Ecclesia in Medio Oriente

Indice

Prima parte

« Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere » ( 1 Ts 1,2 )

7. Con questa azione di grazie di san Paolo, desidero salutare i cristiani che vivono in Medio Oriente assicurando loro la mia preghiera fervente e continua.

La Chiesa cattolica, e con essa l'insieme della comunità cristiana, non li dimentica e riconosce con gratitudine il loro nobile e antico contributo all'edificazione del Corpo di Cristo.

Essa li ringrazia per la loro fedeltà e assicura loro il proprio affetto.

Il contesto

8. È con emozione che ricordo i miei viaggi in Medio Oriente.

Terra scelta in maniera particolare da Dio, fu misurata dai Patriarchi e dai Profeti.

Servì da scrigno dell'Incarnazione del Messia, vide innalzarsi la croce del Salvatore e fu testimone della Risurrezione del Redentore e dell'effusione dello Spirito Santo.

Percorsa dagli Apostoli, da santi e numerosi Padri della Chiesa, fu il crogiolo delle prime formulazioni dogmatiche.

Tuttavia, questa terra benedetta e i popoli che vi abitano, sperimentano in maniera drammatica i travagli umani.

Quanti morti, quante vite saccheggiate dall'accecamento umano, quante paure e umiliazioni!

Sembrerebbe che non ci sia freno al crimine di Caino ( cfr Gen 4,6-10 e 1 Gv 3,8-15 ) tra i figli di Adamo ed Eva creati ad immagine di Dio ( cfr Gen 1,27 ).

Il peccato adamitico, consolidato dalla colpa di Caino, non cessa di produrre spine e cardi ( cfr Gen 3,18 ) ancora oggi.

Come è triste vedere questa terra benedetta soffrire nei suoi figli che si sbranano tra loro con accanimento, e muoiono!

I cristiani sanno che solo Gesù, essendo passato attraverso le tribolazioni e la morte per risuscitare, può portare la salvezza e la pace a tutti gli abitanti di questa regione del mondo ( cfr At 2,23-24.32-33 ).

È Lui solo, il Cristo, il Figlio di Dio, che noi proclamiamo!

Pentiamoci dunque e convertiamoci « perché siano cancellati i peccati e così possano giungere i tempi della consolazione da parte del Signore » ( At 3,19-20a ).

9. Secondo le Sacre Scritture, la pace non è solamente un patto o un trattato che favorisce una vita tranquilla, e la sua definizione non può essere ridotta alla semplice assenza di guerra. La pace significa secondo la sua etimologia ebraica: essere completo, essere intatto, compiere una cosa per ristabilire l'integrità.

È lo stato dell'uomo che vive in armonia con Dio, con se stesso, col suo prossimo e con la natura.

Prima di essere esteriore, la pace è interiore.

Essa è benedizione.

È l'augurio di una realtà.

La pace è talmente desiderabile che è diventata un saluto in Medio Oriente ( cfr Gv 20,19; 1 Pt 5,14 ).

La pace è giustizia ( cfr Is 32,17 ) e san Giacomo nella sua Lettera aggiunge: « Per coloro che fanno opera di pace viene seminato nella pace un frutto di giustizia » ( Gc 3,18 ).

Il combattimento profetico e la riflessione sapienziale erano una lotta e un'esigenza in vista della pace escatologica.

È verso questa pace autentica in Dio che Cristo ci conduce.

Egli ne è la sola porta ( cfr Gv 10,9 ).

È questa unica porta che i cristiani desiderano varcare.

10. È cominciando a convertirsi personalmente a Dio, a vivere il perdono nel proprio vicinato prossimo e comunitario, che l'uomo che cerca il bene potrà rispondere all'invito di Cristo a diventare « figlio di Dio » ( cfr Mt 5,9 ).

Solo l'umile gusterà le delizie di una pace insondabile ( cfr Sal 37,11 ).

Inaugurando per noi l'essere in comunione con Dio, Gesù crea la vera fraternità, non la fraternità sfigurata dal peccato.4

« Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l'inimicizia » ( Ef 2,14 ).

Il cristiano sa che la politica terrena della pace non sarà efficace se la giustizia in Dio e tra gli uomini non ne è l'autentica base, e se questa stessa giustizia non lotta contro il peccato che è all'origine della divisione.

Perciò la Chiesa desidera superare tutte le distinzioni di razza, di sesso e di livello sociale ( cfr Gal 3,28; Col 3,11 ) sapendo che tutti non sono che uno in Cristo, il quale è tutto in tutti.

Anche per questo la Chiesa sostiene e incoraggia ogni sforzo in vista della pace nel mondo e nel Medio Oriente in particolare.

