Decet quam maxime

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10 Abbiamo ritenuto di comunicarvi tutto ciò, Venerabili Fratelli, perché comprendiate quanto siano lontane dalla disciplina ecclesiastica le abitudini nel conferimento dei benefici che qua e là hanno preso piede nelle vostre diocesi, e con quanto impegno dobbiate sforzarvi affinché siano radicalmente rimosse.

Sarà dunque vostro compito di ribadire per primi questa regola e di rispettarla santissimamente, affinché nei benefici ecclesiastici - di cura d'anime o residenziali, semplici o manuali, o di cappellania - che conferirete con procedura ordinaria non richiediate od accettiate alcun compenso, a qualunque titolo o forma, nemmeno di dono augurale, beneficenza o contribuzione volontaria, in particolare per l'approvazione, la preselezione del più degno nel concorso per le chiese parrocchiali ed il possesso dei benefici.

Saranno vincolati alla stessa sanzione canonica anche tutti gli altri conferitori, vicari generali, cancellieri, vostri consanguinei, parenti e servi, ai quali vietiamo comunque di percepire alcunché.

11 A questa regola generale fanno eccezione soltanto i cancellieri o i notai per i quali - come altrove abbiamo accennato - non è fissato alcuno stipendio a fronte del loro lavoro.

In questo caso il cancelliere, se l'atto sia per benefici con cura d'anime, per un editto o per la lettera con cui viene indetto un concorso pubblico potrà esigere dieci oboli, e cinque per ciascuna copia ed altri cinque per le affissioni di rito.

Se la lettera dovrà essere affissa fuori città, le spese di viaggio e le altre derivanti saranno ripagate sulla base dei rimborsi giornalieri vigenti nelle rispettive diocesi.

Per la spedizione della lettera di conferimento, sia dei predetti benefici con cura d'anime, sia di quelli semplici, il cancelliere riceverà per il suo lavoro una remunerazione adeguata, fissata a giudizio del vescovo: remunerazione che comunque, tenuto conto della scrittura, del sigillo e di tutto il resto, non potrà superare un aureo, ovvero dieci giulii di moneta romana, come più volte è stato fissato dalla sacra congregazione del Concilio, ed in particolare il 15 gennaio 159413 e a Vicenza l'8 marzo 160214 e dalla sacra congregazione dei Vescovi il 25 ottobre 1588.15

Infine per quanto si riferisce agli atti di possesso degli stessi benefici, riceverà tre giulii per la sottoscrizione del documento, se i benefici saranno dentro la città, quattro se nel suburbio; se più lontani ancora, saranno osservati i tariffari vigenti nelle rispettive diocesi per le diarie, come abbiamo spiegato sopra.

Ma se nel luogo in cui è situato il beneficio risulterà operante un cancelliere del vicario foraneo, o un suo notaio, colui che sta per entrare in possesso del beneficio può avvalersi liberamente degli uffici di questi e per rogare l'atto di possesso non potrà in alcun modo essere obbligato a rivolgersi al cancelliere della curia vescovile.

Per una lettera che testimoni l'esito favorevole in un concorso, secondo la relazione degli esaminatori, e della quale sono soliti valersi coloro che l'hanno richiesta per dimostrare la propria idoneità, permettiamo che il notaio riceva come compenso massimo due giulii.

12 Non ci sfugge certo che al cancelliere, o notaio, tocca una fatica tutt'altro che lieve nello svolgimento dei concorsi per le chiese parrocchiali, sia quando comincia l'esame dei testimoni che i concorrenti presentano per dimostrare le loro qualità, i meriti e le lodevoli azioni compiute al servizio della chiesa; sia quando inserisce negli atti del concorso i cosiddetti requisiti presentati dai concorrenti, e poi li riassume per iscritto e li trascrive in più copie per il vescovo, o per il vicario generale che interviene in sua vece, e per ciascuno degli esaminatori esterni del concorso, affinché possano formulare un giudizio sulla cultura, le abitudini, i comportamenti e le altre doti necessarie a reggere la Chiesa; quando risponde inoltre ai quesiti morali posti dagli stessi esaminatori, riporta il giudizio degli esaminatori stessi; stende l'atto di preselezione; rimane a custodia dei concorrenti per due e talora tre giorni ed in qualche caso presenzia anche allo scrutinio delle predette questioni morali.

Abbiamo considerazione di quale possa essere la mole di tale impegno, affidando al giudizio ed alla coscienza del vescovo la determinazione della remunerazione, purché essa corrisponda soltanto all'entità della fatica.

13 Per quanto poi riguarda i benefici che vengono conferiti dalla Sede apostolica, poiché ad essa riservati: per i benefici "curati" per i quali è consuetudine presentare alla Dataria Apostolica una lettera testimoniale di approvazione e di preselezione nel concorso svolto secondo le norme fissate dal Concilio di Trento, ed ancora per i benefici non "curati", in particolare quelli residenziali, per i quali parimenti è d'uso presentare alla Dataria Apostolica una lettera testimoniale sulla vita, le abitudini e l'idoneità di coloro che richiedono il beneficio, i cancellieri si guardino bene dall'esigere, per queste lettere, alcun emolumento o mercede, nemmeno un donativo spontaneo, eccetto che due giulii per la scrittura, la carta e il sigillo della lettera di idoneità e due giulii per la lettera testimoniale sullo stile di vita e sui costumi.

