Diario dei colloqui con Fra Leopoldo

Torino, 10 Gennaio 1919

Questa sera alle 18,15 sono ritornato da Fra Leopoldo.

Saluto un momento Padre Norberto ma poi rimango solo con il francescano.

Sarebbe inspiegabile il suo affetto e la sua carità verso di me se non sapessi che è un Santo.

La sua semplicità, umiltà, tranquillità d'animo, il suo spirito d'ubbidienza, la sua completa sicurezza di essere niente perché tutto è opera di Dio lo rendono addirittura un uomo non comune.

Stasera mi ha detto qualche cosa che non avevo sentito ancora, ma che egli desidera che io le legga per capirle meglio nei suoi quaderni che il Signore permettendolo, li vedrò lunedì 12 corr.

Mi accenna ad una visione avuta in sogno di Maria Addolorata, tutta vestita in nero, la quale gli aveva detto semplicemente: "Ricordati quanto ha sofferto mio figlio".

Poi dell'altra del Paradiso fatto tutto di nuvole candidissime che ai raggi del sole diventavano d'oro.

Mi racconta molti episodi della sua vita, impossibili da trascrivere perché appena accennati e dice li leggerò.

Uno fra i quali trovandosi a servizio in qualità di cuoco presso dei nobili in via Bogino 12, trovandosi egli in cucina ed essendo la famiglia religiosissima, si mise a recitare il Santo Rosario dinanzi ad una statuetta di Maria Ausiliatrice e poco dopo sentì una gioia straordinaria, si sentì gradatamente diventare leggero, leggero, alzarsi e provò un gaudio tale da mettersi a piangere di contentezza.

Fra Leopoldo mi dice questo in confidenza, perché come egli sottolinea, a nessuno ha mai detto certe cose.

Ma si intuisce che spesso il Signore lo deve privilegiare di questi doni, perché lo si intuisce nel suo dire.

Difatti spessissimo egli mi dice che il Signore Gesù Crocifisso lo tiene legato a sé, ma dandogli delle estasi, delle gioie celestiali, tanto da dimenticarsi di essere nel mondo.

Mi spiace che mi sfuggano tante cose importantissime che mi ha accennato stasera e che forse dimentico per stanchezza di mente.

Egli mi parla dell'amore di Dio con una tale profondità, con un tale trasporto che non ha enfasi, no, ma è fatto di purezza, di continuità, di sicurezza e sembra abbia in tutti i colloqui e sempre nelle sue azioni Iddio che lo guidi e lo illumini.

Difatti me lo confessò all'ultimo.

Parlandomi della SS. Eucarestia Fra Leopoldo, pur conservandosi nella sua naturale calma, diventa eloquentissimo.

Mi dice che le gioie che egli prova nel ricevere Gesù è impossibile esprimere.

"E poi ( e si sofferma un istante, alza gli occhi al cielo, si raccoglie, come nei momenti di maggior confidenza, abbassa la voce ) è una vera confidenza, soggiunge, la stessa voce che sento del Santo Crocifisso, la odo pure ai piedi del Santo Tabernacolo.

Anzi Le dirò di più, che diverse volte ho sentito dentro degli ........... Io non comprendo la parola, chiedo spiegazioni ed egli ( che per scusarsi mi dice più di una volta di scusarlo perché non sa parlare italiano ) si spiega meglio con la parola movimenti, come cose che si muovono.

Fra Leopoldo espone con ingenuità semplice queste meraviglie ma si vede che è conscio della importanza della cosa.

Egli mi dice che ciò che il Signore gli va ripetendo in quei momenti è la parola di Paradiso perché lì manifesta tutto il suo amore infinito.

Alla mia domanda come gli riusciva possibile segnare tutto ritornato in camera, egli mi risponde che scriveva tutto ciò che ricordava e generalmente faceva seguire le sue impressioni perché mi dice che: "Occorreva una penna d'angelo che scorresse velocemente".

Fra Leopoldo a intervalli rende grazie sentite a Gesù per queste grazie ricevute e sentendo non per fine superbia ma per Santa umiltà la sua indegnità, egli riesce con sincerità così simpatica a dimostrare che egli è un povero strumento della bontà di Dio, che aumenta l'ammirazione della sua virtù.

Anzi stasera, mi ripeteva che tante meraviglie deve tacerle perché riflettono troppo la sua persona alla quale si potrebbe dare troppa importanza, invece di dar gloria a Dio.

Questo pensiero non lo turba e mi dice che non ne parla francamente perché sa che tutto rivolgiamo a manifestare la gloria di Gesù.

E davvero in queste occasioni ho dovuto constatare una virtù eroica di annientamento di lui, un rimpiccolirsi non perché gli altri lo esaltassero, ma spesso anzi sempre, quando il mio labbro pronuncia la parola Santo, sul suo viso passa un senso di disgusto, una convinzione non ostentata, ma profonda di essere nulla.

E difatti tutto egli ripete è opera del Signore.

Mi dice che molte persone gli ripetono che vanno via da lui contente, soddisfatte.

Sorride e soggiunge con bonarietà angelica: non sono mica io sa, che so parlare perché sono ignorante, ma è il Signore che parla, che illumina, che mi aiuta.

Difatti, dice, che il Signore glielo aveva detto questo e questa è la convinzione della sua nullità.

Fra Leopoldo ogni tanto mi lascia un momento per accudire alla sua cucina.

Quando ritorna mi dice che ha una novità: è l'ultima confidenza.

E mi dice, con una santa gioia, una tranquillità mai vista in altri, così assoluta, che egli sia che lavori, che preghi, che vada o venga, che passeggi, sempre insomma, è come una catena con il Signore, cioè è sempre alla santa presenza di Dio e dappertutto vede il Signore, in qualunque azione compia o discorso faccia.

Mi dimenticavo che parlandomi di detti del Signore, un giorno pregando con amore intenso aveva fatto dei confronti e Gesù con bontà lo aveva ripreso: "Il Signore non si paragona".

Mi dice che tutti i detti del Santo Crocifisso sono così laconici, ma chiari, divini.

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