Sermoni sul Cantico dei Cantici

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Sermone XIII

I. Come i fiumi dal mare, così le virtù provengono da Cristo

1. In Cristo Signore c’è la sorgente di tutte le virtù e di tutte le scienze, come dal mare hanno origine tutte le fonti e i fiumi.

E chi è il Signore delle virtù se non lo stesso Re della gloria?

Ma secondo il cantico di Anna, lo stesso Dio è il Signore delle scienze ( 1 Sam 2,3 ).

La continenza della carne, la solerzia del cuore, la rettitudine della volontà sgorgano da quella fonte.

Non solo, ma anche se uno è di perspicace ingegno, di forbita eloquenza, di piacevole carattere, tutto ciò deriva di là.

Di là la scienza, di là la sapienza.

Infatti, i tesori della sapienza e della scienza sono tutti là nascosti.

I casti consigli ( propositi ), i giusti giudizi, i santi desideri non sono forse rigagnoli di quella fonte?

Che se abbondanti acque, attraverso canali segreti e sotterranei scorrono incessantemente verso i mari, e di là tornano allo scoperto per i nostri usi con perenne e instancabile flusso, perché non anche i ruscelli spirituali, onde non cessare di irrigare i campi delle menti, faranno ritorno senza inganno e senza interruzione alla propria fonte?

Al luogo donde escono ritornino i fiumi delle grazie, per scorrere nuovamente.

Ritorni al suo principio la pioggia celeste, per ridiscendere con più frutto sulla terra.

« In che modo? », domandi.

Come dice l’Apostolo: In tutte le cose rendete grazie a Dio ( 1 Ts 5,18 ).

Tutto quel poco di sapienza e di virtù che credi di avere, attribuiscilo a Cristo, virtù e sapienza di Dio.

II. L’azione di grazie del Fariseo o di altri che di solito rendono grazie soltanto

2. « E chi è talmente sciocco » dici, « da presumere di avere queste cose da altri?

Nessuno, certamente tanto che lo stesso fariseo ringrazia ( Dio ), sebbene la sua giustizia non venga lodata da Dio.

Non è infatti quel ringraziamento, se ben ricordi il Vangelo, che lo rende più grato.

Perché? Perché tutto quello che nella bocca suona devozione, non è sufficiente a scusare il marcio del cuore agli occhi di colui che conosce da lontano i superbi ».

« Dio, o Fariseo, non si lascia canzonare. Credi tu di avere qualche cosa che non abbia ricevuto?

– « Nulla », risponde, « e perciò rendo grazie al donatore ».

– « Se davvero nulla, dunque neanche è preceduto in te alcun merito per ricevere quelle cose di cui ti glori.

Se lo ammetti, prima di tutto a torto ti gonfi contro il Pubblicano, il quale non ha quello che hai tu, perché non lo ha ricevuto come lo hai ricevuto tu.

E poi vedi se per caso non attribuisca a Dio integralmente i suoi doni, e, riservando per te alcunché della gloria e dell’onore di lui, giustamente meriti la taccia di frode, e di frode ai danni di Dio.

Se infatti ti arrogassi come cosa tua qualcuna delle cose di cui ti vanti, potrei credere che tu sia in errore, più che voler frodare, e cercherei di correggere il tuo sbaglio.

Ma per il fatto che tu ringrazi, dai prova di non attribuire nulla a te, e di conoscere prudentemente che i tuoi meriti sono doni di Dio; ora, disprezzando gli altri, tu ti tradisci, facendo vedere che hai parlato con cuore doppio, prestando da una parte la lingua alla menzogna, e dall’altra usurpando la gloria della verità.

Non giudicheresti, infatti, il Pubblicano come spregevole di fronte a te, se non pensassi che tu, a differenza di lui, sei degno di onore.

Ma che cosa rispondi all’Apostolo che prescrive dicendo: A Dio solo onore e gloria? ( 1 Tm 1,17 ).