14 Per l'esecuzione delle lettere apostoliche, quando queste siano spedite in forma - come si dice - graziosa, né il vescovo, né gli altri prelati Ordinarii dei luoghi, né i loro vicari, i cancellieri e gli impiegati ritengano di poter rivendicare a sé l'incarico di esecutori; dipenderà completamente dalla volontà di coloro che saranno stati dotati del beneficio la scelta dell'esecutore o del notaio cui affidare l'atto per l'entrata in possesso del beneficio stesso.

Se il provvisto di un beneficio sceglierà l'Ordinario e il suo cancelliere, ovvero se la lettera apostolica sarà stata mandata nella cosiddetta forma dignum, indirizzata all'Ordinario, o al suo cancelliere o vicario, al quale compete l'obbligo di eseguirla; in entrambi i casi, se mancherà un legittimo contraddittore, in modo che l'esecutore sia uno solo, il cancelliere ( esclusi comunque da qualunque emolumento, dono e volontaria offerta il vescovo o altro prelato, il suo vicario, l'impiegato, i familiari e i servi, come abbiamo disposto sopra a proposito dei benefici di libero conferimento ), per la stesura di questa lettera apostolica e per la sua trascrizione negli atti, così come per tutti gli adempimenti consueti inerenti la pratica, potrà ricevere la remunerazione che il vescovo, a proprio giudizio e secondo coscienza, riterrà congrua: essa non potrà comunque superare la somma di uno scudo d'oro o di sedici giulii e mezzo.

Se invece fosse presente un contraddittore, in modo che si debba istituire un processo giudiziario, parimenti lasciamo all'arbitrio ed alla coscienza del vescovo, che graviamo anche di questo peso, di fissare la mercede che corrisponda all'impegno ed alla fatica del notaio o del cancelliere addetto; purché niente di quanto riscuote il cancelliere o il notaio sia trasferito al vescovo o agli altri, come abbiamo detto prima, direttamente o indirettamente.

Per l'atto di presa di possesso del beneficio, debbono osservarsi le stesse norme che abbiamo indicato sopra.

15 Per i benefici di giuspatronato, se sorge il dubbio - con il promotore fiscale o con colui che avrà richiesto il beneficio - sull'esistenza del predetto giuspatronato e qualcuno si oppone al conferimento gratuito, dovranno essere rispettate tutte le norme che abbiamo fissato in precedenza a proposito dei benefici di libero conferimento con contraddittore favorevole.

Per un editto contro il contraddittore - o i contraddittori - il cancelliere riceverà due giulii; per ogni copia dieci oboli; per la pubblicazione di detto editto si dovrà osservare quanto abbiamo disposto per i benefici con cura d'anime; inoltre, per una lettera d'istituzione, un aureo ovvero sedici giulii e mezzo.

Se invece non vi sia alcun dubbio sull'esistenza del giuspatronato, e tuttavia nasca una lite sulla competenza fra gli avvocati o fra coloro che da questi sono rappresentati, allora s'instaurerà una causa profana e per essa potranno essere pretesi emolumenti che corrispondano alle tariffe vigenti in ciascuna curia.

16 Procedendo analiticamente, del pari vietiamo che i vescovi, o gli altri prelati, o i loro vicari o comunque incaricati possano esigere alcunché sia in quelle che chiamano "cappellanie mobili", sia nelle nuove fondazioni e nelle istituzioni di benefici, cappellanie, confraternite e congregazioni, ovvero nelle fondazioni, benedizioni, consacrazioni, visite ed approvazioni di chiese e di oratori derivanti da autorità apostolica o vescovile.

Il cancelliere potrà ricevere soltanto una paga commisurata all'impegno, fissata dal vescovo a suo giudizio e coscienza, purché non superi i sedici giulii e mezzo.

17 Per quel che riguardai matrimoni o comunque le attività propedeutiche alle nozze, vi suggeriamo di osservare ciò che hanno disposto i sacri canoni,16 San Gregorio Magno nella lettera a Gennaro, vescovo di codesta sede cagliaritana,17 ed altri ancora, come riferisce lo spesso lodato Cristiano Lupo nella citata dissertazione18 e, da ultimo, il Concilio Tridentino.19

