27 agosto 1972

Avete voi ammirato alla televisione e osservato sui giornali le prime visioni spettacolari delle Olimpiadi inaugurate ieri a Monaco di Baviera?

Ne abbiamo anche noi contemplato qualche scena significativa, attirati ancor più che dalla esteriore grandiosità estetica, dall'aspetto umano del magnifico quadro.

Gioventù sana, forte, agile e bella:

gioventù rediviva dell'antica forma dell'umanesimo classico, insuperabile per eleganza e per energia;

gioventù inebriata dal proprio gioco nel diletto di una attività fine a se stessa, affrancata dalle avare e severe leggi utilitarie del consueto lavoro professionale;

gioventù eterogenea e compatta proveniente da tutte le nazioni del mondo, leale e lieta nelle più varie competizioni sportive, che vogliono produrre, non offendere l'amicizia;

gioventù che offre l'immagine e sveglia la speranza d'un mondo nuovo e ideale, nel quale il sentimento della fraternità e dell'ordine ci rivela finalmente la pace, non solo possibile, ma effettiva ed operante, nel comune rispetto e nella gara concorde in sempre migliori affermazioni.

Gioventù, ave e salve!

Sorgeva nel nostro animo il saluto e l'augurio; e lo confidavamo alle onde dello spirito, con l'istintivo e segreto impulso di aprire un dialogo con quelle ammirabili schiere giovanili.

Gioventù, sei felice?

Ascoltavamo la risposta: sì, perché sono in un cammino che sale.

Coraggio allora, avanti!

Il corpo è nella sua piena efficienza, ma domato dall'energia e dalla virtù dello spirito.

E lo spirito dov'è proteso?

Excelsior; ancora più in alto.

Lo sport deve essere una spinta alla pienezza dell'uomo; tendere a superarsi per raggiungere i livelli trascendenti di quella stessa statura umana, alla quale esso ha conferito non una perfezione statica e quasi statuaria, e paga di sé, ma tesa verso la perfezione totale di cui lo sport ha forse risvegliato il desiderio.

Esso non è il tutto della vita; non è una realtà sufficiente; non è una religione.

Ma è anch'esso una scala che la può raggiungere.

E vi aspira, forse, senza saperlo.

Ascoltate la recente testimonianza di un celebre campione sportivo vivente, Eddy Merckx: « Cristo per me è presente continuamente in tutta la mia vita.

Io credo profondamente in Lui, alla sua storicità, alla sua divinità ».

Anche per gli sportivi, più che mai, Cristo è la via.

Questo volevamo dire a quella gioventù, col nostro evviva e con la nostra Benedizione.