Bolla "Ex omnibus afflictionibus"
1 ottobre 1568
1. I meriti sia dell'angelo che del primo uomo ancora integro non sono chiamati giustamente grazia.
2. Come l'opera cattiva per natura sua è meritevole della morte eterna, così l'opera buona per natura sua è meritevole della vita eterna.
3. Sia per gli angeli buoni che per il primo uomo, qualora avesse perseverato in quello stato fino alla fine della vita, la felicità sarebbe stata ricompensa, e non grazia.
4. La vita eterna fu promessa all'uomo integro e all'angelo in considerazione delle opere buone, e le opere buone in base alla legge di natura di per sé sono sufficienti per conseguirla.
5. Nella promessa fatta all'angelo e al primo uomo è contenuta la disposizione della giustizia naturale, secondo la quale, a motivo delle opere buone, senza nessun'altra considerazione, la vita eterna è promessa ai giusti.
6. Per legge naturale è stato stabilito per l'uomo che, se avesse perseverato nell'obbedienza, sarebbe passato in quella vita nella quale non può più morire.
7. I meriti del primo uomo integro furono i doni della prima creazione; ma, secondo il modo di parlare della sacra Scrittura, sono chiamati non giustamente grazia; per questo consegue che soltanto meriti, non anche grazia, debbono essere chiamati.
8. In coloro che sono redenti in forza della grazia di Cristo, non può trovarsi nessun merito buono, che non sia stato conferito gratuitamente a un indegno.
9. I doni concessi all'uomo integro e all'angelo, forse con un fondamento da non rigettare, possono essere detti grazia; ma poiché, secondo l'uso della Scrittura, con il nome di grazia vengono intesi soltanto quei doni che sono conferiti per mezzo di Gesù ai non meritevoli e agli indegni, per questa ragione né i meriti né la ricompensa che a costoro è accordata, deve essere detta grazia.
10. La remissione della pena temporale che, una volta sciolto il peccato, spesso rimane, e la risurrezione del corpo, debbono essere attribuite propriamente soltanto ai meriti di Cristo.
11. Dal momento che noi conseguiamo la vita eterna se ci siamo comportati in modo pio e giusto in questa vita mortale fino al termine della vita, questo non deve essere propriamente attribuito alla grazia di Dio, ma all'ordinamento naturale immediatamente disposto fin dall'inizio della creazione secondo il giusto giudizio di Dio; e in questa retribuzione dei buoni non si fa riferimento al merito di Cristo, ma soltanto al primo ordinamento del genere umano, nel quale e stato stabilito, in forza della legge naturale, che, secondo il giusto giudizio di Dio, la vita eterna sia accordata all'obbedienza dei precetti.
12. È opinione di Pelagio: l'opera buona, compiuta al di fuori della grazia di adozione, non è meritevole del Regno dei cieli.
13. Le opere buone compiute dai figli di adozione, non acquistano la natura di merito per il fatto che vengono compiute in virtù dello spirito di adozione che abita nei cuori dei figli di Dio, ma solo per il fatto che sono conformi alla legge, e perché per mezzo di esse si presta obbedienza alla legge.
14. Le opere buone dei giusti non ricevono nel giorno del giudizio finale una più grande ricompensa di quella che avrebbero meritato ricevere secondo il giusto giudizio di Dio.
15. Egli insegna che la natura del merito non consiste nel fatto che, colui che opera bene, ha la grazia e lo Spirito Santo che abita in lui, ma soltanto nel fatto che obbedisce alla legge divina, e questa opinione la ripete spesso, e con molte ragioni la dimostra in quasi tutto il libro.
16. Nello stesso libro ripete spesso che non è vera obbedienza alla legge quella che viene fatta senza la carità.
17. Egli dice che pensano come Pelagio quelli che dicono che per la natura del merito è necessario che l'uomo per la grazia di adozione sia elevato allo stato di deificazione.
18. Egli dice che le opere dei catecumeni, come la fede e la penitenza fatta prima della remissione dei peccati, sono meriti per la vita eterna; vita che i catecumeni non conseguiranno se non saranno prima eliminati gli ostacoli delle colpe precedenti.
19. Egli sembra insinuare che le opere della giustizia e della temperanza che Cristo ha compiuto, non hanno ricevuto un valore maggiore dalla dignità della persona che le compiva.
20. Nessun peccato è per natura sua veniale, ma ogni peccato è meritevole della pena eterna.
21. L'elevazione e l'innalzamento della natura umana alla compartecipazione della natura divina fu dovuta all'integrità della condizione primitiva, e per questo deve dirsi naturale e non soprannaturale.