I vescovi, naturalmente, i loro vicari, tutti gli incaricati, i loro familiari e gli addetti devono prestare gratuitamente la loro attività in questa materia e non pensare di ricevere alcuna remunerazione o premio od offerta volontaria, né per il decreto di dispensa matrimoniale ottenuto dalla Sede Apostolica, né per l'impegno ad esaminare i testi in merito o per il completamento delle certificazioni connesse, sia per la lettera di attestazione di stato libero e di mancanza di qualunque impedimento canonico, sia per la dispensa dalle pubblicazioni previste dal Concilio di Trento ( in chiesa, per tre giorni festivi consecutivi, fra le messe solenni ), da effettuarsi dal parroco dei contraenti, sia per la facoltà di celebrare il matrimonio a casa, o altrove, o in tempo non consueto e vietato, oppure di fronte ad un sacerdote diverso dal parroco, sia infine per qualunque atto che di necessità o d'abitudine si deve compiere, come è stato disposto dalla sacra Congregazione del Concilio, con l'approvazione del sommo Pontefice, nonostante qualunque precedente consuetudine, anche antichissima, come riferiscono Garzonio20 e Fagnani.21

18 Questo atteggiamento va mantenuto soprattutto in relazione alle deroghe che i vescovi sogliono concedere ai parroci, sia in relazione alla pubblica comunicazione, in chiesa, in tre giorni festivi, dei matrimoni imminenti, sia per presenziare alla celebrazione degli stessi matrimoni, quando sappiano che non vi sono impedimenti.

D'ora in avanti sarà necessario non solo che le licenze di questo tipo siano concesse gratuitamente; ma anche che si controlli che, prima della celebrazione dei matrimoni, non venga reso più complicato il contratto nuziale con la richiesta indiscriminata della predetta deroga, sulla base di una presunta necessità; cosa questa che sarebbe fonte di parecchi disagi.

La sacra Congregazione dei Vescovi riunita a Gerona il 25 aprile 158822 ritenne necessario opporsi ad entrambi i mali.

Quando infatti i canonici e il capitolo di Gerona posero la questione in merito all'editto con il quale il vescovo aveva proibito ai parroci di unire gli sposi in matrimonio - pur avendo espletato tutte le norme solenni imposte dal Concilio di Trento - se non avessero la deroga scritta, che veniva concessa solo dopo il pagamento di mezzo giulio, la stessa sacra Congregazione rispose così: "Il vescovo non deve emettere alcun provvedimento scritto, se per qualche ragione proibisce che i parroci possano congiungere le persone in matrimonio secondo gli usi fissati da detto Concilio.

Infatti, rispettata assolutamente la sostanza della norma conciliare, quel che riguarda le cerimonie è affidato soltanto alla coscienza del vescovo ed al suo stile.

Allo stesso modo, infatti, in qualche villaggio o città è opportuno proibire ciò che tuttavia, sulla base di qualche urgente necessità, si dovrebbe fare.

Così il vescovo deve impegnarsi a fondo perché non si celebrino matrimoni senza le predette procedure, ma deve anche stare attento affinché non siano resi più complicati i contratti di matrimonio, con l'aggiunta di nuove esigenze infondate.

Se vi sarà bisogno di qualche licenza, il notaio non sarà pagato per questo.

Ma se, per antica - forse anche scritta - consuetudine, quasi in segno di letizia, ci sia l'abitudine di fare un regalo al vescovo, non ci pare affatto che questo sia da contestare".

19 Soltanto al cancelliere per il quale non sia fissato uno stipendio garantito, sarà lecito ricevere, a titolo di pagamento del suo impegno e per il necessario sostentamento, un emolumento calcolato con questo parametro: per l'esecuzione della lettera apostolica sulla dispensa matrimoniale, se egli compia in prima persona l'escussione dei testi per accertare la veridicità delle affermazioni esposte nel libello di supplica, potrà esser pagato più o meno, in funzione del numero dei testimoni e della gravosità dell'impegno, ma comunque non più di cinque giulii.

Se invece questo esame sarà affidato ad un'altra persona, avrà soltanto due giulii per la lettera di delega e assolutamente null'altro per il decreto, per il sigillo o a qualunque altro titolo.

Per la lettera testimoniale di stato libero, tenuto conto della stesura, della carta, del sigillo e del resto, avrà due giulii.

Per l'esame dei testimoni per l'accertamento dello stesso stato libero e per dimostrare la mancanza di qualunque impedimento canonico, dieci oboli per ogni testimone; per il riconoscimento della lettera testimoniale di stato libero di persone nate altrove, dieci oboli se non ci sia bisogno dell'esame di un secondo testimone per eliminare tutti i dubbi.

Se per caso ciò occorresse, ed infine per la dispensa dalle pubblicazioni, ogni volta che occorra l'escussione di testimoni, dieci oboli soltanto per tale escussione.

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13 Gallemart., loc. cit
14 Fagnani, loc. cit., n. 32
15 Fagnani, ibid., n. 35
16 Cap. Cum in ecclesia 9; cap. Suam nobis 29, De simonia
17 Lib. 4, indict. 12, epist. 27
18 Cap. 7
19 Sess. 22, cap. 5, De reformat. matrimon
20 De benefic. part. 8, cap. primo, n. 102 seg.
21 Cap. Quoniam ne proelati vices suas, n. 30
22 Fagnani, cap. In ordinando de simonia, n. 41