Princeps pastorum

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IV

I fedeli cristiani, membra di un organismo vivo, non possono restar chiusi in se stessi e credere che basti aver pensato e provveduto ai propri bisogni spirituali per compiere tutto il loro dovere.

Ognuno, invece, per la propria parte deve contribuire all'incremento e alla diffusione del regno di Dio sulla terra.

Il Nostro predecessore Pio XII ha richiamato a tutti questo universale dovere: « La cattolicità è una nota essenziale della vera chiesa: a tal punto che un cristiano non è veramente affezionato e devoto alla chiesa, se non è ugualmente attaccato e devoto alla sua universalità, desiderando che essa metta radici e fiorisca in tutti i luoghi della terra ».38

Tutti devono entrare in una gara di santa emulazione e dare assidue testimonianze di zelo per il bene spirituale del prossimo, per la difesa della propria fede, per farla conoscere a chi la ignora del tutto o a chi malamente la conosce e perciò malamente la giudica.

Fin dall'infanzia e dall'adolescenza, anche nelle più giovani comunità cristiane, è necessario che il clero, le famiglie e le varie organizzazioni locali di apostolato inculchino questo santo dovere.

Ci sono poi alcune occasioni particolarmente felici, in cui tale educazione all'apostolato può trovare il posto più adatto e la più convincente espressione.

Tale, per esempio, è la preparazione dei giovanetti o dei neo-battezzati al sacramento della confermazione, con cui « viene infusa una nuova forza nei credenti per difendere la santa madre chiesa e la fede che hanno da essa ricevuto »;39 preparazione, questa, sommamente opportuna, là specialmente dove esistono nei costumi locali apposite cerimonie di iniziazione per preparare i giovani all'ingresso ufficiale nel loro gruppo sociale.

Non possiamo qui fare a meno di dare il giusto rilievo all'opera dei catechisti, che nella lunga storia delle missioni cattoliche si sono dimostrati di insostituibile ausilio.

Essi sono sempre stati il braccio destro degli operai del Signore, e ne hanno partecipato e alleviato le fatiche al punto che i Nostri predecessori potevano considerare il loro reclutamento e la loro formazione accuratissima tra i « punti importantissimi per la diffusione dell'evangelo »40 e definirli « il caso forse più classico dell'apostolato laico ».41

Ad essi Noi rinnoviamo i più ampi elogi e li esortiamo a meditare sempre più sulla spirituale felicità della loro condizione e a non desistere mai da ogni sforzo per arricchire e approfondire, sotto la guida della gerarchia, la loro istruzione e formazione morale.

I catecumeni devono imparare da essi non soltanto i rudimenti della fede, ma anche la pratica della virtù, l'amore grande e sincero a Cristo e alla sua chiesa.

Ogni cura dedicata all'aumento del numero di questi validissimi aiuti della gerarchia e alla loro adeguata formazione, e ogni sacrificio dei catechisti per adempiere nel modo più adatto e perfetto il loro compito, sarà un contributo di immediata efficacia per la fondazione e il progresso delle nuove comunità cristiane.

Nella Nostra prima enciclica abbiamo già richiamato i molteplici gravi motivi che impongono oggi, in tutti i paesi del mondo, di reclutare i laici « nel pacifico esercito dell'Azione cattolica, con l'intento di averli collaboratori nell'apostolato della gerarchia ecclesiastica ».42

Abbiamo anche manifestato il Nostro compiacimento per « quanto si è fatto nel passato, anche in terre di missione, da questi preziosi collaboratori dei vescovi e dei sacerdoti »,43 e vogliamo qui rinnovare, con tutta l'urgenza della carità che Ci sospinge ( 2 Cor 5,14 ), l'ammonimento e l'appello del Nostro predecessore Pio XII « sulla necessità che i laici tutti nelle missioni, affluendo numerosissimi nelle file dell'Azione cattolica, collaborino attivamente con la gerarchia ecclesiastica nell'apostolato ».44

I vescovi dei paesi di missione, il clero secolare e regolare, i fedeli più generosi e preparati, hanno compiuto i più lodevoli sforzi per tradurre in atto questa volontà del sommo pontefice, e si può dire che dovunque ormai è una fioritura di iniziative e di opere.