In diversi modi, essa non risparmia gli sforzi per aiutare gli uomini a vivere in pace e favorisce anche l'arsenale giuridico internazionale che la consolida.

Le posizioni della Santa Sede sui differenti conflitti che affliggono drammaticamente la regione, e quella sullo Statuto di Gerusalemme e dei luoghi santi sono largamente conosciute.5

Tuttavia, la Chiesa non dimentica che, prima di tutto, la pace è un frutto dello Spirito ( cfr Gal 5,22 ), che non bisogna cessare di chiedere a Dio ( cfr Mt 7,7-8 ).

La vita cristiana ed ecumenica

11. È in tale contesto costrittivo, instabile e attualmente incline alla violenza, che Dio ha permesso il fiorire della sua Chiesa.

Essa vive in una notevole varietà di forme.

Con la Chiesa cattolica, sono presenti in Medio Oriente assai numerose e venerabili Chiese alle quali si sono aggiunte comunità ecclesiali di origine più recente.

Questo mosaico richiede uno sforzo importante e costante per favorire l'unità, nel rispetto delle ricchezze proprie, al fine di rafforzare la credibilità dell'annuncio del Vangelo e la testimonianza cristiana.6

L'unità è un dono di Dio che nasce dallo Spirito e che occorre far crescere con una paziente perseveranza ( cfr 1 Pt 3,8-9 ).

Noi sappiamo che è una tentazione, quando delle divisioni ci oppongono, fare appello al solo criterio umano dimenticando i saggi consigli di san Paolo ( cfr 1 Cor 6,7-8 ).

Egli esorta: « Avendo a cuore di conservare l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace » ( Ef 4,3 ).

La fede è il centro e il frutto del vero ecumenismo.7

È essa che bisogna cominciare ad approfondire.

L'unità sorge dalla preghiera perseverante e dalla conversione che fa vivere ciascuno secondo la verità e nella carità ( cfr Ef 4,15-16 ).

Il Concilio Vaticano II ha incoraggiato questo "ecumenismo spirituale" che è l'anima del vero ecumenismo.8

La situazione del Medio Oriente è essa stessa un appello pressante alla santità della vita.

I martirologi attestano che santi e martiri di ogni appartenenza ecclesiale sono stati - e alcuni lo sono oggi - testimoni viventi di questa unità senza frontiere nel Cristo glorioso, anticipazione del nostro "essere riuniti" come popolo finalmente riconciliato in Lui.9

Perciò, all'interno stesso della Chiesa cattolica, bisogna consolidare la comunione che dà testimonianza dell'amore di Cristo.

12. Sulla base delle indicazioni del Direttorio ecumenico,10 i fedeli cattolici possono promuovere l'ecumenismo spirituale nelle parrocchie, nei monasteri e nei conventi, nelle istituzioni scolastiche ed universitarie, e nei seminari.

I Pastori avranno cura di educare i fedeli ad essere testimoni della comunione in tutti i campi della loro vita.

Questa comunione non è certo una confusione.

La testimonianza autentica chiede il riconoscimento e il rispetto dell'altro, una disposizione al dialogo nella verità, la pazienza come una dimensione dell'amore, la semplicità e l'umiltà di colui che si riconosce peccatore davanti a Dio e al prossimo, la capacità di perdono, di riconciliazione e di purificazione della memoria, a livello personale e comunitario.

13. Incoraggio il lavoro dei teologi che instancabilmente operano per l'unità, così come saluto le attività delle Commissioni ecumeniche locali che esistono a differenti livelli, e l'attività di diverse comunità che pregano e agiscono in favore dell'unità tanto desiderata, promuovendo l'amicizia e la fraternità.

Nella fedeltà alle origini della Chiesa e alle sue tradizioni viventi, è importante ugualmente pronunciarsi con una sola voce sulle grandi questioni morali a proposito della verità umana, della famiglia, della sessualità, della bioetica, della libertà, della giustizia e della pace.

14. D'altro canto, esiste già un "ecumenismo diaconale" nei campi caritativo ed educativo tra i cristiani delle differenti Chiese, e quelli delle Comunità ecclesiali.

E il Consiglio delle Chiese del Medio Oriente, che riunisce le Chiese delle diverse tradizioni cristiane presenti nella regione, offre un bello spazio a un dialogo che potrà svolgersi nell'amore e nel rispetto reciproco.

