Dialogo della Divina Provvidenza

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Capitolo LV

Repetizione in somma d'alcune cose giá decte.

- Ora t'ho mostrato che modo ha a tenere generalmente ogni creatura che ha in sé ragione, per potere escire del pelago del mondo e per non annegare e giognere a l'etterna dannazione.

Anco t'ho mostrato e' tre scaloni generali, ciò sonno le tre potenzie de l'anima, e che neuno ne può salire uno che non li salga tucti.

E hotti decto sopra quella parola che disse la mia Veritá: « Quando saranno due o tre o piú congregati nel nome mio », come questa è la congregazione di questi tre scaloni, cioè delle tre potenzie de l'anima.

Le quali tre potenzie acordate hanno seco e' due principali comandamenti della Legge: cioè la caritá mia e del proximo tuo, cioè d'amare me sopra ogni cosa, e 'l proximo come te medesima.

Alora, salita la scala, cioè congregate nel nome mio, come decto t'ho, subito ha sete de l'acqua viva.

E allora si muove e passa su per lo ponte, seguitando la doctrina della mia Veritá, che è esso ponte.

Alora voi corrite doppo la voce sua che vi chiama, sí come di sopra ti dixi; che, gridando, nel tempio v'invitava, dicendo: « Chi ha sete venga a me e beia, che so' fonte d'acqua viva ».

Hotti spianato quel che egli voleva dire e come si debba intendere, acciò che tu meglio abbi cognosciuta l'abondanzia della mia caritá, e la confusione di coloro che a dilecto pare che corrano per la via del dimonio che gl'invita a l'acqua morta.

Ora hai veduto e udito di quello che mi dimandavi, cioè del modo che si debba tenere per non annegare.

E hotti decto che 'l modo è questo: cioè di salire per lo ponte.

Nel quale salire sonno congregati e uniti insieme, stando nella dileczione del proximo, portando el cuore e l'affecto suo come vasello a me, che do bere a chi me l'adimanda, e tenendo per la via di Cristo crocifixo con perseveranzia infino a la morte.

Questo è quel modo che tucti dovete tenere in qualunque stato l'uomo si sia, però che neuno stato lo scusa che egli nol possa fare e che non il debba fare; anco el può fare e debbalo fare, ed ènne obligata ogni creatura che ha in sé ragione.

E neuno si può ritrare, dicendo:

- Io ho lo stato, ho' figliuoli, ho altri impacci del mondo; e per questo mi ritrago ch'io non séguito questa via.

- O per malagevolezza che vi truovino, non il possono dire; però che giá ti dixi che ogni stato era piacevole e accepto a me, purché fusse tenuto con buona e sancta volontá.

Perché ogni cosa è buona e perfecta e facta da me, che so' somma bontá: non sonno create né date da me perché con esse pigliate la morte, ma perché n'abbiate vita.

Agevole cosa è, però che neuna cosa è di tanta agevolezza e di tanto dilecto quanto è l'amore.

E quello che Io vi richiego non è altro che amore e dileczione di me e del proximo.

Questo si può fare in ogni tempo, in ogni luogo e in ogni stato che l'uomo è, amando e tenendo ogni cosa ad laude e gloria del nome mio.

Sai che Io ti dixi che per lo inganno loro, non andando eglino col lume ma vestendosi de l'amore proprio di loro, amando e possedendo le creature e le cose create fuore di me, passano costoro questa vita crociati, essendo facti incomportabili a loro medesimi.

E se essi non si levano per lo modo che decto è, giongono a l'ecterna dannazione.

Ora t'ho decto che modo debba tenere ogni uomo generalmente.

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