Non si insisterà mai abbastanza, però, sulla necessità di adattare convenientemente questa forma di apostolato alle condizioni ed esigenze locali.

Non basta trasferire in un paese ciò che è stato fatto altrove, ma sotto la guida della gerarchia e nello spirito della più lieta obbedienza ai sacri pastori, bisogna fare in modo che l'organizzazione non risulti un sovraccarico che imbrigli o disperda preziose energie, con movimenti frammentari e di eccessiva specializzazione che, necessari altrove, potrebbero risultare meno utili in ambienti, dove le circostanze e i bisogni sono del tutto diversi.

Nella Nostra prima enciclica abbiamo anche promesso di ritornare con maggiore ampiezza sopra questo argomento dell'Azione cattolica e a suo tempo anche i paesi di missione potranno trarne giovamento e impulso nuovo.

Nel frattempo, tutti lavorino in piena concordia e con spirito soprannaturale, nella convinzione che soltanto così potranno gloriarsi di mettere le loro forze al servizio della causa di Dio, della spirituale elevazione e del miglior progresso dei loro popoli.

L'Azione cattolica è una organizzazione di laici « con proprie e responsabili funzioni esecutive »;45 i laici quindi ne compongono i quadri direttivi.

Ciò comporta la formazione di uomini capaci di imprimere alle varie associazioni lo slancio apostolico e di assicurarne il miglior funzionamento; uomini e donne, quindi, per essere degni di vedersi affidare dalla gerarchia la direzione centrale o periferica delle associazioni, devono fornire le più ampie garanzie di una formazione cristiana intellettuale e morale solidissima, in virtù della quale possano « trasfondere negli altri ciò che essi già, con l'aiuto della divina grazia, posseggono ».46

Si può ben dire che la sede naturale di questa formazione dei dirigenti laici di Azione cattolica sia la scuola.

E la scuola cristiana giustificherà la sua ragion d'essere nella misura in cui i suoi maestri, sacerdoti e laici, religiosi e secolari, riusciranno a formare dei solidi cristiani.

Nessuno ignora l'importanza che ha sempre avuto e avrà la scuola nei paesi di missione e quanta energia la chiesa ha impiegato nell'istituzione di scuole di ogni ordine e grado, e nella difesa della loro esistenza e prosperità.

Ma un programma di formazione di dirigenti di Azione cattolica, come è ovvio, difficilmente può trovare il suo posto nei corsi scolastici, per cui sarà il più spesso necessario affidarsi a iniziative extrascolastiche che raccolgano i giovani di migliori speranze per istruirli e formarli all'apostolato.

Gli ordinari, perciò, procureranno di studiare la forma migliore per dar vita a scuole di apostolato, i cui metodi educativi sono ovviamente differenti dai metodi scolastici veri e propri.

A volte si tratterà anche di preservare da false dottrine fanciulli e giovani che sono costretti a frequentare scuole non cattoliche; in ogni caso sarà necessario bilanciare l'educazione umanistica e tecnica ricevuta nelle scuole pubbliche con un'educazione spirituale particolarmente intelligente e intensa, affinché non accada che l'istruzione produca individui falsamente evoluti, pieni di pretese e piuttosto nocivi che utili alla chiesa e ai popoli.

La loro formazione spirituale deve essere contemperata al grado di sviluppo intellettuale, intesa a prepararli a vivere cattolicamente nel loro ambiente sociale e professionale e ad assumere, a suo tempo, il loro posto nella vita cattolica organizzata.

A tale scopo, nel caso in cui i giovani cristiani siano costretti a lasciare la loro comunità per frequentare in altre città le scuole pubbliche, sarà opportuno pensare all'istituzione di « pensionati » e luoghi di ritrovo che assicurino ad essi un ambiente religiosamente e moralmente sano, congeniale e adatto a indirizzare le loro capacità ed energie verso gli ideali apostolici.

