Dialogo della Divina Provvidenza

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Capitolo CXLV

De la providenzia che Dio usa verso di coloro che sono ne la caritá perfecta.

- Ora ti dico de’ perfecti, che Io gli proveggo per conservarli e provare la loro perfeczione e per farli crescere continuamente.

Però che neuno è in questa vita, sia perfecto quanto vuole, che non possa crescere a magiore perfeczione.

E però tengo questo modo tra gli altri, sí come disse la mia Veritá quando dixe: « Io so’ vite vera, el Padre mio è il lavoratore, e voi sète i tralci ».

Chi sta in Lui, che è vite vera, perché procede da me Padre, seguitando la doctrina sua, fa fructo.

E, acciò che ’l fructo vostro cresca e sia perfecto, Io vi poto con le molte tribulazioni, infamie, ingiurie, scherni e villanie e rimproverio; con fame e sete, in decti e in facti, secondo che piace alla mia bontá di concederle a ogniuno, secondo ch’egli è acto a portare.

Però che la tribulazione è uno segno dimostrativo, che dimostra la perfecta caritá de l’anima e la inperfeczione colá dove ella è.

Nelle ingiurie e fadighe, che Io permecto a’ servi miei, si pruova la pazienzia, e cresce il fuoco della caritá in quella anima per compassione che ha a l’anima di colui che gli fa ingiuria; ché piú si duole de l’offesa che fa a me e dapno suo, che della sua ingiuria.

Questo fanno quelli che sonno nella grande perfeczione; sí che crescono, e però Io lo’ permecto questo e ogni altra cosa.

Io lo’ lasso uno stimolo di fame della salute de l’anime, che dí e nocte bussano alla porta della mia misericordia, intanto che dimenticano loro medesimi, sí come nello stato de’ perfecti Io ti narrai.

E quanto piú abandonano loro, piú truovano me.

E dove mi cercano?

Nella mia Veritá, andando con perfeczione per la dolce doctrina sua.

Hanno lecto in questo dolce e glorioso libro, e, leggendo, hanno trovato che, volendo compire l’obbedienzia mia e mostrare quanto amava il mio onore e l’umana generazione, corse con pena e obrobrio alla mensa della sanctissima croce, dove, con sua pena, mangiò il cibo de l’umana generazione.

Sí che, col sostenere e col mezzo de l’uomo, mostrò a me quanto amasse il mio onore.

Dico che questi dilecti figliuoli, e’ quali sonno gionti a perfectissimo stato con perseveranzia, con vigilie, umili e continue orazioni, mi dimostrano che in veritá amino me e che essi hanno bene studiato, seguitando questa sancta doctrina della mia Veritá, con loro pena e fadiga che portano per la salute del proximo loro, perché altro mezzo non hanno trovato, in cui dimostrare l’amore che hanno a me, che questo.

Anco ogni altro mezzo, che ci fusse a potere dimostrare che amano, si è posto sopra questo principale mezzo della creatura che ha in sé ragione, sí come in un altro luogo io ti dixi che ogni bene si faceva col mezzo del proximo tuo e ogni operazione.

Perché neuno bene può essere facto se non nella caritá mia e del proximo; e, se non è facto in questa caritá, non può essere veruno bene, poniamo che gli acti suoi fussero virtuosi.

E cosí el male anco si fa con questo mezzo per la privazione della caritá.

Sí che vedi che in questo mezzo, che Io v’ho posto, dimostrano la loro perfeczione e l’amore schiecto che hanno a me, procurando sempre la salute de’ proximi col molto sostenere.

Adunque Io gli purgo, perché facciano maggiore e piú soave fructo, con le molte tribulazioni.

Grande odore gicta a me la pazienzia loro.

Quanto è soave e dolce questo fructo e di quanta utilitá a l’anima che sostiene senza colpa!

Ché, se ella el vedesse, non sarebbe veruna che con grande sollicitudine e allegrezza non cercasse di portare.

Io, per dar lo’ questo grande tesoro, gli proveggo di poner lo’ il peso delle molte fadighe, acciò che la virtú della pazienzia non irrugginisca in loro; sí che, venendo poi el tempo che ella bisogna provare, non la trovassero ruginosa, trovandovi, per non averla abituata, la ruggine della inpazienzia, la quale rode l’anima.

Alcuna volta uso uno piacevole inganno con loro per conservarli nella virtú de l’umilitá: ch’io lo’ farò adormentare il sentimento loro, che non parrá che nella volontá né nel sentimento essi sentano veruna cosa adversa, se non come persone adormentate, non dico morte.

Però che ’l sentimento sensitivo dorme ne l’anima perfecta, ma non muore; però che, subbito ch’egli allentasse l’exercizio e il fuoco del sancto desiderio, si destarebbe piú forte che mai.

E però non sia veruno che se ne fidi, sia perfecto quanto si vuole: egli gli bisogna stare nel sancto timore di me; ché molti per lo fidarsi caggiono miserabilemente, ché altrementi non cadrebbero eglino.

Sí che dico che in loro pare che dormano i sentimenti, e, sostenendo e portando i grandi pesi, non pare che sentano.

