14 febbraio 2016
Cari fratelli, nella prima Lettura di questa domenica, Mosè fa al popolo una raccomandazione.
Nel momento del raccolto, nel momento dell'abbondanza, nel momento delle primizie non dimenticarti delle tue origini, non dimenticarti da dove provieni.
L'azione di grazie nasce e cresce in una persona e in un popolo che sia capace di fare memoria.
Ha le sue radici nel passato, che tra luci e ombre ha generato il presente.
Nel momento in cui possiamo rendere grazie a Dio perché la terra ha dato il suo frutto e così possiamo produrre il pane, Mosè invita il suo popolo ad essere memore enumerando le situazioni difficili attraverso le quali è dovuto passare ( cfr Dt 26,5-11 ).
In questo giorno di festa, in questo giorno possiamo celebrare quanto buono è stato il Signore con noi.
Rendiamo grazie per l'opportunità di essere riuniti nel presentare al Padre Buono le primizie dei nostri figli e nipoti, dei nostri sogni e progetti.
Le primizie delle nostre culture, delle nostre lingue e delle nostre tradizioni.
Le primizie del nostro impegno …
Quanto ciascuno di voi ha dovuto passare per arrivare fino a qui!
Quanto avete dovuto "camminare" per fare di questo giorno una festa, un'azione di grazia!
Quanto hanno camminato altri che non hanno potuto arrivare, ma grazie a loro noi abbiamo potuto andare avanti.
Oggi, seguendo l'invito di Mosè, vogliamo come popolo fare memoria, vogliamo essere popolo della memoria viva del passaggio di Dio attraverso il suo Popolo, nel suo Popolo.
Vogliamo guardare i nostri figli sapendo che erediteranno non solo una terra, una lingua, una cultura e una tradizione, bensì erediteranno anche il frutto vivo della fede che ricorda il passaggio sicuro di Dio per questa terra.
La certezza della sua vicinanza e della sua solidarietà.
Una certezza che ci aiuta ad alzare il capo e attendere con desiderio vivo l'aurora.
Con voi mi unisco anche a questa memoria riconoscente.
A questo ricordo vivo del passaggio di Dio nella vostra vita.
Guardando i vostri figli non posso non fare mie le parole che un giorno il beato Paolo VI rivolse al popolo messicano: « Un cristiano non può fare a meno di dimostrare la sua solidarietà per risolvere la situazione di coloro ai quali ancora non è arrivato il pane della cultura o l'opportunità di un lavoro onorevole […] non può restare insensibile mentre le nuove generazioni non trovano la via per realizzare le loro legittime aspirazioni ».
E quindi prosegue il beato Paolo VI con un invito a « stare sempre in prima linea in tutti gli sforzi per migliorare la situazione di quelli che soffrono indigenza », a vedere « in ogni uomo un fratello e in ogni fratello Cristo » ( Radiomessaggio al popolo messicano nel 75° anniversario dell'incoronazione della B.V. di Guadalupe, 12 ottobre 1970 ).
Desidero invitarvi oggi a stare in prima linea, ad essere intraprendenti in tutte le iniziative che possano aiutare a fare di questa benedetta terra messicana una terra di opportunità.
Dove non ci sia bisogno di emigrare per sognare; dove non ci sia bisogno di essere sfruttato per lavorare; dove non ci sia bisogno di fare della disperazione e della povertà di molti l'opportunismo di pochi.
Una terra che non debba piangere uomini e donne, giovani e bambini che finiscono distrutti nelle mani dei trafficanti della morte.
Questa terra ha il sapore della Guadalupana, colei che sempre ci ha preceduto nell'amore; a lei diciamo dal profondo del cuore: Vergine Santa, « aiutaci a risplendere nella testimonianza della comunione, del servizio, della fede ardente e generosa, della giustizia e dell'amore verso i poveri, perché la gioia del Vangelo giunga sino ai confini della terra e nessuna periferia sia priva della sua luce » ( Esort. ap. Evangelii gaudium, 288 ).