Che dirai all’Angelo che distingue e insegna quello che Dio vuole ritenere per sé e quello che si degna partecipare agli uomini?

Poiché dice: Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace agli uomini di buona volontà ( Lc 2,14 ).

Vedete che il Fariseo, ringraziando con le labbra onora Dio, ma con il sentimento del cuore onora se stesso?

Così si può notare come molti sono soliti ringraziare più per abitudine e con la sola bocca più che con sentimento e affetto, fino al punto che anche uomini scelleratissimi sono soliti ringraziare Dio per la buona riuscita delle loro infamie e dei loro misfatti, in quanto pensano che Dio sia venuto loro incontro nell’esecuzione delle loro perverse volontà.

Capita, per esempio, quando un ladro vede riuscire il suo piano e tiene finalmente il malloppo desiderato nelle mani, di sentirlo dire: « Deo gratias! Non ho vegliato invano, non ho sprecato il mio lavoro di notte ».

Similmente chi ha ucciso un uomo, anch’egli se ne gloria e rende grazie per aver trionfato contro un emulo o essersi vendicato di un nemico.

Allo stesso modo un adultero esulta e loda Dio, perché alla fine ha ottenuto la soddisfazione a lungo desiderata.

III. Il rendimento di grazie deve essere pudico e puro

3. Non è dunque accetto a Dio ogni ringraziamento, ma solo quello che procede da pudica e pura semplicità di cuore.

Pudica, direi, in riferimento a coloro che, gloriandosi delle loro cattive azioni, sono soliti ringraziare Dio, quasi che Dio, come essi, si rallegri quando operano il male, ed esulti per le loro pessime azioni.

Chi la pensa così senta la parola della Scrittura: Forse credevi che io fossi come te!

Ti rimprovero, ti pongo innanzi i tuoi peccati ( Sal 50,21 ).

Ho aggiunto: ( semplicità ) pura in riferimento agli ipocriti, i quali glorificando sì Iddio per i suoi beni lo fanno solo a parole, ritengono con il cuore ciò che avevano dato con la bocca, e, operando con inganno al suo cospetto, la loro iniquità risulta degna di odio.

I primi attribuiscono empiamente il loro male a Dio, questi ultimi invece frodano Dio, attribuendo a se stessi i suoi beni.

Il primo modo di agire, poi, è così stolto, mondano e in qualche maniera bestiale, che non ho bisogno di mettervi in guardia a questo proposito.

L’altro difetto, invece, costituisce un’insidia per i religiosi specialmente e gli uomini spirituali.

È davvero grande e rara virtù quando tu, anche se compi grandi cose, non ti reputi grande, e quando la tua santità, nota a tutti, a te solo è nascosta.

Apparire mirabile e ritenersi spregevole, questo giudico più mirabile delle stesse virtù.

Sei davvero un servo fedele, se, della molta gloria del tuo Signore che, anche se non proviene da te, passa tuttavia per te, nulla resterà attaccato alle tue mani.

Allora, secondo il Profeta, rigetti un guadagno ingiusto, e scuoti le mani per non accettare regali.

Allora, secondo il precetto del Signore, la tua luce brillerà davanti agli uomini, non per dare gloria a te, ma al Padre che è nei cieli.

E anche tu, a imitazione di san Paolo e dei fedeli predicatori che non predicano se stessi, non cercherai i tuoi interessi, ma quelli di Gesù Cristo.

Per questo sentirai anche tu l’elogio del Signore: Bravo, servo buono e fedele, perché fosti fedele nel poco, ti farò padrone del molto ( Mt 25,21 ).

4. Giuseppe, pur sapendo che il suo padrone egiziano gli aveva affidato tutti i suoi beni, non ignorava che da questi era esclusa la padrona, e per questo non acconsentì a toccarla.

Tutti i beni del mio Signore, disse, sono in mio potere, tutto egli mi ha affidato, eccetto te che sei sua moglie ( Gen 39,9 ).

Sapeva che la donna è gloria dell’uomo, e giudicò cosa iniqua rispondere al bene con il male, e disonorare il padrone che aveva onorato lui.