22. Pensano allo stesso modo di Pelagio quelli che comprendono riferito alle genti che non hanno la grazia della fede il testo del capitolo 2 della lettera dell'apostolo ai Romani: "Le genti, che non hanno la legge, fanno naturalmente quelle cose che sono della legge" ( Rm 2,14 ).
23. È assurda l'opinione di coloro che dicono che l'uomo, fin dall'inizio, per un certo qual dono soprannaturale e gratuito, è stato innalzato al di sopra della condizione della sua natura, per così onorare Dio in modo soprannaturale con la fede, la speranza e la carità.
24. Da uomini insignificanti e vuoti, conformemente alla stoltezza dei filosofi, è stata inventata l'opinione secondo la quale l'uomo fin dall'inizio è stato costituito in modo tale che, per mezzo di doni aggiunti al di sopra della natura, è stato dalla generosità del creatore elevato e adottato come figlio di Dio: questa opinione deve essere lasciata al pelagianesimo.
25. Tutte le opere di coloro che non credono sono peccati, [26] e le virtù dei filosofi sono vizi.
26.[27.] L'integrità della prima creazione non è stata una indebita esaltazione della natura umana, ma la sua naturale condizione, e questa opinione ripete e dimostra in parecchi capitoli.
27.[28.] Il libero arbitrio, senza l'aiuto della grazia di Dio, è capace soltanto di peccare.
28.[29.] È un errore pelagiano affermare che il libero arbitrio ha la forza di evitare qualche peccato.
29.[30A.] "Ladri" e "briganti" non sono soltanto coloro che negano che Cristo è la via e "la porta" della verità e della vita, ma anche quelli che dicono che si può "salire" nella via della giustizia ( e cioè a una qualche giustizia ) "da un'altra parte" che non sia lui stesso ( Gv 10,1 ).
30.[30B.] o che a una qualche tentazione, senza l'aiuto della sua grazia, l'uomo può resistere, così che non sia indotto in essa o non sia vinto da essa.
31. La perfetta e sincera carità che viene da "un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede non simulata" ( 1 Tm 1,5 ), può essere, sia nei catecumeni che nei pentiti, senza remissione dei peccati.
32. Quella carità che è il compimento della legge, non sempre è unita alla remissione dei peccati.
33. Il catecumeno vive in modo giusto, retto e santo, ed osserva i comandamenti di Dio, e porta a compimento la legge per mezzo della carità, prima di ottenere la remissione dei peccati, che per la prima volta si ottiene nel lavacro del battesimo.
34. La distinzione di un duplice amore, e cioè di uno naturale, mediante il quale Dio è amato come creatore della natura, e di uno gratuito, con il quale Dio è amato come colui che dona la beatitudine, è inconsistente e immaginaria, e inventata per far violenza alle sacre Scritture e alle molteplici testimonianze degli antichi.
35. Tutto quello che un peccatore o un servo del peccato compie, è peccato.
36. L'amore naturale che proviene dalle forze della natura, con offesa della croce di Cristo, è sostenuto da diversi dottori, solo in forza della filosofia e per l'arroganza della presunzione umana.
37. Pensa allo stesso modo di Pelagio, colui che ammette un qualche bene naturale, cioè un qualcosa che prende origine dalle forze della sola natura.
38. Ogni amore della creatura razionale, o è la viziosa cupidigia con la quale si ama il mondo e che è proibita da Giovanni, o è quella lodevole carità con la quale si ama Dio. infusa nel cuore per mezzo dello Spirito Santo ( Rm 5,5 ).
39. Ciò che si fa con atto volontario, anche se si fa per necessità, lo si fa tuttavia liberamente.
40. In tutti i suoi atti il peccatore serve la cupidigia che lo domina.
41. Quella forma di libertà che è dalla necessità, non si trova nelle Scritture sotto il nome di libertà, ma c'è solo il nome di libertà dal peccato.
42. La giustizia, con la quale l'empio è giustificato per la fede, consiste in modo formale nell'obbedienza ai comandamenti, che è la giustizia delle opere, e non invece in una qualche grazia infusa nell'anima, con la quale l'uomo viene adottato come figlio di Dio, viene rinnovato secondo l'uomo inferiore e viene reso compartecipe della natura divina, in modo tale che, così rinnovato per mezzo dello Spirito Santo, possa poi vivere bene e obbedire ai comandamenti di Dio.
