico, valorizzando la loro presenza nelle organizzazioni e la loro leadership all'interno e all'esterno dell'ambiente ecclesiale.

Vogliamo rafforzare i legami familiari, soprattutto per le donne migranti.

Assicuriamo il loro posto negli spazi di leadership e nelle loro competenze specifiche.

Chiediamo la revisione del Motu Proprio Ministeria quædam di San Paolo VI, affinché anche donne adeguatamente formate e preparate possano ricevere i ministeri del Lettorato e dell'Accolitato, tra gli altri che possono essere svolti.

Nei nuovi contesti di evangelizzazione e di pastorale in Amazzonia, dove la maggior parte delle comunità cattoliche sono guidate da donne, chiediamo che venga creato il ministero istituito di "donna dirigente di comunità", dando ad esso un riconoscimento, nel servizio alle mutevoli esigenze di evangelizzazione e di attenzione alle comunità.

103. Nelle numerose consultazioni che si sono svolte in Amazzonia, è stato riconosciuto e sottolineato il ruolo fondamentale delle religiose e delle laiche nella Chiesa amazzonica e nelle sue comunità, visti i molteplici servizi che offrono.

In molte di queste consultazioni è stata avanzata la richiesta del diaconato permanente per le donne.

Per questo motivo il tema è stato anche molto presente durante il Sinodo.

Già nel 2016, Papa Francesco aveva creato una Commissione di studio sul diaconato delle donne che, come Commissione, è arrivata ad un risultato parziale su come era la realtà del diaconato delle donne nei primi secoli della Chiesa e sulle sue implicazioni attuali.

Ci piacerebbe pertanto condividere le nostre esperienze e riflessioni con la Commissione e attenderne i risultati.

104. d. Diaconato permanente

Per la Chiesa amazzonica, è urgente la promozione, la formazione e il sostegno ai diaconi permanenti a causa dell'importanza di questo ministero nella comunità e, in modo particolare, a motivo del servizio ecclesiale richiesto da molte comunità, specialmente dai popoli indigeni.

Le specifiche esigenze pastorali delle comunità cristiane amazzoniche ci portano ad una più ampia comprensione del diaconato, un servizio che esiste fin dall'inizio della Chiesa e che è stato riproposto come grado autonomo e permanente dal Concilio Vaticano II ( cfr. LG 29, AG 16, OE 17 ).

Il diaconato oggi deve anche promuovere l'ecologia integrale, lo sviluppo umano, la pastorale sociale, il servizio a chi si trova in condizioni di vulnerabilità e povertà, configurandolo a Cristo Servo, diventando una Chiesa misericordiosa, samaritana, solidale e diaconale.

105. I presbiteri devono tenere in conto che il diacono è al servizio della comunità per mandato e sotto l'autorità del vescovo, e che hanno l'obbligo di sostenere i diaconi permanenti e di agire in comunione con loro.

Si deve tenere presente il mantenimento dei diaconi permanenti.

Questo include il processo vocazionale secondo i criteri di ammissione.

Le motivazioni del candidato devono essere orientate al servizio e alla missione del diaconato permanente nella Chiesa e nel mondo di oggi.

Il progetto formativo si divide tra studio accademico e pratica pastorale, accompagnato da un'équipe formativa e dalla comunità parrocchiale, con contenuti e itinerari adattati ad ogni realtà locale.

È auspicabile che anche la moglie ed i figli partecipino al processo di formazione.

106. Il programma di studi ( curriculum ) per la formazione al diaconato permanente, oltre alle materie obbligatorie, deve includere temi che favoriscano il dialogo ecumenico, interreligioso e interculturale, la storia della Chiesa in Amazzonia, l'affettività e la sessualità, la cosmovisione indigena, l'ecologia integrale e altri temi trasversali tipici del ministero diaconale.

L'équipe dei formatori sarà composta da ministri ordinati e laici competenti, in linea con il Direttorio del diaconato permanente approvato in ogni Paese.

Vogliamo incoraggiare, sostenere e accompagnare personalmente il processo vocazionale e la formazione di futuri diaconi permanenti nelle comunità che abitano sulle rive dei fiumi e in quelle indigene, con la partecipazione di parroci, religiosi e religiose.

Infine, che ci sia un programma di accompagnamento alla formazione permanente ( spiritualità, formazione teologica, questioni pastorali, attualizzazione dei documenti della Chiesa, ecc. ), sotto la guida del Vescovo.

107. e. Itinerari di formazione inculturata

"Vi darò pastori secondo il mio cuore" ( Ger 3,15 ).

Questa promessa, essendo divina, è valida per tutti i tempi e in tutti i contesti, quindi vale anche per l'Amazzonia.

