Rapporti tra i Vescovi e i Religiosi

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Capitolo II

Il ministero dei Vescovi nell'organica comunione ecclesiale

La comunione propria del popolo di Dio e la sua eccellenza

5. La comunione organica tra i membri della chiesa è in tal modo frutto dello stesso Spirito Santo, che necessariamente presuppone l'iniziativa storica di Gesù Cristo e il suo esodo pasquale.

Lo Spirito Santo, infatti, è lo Spirito del Signore: Gesù Cristo, "innalzato alla destra di Dio" ( At 2,33 ), "ha effuso sui suoi discepoli lo Spirito promesso dal Padre" ( LG 5 ).

Ora se lo Spirito è come l'anima del corpo ( cf. LG 7 ), Cristo ne è senza alcun dubbio il capo ( cf. LG 7 ); da entrambi dunque procede la coesione organica dei membri ( cf. 1 Cor 12-13; Col 2,19 ).

In questi pertanto non può sussistere una vera docilità verso lo Spirito senza fedeltà verso il Signore, che lo invia; da Cristo infatti "tutto il corpo, rifornito e compaginato mediante le articolazioni e i legamenti, cresce secondo quello sviluppo che è da Dio" ( Col 2,19 ).

Perciò la comunione organica della chiesa non è esclusivamente spirituale, cioè nata, comunque sia, dallo Spirito Santo e di per sè anteriore alle funzioni ecclesiali e creatrice di esse, ma è simultaneamente gerarchica, in quanto derivata, per impulso vitale, da Cristo-capo.

Gli stessi doni, immessi dallo Spirito, sono precisamente voluti da Cristo e per loro natura diretti alla compagine del corpo, per vivificarne le funzioni e le attività.

Cristo "è il capo del corpo, il principio, il primogenito dai morti, affinché in tutto abbia lui il primato" ( cf. LG 7; Col 1,15-18 ).

Così la comunione organica della chiesa, sia quanto all'aspetto spirituale sia quanto alla sua natura gerarchica, trae origine e vigore simultaneamente da Cristo e dal suo Spirito.

Giustamente dunque e a proposito l'apostolo Paolo ha più volte enunziato in intima e vitale convergenza le formule "in Cristo e nello Spirito" ( cf. Ef 2,21-22; e passim nelle epistole ).

Cristo-capo è presente nel ministero episcopale

6. Il Signore stesso "ha istituto nella sua chiesa vari ministeri, che tendono al bene di tutto il corpo" ( LG 18 ).

Tra questi ministeri quello episcopale è fondamento di tutti gli altri.

I vescovi, poi, in comunione gerarchica con il romano pontefice, costituiscono il collegio episcopale, così che esprimono nel loro insieme ed effettuano, nella chiesa-sacramento, la funzione di Cristo-capo: "nella persona dei vescovi", infatti, "con i sacerdoti accanto a loro, è presente in mezzo ai credenti il signore Gesù Cristo, pontefice sommo …

( I vescovi ) sostengono le parti dello stesso Cristo, maestro, pastore e pontefice, e nella persona di lui agiscono" ( LG 21; cf LG 27; LG 28; PO 1; CD 2; PO 2 ).

Nessun altro, all'infuori del vescovo, svolge nella chiesa una funzione organica di fecondità ( cf. LG 18; Lg 19 ), di unità ( cf. LG 23 ) e di spirituale potestà ( cf. LG 22 ) così fondamentale, che influisca su tutta l'attività ecclesiale.

Sebbene infatti nel popolo di Dio venga variamente ripartita la esplicazione di molteplici altri compiti e iniziative, tuttavia al romano pontefice e ai vescovi compete il ministero di discernere e di armonizzare ( cf. LG 21 ), che comporta l'abbondanza di speciali doni dello Spirito e il peculiare carisma dell'ordinamento dei vari ruoli in intima docilità d'animo verso l'unico Spirito vivificante ( cf. LG 12; LG 24, ecc.).

Indivisibilità del ministero dei vescovi

7. Il vescovo, con la collaborazione dei presbiteri, svolge un triplice servizio verso la comunità dei fedeli, quello cioè di insegnare, di santificare, di governare ( cf. LG 25-27; CD 12-20; PO 4-6 ).

Non si tratta, per altro, di tre ministeri; ma, poiché Cristo nella nuova legge ha fuso in radice tra di loro le tre funzioni di maestro, di liturgo e di pastore, si tratta di un ministero unico nella sua origine.

Pertanto il ministero episcopale va esercitato in forma indivisibile nelle diverse sue funzioni.

Se poi le circostanze a volte richiedono che si ponga maggiormente in luce uno di questi tre aspetti, non si dovranno, tuttavia, mai separare nè trascurare gli altri due, affinché non ne venga in alcun modo infirmata l'intima integrità di tutto il ministero.