43. Negli uomini pentiti prima del sacramento dell'assoluzione, e nei catecumeni prima del battesimo, c'è la vera giustificazione, separata tuttavia dalla remissione dei peccati.
44. Con la maggior parte delle opere che dai fedeli sono compiute per essere sottomessi ai comandamenti di Dio, e fra queste l'obbedire ai genitori, restituire il deposito, l'astenersi dall'omicidio, dal furto e dalla fornicazione, gli uomini sono sicuramente giustificati, perché sono obbedienza della legge e vera giustizia della legge; tuttavia non ottengono con queste nessun aumento delle virtù.
45. Il sacrificio della Messa è un sacrificio non per una ragione diversa da quella generale: "ogni opera che viene fatta, affinché l'uomo si unisca a Dio in una comunione santa".
46.[46A.] Per la natura e per la definizione del peccato non è richiesta la volontarietà, e il problema non è di definizione, ma di causa e di origine, se ogni peccato debba essere volontario.
47.[46B.] Per questo il peccato originale ha realmente la natura di peccato, senza nessuna relazione e riferimento alla volontà da cui ha avuto origine.
48 [47A.] Il peccato originale è volontario secondo l'abituale volontà del bambino, e abitualmente ha il dominio sul bambino per il fatto che questi non esercita un atto contrario della volontà.
49.[47B.] E dall'abituale volontà predominante consegue che il bambino che muore senza il sacramento della rigenerazione, quando avesse conseguito l'uso della ragione, in realtà avrebbe avuto in odio Dio, avrebbe bestemmiato Dio e si sarebbe opposto alla legge di Dio.
50.[48.] I desideri cattivi, ai quali la ragione non presta consenso, e che l'uomo subisce contro il suo volere, sono proibiti dal precetto: "Non desiderare" ( Es 20,17 ).
51.[49.] La concupiscenza, o piuttosto la legge delle membra, e i suoi cattivi desideri, che gli uomini avvertono contro la loro volontà, sono vere disobbedienze della legge.
52. [50.] Ogni azione cattiva è di natura tale che ha il potere di contaminare colui che la compie e i suoi discendenti, nello stesso modo in cui contaminò la prima trasgressione.
53.[51.] Quanto consegue dalla forza della trasgressione, tanto di meriti cattivi contraggono da colui che li ha generati, sia coloro che nascono con difetti minori, quanto coloro con maggiori.
54.[52.] Questa apodittica proposizione, che Dio non ha ordinato all'uomo nulla di impossibile, viene falsamente attribuita ad Agostino, ed è invece di Pelagio.
55.[53.] Dio non avrebbe potuto creare in principio l'uomo tale quale ora nasce.
56.[54A.] Nel peccato ci sono due aspetti, l'atto e il reato; quando l'atto è passato, nulla rimane, se non il reato, vale a dire l'obbligo della pena.
57.[54B.] Per questo, nel sacramento del battesimo o nella assoluzione del sacerdote, viene tolto propriamente soltanto il reato del peccato, e il ministero dei sacerdoti libera soltanto dal reato lo vivifica e lo risuscita: dal ministero poi del sacerdote è tolto soltanto il reato.
59.[56.] Quando noi, con elemosine o altre opere di penitenza, diamo a Dio soddisfazione per le pene temporali, non offriamo a Dio un degno prezzo per i nostri peccati, come alcuni affermano in modo erroneo ( diversamente infatti noi saremmo, almeno in una certa parte, redentori ); ma facciamo un qualcosa, sulla cui considerazione, viene applicata e comunicata a noi la soddisfazione di Cristo.
60.[57.] Per le sofferenze dei santi compartecipate nelle indulgenze, non vengono propriamente redente le nostre colpe; ma, per la comunione della carità, sono applicate a noi le loro sofferenze, affinché noi siamo degni di essere liberati, per il prezzo del sangue di Cristo, dalle pene dovute per i peccati.
61.[58.] Quella celebre distinzione dei dottori, che i comandamenti della legge divina possono essere adempiuti in due modi, il primo modo, in quanto alla sostanza soltanto delle opere comandate, il secondo, in quanto a un certo qual modo, e cioè per quello che valgono a condurre colui che le compie al regno eterno ( in modo cioè meritorio ), è falsa e deve essere disapprovata.
