Martedì, 17 giugno 2014
La porta di uscita dalla corruzione è la richiesta di perdono, il pentimento.
Lo ha sottolineato Papa Francesco stamattina, martedì 17 giugno, tornando ad affrontare il tema della corruzione durante la messa celebrata nella cappella di Santa Marta.
« Quando noi leggiamo sui giornali - ha detto in proposito - che questo è corrotto, che quell'altro è un corrotto, che ha fatto reato di corruzione e che la tangente va di qua e di là, e anche tante cose di alcuni prelati », è « nostro dovere di cristiani chiedere perdono per loro », domandare al Signore che « dia loro la grazia di pentirsi, che non muoiano con il cuore corrotto ».
Dunque « condannare i corrotti, sì; chiedere la grazia di non diventare corrotti, sì »; ma « anche pregare per la loro conversione! ».
Il brano biblico proposto dalla liturgia che ha ispirato la riflessione del Pontefice è quello del martirio di Nabot, tratto dal primo libro dei Re ( 1 Re 21,17-29 ).
In esso Francesco ha individuato tre aspetti « che farà bene meditare »: la definizione della corruzione, il destino dei corrotti e la possibilità che questi ultimi hanno di salvarsi.
Riguardo al primo, è lo stesso profeta Elia, protagonista del racconto, a dire « chiaramente cosa fa il corrotto » rivolgendosi al re Acab, responsabile della lapidazione di Nabot che si rifiutava di vendergli una vigna: « Hai assassinato e ora usurpi … Ti sei venduto! ».
Infatti, ha commentato il vescovo di Roma, « il corrotto, quando entra in questa strada della corruzione, oggi fa una cosa, domani un'altra.
Toglie la vita, usurpa e si vende, continuamente ».
In pratica, ha aggiunto ricorrendo a un'immagine evocativa, « è come se lasciasse di essere una persona e diventasse una merce ».
Anzi, il corrotto « è proprio una merce! Compra e vende: "Quest'uomo, sì, costa tanto: tu puoi comprarlo e puoi venderlo!".
Questa è la definizione: è una merce! ».
Quanto al secondo aspetto - cosa farà il Signore con i corrotti - il Papa ha anzitutto ricordato le tre categorie indicate nell'omelia del giorno precedente: « il corrotto politico, il corrotto affarista e il corrotto ecclesiastico », spiegando che « tutti e tre facevano del male agli innocenti, ai poveri, perché sono i poveri che pagano la festa dei corrotti!
Il conto va a loro ».
Quindi, tornando alla questione del destino dei corrotti, ha evidenziato che è il Signore stesso a dire nella lettura odierna « chiaramente cosa farà: "Io farò venire su di te una sciagura e ti spazzerò via.
Sterminerò ad Acab ogni maschio, schiavo o libero in Israele …
Perché tu mi ha irritato e hai fatto peccare Israele! ».
Infatti « il corrotto irrita Dio e fa peccare il popolo ».
Per questo il Signore ricorre a espressioni forti nei confronti di Acab, archetipo di tutti i corrotti, quando Elia gli profetizza che « nel luogo ove lambirono il sangue di Nabot, i cani lambiranno anche il tuo sangue! ».
Non a caso, ha proseguito il Papa, « Maria, quando legge nel suo canto di lode la storia di salvezza, dice che il Signore disperde i potenti e rovescia i superbi ».
E il motivo lo ha spiegato Gesù stesso: « Ognuno di voi o qualcuno di voi che dà scandalo, sarebbe stato meglio per lui che lo buttassero in mare ».
Proprio così: « il corrotto scandalizza, scandalizza la società, scandalizza il popolo di Dio ».
E allora « il Signore è un po' arrabbiato con i corrotti, perché scandalizzano, perché sfruttano quelli che non possono difendersi, schiavizzano ».
Come Acab, dunque, « il corrotto si vende per fare il male, ma lui non sa: lui crede che si vende per avere più soldi, più potere.
Ma si vende per fare il male, per uccidere ».
Certo, ha precisato Papa Francesco, « quando noi diciamo: "Quest'uomo è un corrotto; questa donna è una corrotta …" », dovremmo fermarci un po' a riflettere, chiedendoci se abbiamo le prove di quanto affermiamo.
Perché, ha spiegato, « dire a una persona che è un corrotto o una corrotta, è dire questo; è dire che è condannata; è dire che il Signore l'ha cacciata via ».
Ed essendo traditori, gente che ruba e che uccide, essi rischiano di incorrere nella « maledizione di Dio, perché hanno sfruttato gli innocenti, coloro che non possono difendersi; e lo hanno fatto con i guanti bianchi, da lontano, senza sporcarsi le mani ».
In ogni caso, esiste « una porta d'uscita per i corrotti ».
È la stessa lettura a proporla: « Quando sentì tali parole, Acab si stracciò le vesti, indossò un sacco sul suo corpo e digiunò.
Si coricava con il sacco e camminava a testa bassa.
Cominciò a fare penitenza ».
Il Pontefice ha paragonato l'esperienza di Acab a quella di « quell'uomo tanto buono, ma che era caduto in corruzione: il santo Davide.
"Ho peccato!".
E piangeva e faceva penitenza; si pentiva ».
Dunque « chiedere perdono » è « la porta di uscita per i corrotti, per i corrotti politici, per i corrotti affaristi e per i corrotti ecclesiastici ».
Infatti « al Signore piace questo »: perdona, ma lo fa « quando i corrotti fanno quello che ha fatto Zaccheo: "Ho rubato, Signore.
Darò quattro volte quello che ho rubato!" ».
Da qui l'invito conclusivo a pregare per tutti i corrotti, chiedendo perdono per loro affinché ottengano « la grazia di pentirsi ».