15. Il Concilio Vaticano II indica che, per essere efficace, il cammino ecumenico deve svolgersi « in primo luogo con la preghiera, l'esempio della vita, la scrupolosa fedeltà alle antiche tradizioni orientali, la mutua e più completa conoscenza, la collaborazione e la fraterna stima delle cose e degli animi ».11

Converrebbe soprattutto che tutti ritornassero ancora maggiormente a Cristo stesso.

Gesù unisce coloro che credono in Lui e che lo amano donando loro lo Spirito del Padre suo, come pure Maria, sua madre ( cfr Gv 14,26; Gv 16,7; Gv 19,27 ).

Questo duplice dono, di differente livello, può aiutare notevolmente e merita un'attenzione più grande da parte di tutti.

16. Il comune amore per Cristo, che « non commise alcun peccato » e nella cui bocca « non si trovò inganno » ( 1 Pt 2,22 ), e gli « strettissimi vincoli »12 tra le Chiese d'Oriente che non sono in piena comunione con la Chiesa cattolica, sollecitano al dialogo e all'unità.

In diversi casi, i cattolici sono legati alle Chiese d'Oriente che non sono in piena comunione da comuni origini religiose.

Per una pastorale ecumenica rinnovata, in vista di una testimonianza comune, è utile comprendere bene l'apertura conciliare verso una certa « communicatio in sacris » per i sacramenti della Penitenza, dell'Eucaristia e dell'Unzione degli infermi,13 che non è solo possibile, ma può essere raccomandabile in alcune circostanze favorevoli, in base a norme precise e con l'approvazione delle autorità ecclesiastiche.14

I matrimoni tra fedeli cattolici e ortodossi sono numerosi e richiedono una particolare attenzione ecumenica.15

Incoraggio i Vescovi e gli Eparchi ad applicare, per quanto possibile, e laddove esistono, gli accordi pastorali per promuovere a poco a poco una pastorale ecumenica d'insieme.

17. L'unità ecumenica non è uniformità di tradizioni e di celebrazioni.

Con l'aiuto di Dio, sono certo che, tanto per cominciare, degli accordi potranno essere trovati per una traduzione comune della Preghiera del Signore, il Padre Nostro, nelle lingue vernacolari della regione, dove è necessario.16

Pregando insieme con le stesse parole, i cristiani riconosceranno il loro comune radicamento nell'unica fede apostolica, sulla quale si fonda la ricerca della piena comunione.

Inoltre, l'approfondimento comune dello studio dei Padri orientali e latini, come pure quello delle rispettive tradizioni spirituali, potrà contribuirvi notevolmente nella corretta applicazione delle norme canoniche che regolano questa materia.

18. Invito i cattolici del Medio Oriente a coltivare i rapporti con i fedeli delle diverse Comunità ecclesiali presenti nella regione.

Sono possibili diverse iniziative congiunte.

Una lettura insieme della Bibbia come anche la sua diffusione potrebbero, ad esempio, aprire questo percorso.

Collaborazioni particolarmente feconde nell'ambito delle attività caritative e della promozione dei valori della vita umana, della giustizia e della pace potrebbero, inoltre, svilupparsi o approfondirsi.

Tutto ciò contribuirà a una migliore conoscenza reciproca e alla creazione di un clima di stima, che sono le condizioni indispensabili per promuovere la fraternità.

Il dialogo interreligioso

19. La natura e la vocazione universale della Chiesa esigono che essa sia in dialogo con i membri delle altre religioni.

Questo dialogo in Medio Oriente è basato sui legami spirituali e storici che uniscono i cristiani agli ebrei e ai musulmani.

Questo dialogo, che non è principalmente dettato da considerazioni pragmatiche di ordine politico o sociale, poggia anzitutto su basi teologiche che interpellano la fede.

Esse derivano dalle Sacre Scritture e sono chiaramente definite nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa, Lumen gentium, e nella Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane, Nostra aetate.17

Ebrei, cristiani e musulmani credono in un Dio Uno, creatore di tutti gli uomini.

Possano gli ebrei, i cristiani e i musulmani riscoprire uno dei desideri divini, quello dell'unità e dell'armonia della famiglia umana.

Possano gli ebrei, i cristiani e i musulmani scorgere nell'altro credente un fratello da rispettare e da amare per dare in primo luogo sulle loro terre la bella testimonianza della serenità e della convivialità tra figli di Abramo.

Invece di essere strumentalizzati in conflitti reiterati e ingiustificabili per un autentico credente, il riconoscimento di un Dio Uno può - se vissuto con un cuore puro - contribuire notevolmente alla pace della regione e alla convivenza rispettosa dei suoi abitanti.

20. Numerosi e profondi sono i legami fra i cristiani e gli ebrei.

Essi sono ancorati ad un prezioso patrimonio spirituale comune.