Destinata a configurare il sacerdote a Cristo, la formazione al ministero ordinato deve essere una scuola comunitaria di fraternità, esperienziale, spirituale, pastorale e dottrinale, a contatto con la realtà delle persone, in armonia con la cultura e la religiosità locale, vicina ai poveri.

Abbiamo l'esigenza di preparare buoni pastori che vivano la Buona Notizia del Regno, conoscano le leggi canoniche, siano compassionevoli, il più possibile simili a Gesù, la cui pratica sia quella di fare la volontà del Padre, alimentati dall'Eucaristia e dalla Sacra Scrittura.

Quindi, una formazione più biblica, nel senso di assimilazione a Gesù come si mostra nei Vangeli: vicino alle persone, capace di ascoltare, di guarire, di consolare pazientemente, non chiedendo niente, ma manifestando la tenerezza del cuore di suo Padre.

108. Per offrire ai futuri presbiteri delle Chiese in Amazzonia una formazione dal volto amazzonico, inserita e adatta alla realtà, contestualizzata e capace di rispondere alle numerose sfide pastorali e missionarie, proponiamo un piano formativo in linea con le sfide delle Chiese locali e della realtà amazzonica.

Deve includere nei contenuti accademici discipline che si occupino di ecologia integrale, di eco-teologia, di teologia della creazione, di teologie indie, di spiritualità ecologica, di storia della Chiesa in Amazzonia, di antropologia culturale amazzonica, ecc.

I centri di formazione alla vita sacerdotale e consacrata devono preferibilmente inserirsi nella realtà amazzonica, al fine di favorire il contatto del giovane amazzonico in formazione con la sua realtà, mentre si prepara alla sua futura missione, garantendo così che il processo di formazione non si allontani dal contenuto vitale delle persone e della loro cultura.

Si offra, inoltre, ad altri giovani non amazzonici l'opportunità di svolgere la propria formazione in Amazzonia, in modo da favorire le vocazioni missionarie.

109. f. L'Eucaristia, fonte e culmine di comunione sinodale

Secondo il Concilio Vaticano II, la partecipazione all'Eucaristia è la fonte e il culmine di tutta la vita cristiana; è il simbolo dell'unità del Corpo Mistico; è il centro e il culmine di tutta la vita della comunità cristiana.

L'Eucaristia contiene tutto il bene spirituale della Chiesa; è la fonte e il culmine di ogni evangelizzazione.

Facciamo eco alla frase di san Giovanni Paolo II: "La Chiesa vive dell'Eucaristia" ( Ecclesia de Eucharistia, 1 ).

L'Istruzione della Congregazione per il Culto Divino Redemptionis sacramentum ( 2004 ) insiste affinché i fedeli godano del diritto alla celebrazione eucaristica come stabilito nei libri e nelle norme liturgiche.

Tuttavia sembra strano parlare del diritto a una celebrazione eucaristica secondo quanto prescritto, mentre non si parla del diritto ancor più fondamentale di accesso all'Eucaristia per tutti: "Nell'Eucaristia è già realizzata la pienezza, ed è il centro vitale dell'universo, il centro traboccante di amore e di vita inesauribile.

Unito al Figlio incarnato, presente nell'Eucaristia, tutto il cosmo rende grazie a Dio.

In effetti l'Eucaristia è di per sé un atto di amore cosmico" ( LS 236 ).

110. Esiste un diritto della comunità alla celebrazione, il quale deriva dall'essenza dell'Eucaristia e dal suo posto nell'economia di salvezza.

La vita sacramentale è l'integrazione delle varie dimensioni della vita umana nel Mistero Pasquale, che ci rafforza.

Per questo motivo le comunità vive reclamano davvero la celebrazione dell'Eucaristia.

Essa è, senza dubbio, il punto di arrivo ( culmine e compimento ) della comunità; ma, allo stesso tempo, è il punto di partenza: di incontro, di riconciliazione, di apprendimento e catechesi, di crescita comunitaria.

111. Molte delle comunità ecclesiali del territorio amazzonico hanno enormi difficoltà di accesso all'Eucaristia.

A volte trascorrono non solo mesi, ma addirittura diversi anni prima che un sacerdote possa tornare in una comunità per celebrare l'Eucaristia, offrire il sacramento della Riconciliazione o celebrare l'Unzione degli Infermi per i malati della comunità.

Apprezziamo il celibato come dono di Dio ( cfr. Sacerdotalis Caelibatus, 1 ) nella misura in cui questo dono permette al discepolo missionario, ordinato al presbiterato, di dedicarsi pienamente al servizio del Santo Popolo di Dio.

