Vita prima

Capitolo XXII

San Francesco predica in Ascoli e per mezzo di oggetti toccati da lui, gli ammalati guariscono

[430] 62. Nel tempo in cui, come si è detto, predicò agli uccelli, il venerabile padre Francesco, percorrendo città e villaggi per spargere ovunque la semente della benedizione, arrivò anche ad Ascoli Piceno.

In questa città annunciò la parola di Dio con tanto fervore, che tutti, pieni di devozione, per grazia del Signore, accorrevano a lui, desiderosi di vederlo e ascoltarlo.

La ressa della folla era straordinaria e ben trenta, tra chierici e laici, si fecero suoi discepoli, ricevendo dalle sue stesse mani l'abito religioso.

Uomini e donne lo veneravano con tanta fede, che chiunque poteva toccargli la veste si considerava sommamente fortunato.

[431] Quand'egli entrava in una città, il clero gioiva, si suonavano le campane, gli uomini esultavano, si congratulavano le donne, i fanciulli applaudivano, e spesso gli andavano incontro con ramoscelli in mano e cantando dei salmi.

L'eresia era coperta di confusione, la fede della Chiesa trionfava; mentre i fedeli erano ripieni di giubilo, gli eretici si rendevano latitanti.

I segni della sua santità erano così evidenti, che nessun eretico osava disputare con lui, mentre tutta la folla gli obbediva.

[432] Egli riteneva sacrosanto dovere osservare, venerare e seguire in tutto e sopra ogni cosa gli insegnamenti della santa Chiesa romana, nella quale soltanto si trova la salvezza.

Rispettava i sacerdoti e nutriva grandissimo amore per l'intera gerarchia ecclesiastica.

[433] 63. I fedeli gli portavano pani da benedire e li conservavano a lungo, perché cibandosene guarivano dalle più diverse malattie.

Sovente, spinti dalla grande fede, gli tagliuzzavano perfino la tonaca, per tenersene devotamente qualche parte, così che a volte il santo uomo restava quasi spoglio.

E cosa più mirabile, qualche oggetto toccato dalla sua mano risanava gli infermi.

[434] Così una donna incinta, abitante in un piccolo villaggio presso Arezzo, al momento del parto fu assalita da spasimi tremendi rimanendo per molti giorni sospesa tra la vita e la morte.

I vicini e i parenti, avendo saputo che sarebbe passato di lì san Francesco per recarsi in un eremo, lo attendevano con ansia; ma mentre essi l'aspettavano, egli si era incamminato su un'altra strada a cavallo, perché era debole e ammalato.

Giunto alla mèta, fece ricondurre il cavallo a chi glielo aveva imprestato per carità da frate Pietro; e frate Pietro passò proprio per la via dov'era la casa della donna sofferente.

Gli abitanti, appena lo videro, gli corsero incontro, credendolo san Francesco.

Quando s'accorsero che non era lui, rimasero grandemente delusi, ma poi presero a domandarsi a vicenda se si poteva trovare qualche oggetto che il Santo avesse toccato.

Alla fine trovarono le redini che egli stesso aveva tenuto in mano cavalcando.

Estrassero allora il morso dalla bocca del cavallo, ne applicarono la briglia sul corpo dell'inferma, la quale, scomparso d'incanto ogni pericolo, partorì felicemente.

[435] 64. Gualfreduccio, cittadino di Città della Pieve, uomo pio e timorato di Dio, come tutta la sua famiglia, era in possesso di una corda, di cui una volta si era servito san Francesco per cingersi i fianchi.

Capitò che parecchi abitanti di quella contrada, uomini e donne, fossero colpiti da varie infermità e febbri, e Gualfreduccio andava nelle loro case, e dava da bere agli ammalati dell'acqua in cui aveva immerso quella corda o qualche sfilacciatura di essa, e tutti recuperavano la salute nel nome di Cristo.

Questi sono un saggio dei miracoli che accadevano in assenza del beato padre; ma ne avvenivano assai più numerosi, che non basterebbe neppure un lungo discorso a narrarli tutti.

Di quelli poi che Dio operò con la sua presenza ne riferiremo qualcuno in quest'opera.

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