Vi è certamente la fede in un Dio unico, creatore, che si rivela e si lega all'uomo per sempre, e che per amore vuole la redenzione.

C'è anche la Bibbia che è in gran parte comune agli ebrei e ai cristiani.

Essa è Parola di Dio per gli uni e per gli altri.

La frequentazione comune della Sacra Scrittura ci avvicina.

D'altronde, Gesù, un figlio del popolo eletto, è nato, vissuto ed è morto ebreo ( cfr Rm 9,4-5 ).

Maria, sua madre, ci invita lei pure a riscoprire le radici giudaiche del cristianesimo.

Questi stretti legami costituiscono un patrimonio unico di cui tutti i cristiani sono fieri e debitori al Popolo eletto.

Se l'ebraicità del "Nazareno" consente ai cristiani di assaporare con gioia il mondo della Promessa, introducendoli in modo decisivo nella fede del popolo eletto e unendoli ad esso, la persona e l'identità profonda dello stesso Gesù li separano, poiché i cristiani riconoscono in Lui il Messia, il Figlio di Dio.

21. È opportuno che i cristiani diventino più consapevoli della profondità del mistero dell'Incarnazione per amare Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze ( cfr Dt 6,5 ).

Cristo, il Figlio di Dio, si è fatto carne in un popolo, in una tradizione di fede e in una cultura la cui conoscenza non può che arricchire la comprensione della fede cristiana.

I cristiani hanno incrementato questa conoscenza con il contributo specifico dato da Cristo stesso mediante la sua morte e risurrezione ( cfr Lc 24,26 ).

Ma devono essere sempre consapevoli e riconoscenti delle loro radici.

Infatti, per poter attecchire, l'innesto sul vecchio albero ( cfr Rm 11,17-18 ) ha bisogno della linfa che proviene dalle radici.

22. I rapporti tra le due comunità credenti sono stati segnati dalla storia e dalle passioni umane.

Innumerevoli e reiterate sono le incomprensioni e le diffidenze reciproche.

Inescusabili e altamente condannabili sono le persecuzioni insidiose o violente del passato!

Eppure, nonostante queste tristi situazioni, gli apporti reciproci nel corso dei secoli sono stati così fecondi che hanno contribuito alla nascita e alla fioritura di una civiltà e di una cultura chiamata comunemente giudeo-cristiana.

Come se questi due mondi che si dicono differenti o contrari per diversi motivi, avessero deciso di unirsi per offrire all'umanità un nobile legame.

Questo legame che unisce, mentre li separa, giudei e cristiani, deve aprirli a una nuova responsabilità gli uni per gli altri, gli uni con gli altri.18

Poiché i due popoli hanno ricevuto la stessa benedizione e promesse d'eternità che permettono di avanzare con fiducia verso la fraternità.

23. Fedele all'insegnamento del Concilio Vaticano II, la Chiesa cattolica guarda i musulmani con stima, essi che rendono culto a Dio soprattutto con la preghiera, l'elemosina e il digiuno, che venerano Gesù come profeta senza riconoscerne tuttavia la divinità, e che onorano Maria, la sua madre verginale.

Noi sappiamo che l'incontro tra l'islam e il cristianesimo ha spesso assunto la forma della controversia dottrinale.

Purtroppo, queste differenze dottrinali sono servite come pretesto agli uni e agli altri per giustificare, in nome della religione, pratiche di intolleranza, di discriminazione, di emarginazione e persino di persecuzione.19

24. Nonostante ciò, i cristiani condividono con i musulmani la stessa vita quotidiana in Medio Oriente, dove la loro presenza non è né nuova né accidentale, ma storica.

Essendo parte integrante del Medio Oriente, hanno sviluppato nel corso dei secoli una sorta di rapporto con l'ambiente che può servire come insegnamento.

Si sono lasciati interpellare dalla religiosità dei musulmani, ed hanno proseguito, secondo i propri mezzi e nella misura del possibile, a vivere e promuovere i valori evangelici nella cultura circostante.

Il risultato è una particolare simbiosi.

Pertanto, è giusto riconoscere il contribuito ebraico, cristiano e musulmano nella formazione di una ricca cultura propria del Medio Oriente.20

25. I cattolici del Medio Oriente, che in maggior parte sono cittadini nativi del loro paese, hanno il dovere e il diritto di partecipare pienamente alla vita della nazione, lavorando alla costruzione della loro patria.

Devono godere di piena cittadinanza e non essere trattati come cittadini o credenti inferiori.

