6 maggio 2012
Cari fratelli e sorelle!
Il Vangelo di oggi, quinta domenica del Tempo Pasquale, si apre con l'immagine della vigna.
« Gesù disse ai suoi discepoli: "Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore" » ( Gv 15,1 ).
Spesso, nella Bibbia, Israele viene paragonato alla vigna feconda quando è fedele a Dio; ma, se si allontana da Lui, diventa sterile, incapace di produrre quel « vino che allieta il cuore dell'uomo », come canta il Salmo 104 ( v. 15 ).
La vera vigna di Dio, la vite vera, è Gesù, che con il suo sacrificio d'amore ci dona la salvezza, ci apre il cammino per essere parte di questa vigna.
E come Cristo rimane nell'amore di Dio Padre, così i discepoli, sapientemente potati dalla parola del Maestro ( cfr Gv 15,2-4 ), se sono uniti in modo profondo a Lui, diventano tralci fecondi, che producono abbondante raccolto.
Scrive san Francesco di Sales: « Il ramo unito e congiunto al tronco porta frutto non per propria virtù, ma per virtù del ceppo: ora, noi siamo stati uniti dalla carità al nostro Redentore, come le membra al capo; ecco perché … le buone opere, traendo il loro valore da Lui, meritano la vita eterna » ( Trattato dell'amore di Dio, XI, 6, Roma 2011, 601 ).
Nel giorno del nostro Battesimo la Chiesa ci innesta come tralci nel Mistero Pasquale di Gesù, nella sua Persona stessa.
Da questa radice riceviamo la preziosa linfa per partecipare alla vita divina.
Come discepoli, anche noi, con l'aiuto dei Pastori della Chiesa, cresciamo nella vigna del Signore vincolati dal suo amore.
« Se il frutto che dobbiamo portare è l'amore, il suo presupposto è proprio questo "rimanere" che profondamente ha a che fare con quella fede che non lascia il Signore » ( Gesù di Nazaret, Milano 2007, 305 ).
È indispensabile rimanere sempre uniti a Gesù, dipendere da Lui, perché senza di Lui non possiamo far nulla ( cfr Gv 15,5 ).
In una lettera scritta a Giovanni il Profeta, vissuto nel deserto di Gaza nel V secolo, un fedele pone la seguente domanda: Come è possibile tenere insieme la libertà dell'uomo e il non poter far nulla senza Dio?
E il monaco risponde: Se l'uomo inclina il suo cuore verso il bene e chiede a Dio l'aiuto, ne riceve la forza necessaria per compiere la propria opera.
Perciò la libertà dell'uomo e la potenza di Dio procedono insieme.
Questo è possibile perché il bene viene dal Signore, ma esso è compiuto grazie ai suoi fedeli ( cfr Ep. 763, SC 468, Paris 2002, 206 ).
Il vero « rimanere » in Cristo garantisce l'efficacia della preghiera, come dice il beato cistercense Guerrico d'Igny: « O Signore Gesù … senza di te non possiamo fare nulla.
Tu infatti sei il vero giardiniere, creatore, coltivatore e custode del tuo giardino, che pianti con la tua parola, irrighi con il tuo spirito, fai crescere con la tua potenza » ( Sermo ad excitandam devotionem in psalmodia, SC 202, 1973, 522 ).
Cari amici, ognuno di noi è come un tralcio, che vive solo se fa crescere ogni giorno nella preghiera, nella partecipazione ai Sacramenti, nella carità, la sua unione con il Signore.
E chi ama Gesù, vera vite, produce frutti di fede per un abbondante raccolto spirituale.
Supplichiamo la Madre di Dio perché rimaniamo saldamente innestati in Gesù e ogni nostra azione abbia in Lui il suo inizio e in Lui il suo compimento.