Riconobbe il prudente uomo di Dio con la sua sapienza che l’uomo è fortemente geloso della propria moglie come della sua gloria, e che la riteneva per sé, non affidandola ad altri, e non ebbe la presunzione di stendere la mano a ciò che non gli era concesso.

IV. Che cosa piace a Dio trattenere, a noi dare

Che dunque? L’uomo è geloso della sua gloria, e oserà poi rubare quella di Dio, quasi egli non fosse geloso della sua?

Ma senti che cosa dice: « Non darò ad altri la mia gloria » ( Is 48,11 ).

« Che cosa dunque ci darai, Signore, che cosa darai a noi? ».

La pace, risponde, io vi do, vi lascio la pace ( Gv 14,27 ).

« Mi basta, accetto con gratitudine ciò che mi lasci, e lascio quello che ritieni.

Così piace a te, così, non ne dubito, conviene a me.

Rinunzio del tutto alla gloria, perché non mi accada che, usurpando ciò che non mi è concesso, giustamente perda quello che mi è offerto.

La pace io voglio, desidero la pace e niente più.

A chi non basta la pace, non basti tu.

Tu sei infatti la nostra pace, che facesti dei due una cosa sola.

Questo mi è necessario, questo mi basta, che io sia riconciliato con te, che tu sia riconciliato con me.

Poiché, da quando mi hai considerato come tuo avversario, sono diventato insopportabile a me stesso.

Sto attento per non diventare ingrato per il beneficio della pace concessa, né ladro sacrilego della tua gloria.

A te, o Signore, per te resti intatta la tua gloria; per me sta bene se avrò la pace ».

5. Abbattuto Golia, il popolo si rallegrò per la pace ottenuta, ma a Davide personalmente ne venne gloria.

Giosuè, Jefte, Gedeone, Sansone, Giuditta, sebbene donna, trionfarono gloriosamente ai loro giorni dei nemici, ma mentre gli altri fruivano con gioia della pace, nessuno fu partecipe con essi della loro gloria.

Anche Giuda Maccabeo, avendo procurato al popolo esultante la pace combattendo da forte e distinguendosi per le vittorie, ha forse mai condiviso con alcuno la sua gloria?

Così la Scrittura: E si fece, dice, non la gloria, ma grande letizia tra il popolo ( 1 Mac 4,58 ).

Ora, il Creatore di tutte le cose ha forse fatto cose meno grandi di tutti costoro perché non debba anch’egli singolarmente gloriarsi?

Solo ha creato tutte le cose, solo ha liberato i prigionieri, trionfando da solo sul nemico, e avrà uno che condivida la sua gloria?

E il mio braccio mi prestò soccorso; e ancora: Nel tino ho pigiato da solo, e del mio popolo con me non vi era nessuno ( Is 63,3 ).

Che parte ho dunque io nella vittoria, se non ero presente nella battaglia?

È somma impudenza il volersi arrogare, o la gloria senza vittoria, o la vittoria senza la battaglia.

Ma ricevete, o monti, la pace per il popolo, ricevete la pace per noi, non la gloria, riservando questa a lui che solo ha combattuto e vinto.

Così prego, così sia: Gloria a Dio nell’alto dei cieli, e in terra pace agli uomini di buona volontà ( Lc 2,14 ).

Ma non è di buona, bensì di malvagia volontà chi, non contento della pace, con superbo occhio e cuore insaziabile, aspira inquieto alla gloria di Dio, perdendo perciò la pace, né raggiungendo la gloria.

V. Ciò che da Dio viene operato per mezzo dei santi, ma proviene da lui

Chi crederebbe alla parete che asserisse di generare essa stessa il raggio che si posa su di lei entrando per la finestra?

O le nubi, se si gloriassero per la pioggia che lasciano cadere, non farebbero ridere?

Per me è chiaro che, dai canali nascono i ruscelli delle acque, né dalle labbra o dai denti le parole prudenti, anche se il senso corporeo non arriva oltre.