Come in passato, quando, pionieri della rinascita araba, erano parte integrante della vita culturale, economica e scientifica delle varie civiltà della regione, desiderano oggi, ancora e sempre, condividere le loro esperienze con i musulmani, fornendo il loro specifico contributo.

È a motivo di Gesù che i cristiani sono sensibili alla dignità della persona umana e alla libertà religiosa che ne consegue.

È per amore di Dio e dell'umanità, onorando così la duplice natura di Cristo e in vista della vita eterna, che i cristiani hanno costruito scuole, ospedali e istituzioni di ogni tipo, dove tutti sono accolti senza alcuna discriminazione ( cfr Mt 25,31ss ).

Per queste ragioni i cristiani riservano particolare attenzione ai diritti fondamentali della persona umana.

Affermare tuttavia che questi diritti non sono che diritti cristiani dell'uomo non è giusto.

Sono semplicemente diritti connessi alla dignità di ogni persona umana e di ogni cittadino, a prescindere dalle origini, dalle convinzioni religiose e dalle scelte politiche.

26. La libertà religiosa è il culmine di tutte le libertà.

È un diritto sacro e inalienabile.

Comporta sia la libertà individuale e collettiva di seguire la propria coscienza in materia religiosa, sia la libertà di culto.

Include la libertà di scegliere la religione che si crede essere vera e di manifestare pubblicamente la propria credenza.21

Deve essere possibile professare e manifestare liberamente la propria religione e i suoi simboli, senza mettere in pericolo la propria vita e la propria libertà personale.

La libertà religiosa è radicata nella dignità della persona; garantisce la libertà morale e favorisce il rispetto reciproco.

Gli ebrei che hanno sofferto a lungo ostilità spesso letali, non possono dimenticare i benefici della libertà religiosa.

Da parte loro, i musulmani condividono con i cristiani la convinzione che in materia religiosa nessuna costrizione è consentita, tanto meno con la forza.

Tale costrizione, che può assumere forme molteplici e insidiose sul piano personale e sociale, culturale, amministrativo e politico, è contraria alla volontà di Dio.

Essa è una fonte di strumentalizzazione politico-religiosa, di discriminazione e di violenza che può condurre alla morte.

Dio vuole la vita, non la morte. Egli proibisce l'omicidio, anche quello dell'omicida ( cfr Gen 4,15-16; Gen 9,5-6; Es 20,13 ).

27. La tolleranza religiosa esiste in diversi paesi, ma essa non impegna molto perché rimane limitata nel suo raggio di azione.

È necessario passare dalla tolleranza alla libertà religiosa.

Questo passaggio non è una porta aperta al relativismo, come alcuni affermano.

Questo passo da compiere non è una crepa aperta nella fede religiosa, ma una riconsiderazione del rapporto antropologico con la religione e con Dio.

Non è una violazione delle verità fondanti della fede, perché, nonostante le divergenze umane e religiose, un raggio di verità illumina tutti gli uomini.22

Sappiamo bene che la verità non esiste al di fuori di Dio come una cosa in sé.

Sarebbe un idolo.

La verità si può sviluppare soltanto nella relazione con l'altro che apre a Dio, il quale vuole esprimere la propria alterità attraverso e nei miei fratelli umani.

Quindi non è opportuno affermare in maniera esclusiva: « io possiedo la verità ».

La verità non è possesso di alcuno, ma è sempre un dono che ci chiama a un cammino di assimilazione sempre più profonda alla verità.

La verità può essere conosciuta e vissuta solo nella libertà, perciò all'altro non possiamo imporre la verità; solo nell'incontro di amore la verità si dischiude.

28. Il mondo intero fissa l'attenzione sul Medio Oriente che ricerca la propria strada.

Possa questa regione mostrare che vivere insieme non è un'utopia e che la diffidenza e il pregiudizio non sono una fatalità.

Le religioni possono mettersi insieme per servire il bene comune e contribuire allo sviluppo di ogni persona e alla edificazione della società.

I cristiani del Medio Oriente vivono da secoli il dialogo islamo-cristiano.

Per loro, questo è il dialogo della e nella vita quotidiana.

Ne conoscono i pregi e i limiti.

Più recentemente vivono anche il dialogo ebraico-cristiano.

Inoltre, da molto tempo esiste un dialogo bilaterale o trilaterale di intellettuali o di teologi ebrei, cristiani e musulmani.

Si tratta di un laboratorio di incontri e di ricerche varie che occorre favorire.

Vi contribuiscono efficacemente tutti i vari Istituti o Centri cattolici - di filosofia, di teologia e altri ancora - che sono nati in Medio Oriente molto tempo fa e che lavorano in condizioni talvolta difficili.