Il vescovo, dunque, non solo governa, nè solo santifica, nè solo insegna, ma, con l'assistenza dei presbiteri, pasce il suo gregge insegnando, santificando, governando con azione unica e indivisibile.

Il vescovo, quindi, in virtù del suo stesso ministero, è responsabile in modo particolare dell'accrescimento nella santità di tutti i suoi fedeli, in quanto egli è "principale dispensatore dei misteri di Dio e perfezionatore del suo gregge" secondo la vocazione propria di ciascuno ( cf. CD 15 ); dunque anche, e soprattutto, secondo la vocazione dei religiosi.

Il compito della sacra gerarchia circa la vita religiosa

8. Un'attenta riflessione sulle funzioni e sui doveri del romano pontefice e dei vescovi circa la vita pratica dei religiosi conduce a scoprire con particolare concretezza e chiarezza la sua dimensione ecclesiale, cioè l'indubbio legame della vita religiosa con la vita e la santità della chiesa ( cf. LG 44 ).

Dio, infatti, attraverso l'azione della sacra gerarchia, consacra i religiosi ad un suo più alto servizio nel popolo di Dio ( cf. LG 44 ); parimenti la chiesa, attraverso il ministero dei suoi pastori, "non solo erige con la sua sanzione la professione religiosa alla dignità dello stato canonico, ma con la sua azione liturgica la presenta pure come stato consacrato a Dio" ( LG 45; cf. SC 80; SC 2 ).

Inoltre i vescovi, come membri del collegio episcopale, in armonia con la volontà del sommo pontefice sono solidali in questo: cioè

nel regolare sapientemente la pratica dei consigli evangelici ( cf. LG 45 );

nell'approvare autenticamente le regole proposte ( cf. LG 45 ), in modo che sia riconosciuta e conferita agli istituti una missione tipicamente propria, venga in loro promosso l'impegno per la fondazione di nuove chiese ( AG 18; AG 27 ) e siano loro affidati, secondo le circostanze, compiti e mandati specifici;

nel garantire con la loro sollecitudine che gl'istituti "abbiano a crescere e fiorire secondo lo spirito dei fondatori, sostenuti dalla loro autorità vigile e protettrice" ( LG 45 );

nel determinare l'esenzione di non pochi istituti "dalla giurisdizione degli ordinari del luogo, in vista della comune utilità" ( LG 45 ) della chiesa universale "e per meglio provvedere all'incremento e al perfezionamento della vita religiosa" ( CD 35; CD 3 ).

Alcune conseguenze

9. Le brevi considerazioni fin qui condotte circa la comunione gerarchica nella chiesa non poca luce recano sui rapporti da coltivare tra i vescovi e i religiosi:

a) Capo del corpo ecclesiale è Cristo, pastore eterno, che ha proposto Pietro e gli apostoli e i loro successori, cioè il romano pontefice e i vescovi, costituendoli sacramentalmente come suoi vicari( cf. LG 18; LG 22; LG 27 ) e colmandoli di appropriati carismi; e nessun altro ha il potere di esercitare alcuna funzione sia di magistero sia di santificazione sia di governo, se non in partecipazione e in comunione con essi.

b) Anima del corpo ecclesiale è detto lo Spirito Santo: nessun membro del popolo di Dio, qualunque sia il ministero a cui dedica l'opera sua, riassume personalmente in sè, nella loro totalità, doni, uffici e compiti, ma deve entrare in comunione con gli altri.

Le differenze nel popolo di Dio, sia di doni che di funzioni, convergono insieme tra loro e si completano a vicenda per l'unica comunione e missione.

c) I vescovi, in unione col romano pontefice, ricevono da Cristo-capo il compito ( cf. LG 21 ) di discernere i doni e le competenze, di coordinare le molteplici energie e di guidare tutto il popolo a vivere nel mondo come segno e strumento di salvezza.

Ad essi quindi è pure affidato l'ufficio di prendersi cura dei carismi religiosi, tanto più perché la stessa indivisibilità del ministero pastorale li fa perfezionatori di tutto il gregge.

In tal modo, promuovendo la vita religiosa e proteggendola in conformità delle sue proprie definite caratteristiche, i vescovi adempiono un genuino dovere pastorale.

d) I pastori tutti, non dimentichi del monito apostolico di non essere "come padroni tra i fedeli loro affidati, ma come divenuti sincero modello del gregge" ( 1 Pt 5,3 ), saranno giustamente consapevoli del primato della vita nello Spirito, che esige che siano insieme guide e membri; veramente padri, ma anche fratelli; maestri della fede, ma principalmente condiscepoli davanti al Cristo; perfezionatori, sì, dei fratelli, ma anche veri testimoni della loro personale santificazione.

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