6. Se nei santi scorgo delle cose degne di lode o di ammirazione, esaminandole alla chiara luce della divinità; vedo che uno appare, e un altro è veramente lodevole e mirabile, e lodo Dio nei suoi santi.

Che sia Eliseo o il grande Elia, risuscitatori di morti, essi non agiscono per loro iniziativa o comando, ma per il loro ministero ci fanno vedere all’esterno cose nuove e insolite; ma Dio che è in loro, è Lui che compie l’opera.

Invisibile e inaccessibile in sé, appare mirabile nei suoi ( servi ), Lui solo ammirabile, che solo compie cose mirabili.

Non è lodevole la penna per la pittura o la scrittura, né meritano gloria le labbra o la lingua per un buon sermone.

È anche tempo che parli il Profeta: Forse che la scure si glorierà contro colui che taglia, o la sega contro colui che la adopera?

Come se la verga si insuperbisse contro colui che l’alza, o si insuperbisse il bastone, che poi è un pezzo di legno ( Is 10,15 ), così agisce contro il Signore chiunque si gloria, se non si gloria nel Signore.

Se c’è da gloriarsi, Paolo mi insegna per qual motivo e in che cosa: La nostra gloria, dice, è questa, la testimonianza della nostra coscienza ( 2 Cor 1,12 ).

VI. In che cosa gloriarsi, in che cosa no

Mi glorio sicuro se, mi dice la coscienza, non mi usurpo nulla della gloria del Creatore: davvero sicuro, perché non contro il Signore, ma nel Signore.

Gloriarsi così, non ci è proibito, ma consigliato, dove si dice: Cercate la gloria gli uni dagli altri, e non volete quella che è dal solo Dio ( Gv 5,44 ).

In realtà, gloriarci in Dio solo ci viene solo da Dio.

E non è mediocre questa gloria, tanto vera in quanto viene dalla verità, e in verità tanto rara che appena pochi perfetti si gloriano in essa.

Vadano dunque i vani figli degli uomini, i bugiardi figli degli uomini, vadano e tutti ugualmente ingannino nella vanità.

Chi sapientemente si gloria proverà l’opera sua e la esaminerà diligentemente al lume della verità; e così avrà gloria in se stesso, non nella bocca altrui.

Sono sciocco se affido la mia gloria alle tue labbra, e quando la vorrò, dovrò venirla a mendicare da te.

Non sei tu sempre libero di lodarmi o biasimarmi a tuo piacimento?

Ma la tengo con me, io stesso me la conservo più fedelmente per me.

Anzi, non l’affido neanche a me stesso; la faccio conservare piuttosto da colui che è potente a conservare il mio deposito fino a quel giorno, cauto nel custodirlo, fedele nel restituirlo.

Allora vi sarà una lode sicura a ciascuno da parte di Dio, solamente a coloro che avranno disprezzato le umane lodi.

Poiché la gloria, a coloro che gustano le cose terrene si muterà in confusione, come dice anche Davide: Quelli che cercano di piacere agli uomini sono confusi, perché Dio li ha respinti ( Sal 53,6 ).

VII. In che senso ciò si riferisce alle conseguenze della lettera

7. Fratelli, sapendo queste cose, nessuno di voi cerchi di essere lodato in questa vita, perché qualsiasi favore tu ricevi quaggiù e non lo riferisci a Dio, tu rubi a lui.

Di che cosa ti puoi gloriare tu, polvere puzzolente, di che? Della santità della vita?

Ma è lo Spirito che santifica: lo Spirito, dico, non tuo, ma di Dio.

Anche se fai miracoli e prodigi, si compiono per le tue mani, ma per virtù di Dio.

O ti accarezza l’aura popolare per i tuoi buoni e bei discorsi.

Ma è Cristo che ti ha donato la bocca e la sapienza.

Poiché la tua lingua che altro è se non la penna di uno scriba?

E anche questa l’hai avuta in prestito.