Li saluto cordialmente e li incoraggio a continuare la loro opera di pace, sapendo che occorre sostenere tutto ciò che combatte l'ignoranza e favorisce la conoscenza.

Il felice connubio del dialogo della vita quotidiana con quello degli intellettuali o dei teologi contribuirà certamente a poco a poco, con l'aiuto di Dio, a migliorare la convivialità ebraico-cristiana, ebraico-islamica, e islamo-cristiana.

È l'auspicio che formulo, e l'intenzione per la quale prego.

Due nuove realtà

29. Come il resto del mondo, il Medio Oriente conosce due realtà opposte: la laicità, con le sue forme talvolta estreme, e il fondamentalismo violento che rivendica un'origine religiosa.

È con grande sospetto che alcuni responsabili politici e religiosi medio-orientali, di tutte le comunità, considerano la laicità come atea o immorale.

È vero che la laicità può talvolta affermare, in maniera riduttiva, che la religione riguarda esclusivamente la sfera privata, come se non fosse che un culto individuale e domestico, situato fuori dalla vita, dall'etica, dalla relazione con l'altro.

Nella sua forma estrema e ideologica, questa laicità, diventata secolarismo, nega al cittadino l'espressione pubblica della sua religione e pretende che solo lo Stato possa legiferare sulla sua forma pubblica.

Queste teorie sono antiche.

Esse non sono più soltanto occidentali e non possono essere confuse con il cristianesimo.

La sana laicità, al contrario, significa liberare la religione dal peso della politica e arricchire la politica con gli apporti della religione, mantenendo la necessaria distanza, la chiara distinzione e l'indispensabile collaborazione tra le due.

Nessuna società può svilupparsi in maniera sana senza affermare il reciproco rispetto tra politica e religione, evitando la tentazione costante della commistione o dell'opposizione.

Il rapporto appropriato si fonda, innanzitutto, sulla natura dell'uomo - dunque su una sana antropologia - e sul pieno rispetto dei suoi diritti inalienabili.

La presa di coscienza di questo rapporto appropriato permette di comprendere che esiste una sorta di unità-distinzione che deve caratterizzare il rapporto tra lo spirituale ( religioso ) e il temporale ( politico ), perché ambedue sono chiamati, pur nella necessaria distinzione, a cooperare armoniosamente al bene comune.

Una tale laicità sana garantisce alla politica di operare senza strumentalizzare la religione, e alla religione di vivere liberamente senza appesantirsi con la politica dettata dall'interesse, e qualche volta poco conforme, o addirittura contraria, alle credenze religiose.

Per questo la sana laicità ( unità-distinzione ) è necessaria, anzi indispensabile ad entrambe.

La sfida costituita dalla relazione tra politica e religione può essere affrontata con pazienza e coraggio mediante una formazione umana e religiosa adeguata.

Occorre richiamare continuamente il posto di Dio nella vita personale, familiare e civile, e il giusto posto dell'uomo nel disegno di Dio.

E soprattutto, a tale scopo, occorre pregare di più.

30. Le incertezze economico-politiche, l'abilità manipolatrice di certuni ed una comprensione insufficiente della religione, tra l'altro, costituiscono la base del fondamentalismo religioso.

Quest'ultimo affligge tutte le comunità religiose, e rifiuta il vivere insieme secolare.

Esso vuole prendere il potere, a volte con violenza, sulla coscienza di ciascuno e sulla religione per ragioni politiche.

Lancio un accorato appello a tutti i responsabili religiosi ebrei, cristiani e musulmani della regione, affinché cerchino col loro esempio e il loro insegnamento di adoperarsi in ogni modo al fine di sradicare questa minaccia che tocca indistintamente e mortalmente i credenti di tutte le religioni.

« Utilizzare le parole rivelate, le Sacre Scritture o il nome di Dio, per giustificare i nostri interessi, le nostre politiche così facilmente accomodanti, o le nostre violenze, è un gravissimo errore ».23

I migranti

31. La realtà medio-orientale è ricca per le sue diversità, ma è troppo spesso costrittiva ed anche violenta.

Riguarda l'insieme degli abitanti della regione e tutti gli aspetti della loro vita.

Situati in una posizione spesso delicata, i cristiani risentono in maniera particolare, e talvolta con stanchezza e poca speranza, delle conseguenze negative di questi conflitti e di queste incertezze.

Si sentono spesso umiliati.

Per esperienza, sanno anche di essere vittime designate quando vi sono dei disordini.