Attribuendo alle scuole un compito speciale e particolarmente efficace nella formazione dei dirigenti di Azione cattolica, non vogliamo certo sottrarre alle famiglie la loro parte di responsabilità, né negare il loro influsso, che può essere anche più vigoroso ed efficace di quello della scuola, nell'alimentare nei loro figliuoli la fiamma dell'apostolato e nel curare una formazione cristiana sempre più matura e aperta all'azione.

La famiglia, infatti, è una scuola ideale e insostituibile.

La « buona battaglia » ( 2 Tm 4,7 ) per la fede si combatte non soltanto nel segreto della coscienza o nell'intimità della casa, ma anche nella vita pubblica in tutte le sue forme.

In tutti i paesi del mondo si pongono oggi problemi di varia natura, le cui soluzioni sono procurate facendo il più spesso appello alle sole risorse umane e obbedendo a principi che non sempre sono d'accordo con le esigenze della fede cristiana.

Molti territori di missione, inoltre, stanno attraversando « una fase di evoluzione sociale, economica e politica, che è gravida di conseguenze per il loro avvenire ».47

Problemi che in altre nazioni o sono già stati risolti o trovano nella tradizione elementi di soluzione, si impongono ad altri paesi con un'urgenza che non è scevra da pericoli, in quanto potrebbe consigliare soluzioni affrettate e mutuate con deplorevole leggerezza da dottrine che non tengono in nessun conto o addirittura contraddicono gli interessi religiosi degli individui e dei popoli.

I cattolici, per il loro bene privato e per il pubblico bene della chiesa, non possono né ignorare tali problemi, né aspettare che ad essi vengano date pregiudizievoli soluzioni che in avvenire esigerebbero uno sforzo ben più grande di raddrizzamento e rappresenterebbero ulteriori ostacoli all'evangelizzazione del mondo.

Nel campo della pubblica attività i laici dei paesi di missione hanno la loro più diretta e preponderante azione, ed è necessario provvedere con la massima tempestività e urgenza affinché le comunità cristiane offrano alle loro patrie terrene, per il loro comune bene, uomini che onorino le varie professioni e attività nello stesso tempo in cui onorano, con la loro solida vita cristiana, la chiesa che li ha rigenerati alla grazia, in modo che i sacri pastori possano ad essi ripetere la lode che leggiamo negli scritti di san Basilio: « Ho ringraziato Dio santissimo del fatto che, pur essendo occupati nei pubblici affari, voi non avete trascurato quelli della chiesa; al contrario, ognuno di voi se ne è preoccupato come se si trattasse di un affare personale, dal quale dipende la sua propria vita ».48

In particolare, nel campo dei problemi e dell'organizzazione della scuola, dell'assistenza sociale organizzata, del lavoro, della vita politica, la presenza di esperti cattolici nativi potrà avere la più felice e benefica influenza se essi sapranno, come è loro preciso dovere che non potrebbero trascurare senza accusa di tradimento, ispirare le loro intenzioni e la loro azione ai principi cristiani, che una lunghissima storia dimostra efficienti e decisivi per procurare il bene comune.

A tale scopo, come già esortava il Nostro predecessore Pio XII di v.m., non sarà difficile convincersi della preziosità e dell'importanza dell'aiuto fraterno che le Organizzazioni internazionali cattoliche potranno dare all'apostolato laico nei paesi di missione, sia sul piano scientifico, con lo studio della soluzione cristiana da dare ai problemi specialmente sociali delle nuove nazioni, sia sul piano apostolico, soprattutto, per l'organizzazione del laicato cristiano attivo.

Ci è noto ciò che è stato fatto e si va facendo da parte dei laici missionari, che hanno scelto di abbandonare temporaneamente o definitivamente la loro patria per contribuire con molteplici attività al bene sociale e religioso dei paesi di missione, e preghiamo ardentemente il Signore che moltiplichi le schiere di questi generosi e li sorregga nelle difficoltà e nelle fatiche che essi affrontano con spirito apostolico.

