Le Mansioni o Castello Interiore

Capitolo 11

- Tratta di certi desideri di godere Iddio, dati all'anima da Dio stesso, così grandi e impetuosi da mettere in pericolo la stessa vita.

- Vantaggi che l'anima ne ricava

1 - Bastano forse queste grazie perché la colombella o farfalletta - non crediate che me ne sia scordata - si senta soddisfatta e si riposi dove dovrà morire?

No, certamente.

Anzi, il suo stato si fa molto più grave, geme e va continuamente fra le lacrime.

Benché riceva queste grazie da molti anni, tuttavia, ognuna di esse accresce il suo tormento, perché meglio vi conosce le grandezze del suo Dio.

Ed ella, vedendosi da lui separata e così lontana dal possederlo, sente aumentare i suoi desideri, in proporzione dell'amore che va pur esso aumentando, a misura che più scopre quanto meriti di essere amato quel suo gran Dio e Signore.

E con l'andare degli anni quei desideri vanno a poco a poco aumentando fino a produrre la gran pena di cui ora dirò.

Ho detto anni per conformarmi al modo con cui si sono svolti nella persona accennata, ma so bene che a Dio non si metton limiti.

Egli può fare quel che vuole, per noi desidera di far molto, e può in un istante elevare l'anima al più alto grado che qui si dirà.

2 - Accenno, dunque, a quelle ansie, lacrime, sospiri e grandi impeti, di cui ho parlato: cose che sembrano derivare dal nostro amore quando sia molto sentito.

Tuttavia, sono come un fuoco che dà fumo, si possono sempre sopportare, sia pure con pena, e non sono neppure da paragonarsi con quello che ora voglio dire.

Mentre l'anima va così ardendo in se stessa, ecco che in seguito a un minimo pensiero o a una parola che senta sulla lentezza della morte, le viene - non si sa da che parte, né in che modo - come un colpo o una saetta di fuoco.

Non dico già che sia una saetta: checché sia, si vede chiaramente che non viene da noi.

Dico colpo, ma non lo è; e tuttavia ferisce profondamente.

Mi pare che si faccia sentire, non in quella parte dove si sperimentano i dolori della terra, ma nel più intimo e più profondo dell'anima, dove questo fugacissimo raggio riduce in polvere tutto ciò che trova di questa nostra bassa natura, tanto da esserci impossibile, finché esso continua, di ricordarci ancora di noi.

Immediatamente le potenze si sentono così impacciate da non essere più capaci di nulla, eccetto di quelle cose che possono aumentare il tormento.

3 - Non vorrei che mi credeste esagerata.

Anzi, sono assai moderata, perché si tratta di cose che non si sanno esprimere.

I sensi e le potenze vengono rapiti a tutto ciò che non contribuisce a far crescere quello spasimo.

E se l'intelletto conserva la sua attività, è solo per comprendere con quanta ragione l'anima debba affliggersi per essere lontana da Dio.

Vi concorre pure il Signore col dare una così viva cognizione di sé da portare la pena a un alta grado d'intensità, per cui la persona che ne soffre finisce col prorompere in alte grida, senza potersi contenere, neppure se molto paziente e abituata a grandi sofferenze, perché i tormenti di cui parlo non si sentono nel corpo ma nel profondo dell'anima.

Allora quella persona comprende quanto più grandi delle pene del corpo siano quelle dell'anima, e pensa che di questa natura debbano pur essere quelle del purgatorio, dove l'assenza del corpo non impedisce all'anima di soffrire assai di più che non qui sulla terra in compagnia del corpo.

4 - Io ho visto una persona in questo stato e ho creduto veramente che fosse per morire.

Nessuna meraviglia del resto, perché qui si è appunto in gran pericolo di morte.

Per quanto questo fenomeno sia breve, lascia il corpo completamente slogato e con i polsi così deboli come se l'anima stia per rendersi a Dio.

Cessa anche il calore naturale, e l'anima brucia di tal maniera che, con un po' di più, Dio compirebbe le sue brame.