Dopo aver partecipato attivamente nel corso dei secoli alla costruzione delle rispettive nazioni e contribuito alla formazione della loro identità e alla loro prosperità, i cristiani sono numerosi a scegliere cieli più propizi, luoghi di pace in cui essi e le loro famiglie potranno vivere degnamente e in sicurezza, e spazi di libertà dove la loro fede potrà esprimersi senza che siano sottomessi a diverse costrizioni.24

Questa scelta è lacerante.

Segna gravemente gli individui, le famiglie e le Chiese.

Amputa le nazioni e contribuisce all'impoverimento umano, culturale e religioso medio-orientale.

Un Medio Oriente senza o con pochi cristiani non è più il Medio Oriente, giacché i cristiani partecipano con gli altri credenti all'identità così particolare della regione.

Gli uni sono responsabili degli altri davanti a Dio.

È importante dunque che i dirigenti politici e i responsabili religiosi comprendano questa realtà ed evitino una politica o una strategia che privilegi una sola comunità e che tenderebbe verso un Medio Oriente monocromo che non rifletterebbe per niente la sua ricca realtà umana e storica.

32. I Pastori delle Chiese orientali cattoliche sui iuris constatano, con preoccupazione e dolore, che il numero dei loro fedeli si riduce sui territori tradizionalmente patriarcali e, da qualche tempo, si vedono obbligati a sviluppare una pastorale dell'emigrazione.25

Sono certo che essi fanno il possibile per esortare i propri fedeli alla speranza, a restare nel loro paese e a non vendere i loro beni.26

Li incoraggio a continuare a circondare di affetto i loro sacerdoti e i loro fedeli della diaspora, invitandoli a restare in contatto stretto con le loro famiglie e le loro Chiese, e soprattutto a custodire con fedeltà la loro fede in Dio grazie alla loro identità religiosa, costruita su venerabili tradizioni spirituali.27

È conservando questa appartenenza a Dio e alle loro rispettive Chiese, e coltivando un amore profondo per i loro fratelli e sorelle latini, che essi apporteranno all'insieme della Chiesa cattolica un grande beneficio.

D'altra parte, esorto i Pastori delle circoscrizioni ecclesiastiche che accolgono i cattolici orientali a riceverli con carità e stima, come fratelli, a favorire i legami di comunione tra gli emigrati e le loro Chiese di provenienza, a dare la possibilità di celebrare secondo le proprie tradizioni ed a esercitare attività pastorali e parrocchiali, laddove è possibile.28

33. La Chiesa latina presente nel Medio Oriente, pur soffrendo dell'emorragia di numerosi suoi fedeli, sperimenta un'altra situazione e si trova interpellata a rispondere a numerose e nuove sfide pastorali.

I suoi Pastori devono gestire l'arrivo massiccio e la presenza nei paesi ad economia forte della regione di lavoratori di ogni sorta provenienti dall'Africa, dall'Estremo Oriente e dal sub-continente indiano.

Queste popolazioni costituite da uomini e donne spesso soli o da intere famiglie, affrontano una doppia precarietà.

Sono stranieri nel paese dove lavorano, e sperimentano troppo spesso delle situazioni di discriminazione e d'ingiustizia.

Lo straniero è oggetto dell'attenzione di Dio e merita dunque rispetto.

La sua accoglienza sarà messa in conto nel Giudizio finale (cfr Mt 25,35.43 ).29

34. Sfruttati senza potersi difendere, con contratti di lavoro più o meno limitati o legali, queste persone sono talvolta vittime di infrazioni delle leggi locali e delle convenzioni internazionali.

D'altra parte, subiscono forti pressioni e gravi limitazioni religiose.

Il compito dei loro Pastori è necessario e delicato.

Incoraggio tutti i fedeli cattolici e tutti i presbiteri, qualunque sia la loro Chiesa d'appartenenza, alla comunione sincera ed alla collaborazione pastorale col Vescovo del luogo, e quest'ultimo a una paterna comprensione verso i fedeli orientali.

È collaborando insieme e soprattutto parlando con una sola voce, che, in questa particolare situazione, tutti potranno vivere e celebrare la loro fede arricchendosi con la diversità delle tradizioni spirituali, pur rimanendo in contatto con le comunità cristiane d'origine.

Invito anche i governanti dei paesi che ricevono queste nuove popolazioni a rispettare e difendere i loro diritti, a permettere loro la libera espressione della fede, favorendo la libertà religiosa e l'edificazione di luoghi di culto.

