Temi scelti d'Ecclesiologia

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4. Popolo di Dio e incolturazione

4.1. Necessità dell'inculturazione

Il popolo di Dio come « mistero » e insieme come « soggetto storico » « è composto di uomini, i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il Regno del Padre e hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti.

Perciò [ la comunità dei cristiani ] si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia » ( Gaudium et Spes, n. 1 ).

Essendo la missione della Chiesa tra gli uomini « di costituire il regno di Dio », il nuovo popolo di Dio « nulla sottrae al bene temporale di qualsiasi popolo, ma al contrario favorisce e accoglie tutte le risorse, le ricchezze, le consuetudini dei popoli, nella misura in cui sono buone, e accogliendole le purifica, le consolida e le eleva » ( Lumen Gentium, n. 13 ).

Il termine generico di « cultura » sembra poter riassumere, come propone la Costituzione pastorale Gaudium et Spes, quest'insieme di dati personali e sociali che contraddistinguono l'uomo permettendogli di assumere e di dominare la sua condizione e il suo destino ( Gaudium et Spes, nn. 53-62 ).

Si tratta quindi per la Chiesa, nella sua missione evangelizzatrice, di « portare la forza del Vangelo nel cuore della cultura e delle culture » ( Giovanni Paolo II, Catechesi Tradendae, n. 53 ).

Senza di che, l'uomo non verrebbe realmente raggiunto dal messaggio di salvezza che la Chiesa gli comunica.

La riflessione sull'evangelizzazione di fatto prende sempre più viva coscienza di sé man mano che l'umanità progredisce nella conoscenza di se stessa.

L'evangelizzazione raggiunge il proprio scopo soltanto quando l'uomo, tanto come persona singola quanto come membro d'una comunità che lo segna in profondità, accetta di ricevere la Parola di Dio e di farla fruttificare nella sua vita.

Al punto che Paolo VI ha potuto scrivere nella Evangelii Nuntiandi: « Strati dell'umanità che si trasformano: per la Chiesa non si tratta soltanto di predicare il Vangelo in fasce geografiche sempre più vaste o a popolazioni sempre più estese, ma anche di raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza del Vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell'umanità, che sono in contrasto con la Parola di Dio e col disegno della salvezza ».

Infatti, come rileva il Papa nello stesso documento: « La rottura tra Vangelo e cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca » ( Evangelii Nuntiandi, n. 19 e n. 20 ).

Per indicare questa prospettiva e quest'azione con le quali il Vangelo può raggiungere il cuore delle culture, si ricorre oggi al termine di « inculturazione ».

« Benché sia un neologismo - scrive Giovanni Paolo II -, esso esprime molto bene una delle componenti del grande mistero dell'incarnazione » (
Catechesi Tradendae, n. 53
;
Discorso alla Pontificia Commissione Biblica, 26 aprile 1979;
cf. Discorso ai vescovi dello Zaire, 3 maggio 1980;
Allocuzione agli intellettuali e artisti coreani, 5 maggio 1984 ).

Giovanni Paolo II sottolinea in Corea la dinamica dell'inculturazione: « Bisogna che la Chiesa assuma tutto nei popoli.

Abbiamo di fronte a noi un lungo e importante processo d'inculturazione affinché il Vangelo possa penetrare in profondità l'anima delle culture viventi.

Incoraggiare tale processo significa rispondere alle profonde aspirazioni dei popoli e aiutarli a entrare nella sfera della stessa fede ».

Senza pretendere di offrire qui una dottrina completa dell'inculturazione, vorremmo semplicemente ricordarne il fondamento nel mistero di Dio e di Cristo, allo scopo di ricercarne il significato per la missione odierna della Chiesa.

L'esigenza d'inculturazione s'impone senza dubbio a tutte le comunità cristiane, ma dobbiamo prestare particolare attenzione alle situazioni vissute dalle Chiese dell'Asia, dell'Africa, dell'Oceania, del Nord e Sud America, che si tratti sia di nuove Chiese sia di cristianità già antiche ( cf. Ad Gentes, n. 22 ).

4.2. Il fondamento dell'inculturazione

Il fondamento dottrinale dell'inculturazione si trova innanzitutto nella diversità e moltitudine degli esseri creati, che proviene dalla volontà di Dio Creatore, desideroso che tale moltitudine diversificata illustri anche di più gli innumerevoli aspetti della sua bontà ( cf. San Tommaso, Summa Theol. Ia q. 47, a. 1 ).

Esso si trova ancora di più nel mistero di Cristo stesso: la sua incarnazione, la sua vita, la sua morte e la sua risurrezione.

Infatti, come il Verbo di Dio ha assunto nella propria persona un'umanità concreta e ha vissuto tutte le particolari circostanze della condizione umana in un luogo, in un tempo e in seno a un popolo, così la Chiesa, sull'esempio di Cristo e mediante il dono del suo Spirito, deve incarnarsi in ogni luogo, in ogni tempo e in ogni popolo ( cf. At 2,5-11 ).

Come Gesù ha annunciato il Vangelo servendosi di tutte le realtà familiari che costituivano la cultura del suo popolo, così la Chiesa non può esimersi dall'assumere per la costruzione del Regno elementi provenienti dalle culture umane.

Gesù diceva: « Convertitevi e credete al Vangelo » ( Mc 1,15 ); e ha affrontato il mondo peccatore sino alla morte in croce, per rendere gli uomini capaci di questa conversione e di questa fede.

Ora, avviene lo stesso sia per le culture sia per le persone: non si ha cioè inculturazione riuscita se non se ne denunciano i limiti, gli errori e il peccato che essa racchiude.