Esso stimola la carità pastorale e preghiamo che ci siano molte vocazioni che vivono il sacerdozio celibatario.

Sappiamo che questa disciplina "non è richiesta dalla natura stessa del sacerdozio" ( PO 16 ), sebbene vi sia per molte ragioni un rapporto di convenienza con esso.

Nella sua enciclica sul celibato sacerdotale, san Paolo VI ha mantenuto questa legge, esponendo le motivazioni teologiche, spirituali e pastorali che la motivano.

Nel 1992, l'esortazione post-sinodale di san Giovanni Paolo II sulla formazione sacerdotale ha confermato questa tradizione nella Chiesa latina ( PDV 29 ).

Considerando che la legittima diversità non nuoce alla comunione e all'unità della Chiesa, ma la manifesta e ne è al servizio ( cfr. LG 13; OE 6 ), come testimonia la pluralità dei riti e delle discipline esistenti, proponiamo che, nel quadro di Lumen gentium 26, l'autorità competente stabilisca criteri e disposizioni per ordinare sacerdoti uomini idonei e riconosciuti dalla comunità, i quali, pur avendo una famiglia legittimamente costituita e stabile, abbiano un diaconato permanente fecondo e ricevano una formazione adeguata per il presbiterato al fine di sostenere la vita della comunità cristiana attraverso la predicazione della Parola e la celebrazione dei Sacramenti nelle zone più remote della regione amazzonica.

A questo proposito, alcuni si sono espressi a favore di un approccio universale all'argomento.

112. Nuovi cammini per la sinodalità ecclesiale

a. Strutture sinodali regionali nella Chiesa amazzonica

La maggior parte delle Diocesi, delle Prelature e dei Vicariati dell'Amazzonia sono costituiti da territori estesi, hanno pochi ministri ordinati e scarse risorse finanziarie, manifestando notevoli difficoltà per sostenere la missione.

Il 'costo dell'Amazzonia' ha gravi ripercussioni sull'evangelizzazione.

Di fronte a questa realtà, è necessario riprogettare il modo in cui sono organizzate le Chiese locali, ripensare le strutture di comunione a livello provinciale, regionale e nazionale, e anche dal punto di vista panamazzonico.

Pertanto, è necessario articolare spazi sinodali e generare reti di sostegno solidale.

È urgente superare le frontiere che la geografia impone e costruire ponti che uniscano.

Il Documento di Aparecida insisteva già sul fatto che le Chiese locali generino forme di associazione interdiocesana in ogni nazione o tra Paesi di una stessa regione e che favoriscano una maggiore cooperazione tra le Chiese sorelle ( cfr. DAp 182 ).

In vista di una Chiesa presente, solidale e samaritana proponiamo: ridimensionare le vaste aree geografiche delle diocesi, dei vicariati e delle 'prelature'; creare un fondo amazzonico per il sostegno all'evangelizzazione; sensibilizzare e incoraggiare le agenzie internazionali di cooperazione cattolica a sostenere le attività di evangelizzazione al di là dei progetti sociali.

113. Nel 2015, durante la commemorazione del 50° anniversario dell'istituzione del Sinodo dei Vescovi da parte di San Paolo VI, Papa Francesco ci ha invitato a rinnovare la comunione sinodale ai vari livelli della vita della Chiesa: locale, regionale e universale.

La Chiesa sta sviluppando una rinnovata comprensione della sinodalità su scala regionale.

Sostenuta dalla tradizione, la Commissione Teologica Internazionale afferma: "Il livello regionale nell'esercizio della sinodalità è quello vissuto nei raggruppamenti di Chiese particolari presenti in una stessa regione: una Provincia, come avveniva soprattutto nei primi secoli della Chiesa, o un Paese, un Continente o parte di esso" ( CTI, La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, 2 marzo 2018, n. 85 ).

L'esercizio della sinodalità a questo livello rafforza i legami spirituali e istituzionali, favorisce lo scambio di doni e aiuta a progettare criteri pastorali comuni.

La pastorale sociale congiunta delle Diocesi situate alle frontiere dei Paesi deve essere rafforzata per affrontare problemi comuni che vanno oltre l'ambito locale, come lo sfruttamento delle persone e del territorio, il traffico di droga, la corruzione, la tratta di esseri umani, ecc.

Il fenomeno migratorio deve essere affrontato in modo coordinato dalle Chiese di frontiera.

114. b. Università e nuove strutture sinodali amazzoniche

Proponiamo che venga istituita un'Università Cattolica Amazzonica basata sulla ricerca interdisciplinare ( compresi gli studi sul campo ), l'inculturazione e il dialogo interculturale; che la teologia inculturata comprenda la formazione congiunta per i ministeri laici e la formazione dei sacerdoti, fondata principalmente sulla Sacra Scrittura.

