Aspetti della meditazione cristiana

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VI - Metodi psicofisici-corporei

26. L'esperienza umana dimostra che la posizione e l'atteggiamento del corpo non sono privi d'influenza sul raccoglimento e la disposizione dello spirito.

È un dato al quale alcuni scrittori spirituali dell'Oriente e dell'Occidente cristiano hanno prestato attenzione.

Le loro riflessioni, pur presentando punti in comune con i metodi orientali non cristiani di meditazione, evitano quelle esagerazioni o unilateralità che, invece, spesso vengono oggi proposte a persone non sufficientemente preparate.

Questi autori spirituali hanno adottato quegli elementi che facilitano il raccoglimento nella preghiera, riconoscendone al contempo anche il valore relativo: essi sono utili se riformulati in vista del fine della preghiera cristiana.30

Ad esempio, il digiuno nel cristianesimo possiede anzitutto il significato di un esercizio di penitenza e di sacrificio, ma già presso i Padri, era anche finalizzato a rendere l'uomo più disponibile all'incontro con Dio ed il cristiano più capace di dominio di sé e allo stesso tempo più attento ai fratelli bisognosi.

Nella preghiera è tutto l'uomo che deve entrare in relazione con Dio, e dunque anche il suo corpo deve assumere la posizione più adatta per il raccoglimento.31

Tale posizione può esprimere in modo simbolico la preghiera stessa, variando a seconda delle culture e della sensibilità personale.

In alcune aree, i cristiani, oggi, stanno acquisendo maggior consapevolezza di quanto l'atteggiamento del corpo possa favorire la preghiera.

27. La meditazione cristiana dell'Oriente32 ha valorizzato il simbolismo psicofisico, spesso carente nella preghiera dell'Occidente.

Esso può partire da un determinato atteggiamento corporeo, fino a coinvolgere anche le funzioni vitali fondamentali, come la respirazione e il battito cardiaco.

L'esercizio della "preghiera di Gesù", ad esempio, che si adatta al ritmo respiratorio naturale, può – almeno per un certo tempo – essere di reale aiuto per molti.33

D'altra parte gli stessi maestri orientali hanno anche costatato che non tutti sono ugualmente idonei a far uso di questo simbolismo, perché non tutti sono in grado di passare dal segno materiale alla realtà spirituale ricercata.

Compreso in modo inadeguato e non corretto, il simbolismo può diventare addirittura un idolo e di conseguenza un impedimento all'elevazione dello spirito a Dio.

Vivere nell'ambito della preghiera tutta la realtà del proprio corpo come simbolo è ancora più difficile: ciò può degenerare in un culto del corpo e può portare ad identificare surrettiziamente tutte le sue sensazioni con esperienze spirituali.

28. Alcuni esercizi fisici producono automaticamente sensazioni di quiete e di distensione, sentimenti gratificanti, forse addirittura fenomeni di luce e di calore che assomigliano ad un benessere spirituale.

Scambiarli per autentiche consolazioni dello Spirito Santo sarebbe un modo totalmente erroneo di concepire il cammino spirituale.

Attribuire loro significati simbolici tipici dell'esperienza mistica, quando l'atteggiamento morale dell'interessato non corrisponde ad essa, rappresenterebbe una specie di schizofrenia mentale, che può condurre perfino a disturbi psichici e, talvolta, ad aberrazioni morali.

Ciò non toglie che autentiche pratiche di meditazione provenienti dall'Oriente cristiano e dalle grandi religioni non cristiane, che esercitano un'attrattiva sull'uomo di oggi diviso e disorientato, possano costituire un mezzo adatto per aiutare l'orante a stare davanti a Dio interiormente disteso, anche in mezzo alle sollecitazioni esterne.

Occorre tuttavia ricordare che l'unione abituale con Dio, o quell'atteggiamento di vigilanza interiore e di invocazione dell'aiuto divino che nel Nuovo Testamento viene chiamato la "preghiera continua",34 non si interrompe necessariamente quando ci si dedica anche, secondo la volontà di Dio, al lavoro e alla cura del prossimo.

"Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio", ci dice l'Apostolo ( 1 Cor 10,31 ).

La preghiera autentica infatti, come sostengono i grandi maestri spirituali, desta negli oranti un'ardente carità che li spinge a collaborare alla missione della Chiesa e al servizio dei fratelli per la maggior gloria di Dio.35

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30 Si vedano, ad esempio, gli scrittori antichi, che parlano dell'atteggiamento dell'orante assunto dai cristiani in preghiera:
Tertulliano, De oratione XIV: PL 1, 1170; XVII: PL 1, 1174-1176;
Origene, De oratione XXXI, 2: PG 11, 550-553,
nonché del significato di tal gesto:
Barnaba, Epistula XII, 24: PG 2, 760-761;
S. GiustinoO, Dialogus 90, 45: PG 6, 689-692;
S. Ippolito Romano, Commentarium in Dan. III, 24: GCS I, 168, 817;
Origene, Homiliae in Ex. XI, 4: PG 12, 377-378.
Sulla posizione del corpo si veda anche
Origene, De oratione XXXI, 3: PG 11, 553-555.
31 Cfr. S. Ignazio di Loyola, Ejercicios espirituales, n. 76.
32 Come ad esempio quella degli anacoreti esicasti.
L'hesychia o quiete, esterna ed interna, viene considerata dagli anacoreti una condizione della preghiera;
nella sua forma orientale è caratterizzata da solitudine e da tecniche di raccoglimento.
33 L'esercizio della "preghiera di Gesù", che consiste nel ripetere una formula densa di riferimenti biblici di invocazione e supplica ( ad es. "Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me" ), si adatta al ritmo respiratorio naturale.
A questo proposito si veda S. Inazio di Loyola, Ejercicios espirituales, n. 258.
34 Cfr. 1 Ts 5,17.
Si veda d'altra parte 2 Ts 3,8-12.
Da questi ed altri testi sorge la problematica: Come conciliare l'obbligo della preghiera continua con quello del lavoro?
Si vedano, tra altri, S. Agostino, Epistula 130, 20,
e S. Giovanni Cassiano, De institutis coenobiorum III, 13: SC 109, 92-93.
Si legga anche la "Dimostrazione sulla preghiera" di Afraate, il primo padre della Chiesa siriaca, e in particolare i numeri 14-15 dedicati alle cosiddette "opere della preghiera" ( cfr. J. Parisot, Afraatis Sapientis Persae Demonstrationes IV: PS 1, 170-174).
35 Cfr. S. Teresa di Gesù, Castillo Interior VII, 4, 6.