Ogni cultura deve accettare il giudizio della croce sulla sua vita e sul suo linguaggio.

Cristo è risuscitato, rivelando pienamente l'uomo a se stesso e comunicandogli i frutti d'una redenzione perfetta.

Così, una cultura che si converte al Vangelo trova in esso la sua liberazione e scopre ricchezze nuove che sono insieme doni e promesse di risurrezione.

Nell'evangelizzazione delle culture e nell'inculturazione del Vangelo si produce uno scambio misterioso: da un lato, il Vangelo rivela a ogni cultura e libera in essa la verità suprema dei valori che racchiude; dall'altro, ogni cultura esprime il Vangelo in maniera originale e ne manifesta aspetti nuovi.

L'inculturazione è, così, un elemento della ricapitolazione di tutte le cose in Cristo ( Ef 1,10 ) e della cattolicità della Chiesa ( Lumen Gentium, n. 16 e n. 17 ).

4.3. Differenti aspetti dell'inculturazione

L'inculturazione si riverbera fortemente su tutti gli aspetti dell'esistenza di una Chiesa, specialmente sulla sua vita e sul suo linguaggio, come ora evidenzieremo.

- A livello di vita, l'inculturazione consiste nel fatto che le forme e le figure concrete di espressione e di organizzazione dell'istituzione ecclesiale corrispondano meglio possibile ai valori positivi che costituiscono l'identità di una cultura.

Consiste pure in una presenza positiva e in un impegno attivo nei confronti dei problemi umani più fondamentali in essa presenti.

L'inculturazione non è solo la conservazione delle tradizioni culturali,

ma è anche un operare al servizio di tutto l'uomo e di tutti gli uomini;

compenetra e trasforma tutte le relazioni;

attenta ai valori del passato, guarda anche all'avvenire.

- A livello di linguaggio ( inteso in senso antropologico e culturale ), l'inculturazione consiste in primo luogo nell'atto di appropriazione del contenuto della fede nelle parole e nelle categorie di pensiero, nei simboli e nei riti d'una determinata cultura.

Richiede poi l'elaborazione d'una risposta dottrinale fedele e insieme nuova, costruttiva ma che invita alla conversione, ai nuovi problemi dottrinali ed etici connessi con le aspirazioni e con le negazioni, con i valori e con le devianze di quella cultura.

Anche se le culture sono diverse, la condizione umana è una; perciò la comunicazione tra le culture è non solo possibile ma necessaria.

Così, il Vangelo rivolgendosi all'intimo dell'uomo, riveste un valore transculturale e la sua identità deve poter essere riconosciuta da cultura a cultura.

Ciò richiede che ogni cultura sia aperta alle altre culture.

Va ricordato che « il Vangelo si trasmette da sempre attraverso un dialogo apostolico che è inevitabilmente inserito in un certo dialogo tra culture » ( Catechesi Tradendae, n. 53 ).

Con la sua presenza e il suo impegno nella storia degli uomini, il nuovo popolo di Dio è sempre guidato verso situazioni nuove; deve quindi di continuo impegnarsi ad annunciare il Vangelo nel cuore della cultura e delle culture.

Sorgono talora situazioni ed epoche che richiedono un impegno particolare, come è oggi il caso specialmente per l'evangelizzazione dei popoli dell'Asia, dell'Oceania, del Nord e Sud America.

Siano esse nuove o antiche, queste Chiese, che possiamo chiamare « non europee », si trovano in una situazione particolare rispetto all'inculturazione.

I missionari che hanno portato loro il Vangelo lo hanno trasmesso inevitabilmente con elementi della propria cultura.

Non potevano, per definizione, compiere ciò che spettava propriamente ai cristiani che vivevano nelle culture di recente evangelizzate.

Come notava Giovanni Paolo II ai vescovi dello Zaire, « l'evangelizzazione comporta tappe e approfondimenti ».

Perciò, sembra giunto il tempo in cui molte Chiese non europee, prendendo per la prima volta coscienza della loro peculiare originalità e dei compiti che loro incombono, hanno il dovere di creare a livello della vita e del linguaggio nuove forme di espressione dell'unico Vangelo.

Nonostante le difficoltà che incontrano e il tempo che una tale impresa richiede, lo sforzo, che queste comunità compiono in comunione con la Santa Sede e con l'aiuto di tutta la Chiesa, si rivela decisivo per l'avvenire dell'evangelizzazione.

In quest'impegno globale, la promozione della giustizia è indubbiamente solo un elemento, ma un elemento importante e urgente.

L'annuncio del Vangelo deve accettare la sfida sia delle ingiustizie locali, sia dell'ingiustizia planetaria.

È vero che in questo campo si sono manifestate alcune deviazioni di natura politico-religiosa; ma esse non dovrebbero condurre a sospettare o a dimenticare la necessaria missione di promuovere la giustizia; anzi, mostrano piuttosto quanto sia urgente un discernimento teologico fondato su strumenti d'analisi della massima scientificità possibile, sempre però guidato dalla luce della fede ( cf. Gesù Cristo, forza di liberazione. Istruzione su alcuni aspetti della Teologia della liberazione, Congregazione per la Dottrina della Fede, 1984 ).

D'altra parte, siccome le ingiustizie sono troppo spesso connesse con l'ingiustizia planetaria sulla quale Paolo VI aveva con forza richiamato l'attenzione mondiale nella Populorum Progressio, la promozione della giustizia riguarda la Chiesa cattolica diffusa in tutto il mondo, richiede cioè l'aiuto vicendevole di tutte le Chiese particolari e l'aiuto della Sede Apostolica Romana.

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