Venerdì, 17 ottobre 2014
Il cristiano non può permettersi di « essere tiepido »: ha un'identità precisa che è data dal sigillo dello Spirito Santo.
Torna la riflessione sull'inizio della lettera agli Efesini e sui cristiani « scelti dal Signore prima della creazione del mondo » durante la messa celebrata da Papa Francesco questa mattina, venerdì 17 ottobre, nella cappella di Santa Marta.
Tra i presenti anche Enzo Camerino, sopravvissuto alla Shoah, che già aveva incontrato il Pontefice il 16 ottobre 2013, nel settantesimo anniversario del rastrellamento del ghetto di Roma.
« Il Signore - ha detto il Pontefice all'omelia richiamando le parole di san Paolo - non solo ci ha scelti », ma anche « ci ha dato un'identità ».
E, ha spiegato, non abbiamo ricevuto in eredità semplicemente un nome, « ma un'identità, un modo di vivere, che non è soltanto un elenco di abitudini, è di più: è proprio un'identità ».
E come siamo stati "segnati" così profondamente?
Lo scrive l'apostolo: « Avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo ».
La nostra identità, ha detto il vescovo di Roma, « è proprio questo sigillo, questa forza dello Spirito Santo, che tutti noi abbiamo ricevuto nel battesimo ».
E giacché lo Spirito Santo che ci era stato promesso da Gesù, « ha sigillato il nostro cuore » e, di più, « cammina con noi » non solo ci dà l'identità, ma, anche, « è caparra della nostra eredità.
Con lui il cielo incomincia ».
Ecco allora che il cristiano agisce nella vita terrena ma vive già nella prospettiva della « eternità ».
Ha ribadito Papa Francesco: « Noi abbiamo il cielo in mano con questo sigillo ».
Ma la vita quotidiana è costellata di tentazioni, prima di tutto quella di « non rendersi conto di questa bellezza, che noi abbiamo ricevuto ».
Quando questo accade, lo Spirito, per usare un'espressione paolina, « si rattrista »: succede, ha sottolineato, « quando noi vogliamo, non dico cancellare l'identità, ma renderla opaca ».
È il caso del « cristiano tiepido », quello che « va a messa la domenica, sì, ma nella sua vita l'identità non si vede », quello che pur essendo un cristiano, sostanzialmente « vive come un pagano ».
C'è poi un altro rischio, l'altro peccato « di cui Gesù parlava ai discepoli » quando li avvisava: « Guardatevi bene dal lievito dei farisei, che è l'ipocrisia ».
Succede, ha ricordato il Papa, che si « faccia finta di essere cristiani », che manchi la "trasparenza" dell'agire, che a parole si professi una cosa ma nei fatti si agisca diversamente.
« E questo - ha aggiunto - è quello che facevano i dottori della legge », è il lievito dell'« ipocrisia » che rischia di crescere dentro di noi.
Rendere opaca la nostra identità e tradirla nei fatti sono « due peccati contro questo sigillo » che « è un bel dono di Dio, lo Spirito » ed è « caparra di quello che ci aspetta, che ci è stato promesso ».
Per questo possiamo dire che « abbiamo il cielo in mano ».
Qual è, allora, si è chiesto il Pontefice « l'atteggiamento vero di un cristiano? ».
Lo impariamo dallo stesso Paolo: « Il frutto dello Spirito, quello che viene dalla nostra identità, è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé ».
È questa, ha concluso Papa Francesco, « la nostra strada verso il cielo ».