Dialogo della Divina Provvidenza

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Capitolo LXXVI

Come l'anima, essendo salita el terzo scalone del sancto ponte, cioè pervenuta a la bocca, piglia incontenente l'offizio de la bocca.

E come la propria volontá essendo morta è vero segno che ella v'è gionta.

- Ora ti dico che tucto questo ch'Io t'ho narrato, sai che narroe la mia Veritá.

Hottelo narrato da capo, favellandoti Io in persona sua, acciò che tu cognosca l'excellenzia dove è l'anima ch'è salita questo secondo scalone, dove cognosce e acquista tanto fuoco d'amore.

Dove subbito corrono al terzo, cioè a la bocca, dove manifesta essere venuto ad perfecto stato.

Unde passoe? per lo mezzo del cuore, cioè con la memoria del Sangue dove si ribaptezzò lassando l'amore imperfecto, per lo cognoscimento che trasse del cordiale amore, vedendo, gustando e provando el fuoco della mia caritá.

Gionti sonno costoro a la bocca, e però el dimostrano facendo l'officio della bocca.

La bocca parla con la lingua che è ne la bocca; el gusto gusta.

La bocca ritiene porgendolo a lo stomaco.

I denti schiacciano, però che in altro modo nol potrebbe inghioctire.

Or cosí l'anima: prima parla a me con la lingua che sta nella bocca del sancto desiderio, cioè la lingua della sancta e continua orazione.

Questa lingua parla actuale e mentale: mentale, offerendo a me dolci e amorosi desidèri in salute de l'anime; e parla actuale, anunziando la doctrina della mia Veritá, amonendo, consigliando e confessando senza alcuno timore di propria pena che 'l mondo le volesse dare, ma arditamente confessa innanzi a ogni creatura, in diversi modi, e a ciascuno secondo lo stato suo.

Dico che mangia prendendo el cibo de l'anime, per onore di me, in su la mensa della sanctissima croce, però che in altro modo né in altra mensa nol potrebbe mangiare in veritá perfectamente.

Dico che lo schiaccia co' denti, però che in altro modo nol potrebbe inghioctire: cioè con l'odio e con l'amore, e' quali sonno due filaia di denti nella bocca del sancto desiderio, che riceve il cibo schiacciando con odio di sé e con amore della virtú.

In sé e nel proximo suo schiaccia ogni ingiuria, scherni, villanie, strazi e rimprovèri con le molte persecuzioni; sostenendo fame e sete, freddo e caldo e penosi desidèri, lagrime e sudori per salute de l'anime.

Tucti gli schiaccia per onore di me, portando e sopportando el proximo suo.

E poi che l'ha schiacciato, el gusto el gusta, asaporando el fructo della fadiga e il dilecto del cibo de l'anime, gustandolo nel fuoco della caritá mia e del proximo suo.

E cosí giogne questo cibo nello stomaco, che per lo desiderio e fame de l'anime s'era disposto a volere ricevere ( cioè lo stomaco del cuore ), col cordiale amore, diletto e dileczione di caritá col proximo suo; dilectandosene e rugumando per sí facto modo, che perde la tenarezza della vita corporale, per potere mangiare questo cibo ( preso in su la mensa della croce ) della doctrina di Cristo crocifixo.

Alora ingrassa l'anima nelle vere e reali virtú, e tanto rigonfia per l'abbondanzia del cibo, che 'l vestimento della propria sensualitá ( cioè del corpo, che ricuopre l'anima ), criepa quanto a l'appetito sensitivo.

Colui che criepa, muore.

Cosí la volontá sensitiva rimane morta

Questo è perché la volontá ordinata de l'anima è viva in me, vestita de l'etterna volontá mia, e però è morta la sensitiva.

Or questo fa l'anima che in veritá è gionta al terzo scalone della bocca, e il segno che ella v'è gionta è questo: che ella ha morta la propria volontá quando gustò l'affecto della caritá mia.

E però trovò pace e quiete ne l'anima sua nella bocca.

Sai che nella bocca si dá la pace.

Cosí in questo terzo stato truova la pace per sí facto modo che neuno è che la possa turbare, perché ha perduta e annegata la sua propria volontá, la quale volontá dá pace e quiete quando ella è morta.

Questi parturiscono le virtú senza pena sopra del proximo loro: non che le pene non siano pene in loro, ma non è pena a la volontá morta, però che volontariamente sostiene pena per lo nome mio.

Questi corrono, senza negligenzia, per la doctrina di Cristo crocifixo, e non allentano l'andare per ingiuria che lo' sia facta né per alcuna persecuzione né per dilecto che trovassero; cioè dilecto che il mondo lo' volesse dare.

Ma tucte queste cose trapassano con vera fortezza e perseveranzia, vestito l'affecto loro de l'affecto della caritá, gustando el cibo della salute de l'anime con vera e perfecta pazienzia.

La quale pazienzia è uno segno demostrativo, che mostra che l'anima ami perfectissimamente e senza alcuno rispecto.

Però che, se ella amasse me e il proximo per propria utilitá, sarebbe impaziente e allentarebbe ne l'andare.

Ma perché essi amano me per me, in quanto Io so' somma bontá e degno d'essere amato, e loro amano per me e 'l proximo per me, per rendere loda e gloria al nome mio, però sonno pazienti e forti a sostenere e perseveranti.

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