La libertà religiosa « potrebbe essere oggetto di dialogo tra i cristiani e i musulmani, un dialogo la cui urgenza ed utilità sono stati riaffermati dai Padri sinodali ».30

35. Mentre per necessità, stanchezza o disperazione, dei cattolici nativi del Medio Oriente si decidono per la scelta drammatica di lasciare la terra dei loro antenati, la loro famiglia e la loro comunità di fede, altri, al contrario pieni di speranza, fanno la scelta di restare nel loro paese e nella loro comunità.

Li incoraggio a consolidare questa bella fedeltà ed a rimanere saldi nella fede.

Altri cattolici infine, facendo una scelta altrettanto lacerante di quella dei cristiani medio-orientali che emigrano, e fuggendo le precarietà nella speranza di costruire un avvenire migliore, scelgono i paesi della regione per lavorare e viverci.

36. In quanto Pastore della Chiesa universale, mi rivolgo qui all'insieme dei fedeli cattolici della regione, i nativi e i nuovi arrivati, la cui proporzione si è ravvicinata in questi ultimi anni, giacché per Dio non vi è che un solo popolo, e per i credenti, che una sola fede!

Cercate di vivere rispettosamente uniti e in comunione fraterna gli uni con gli altri, nell'amore e nella stima reciproci, per testimoniare in maniera credibile la vostra fede nella morte e risurrezione di Cristo!

Dio ascolterà la vostra preghiera, benedirà il vostro comportamento e vi donerà il suo Spirito per affrontare il peso del giorno.

Infatti, « dove c'è lo Spirito del Signore, c'è libertà » ( 2 Cor 3,17 ).

San Pietro scriveva, a dei fedeli che sperimentavano situazioni simili, parole che riprendo volentieri per indirizzarvele come esortazione: « E chi potrà farvi del male, se sarete ferventi nel bene?

[ … ] Non sgomentatevi per paura di loro e non turbatevi, ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi » ( 1 Pt 3,13-15 ).

Indice

4 Cfr Benedetto XVI, Omelia della Messa della notte nella Solennità della Natività del Signore ( 24 dicembre 2010 ): AAS 103 (2011), 17-21
5 Cfr Propositio 9
6 Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Decreto Unitatis redintegratio, 1
7 Cfr Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti all'assemblea plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede ( 27 gennaio 2012 ): AAS 104 (2012), 109
8 Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Decreto Unitatis redintegratio, 8
9 Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Ut unum sint, 83-84 ( 25 maggio 1995 )
10 Cfr Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, Direttorio per l'applicazione dei Principi e delle Norme sull'Ecumenismo ( 25 marzo 1993 ): AAS 85 (1993), 1039-1119
11 Decreto Orientalium Ecclesiarum, 24
12 Conc. Ecum. Vat. II, Decreto Unitatis redintegratio, 15
13 Cfr Id., Decreto Orientalium Ecclesiarum, 26-27
14 Cfr Id., Decreto Unitatis redintegratio, 15;
Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, Direttorio per l'applicazione dei Principi e delle Norme sull'Ecumenismo ( 25 marzo 1993 ), 122-128: AAS 85 (1993), 1086-1088
15 Cfr Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, Direttorio per l'applicazione dei Principi e delle Norme sull'Ecumenismo ( 25 marzo 1993 ), 145: AAS 85 (1993), 1092
16 Cfr Propositio 28, di cui alcune iniziative proposte sono di competenza pastorale locale e altre che riguardano l'insieme della Chiesa cattolica, saranno studiate in accordo con la Sede di Pietro
17 Cfr Propositio 40
18 Cfr Benedetto XVI, Discorso nella Visita di cortesia ai due Gran Rabbini di Gerusalemme nel Centro Heichal Shlomo ( Gerusalemme, 12 maggio 2009 ): AAS 101 (2009), 522-523;
Propositio 41
19 Cfr Propositio 5
20 Cfr Propositio 42
21 Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Dichiarazione Dignitatis humanae, 2-8;
Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2011;
Discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede ( 10 gennaio 2011 ): AAS 103 (2011), 100-107
22 Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Dichiarazione Nostra aetate, 2
23 Benedetto XVI, Discorso all'incontro con i Membri del Governo, i Rappresentanti delle Istituzioni della Repubblica, il Corpo Diplomatico e i Rappresentanti delle principali Religioni ( Cotonou, 19 novembre 2011 ): AAS 103 (2011), 820
24 Cfr Id., Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2006;
Id., Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2008;
Id., Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2012
25 Cfr Propositio 11
26 Cfr Propositiones 6; 10
27 Cfr Propositio 12
28 Cfr Propositio 15
29 Cfr Propositio 14
30 Benedetto XVI, Omelia della Messa di conclusione dell'Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi ( 24 ottobre 2010 ): AAS 102 (2010), 815