Dialogo della Divina Provvidenza

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Capitolo LXVII

De lo inganno che ricevono gli uomini mondani, e' quali amano e servono Dio per propria consolazione e dilecto.

- Del quale amore imperfecto ti voglio dire.

E non ti voglio tacere uno inganno che in esso amore possono ricevere, nella parte d'amare me per propria consolazione.

Unde voglio che tu sappi che il servo mio, che imperfectamente m'ama, cerca piú la consolazione, per la quale egli m'ama, che me.

E a questo se ne può avedere: che, mancandoli la consolazione o spirituale, cioè di mente, o consolazione temporale, si turba.

Nelle temporali tocca agli uomini del mondo, che vivono con alcuno acto di virtú, mentre che hanno la prosperitá; e sopravenendo la tribulazione, la quale Io do per loro bene, si conturbano in quel poco del bene che adoperavano.

E chi gli dimandasse: - Perché ti conturbi? - rispondarebbero:

- Perché aviamo ricevuta tribolazione, e quel poco del bene ch'io facevo mel pare quasi perdere, perché non el fo con quel cuore e con quello animo che io facevo, mi pare a me.

Questo è per la tribolazione che io ho ricevuta, però che mi pareva piú adoperare, e piú pacificamente col cuore riposato, innanzi che ora.

- Costoro sonno ingannati nel proprio dilecto.

E non è la veritá che ne sia cagione la tribolazione: né che essi amino meno né aduoparino meno, cioè che l'operazione, che fanno nel tempo della tribolazione, tanto vale in sé quanto di prima, nel tempo della consolazione; anco lo' potrebbe valere piú, se essi avessero pazienzia.

Ma questo l'adiviene perché essi si dilectavano nella prosperitá: ine con un poco d'acto di virtú amavano me; ine pacificavano la mente loro con quella poca operazione.

Essendo privati di quello dove si posavano, lo' pare che lo' sia tolto el riposo nel loro adoperare: ed egli non è cosí.

Ma a loro adiviene come de l'uomo che è in uno giardino: che in esso giardino, perché v'ha dilecto, si riposa con la sua operazione.

Parli riposare ne l'operazione, ed egli si riposa nel dilecto che egli ha preso nel giardino.

E a questo se n'avede che egli è la veritá che egli si dilecta piú nel giardino che ne l'operazione: però che, toltoli el giardino, si sente privato del dilecto.

Però che, se 'l principale dilecto avesse posto nella sua operazione, non l'avarebbe perduto, anco l'avarebbe seco; perché l'exercizio del bene adoperare non si può perdere ( se egli non vuole ) perché gli sia tolto el dilecto della prosperitá, sí come a colui el giardino.

Adunque s'ingannano nel loro adoperare per la propria passione.

Unde hanno per uso di dire questi cotali:

- Io so che io facevo meglio, e piú consolazione avevo innanzi che io fusse tribulato che ora, e giovavami di fare bene; ma ora non me ne giova né dilecto punto.

- El loro vedere e il loro dire è falso, però che, se essi si fussero dilectati del bene per amore del bene della virtú, non l'avarebbero perduto né mancato in loro, anco cresciuto.

Ma perché el loro bene adoperare era fondato nel proprio loro bene sensitivo, però lo' manca e vien lo' meno.

Questo è lo inganno che riceve la comune gente in alcuno loro bene adoperare.

Questi sonno ingannati da loro medesimi, dal proprio dilecto sensitivo.

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