62.[59.] Quella distinzione poi, per cui un'opera è detta buona in due modi, o perché in considerazione dell'oggetto e di tutte le circostanze è retta e buona ( per cui è consuetudine chiamarla moralmente buona ), oppure perché e meritevole del regno eterno, per il fatto che è compiuta da un membro vivo di Cristo per lo Spirito di carità, deve essere ritenuta come rigettata.
63.[60.] Similmente, anche quella distinzione di una duplice giustizia, la prima, che si attua per mezzo dell'inabitante Spirito di carità, la seconda, che si attua per una certa qual ispirazione dello Spirito Santo che incita il cuore al pentimento, ma che non abita ancora nel cuore e non diffonde in esso la carità, mediante la quale si compie la giustificazione della legge divina, è respinta con grande ripugnanza e con grande fermezza.
64.[61.] Infine, anche quella distinzione di una duplice vivificazione, la prima, per cui il peccatore è vivificato, quando a lui, per la grazia di Dio, viene infuso il pentimento e il proposito e l'inizio della vita nuova, la seconda, per cui è vivificato colui che è davvero giustificato ed è reso un tralcio vivo nella vite che è Cristo, è ugualmente falsa e non corrisponde minimamente alle Scritture.
65. [62.] Solo in base a un errore pelagiano può essere ammesso un qualche uso buono o anche non cattivo del libero arbitrio, e compie ingiuria alla grazia di Cristo colui che così pensa e insegna.
66.[63.] Solo la violenza è incompatibile con la naturale libertà dell'uomo.
67.[64.] L'uomo pecca anche in modo degno di condanna, in quello che compie per necessità.
68.[65.] L'infedeltà puramente negativa in coloro ai quali Cristo non è stato predicato, è peccato.
69.[66.] La giustificazione dell'empio si compie, in modo formale, per l'obbedienza della legge, e non invece per una segreta comunicazione e ispirazione della grazia, la quale faccia in modo che coloro che sono stati giustificati per essa, compiano la legge.
70.[67.] L'uomo che si trova a vivere in peccato mortale o in un reato degno di eterna dannazione, può avere la vera carità; ed anche la carità perfetta può sussistere con il reato di eterna dannazione.
71.[68.] Per la contrizione anche perfetta in forza della carità, unita anche al desiderio di ricevere il sacramento, non viene rimessa la colpa, eccezione fatta per il caso di necessità o di martirio, senza il ricevimento attuale del sacramento.
72.[69.] Tutte le sofferenze dei giusti sono senza dubbio delle pene per i loro propri peccati; per cui anche Giobbe e i martiri che hanno sofferto, hanno sofferto per i loro propri peccati.
73.[70.] Nessuno, al di fuori di Cristo, è senza il peccato originale; da questo consegue che la Beata Vergine è morta a causa del peccato contratto da Adamo, e che tutte le sue sofferenze in questa vita, come anche quelle di tutti gli altri giusti, sono state delle pene per il peccato attuale o per quello originale.
74.[71.] La concupiscenza, in coloro che sono rinati e che sono caduti in peccato mortale e nei quali ora regna, è peccato, come anche le altre inclinazioni cattive.
75. [72.] Gli impulsi cattivi della concupiscenza, per la condizione dell'uomo corrotto, sono proibiti dal precetto: "non desiderare" ( Es 20,17 ); per cui l'uomo che li sente, anche se non acconsente, trasgredisce il precetto: non desiderare", anche se la trasgressione non è imputata come peccato.
76.[73.] Finché un qualcosa della concupiscenza carnale si trova in colui che ama, questi non adempie il precetto: "Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore" ( Dt 6,5; Mt 22,37 ).
77.[74.] Le faticose soddisfazioni dei giustificati non sono in grado di espiare in modo degno la pena temporale che rimane dopo la remissione della colpa.
78.[75.] L'immortalità del primo uomo non era un privilegio della grazia, ma la condizione naturale.
79.[76.] È falsa l'opinione dei dottori, che il primo uomo avrebbe potuto essere creato e formato da Dio, senza la giustizia naturale.
[ Censura: ] Queste proposizioni, che sono state valutate con un rigoroso esame in Nostra presenza, sebbene alcune da un certo punto di vista possano anche essere sostenute, nel senso proprio e rigoroso delle parole inteso da coloro che le propongono, Noi, con l'autorità del presente ( scritto ), le condanniamo, le rifiutiamo e le rigettiamo, come eretiche, erronee, sospette, temerarie, scandalose e in quanto introducono un danno nelle orecchie pie, come anche tutte le cose formulate con parole o con scritti a loro riguardo.
san Pio V