Venerabilem fratrem
Al vescovo di Palestrina, a sostegno della causa del re Ottone e contro il partito del duca Filippo di Hoenstaufen.
Noi abbiamo benignamente ricevuto il nostro venerabile fratello, l'arcivescovo di Salisburgo, e il nostro amatissimo figlio, l'abate di Salisburgo, e il nobile margravio dell'Est, che alcuni principi hanno mandato come inviati alla Santa Sede, e abbiamo deciso di concedere loro benevola udienza.
Noi leggemmo con molta attenzione la lettera inviataci per loro mezzo da essi principi e considerammo ogni cosa in essa contenuta.
Tra le altre notammo che i suddetti principi fanno soprattutto obbiezione e che il nostro venerabile fratello il vescovo di Palestrina e legato della Santa Sede agisca come elettore e come giudice; considerandosi elettore, egli portava la falce in una messe non sua, e, interferendo nell'elezione, avviliva la dignità degli elettori; e agendo come giudice, è chiaro che errava, poiché una delle parti era assente, non essendo stata convocata, e pertanto non poteva essere giudicata in contumacia.
Proprio come noi ( che dobbiamo giustizia a particolari persone secondo il servizio connesso con l'apostolico uffizio ) non vogliamo che la nostra giustizia sia usurpata da altri, così non desideriamo avocare a noi stessi i diritti dei principi.
E perciò riconosciamo, come è nostro dovere, i privilegi e il potere di quei principi, cui è risaputo che spetta per diritto ed antica tradizione eleggere un re, che sarà poi promosso alla dignità di imperatore; tanto più, che questo diritto e privilegio è stato ad essi conferito dalla Santa Sede, che ha trasmesso l'Impero Romano dai Greci ai Germani nella persona di Carlomagno.
Ma d'altra parte, i principi devono riconoscere, ed attualmente essi lo riconoscono, che il diritto e l'autorità di giudicare la persona eletta come re ( e che deve essere innalzato alla dignità di imperatore ) spetta a noi che l'ungiamo, lo consacriamo e lo incoroniamo.
Infatti è regola generale che l'esame della persona tocchi di diritto a colui cui spetta l'imposizione delle mani.
Forse, quindi, se i principi non solo con voti divisi, ma anche all'unanimità, eleggessero re un sacrilego od uno scomunicato, un tiranno od un idiota, un eretico e un pagano, noi dovremmo ungere, consacrare ed incoronare un tale uomo?
Certamente no! Ed appare ovvio dalla legge e dai precedenti che, se in una elezione i voti dei principi sono divisi, noi possiamo favorire con la dovuta ponderazione e dopo un'attesa adeguata una delle due parti, e tanta più quando ci si richiedono funzione, la consacrazione e l'incoronazione; ed è spesso accaduto che ambedue le parti ce le abbiano richieste.
Dunque, se i principi, anche dopo essere stati preavvisati e garantiti di una proroga, non possono o non vogliono accordarsi, forse la Santa Sede non dovrà avere un avvocato e un difensore e la loro colpa dovrà risultare a suo danno?
Poiché noi non possiamo per alcuna ragione recedere dalle nostre intenzioni e anzi vi teniamo fermamente fede, e poiché tu stesso ci hai spesso suggerito nella tua lettera di non sostenere affatto quel duca ( ossia Filippo di Hoenstaufen ) noi ora ammoniamo la tua nobiltà e con questa apostolica lettera ti ingiungiamo ( considerando che tu confidi nel nostro favore e noi speriamo nella tua devozione ) di abbandonare completamente la causa del predetto duca Filippo ad onta di qualsiasi promessa tu possa avergli fatto per il regno; poiché egli non può ottenere la dignità imperiale, essendo stato respinto, tali promesse hanno perso il loro valore.
Ma invece patteggia apertamente e di atto per il re Ottone, che noi intendiamo chiamare ( con l'aiuto di Dio ) alla corona imperiale; se aderirai alla sua causa, seguendo il nostro consiglio, tu meriterai in particolare modo e tra i primi di ottenere il suo favore e la sua benevolenza, e in ciò avrai, per l'amore che portiamo alla tua nobiltà, il nostro pieno appoggio.
Data in Laterano, marzo 1201