Auctorem fidei

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Dell'ordine conveniente da osservarsi nel culto.

Dell'Eucaristia, § 5.

XXXI. La proposizione del Sinodo la quale dice essere conveniente, secondo l'ordine dei divini uffici e secondo l'antica consuetudine, che in ciascun tempio vi sia un solo altare; perciò gradirebbe che si ristabilisse tale uso;

Temeraria, ingiuriosa al costume molto antico, pio, vigente da molti secoli particolarmente nella Chiesa latina, ed approvato.

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Dell'Eucaristia.

XXXII. Similmente la prescrizione che proibisce di porre sugli altari reliquiarii o fiori;

Temeraria, ingiuriosa al pio e approvato costume della Chiesa.

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Dell'Eucaristia, § 6.

XXXIII. La proposizione del Sinodo, la quale mostra di desiderare che si tolgano quei motivi, per i quali si è in parte indotta la dimenticanza dei principi relativi all'ordine della liturgia, "col richiamarla ad una maggiore semplicità di riti, con esporla in lingua volgare, e con proferirla con voce alta";

Quasi che l'ordine vigente della liturgia ricevuto ed approvato dalla Chiesa provenga in parte dall'oblio dei principi sui quali essa deve reggersi;

Temeraria, offensiva delle pie orecchie, contumeliosa contro la Chiesa, favorevole alle maldicenze degli eretici contro la Chiesa stessa.

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Dell'ordine della penitenza.

Della Penitenza, § 7.

XXXIV. La dichiarazione del Sinodo con la quale, dopo aver premesso che l'ordine della Penitenza canonica fu stabilito dalla Chiesa in modo che, seguendo gli esempi degli Apostoli, fosse a tutti comune, né soltanto per punizione della colpa ma principalmente per disposizione alla grazia, aggiunge che "in quell'ordine meraviglioso ed augusto riconosce tutta la dignità di un Sacramento tanto necessario, sgombra dalle sottigliezze che vi si unirono col tempo";

Quasi che a cagione dell'ordine per cui, senza essersi fatto il corso della Penitenza canonica, questo Sacramento viene amministrato per tutta la Chiesa, ne fosse diminuita la dignità;

Temeraria, scandalosa, inducente al disprezzo della dignità del Sacramento come solitamente viene amministrato in tutta la Chiesa; ingiuriosa per la Chiesa stessa.

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Della Penitenza, § 10, n. 4.

XXXV. La proposizione concepita con queste parole: "Se la carità sul principio è sempre debole normalmente per ottenere l'aumento di questa carità il sacerdote deve far precedere quegli atti di umiliazione e di penitenza, che furono tanto raccomandati in ogni età dalla Chiesa.

Il ridurre questi atti a poche orazioni o a qualche digiuno dopo aver già conferito l'assoluzione, sembra piuttosto un desiderio materiale di conservare a questo Sacramento il nudo nome di Penitenza, che un mezzo illuminato e valevole ad accrescere quel fervore di carità che deve precedere l'assoluzione.

Noi siamo ben lontani dal disapprovare la pratica d'imporre penitenze da farsi anche dopo l'assoluzione; se ogni nostra opera buona viene sempre accompagnata dalle nostre mancanze, quanto più dobbiamo temere di non avere unite moltissime imperfezioni nell'opera difficilissima ed importante della nostra riconciliazione";

In quanto indica che le penitenze che si debbono compiere dopo l'assoluzione debbono essere considerate piuttosto come un supplemento per i difetti commessi nell'opera della nostra riconciliazione, che come penitenze veramente sacramentali e risarcitorie per i peccati confessati, quasi che per conservare la vera ragione del Sacramento, non il nudo nome, sia necessario ordinariamente salvare gli atti di umiliazione e di penitenza che vengono imposti quale soddisfazione sacramentale e che debbono precedere l'assoluzione;

Falsa, temeraria, ingiuriosa alla comune pratica della Chiesa, inducente nell'errore condannato con nota ereticale in Pietro D'Osma.

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Della previa necessaria disposizione per ammettere i penitenti alla riconciliazione.

Della Grazia, § 15.