Le attività di ricerca, educazione e divulgazione dovrebbero includere programmi di studio ambientale ( conoscenze teoriche basate sulla saggezza dei popoli che vivono nella regione amazzonica ) e studi etnici ( descrizione delle diverse lingue, ecc. ).

La formazione degli insegnanti, l'insegnamento e la produzione di materiale didattico deve rispettare i costumi e le tradizioni dei popoli indigeni, elaborando materiale didattico inculturato e svolgendo attività di divulgazione in diversi Paesi e regioni.

Chiediamo alle università cattoliche dell'America Latina di contribuire alla creazione dell'Università Cattolica Amazzonica e di accompagnarne lo sviluppo.

115. c. Organismo Ecclesiale Regionale Postsinodale per la regione amazzonica

Proponiamo di creare un organismo episcopale che promuova la sinodalità tra le Chiese della regione, che aiuti a delineare il volto amazzonico di questa Chiesa e che continui il compito di trovare nuovi cammini per la missione evangelizzatrice, includendo in special modo la proposta dell'ecologia integrale, rafforzando così la fisionomia della Chiesa amazzonica.

Si tratterebbe di un organismo episcopale permanente e rappresentativo che promuove la sinodalità nella regione amazzonica, articolato con il CELAM, con una propria struttura, in un'organizzazione semplice ed articolato anche con la REPAM.

In questo modo può essere il canale efficace per assumere, a partire dal territorio della Chiesa latinoamericana e caraibica, molte delle proposte emerse in questo Sinodo.

Sarebbe il nesso in grado di articolare reti e iniziative ecclesiali e socio-ambientali a livello continentale e internazionale.

116. d. Rito per i popoli originari

Il Concilio Vaticano II ha aperto spazi per il pluralismo liturgico per le "legittime diversità e i legittimi adattamenti ai vari gruppi etnici, regioni, popoli" ( SC 38 ).

In questo senso, la liturgia deve rispondere alla cultura perché sia fonte e culmine della vita cristiana ( cfr. SC 10 ) e perché si senta collegata alle sofferenze e alle gioie del popolo.

Dobbiamo dare una risposta autenticamente cattolica alla richiesta delle comunità amazzoniche di adattare la liturgia valorizzando la cosmovisione, le tradizioni, i simboli e i riti originali che includano la dimensione trascendente, comunitaria ed ecologica.

117. Nella Chiesa cattolica ci sono 23 diversi Riti, segno evidente di una tradizione che fin dai primi secoli ha cercato di inculturare i contenuti della fede e la sua celebrazione attraverso un linguaggio il più possibile coerente con il mistero che si vuole esprimere.

Tutte queste tradizioni hanno origine in funzione della missione della Chiesa: "Le Chiese di una stessa area geografica e culturale sono giunte a celebrare il Mistero di Cristo con espressioni particolari, culturalmente caratterizzate: nella tradizione del 'deposito della fede', nel simbolismo liturgico, nell'organizzazione della comunione fraterna, nella comprensione teologica dei misteri e in varie forme di santità" ( CCC 1202; cfr. anche CCC 1200-1206 ).

118. È necessario che la Chiesa, nella sua instancabile opera evangelizzatrice, operi perché il processo di inculturazione della fede si esprima nelle forme più coerenti, affinché sia celebrato e vissuto anche secondo le lingue proprie dei popoli amazzonici.

È urgente formare comissioni per la traduzione e la redazione di testi biblici e liturgici nelle lingue proprie dei diversi luoghi, con le risorse necessarie, preservando la materia dei sacramenti e adattandoli alla forma, senza perdere di vista l'essenziale.

In questo senso è necessario incoraggiare la musica e il canto, il tutto accettato e incoraggiato dalla liturgia.

119. Il nuovo organismo della Chiesa in Amazzonia deve costituire una commissione competente per studiare e dialogare, secondo gli usi e i costumi dei popoli ancestrali, in vista dell'elaborazione di un rito amazzonico che esprima il patrimonio liturgico, teologico, disciplinare e spirituale dell'Amazzonia, con particolare riferimento a quanto afferma la Lumen gentium per le Chiese orientali ( cfr. LG 23 ).

Questo si aggiungerebbe ai riti già presenti nella Chiesa, arricchendo l'opera di evangelizzazione, la capacità di esprimere la fede in una cultura propria, il senso di decentralizzazione e di collegialità che la cattolicità della Chiesa può esprimere.

Si potrebbe anche studiare per proporre come arricchire i riti ecclesiali con il modo in cui questi popoli si prendono cura del loro territorio e si relazionano con le sue acque.

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