Diario dei colloqui con Fra Leopoldo

Torino, 20 Marzo 1919

Uscendo dal Duomo la signora Natta mi invita a fare una visita alla signora Conti di Meana, donna virtuosa, inferma da 6 anni, ammalata da molti.

Accettiamo volentieri e saliamo volentieri al 4° piano.

È una signora sulla sessantina ed entrando nella camera, dove sono quadri, reliquie, si respira un'aria di vera pace.

Io non voglio dire quanto asseriscono queste signore, che è una Santa, dico soltanto che fa impressione vedere un'anima da tanti anni a letto, gonfia, e vedere tanta rassegnazione, dirò meglio tanta gioia nella sofferenza.

Ella scrive, legge, prega e parla con calore, avendo una buona istruzione, specie in materia religiosa, e ride come fosse in un salotto e non nel letto.

A tratti ferma il suo dire, chiude gli occhi, perché si vede torturata da qualche sofferenza atroce, ma appena cessa continua il discorso, sorride e dà gloria al Signore.

Racconta aneddoti graziosi su grazie ottenute, specie quella per avere nella camera il Santissimo Sacramento.

Ricorda grazie speciali avute da Don Rua.

Parla poi con venerazione grande del Pontefice Pio X.

Racconta una visita fattagli a Roma quando già era inferma, e che Sua Santità, sapendola da un Monsignore in un albergo, disse di presentarsi pure.

Quello che stupì la signora fu che Sua Santità dimostrò di conoscerla non solo, ma entrò subito nell'argomento per il quale era venuta a Roma.

La rassicurò e la benedisse.

Essa disse a Sua Santità: "Santità sono verso il tramonto, i miei occhi stanno per chiudersi e ho bisogno di luce" ( scopo ottenere di avere il Santissimo ).

Racconta l'opera diabolica che si intromise in curia per la concessione, e poi, dopo un periodo di tempo, viene espressamente da Roma inviato un Sacerdote per certe cose.

Partito, il diavolo fece dubitare di tutto, e turbata, dopo venti giorni, ritorna ancora a celebrare il Sacerdote, e senza che essa parlasse.

Sua Santità mandava una risposta che la tranquillizzava.

Ciò che maggiormente mi stupì fu che l'inferma, con molta gentilezza, ma con ferma volontà, ripeté diverse volte parole che rispondevano direi ad un'incertezza della mia mente.

Nel mattino non avevo fatto per istigazione diabolica la S. Comunione, per togliermi una soddisfazione un po' mondana, rimettendo al domani un tanto bene.

E quando l'inferma ripeté, guardandomi negli occhi: "Il Signore non vuole si aspetti domani, ma vuole oggi, subito, con uno sforzo di volontà, perché domani non sappiamo come possiamo trovarci".

Fu caso? Io non discuto, trascrivo il fatto.

Mi ripeté a tal uopo dei versetti latini, e mi sentii sgomento di questa intuizione.

L'inferma disse che già ci conosceva, perché siamo anime del Signore, e nell'esortarci alla preghiera ci disse di fare il nostro cuore Pisside del Corpo del Signore.

All'uscire mormorò che ci faremo Santi.

La visita durò quasi due ore.

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