Gli istituti secolari potranno dare ai bisogni del laicato nativo in terra di missione un aiuto incomparabilmente fecondo, se con il loro esempio susciteranno imitatori e se metteranno a disposizione degli ordinari le loro forze per accelerare il processo di maturità delle giovani comunità.

Il Nostro appello va anche a tutti quei laici cattolici che dovunque emergono nelle professioni e nella vita pubblica, affinché considerino seriamente la possibilità di aiutare i loro nuovi fratelli nella fede, anche senza abbandonare la loro patria.

Il loro consiglio, la loro esperienza, la loro assistenza tecnica, potranno, senza eccessiva fatica e senza gravi incomodi, portare un contributo a volte risolutivo.

Non mancherà ai buoni lo spirito di iniziativa per tradurre in pratica questo Nostro paterno desiderio, facendolo conoscere là dove potrà essere accolto, incoraggiando le buone disposizioni e facendo trovare ad esse il migliore impiego.

Il Nostro immediato predecessore esortò i vescovi affinché, con spirito di collaborazione fraterna e disinteressata, provvedessero all'assistenza spirituale dei giovani cattolici venuti nelle loro diocesi dai paesi di missione, per compiere gli studi e acquistare esperienze che li metteranno in grado di assumere funzioni direttive nel proprio paese.49

A quali pericoli intellettuali e morali essi siano esposti in una società che non è la loro e che spesso, purtroppo, non è tale da sostenere la loro fede e incoraggiare la virtù, ognuno di voi, venerabili fratelli, se ne renderà conto, e mosso dalla consapevolezza del dovere missionario che incombe a tutti i sacri pastori, vi provvederà con la più sollecita carità e nei modi più adatti.

Non sarà difficile a voi rintracciare questi studenti, affidarli a sacerdoti e laici particolarmente dotati per questo ministero, assisterli spiritualmente, far sentire e sperimentare ad essi la fragranza e le risorse della carità cristiana che ci fa tutti fratelli e premurosi l'uno dell'altro.

Ai tanti e così tangibili aiuti che voi date alle missioni, si aggiunge questo che fa più immediatamente presente a voi un mondo geograficamente lontano, ma spiritualmente anche vostro.

A questi studenti, poi, Noi vogliamo dire non soltanto tutto il Nostro amore, ma anche rivolgere un pressante, affettuoso monito a portare dovunque alta la fronte segnata dal sangue di Cristo e dall'unzione del sacro crisma, a profittare del loro soggiorno all'estero non soltanto per la loro formazione professionale, ma anche per l'ampliamento e il perfezionamento della loro formazione religiosa.

Essi potranno trovarsi esposti a molti danni, ma si trovano anche nella buona occasione di trarre molti vantaggi spirituali dalla loro dimora nelle nazioni cattoliche, mentre ogni cristiano, chiunque esso sia e in qualsiasi parte della terra sia nato, ha sempre il dovere del buon esempio e della scambievole edificazione spirituale.

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38 Litt. enc. Fidei donum
39 Pio XII, Litt. enc. Mystici corporis
40 Pio XI, Litt. enc. Rerum Ecclesiae: AAS 18 ( 1926 ), p. 78; EE 5/180
41 Pio XII, Sermo anno 1957 habitum ad eos, qui alteri interfuerunt Conventui catholicorum ex universo orbe pro laicorum Apostolatu: AAS 49 ( 1957 ), p. 937
42 Giovanni XXIII, Ad Petri cathedram IV
43 Giovanni XXIII, Ad Petri cathedram IV
44 Litt. enc. Evangelii praecones
45 Pio XII, Ep. de Actione Catholica, 11 oct. 1946: AAS 38 ( 1946 ), p. 422;
Discorsi e radiomessaggi di S.S. Pio Xll, VIII, p. 468
46 Giovanni XXIII, Ad Petri cathedram IV
47 Pio XII, Litt. enc. Fidei donum
48 Ep. 288: PG 32, 855
49 Litt. enc. Fidei donum