Ti è stato affidato un talento, lo dovrai restituire con l’interesse.

Se sarai trovato solerte al lavoro, fedele nel riportare il frutto, riceverai la ricompensa per il tuo lavoro.

Altrimenti verrà tolto da te il tuo talento; e si esigerà da te il tuo guadagno, e sarai chiamato servo cattivo e pigro …

Sia resa pertanto ogni lode a Dio, per, i beni della multiforme grazia che si manifesta in voi, perché egli è l’autore e il largitore di tutte le cose degne di lode, e questo si faccia non per finta, come da ipocriti, non per sola consuetudine, come si fa dai secolari, non per una certa necessità, come giumenti sui quali si caricano fardelli da portare, ma come conviene ai santi, con fida sincerità, sollecita devozione, grata ilarità, non sregolata però …

Immolando dunque ostie di lode e offrendo i nostri voti di giorno in giorno, sforziamoci con ogni attenzione di unire all’usanza il sentimento, al sentimento l’affetto, all’affetto l’esultanza, la gravità all’esultazione, l’umiltà alla gravità, la libertà all’umiltà, onde poter procedere ogni tanto con mente purificata e libera dalle passioni, a certe e più elevate affezioni e spirituali letizie in soavi giubilei, nella luce di Dio, nella dolcezza, nello Spirito Santo, dimostrando di essere anche noi compresi tra quelli che il Profeta indicava dicendo: Signore, cammineranno alla luce del tuo volto, e nel tuo nome esulteranno tutto il giorno, e nella tua giustizia saranno esaltati ( Sal 89,16-17 ).

Ma forse qualcuno mi dirà:

8. « Tu parli bene, ma se dicessi che convengono al tuo argomento ».

Aspettate un poco; non mi sono dimenticato.

Non siamo arrivati a spiegare le parole: Olio sparso è il tuo nome? ( Ct 1,2 ).

Questa è l’impresa, qui c’è da lavorare0

E se quanto abbiamo premesso sia stato necessario lo vedrete voi; ora, per quanto riguarda me, sentite brevemente come non mi sembri estraneo.

Non vi ricordate come, parlando delle mammelle della sposa, ultima a essere lodata è stata la fragranza degli unguenti?

Che c’è ora di più logico che la stessa sposa, per non attribuire a sé tale profumo, lo riconosca come un beneficio dello Sposo?

Vedete ora che quanto abbiamo prima spiegato corrisponde a questo senso.

« Che le mie mammelle, dice, siano così olezzanti e piacevoli, non lo attribuisco alla mia diligenza, né ai miei meriti, ma alla tua generosità, o Sposo, per l’olio appunto sparso in nome tuo ».

Questo per rimetterci al testo.

9. Del resto la spiegazione di questo stesso capitolo ( sermone ), in occasione del quale abbiamo parlato così a lungo sul pessimo vizio dell’ingratitudine, richiede altro tempo e occuperà l’inizio di un altro sermone.

Questa sola ammonizione vi basti per ora: se la sposa non osa minimamente attribuirsi nulla di tutta la sua virtù e grazia, quanto meno le giovinette, che siamo noi?

Diciamo pertanto anche noi, seguendo le vestigia della sposa, diciamo: Non a noi, Signore, non a noi, ma al tuo nome dà gloria ( Sal 115,1 ).

Diciamolo non solo a parole, ma in opere e verità, onde non si dica di noi, cosa che temo grandemente: Lo hanno amato con la bocca, e con la lingua gli hanno mentito; il loro cuore non era sincero con lui, e non erano fedeli alla sua alleanza ( Sal 78,36-37 ).

Diciamo dunque, diciamo, gridando più con l’intimo dei cuori che con le labbra della bocca: Salvaci, o Signore nostro Dio, e raccoglici di mezzo ai popoli, perché proclamiamo il tuo santo nome ( Sal 106,47 ), non il nostro, e ci gloriamo, non della nostra, ma della tua lode, nei secoli dei secoli.

Amen.

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