XXXVI. La dottrina del Sinodo con la quale, dopo aver premesso che "quando si avranno segni non equivoci dell'amore di Dio dominante nel cuore dell'uomo questi potrà con ragione essere ritenuto degno di essere ammesso alla partecipazione del Sangue di Gesù Cristo che si fa nei Sacramenti", aggiunge che "le pretese conversioni operate per contrizione solitamente non sono né efficaci né durevoli"; per conseguenza "il pastore delle anime dovrà attenersi a segni non equivoci di una carità dominante prima di ammettere ai Sacramenti i suoi penitenti"; quali segni, come dice poi, "il pastore potrà rilevare da una stabile cessazione dal peccato e dal fervore nelle opere buone" quel fervore di carità ( Della Penitenza, § 10 ) come disposizione che "deve precedere l'assoluzione";

Così intesa, che non solo la contrizione imperfetta ( che comunemente chiamasi attrizione ) ma anche quella che sia congiunta con quell'affetto con cui l'uomo incomincia ad amare Dio come fonte di ogni giustizia, né solamente la contrizione formata dalla carità, ma anche il fervore della carità dominante e quello provato con lungo esperimento per mezzo del fervore nelle opere buone, generalmente ed assolutamente si devono richiedere affinché l'uomo sia ammesso ai Sacramenti, e specialmente i penitenti al beneficio dell'assoluzione;

Falsa, temeraria, turbativa della quiete delle anime, contraria alla pratica sicura ed approvata nella Chiesa, detraente ed ingiuriosa dell'efficacia del sacramento.

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Dell'autorità di assolvere.

Della Penitenza, § 10, n. 6.

XXXVII. La dottrina del Sinodo la quale, circa l'autorità di assolvere ricevuta per mezzo dell'ordinazione, dice che "dopo l'istituzione delle diocesi e delle parrocchie conviene che ognuno eserciti questo giudizio sopra persone a lui suddite o per territorio o per un personale diritto", giacché "l'operare diversamente introdurrebbe confusione e disordine";

In quanto dopo l'istituzione delle diocesi e delle parrocchie dice soltanto "essere conveniente a prevenire la confusione che il potere di assolvere si eserciti sopra i sudditi", così intesa come se al valido uso di questo potere non sia necessaria quella giurisdizione ordinaria o subdelegata, senza la quale il Tridentino dichiara di nessun valore l'assoluzione proferita dal sacerdote;

Falsa, temeraria, pericolosa, contraria al Tridentino, erronea.

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Della Penitenza, § 11.

XXXVIII. Similmente la dottrina con la quale il Sinodo dopo aver professato "di non potere a meno di non ammirare quella tanto venerabile disciplina dell'antichità, che [come dice] alla penitenza non ammetteva così facilmente, e forse mai chi dopo il primo peccato e la prima riconciliazione ricadeva nella colpa", aggiunge che "per il timore di essere esclusi per sempre dalla comunione e dalla pace anche in pericolo di morte, un gran freno si apporrebbe a coloro che considerano poco il male del peccato e meno ancora lo temono";

Contraria al canone 13 del Concilio Niceno I, alla decretale d'Innocenzo I ad Esuperio Tolosano, come anche alla decretale di Celestino I ai Vescovi delle province di Vienna e di Narbona; risente della pravità che il santo Pontefice condanna in quella decretale.

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Della confessione dei peccati veniali.

Della Penitenza, § 12.

XXXIX. La dichiarazione del Sinodo che a proposito della confessione dei peccati veniali dice che è auspicabile che non sia troppo frequente per non rendere tali confessioni troppo spregevoli;

Temeraria, perniciosa, contraria alla pratica di uomini santi e pii, approvata dal sacro Concilio di Trento.

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Delle indulgenze.

Della Penitenza, § 16.

XL. La proposizione la quale asserisce che "l'indulgenza nella sua precisa nozione non è che la remissione di una parte di quella penitenza che dai canoni veniva stabilita al peccatore";

Quasi che l'indulgenza, oltre la nuda remissione della pena canonica, non valga anche per la remissione della pena temporale dovuta alla divina giustizia per i peccati attuali;

Falsa, temeraria, ingiuriosa ai meriti di Cristo, già condannata nell'articolo 19 di Lutero.

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