Sacerdotii nostri primordia

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Strenuo apostolo del confessionale

20 Ci rimane infine da rievocare nella vita di San Giovanni Maria Vianney quella forma di ministero pastorale, che fu per lui come un lungo martirio e dal cui svolgimento l'amministrazione del Sacramento della Penitenza rifulse di particolare splendore e produsse frutti in sommo grado copiosi e salutari.

" Egli trascorreva in media quindici ore al giorno al confessionale.

Questo lavoro quotidiano cominciava all'una o alle due del mattino e non finiva che di notte ".

E quando cadde, di sfinimento, cinque giorni prima della morte, gli ultimi penitenti si strinsero al capezzale del moribondo.

Si calcola che verso la fine della vita il numero annuo di pellegrini avesse raggiunta la cifra di 80.000.

Si stenta ad immaginare i disagi, gli incomodi, le sofferenze fisiche di queste interminabili sedute al confessionale, per un uomo già esausto dai digiuni, macerazioni, infermità, mancanza di riposo e di sonno.

Ma soprattutto egli fu moralmente come oppresso dal dolore.

Ascoltate questo suo lamento: " Si offende tanto il buon Dio, che si sarebbe tentati di invocare la fine del mondo!…

Bisogna venire ad Ars per sapere che cos'è il peccato…

Non si sa cosa fare; non si può far altro che piangere e pregare ".

Il Santo si dimenticava di aggiungere che egli prendeva anche su di sé una parte dell'espiazione: " Quanto a me - confidava a chi gli chiedeva consiglio - assegno loro una piccola penitenza ed il resto lo faccio io al loro posto ".

E veramente il Curato d'Ars non viveva che per i " poveri peccatori ", come egli diceva, nella speranza di vederli convertirsi e piangere.

La loro conversione era lo scopo a cui convergevano tutti i suoi pensieri e l'opera per cui spendeva tutto il suo tempo e tutte le sue forze.

E ciò per il fatto che egli conosceva per l'esperienza del confessionale tutta la malizia del peccato e le sue rovine spaventose nel mondo delle anime.

Egli ne parlò in termini terribili: " Se avessimo la fede e se vedessimo un'anima in stato di peccato mortale, noi moriremmo di spavento! ".

Ma l'acerbità della sua pena e la veemenza della sua parola provengono meno dal timore delle pene eterne che minacciano il peccatore indurito, che dall'emozione provata al pensiero dell'amore divino misconosciuto ed offeso.

Davanti alla ostinazione del peccatore e alla sua ingratitudine verso un Dio così buono, le lacrime sgorgavano dai suoi occhi: " Oh, amico mio - diceva - io piango proprio perché non piangete voi! ".

Al contrario però con quale delicatezza e con quale fervore non fa rinascere la speranza nei cuori pentiti!

Per essi egli instancabilmente si fa ministro della misericordia divina, la quale è, diceva egli, potente " come un torrente in piena che trascina i cuori al suo passaggio ", e più tenera che la sollecitudine d'una madre, perché Dio è " pronto a perdonare più di quello che sarebbe una madre a tirar fuori dal fuoco un suo figlio ".

I pastori d'anime quindi, sull'esempio del Santo Curato d'Ars, avranno a cuore di consacrarsi, con competenza e dedizione, a questo ministero tanto importante, poiché in fondo è qui che la misericordia di Dio trionfa sulla malizia degli uomini ed il peccatore viene riconciliato al suo Dio.

Si tenga pure a mente che il Nostro Predecessore Pio XII ha condannato gravissimis verbis l'opinione errata secondo cui non sarebbe da farsi gran conto della confessione frequente dei peccati veniali: " Per un progresso sempre più alacre sul cammino della virtù, intendiamo raccomandare vivamente il pio uso della confessione frequente, introdotto dalla Chiesa non senza una ispirazione dello Spirito Santo ".

Infine Noi vogliamo confidare che i ministri del Signore saranno essi stessi i primi, secondo le prescrizioni del Diritto Canonico, alla pratica regolare e fervente del sacramento della Penitenza, così necessario alla loro santificazione, e terranno il più gran conto delle pressanti insistenze che più volte e dolenti animo Pio XII si sentì in dovere di loro rivolgere a questo riguardo.

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