Evangelii nuntiandi

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Non praticanti

56 Una seconda sfera è quella dei non praticanti, oggi un gran numero di battezzati che, in larga misura, non hanno rinnegato formalmente il loro Battesimo, ma ne sono completamente al margine, e non lo vivono.

Il fenomeno dei non praticanti è molto antico nella storia del cristianesimo, è legato ad una debolezza naturale, ad una profonda incoerenza che, purtroppo, ci portiamo dentro di noi.

Esso presenta tuttavia oggi delle caratteristiche nuove.

Si spiega spesso mediante gli sradicamenti tipici della nostra epoca.

Nasce anche dal fatto che i cristiani oggi vivono a fianco con i non credenti e ricevono continuamente i contraccolpi della non credenza.

D'altronde, i non praticanti contemporanei, più di quelli di altri tempi, cercano di spiegare e di giustificare la loro posizione in nome di una religione interiore, dell'autonomia o dell'autenticità personali.

Atei e non credenti da una parte, non praticanti dall'altra, oppongono dunque all'evangelizzazione resistenze non trascurabili.

I primi, la resistenza di un certo rifiuto, l'incapacità di cogliere il nuovo ordine delle cose, il nuovo senso del mondo, della vita, della storia, che non è possibile se non si parte dall'Assoluto di Dio.

Gli altri, la resistenza dell'inerzia, l'atteggiamento un po' ostile di qualcuno che si sente di casa, che afferma di saper tutto, di aver gustato tutto, di non credervi più.

Secolarismo ateo e assenza di pratica religiosa si trovano presso gli adulti e presso i giovani, presso l'élite e nelle masse, in tutti i settori culturali, nelle antiche come nelle giovani Chiese.

L'azione evangelizzatrice della Chiesa, che non può ignorare questi due mondi né arrestarsi di fronte ad essi, deve cercare costantemente i mezzi e il linguaggio adeguati per proporre o riproporre loro la rivelazione di Dio e la fede in Gesù Cristo.

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