Al momento il corpo non sente nulla, né poco né molto.

Però le membra si slogano, e per due o tre giorni si hanno grandi dolori, senza neppur la forza di scrivere: credo che il corpo rimanga più debole di prima.

Se al momento il corpo non soffre, dev'essere per l'intensità dello spasimo interiore che impedisce all'anima di far, conto di lui.

È come avere un dolore molto acuto in un membro: anche se ne abbiamo vari altri, questi non si sentono tanto.

È un fatto che io ho sperimentato assai bene.

Ma nel caso nostro non si sente né poco né molto, né credo che si senta dolore neppure se ci mettano in brani.

5 - Mi direte che ciò è imperfezione, perché quell'anima non si uniforma al volere di Dio, a cui si è tante volte assoggettata.

Fin qui lo poteva fare, e con ciò sopportava la vita.

Ma ora non lo può più, perché il suo intelletto non è padrone di sé, né può ad altro pensare fuorché alla ragione che ella ha di ben dolersi.

Perché ancora vivere separata dal suo Bene?

Si sente come in una strana solitudine, e non varrebbero a tenerle compagnia, non solo tutte le creature della terra, ma neppure, credo, gli stessi abitanti del casa ella ama: anzi, le sarebbero di tormento.

Si vede come per aria, senza appoggi sulla terra e senza mezzi per salire al cielo.

Arde di sete e non può giungere all'acqua: sete intollerabile, salita ormai a tali estremi da non poter essere saziata che con l'acqua di cui il Signore parlò alla Samaritana.

Altra ella non ne vuole, e questa intanto non le viene concessa! …

6 - Oh, Signore! … In quali angustie stringete mai chi vi ama!

Eppure tutto è poco di fronte al molto con cui poi lo favorite.

Del resto è giusto che il molto costi molto, massimamente quando serve a purificare l'anima per poi introdurla nella settima mansione, come il purgatorio purifica quelle che devono entrare nel cielo, tanto più che innanzi alla grandezza dello scopo, quel tormento si fa piccolo, come goccia di acqua di fronte al mare, nonostante che in sé sia di un'afflizione così angosciosa da superare, a mio parere, tutte le pene della terra.

Quanto a queste, le teneva da nulla, in paragone, anche la persona di cui parlo, malgrado ne avesse sofferte moltissime, sia corporali che spirituali.

Eppure l'anima tiene quella pena in sì gran pregio dal riconoscersene del tutto indegna, e la soffre di gran voglia, disposta pure, se così piace al Signore, di sopportarla per tutta la vita.

Però questo suo sentimento non è tale da esserle di sollievo, per cui in quel caso non morrebbe una volta sola, ma sarebbe in continua agonia: veramente così.

7 - Pensiamo un momento, sorelle, a coloro che sono all'inferno.

Non hanno né questa conformità al volere di Dio, né questa gioia e contento interiore, né la speranza che i loro tormenti siano ad essi di vantaggio, ma una continua sofferenza che va sempre più aumentando: dico che va sempre più aumentando quanto alle pene accidentali.

Ora, siccome le sofferenze dell'anima, sono assai più terribili di quelle del corpo; siccome i tormenti che là si soffrono sorpassano di gran lunga quelli di cui abbiamo parlato, con l'aggiunta che dovranno essere eterni, che sarà mai di quelle anime infelici?

E che cosa si può fare e patire, qui in questa vita così breve, che non sia ancora un niente per sottrarsi a quegli orribili ed eterni dolori?

No, non è possibile far comprendere quanto siano orribili le sofferenze dell'anima, e quanto diverse da quelle del corpo: bisogna provarle.

Se il Signore ce lo fa comprendere è per darci a conoscere il molto che gli dobbiamo nell'averci chiamate in questo stato, nel quale, per sua misericordia, nutriamo speranza che ci vorrà preservare dall'inferno, perdonandoci tutti í nostri peccati.