A mano a mano, in una picciola cosellina che sará non cavelle, che essi medesimi se ne faranno beffe poi, si sentiranno per sí facto modo in loro medesimi, che vi diventaranno stupefacti.

Questo fa la providenzia mia perché l’anima cresca e vada nella valle de l’umilitá: però che ella allora, come prudente, si leva sé sopra di sé, non perdonandosi; ma coll’odio e rimproverio gastiga il sentimento; el quale gastigare è uno farlo adormentare piú fortemente.

Alcuna volta proveggo ne’ grandi servi miei di dar lo’ uno stimolo, sí com’Io feci al dolce appostolo Pavolo, vasello d’eleczione.

Avendo ricevuta la doctrina della mia Veritá ne l’abisso di me, Padre etterno; e nondimeno gli lassai lo stimolo e inpugnazione della carne sua.

E non potevo Io fare, e posso, a Pavolo e agli altri in cui Io lasso lo stimolo in diversi modi, che essi non l’avessero? Sí.

Perché il fa la mia providenzia? Per farli meritare, per conservarli nel cognoscimento di loro, unde traggono la vera umilitá, e per farli pietosi e non crudeli verso de’ proximi loro, che siano conpassionevoli a le loro fadighe.

Però che molta piú conpassione hanno a’ tribolati e passionati, sentendo eglino passione, che se non l’avessero.

Crescono in maggiore amore, e corrono a me tucti unti di vera umilitá e arsi nella fornace della divina caritá.

E con questi mezzi e con infiniti altri giongono ad perfecta unione, sí come Io ti dixi.

In tanta unione e cognoscimento della mia bontá che, essendo nel corpo mortale, gustano il bene degl’inmortagli; stando nella carcere del corpo, ne lo’ pare essere di fuore; e, perché molto hanno cognosciuto di me, molto m’amano.

E chi molto ama, molto si duole; unde a cui cresce amore, cresce dolore.

In su che dolore e pene rimangono?

Non in ingiurie che lo’ fussero facte, né per pene corporali, né per molestie di dimonio, né per veruna altra cosa che lo’ potesse avenire, propriamente a loro, che l’avesse a dare pena; ma solo si dolgono de l’offese facte a me ( vedendo e cognoscendo ch’Io so’ degno d’essere amato e servito ) e del danno de l’anime, vedendoli andare per la tenebre del mondo e stare in tanta ciechitá.

Perché ne l’unione, che l’anima ha facta in me per affecto d’amore, raguardò e cognobbe in me quanto Io amo la mia creatura ineffabilemente.

E, vedendola rappresentare la imagine mia, s’inamorò di lei per amore di me.

Unde sente intollerabile dolore quando gli vede dilongare dalla mia bontá; e so’ sí grandi queste pene, che ogni altra pena fanno diminuire e venire meno in lei, che niente l’apprezza se non come non fusse egli che ricevesse.

Io gli proveggo. Con che?

Con la manifestazione di me medesimo a loro, facendo lo’ in me vedere, con grande amaritudine, le iniquitá e miserie del mondo, la danpnazione de l’anime in comune e in particulare, secondo che piace alla mia bontá, per farli crèsciare in amore e in pena; acciò che, stimolati dal fuoco del desiderio, gridino a me, con speranza ferma e col lume della sanctissima fede, a chiedere l’aiutorio mio che sovenga a tante loro necessitá.

Sí che insiememente proveggo con divina providenzia per sovenire al mondo, lassandomi costringere da’ penosi, dolci e anxietati desidèri de’ servi miei, e a loro notricandoli e crescendoli, per questo, in maggiore e piú perfecto cognoscimento e unione di me.

Adunque vedi che Io proveggo questi perfecti per molte vie e diversi modi, perché, mentre che voi vivete, sempre sète acti a crèsciare lo stato della perfeczione e a meritare.

E però Io gli purgo d’ogni proprio e disordenato amore spirituale e temporale; e potogli con le molte tribulazioni, acciò che faccino maggiore e piú perfecto fructo, come decto è.

E con la grande tribulazione che sostengono, vedendo offendere me e privare l’anima della grazia, si spegne ogni sentimento di questa minore.

Intantoché tucte le fadighe loro, che in questa vita possino sostenere, le reputano meno che non cavelle.

E per questo, sí com’Io ti dixi, si curano tanto della tribulazione quanto della consolazione, perché non cercano le loro consolazioni, e non m’amano d’amore mercennaio per proprio dilecto, ma cercano la gloria e loda del nome mio.

Adunque vedi, carissima figliuola, che in ogni creatura che ha in sé ragione Io distendo e uso la providenzia mia in molti e infiniti luoghi, con modi admirabili non cognosciuti dagli uomini tenebrosi, perché la tenebre non può conprendere la luce.

Solo da quegli che hanno lume sonno cognosciuti perfectamente e inperfectamente, secondo la perfeczione del lume ch’egli hanno.

El quale lume s’acquista nel cognoscimento che l’anima ha di sé, unde si leva con perfectissimo odio della tenebre.

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