8 - Ritorniamo ora al nostro argomento, cioè alla gran pena in cui abbiamo lasciato l'anima.

In quel grado d'intensità non dura molto: tutt'al più, tre o quattro ore.

Più a lungo non lo credo possibile, tranne che per un miracolo, perché la nostra naturale debolezza non la potrebbe sopportare.

A quella persona accadde una volta che non durasse più di un quarto d'ora, ma ne uscì come fatta a pezzi.

Era l'ultimo giorno delle feste di Pasqua.

Ella le aveva passate in tale aridità da quasi neppur accorgersi che fosse Pasqua.

Ma ecco che durante la ricreazione, - e ciò che dico è vero - al solo udire una parola sul prolungarsi della vita, quella pena l'assalì con tanta violenza da trarla completamente dai sensi.

Immaginate voi se si possa resistere! …

Sarebbe come una persona caduta in un braciere che volesse togliere alla fiamma il potere di bruciarla.

Si tratta di sentimenti che non si sanno dissimulare.

Coloro che assistono non possono sapere ciò che passa nell'anima.

Però vedono che ella è in pericolo di vita.

E se le sono un po' di compagnia, è solo a guisa di ombre.

E ombre le sembrano tutte le cose della terra.

9 - È possibile che qualche volta anche voi abbiate a vedervi in questo stato.

Non dimenticatevi allora che vi può aver parte la nostra naturale debolezza.

Come avete visto, l'anima si va talmente struggendo, che per uscire dal corpo sembra che non le manchi più nulla.

Può allora avvenire che ne tema per davvero, e che brami un po' di sosta al tormento per non morire.

È la nostra naturale debolezza che fa sentire i suoi timori.

Tuttavia il desiderio non cessa, ne è possibile trovare rimedio a tanta pena, finché Dio non lo tolga.

Ordinariamente ciò avviene con qualche grande rapimento o visione, in cui il vero Consolatore consola e fortifica l'anima affinché si rassegni a vivere per quanto Egli vorrà.

10 - È uno stato assai penoso, ma l'anima ne esce con grandissimi effetti, senza più la paura delle tribolazioni possibili, in quanto non vi è più nulla dopo quel tormento che possa ancora intimorirla.

Anzi, visti i vantaggi che le sono venuti, amerebbe soffrirlo varie altre volte.

Ma la cosa non è in suo potere perché come non ha alcun mezzo per resistere o per sottrarsene quando viene, così non ne ha alcuno per procurarselo.

Avendo constatato che nessuna cosa della terra le può essere allora di conforto, sente per il mondo maggior disprezzo di prima; avendo compreso che solo il Creatore può consolare e saziare la sua anima, esce con maggior distacco dalle creature; e avendo veduto che se Egli può consolare, può anche far soffrire, ne concepisce maggior timore, e si studia più attentamente di non offenderlo.

11 - Secondo me, due sono le cose che in questo cammino spirituale mettono in pericolo di morte: l'una, la pena di cui parliamo, veramente pericolosa e non di poco; l'altra, una gioia o un'ebbrezza molto grande per la quale l'anima si trova in tale estremo da parere che stia veramente per morire: un poco ancora, e uscirebbe dal corpo con sua non piccola fortuna.

Giudicate ora, sorelle, se non ho io ragione di dire che qui occorre aver coraggio, e se nel caso che voi domandiate a Dio queste grazie, non abbia Egli ragione di chiedervi, come già ai figliuoli di Zebedeo, se potete bere il suo calice.

12 - Sono sicura che tutte risponderemmo di sì, e non senza ragione, perché il Signore, quando vede che uno ha bisogno di essere incoraggiato, non lascia di farlo.

Anime siffatte Egli le difende in ogni cosa, e quando sono oggetto di biasimo e di persecuzione, risponde per loro, se non con le parole, con i fatti, come fece con la Maddalena.

E poi, poi … prima che muoiano, le paga di tutto in una volta, come ora vedrete.

Sia Egli per sempre benedetto, e tutte le creature lo lodino! Amen.

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