Trattato dei miracoli

Capitolo VII

Morti risuscitati per i meriti del Beato Francesco

[863] 40. Mi accingo a parlare dei morti risuscitati per i meriti del confessore di Cristo, e chiedo agli ascoltatori e ai lettori d'essere attenti.

Trascurerò nella narrazione, per amor di brevità, molte circostanze, e tacendo le esaltazioni degli ammiratori, annoterò soltanto le cose mirabili.

Nel paese di Monte Marano, presso Benevento, una donna, di nobile casato, ancor più nobile per virtù, si era affezionata con speciale devozione a san Francesco, e lo serviva con profonda dedizione.

Oppressa da malattia ed ormai giunta all'estremo, seguì la sorte di ogni mortale.

Poiché essa morì verso il tramonto, venne differita la sepoltura al giorno dopo, per permettere alla numerosa folla dei suoi cari di partecipare al sacro rito.

Di notte arrivarono i chierici con i salteri per cantare le esequie e le veglie notturne, mentre tutt'attorno stava la folla.

Ed ecco all'improvviso, alla vista di tutti, si levò la donna sul letto e chiamò tra i presenti un sacerdote, suo padrino, dicendogli: « Voglio confessarmi, padre, ascolta il mio peccato!

Io, infatti sono morta ed ero destinata a una dura prigione, poiché non avevo confessato ancora un peccato che ora ti rivelerò.

Ma avendo san Francesco, a cui fui sempre molto devota pregato per me - essa soggiunse -, mi è stato permesso di ritornare in vita in maniera che, confessato quel peccato, possa meritare il perdono.

Ed ecco, davanti a voi tutti, confessato il peccato, mi affretterò al promesso riposo ».

Confessatasi con tremore al tremante sacerdote, e ricevuta l'assoluzione, essa si coricò quietamente sul letto e si addormentò felice nel Signore.

Chi può dunque esaltare con degne lodi la misericordia di Cristo?

Chi celebrare la virtù della confessione e i meriti del Santo con degna lode?

[864] 41. A dimostrare come tutti debbano ricevere con amore l'ammirabile dono divino della confessione e anche perché giustamente si chiarisca come questo Santo sempre godette di merito singolare presso Cristo, bisogna riferire ciò che egli mirabilmente manifestò, mentre viveva nel mondo, e ciò che, dopo la sua morte, ancor più chiaramente rivelò di lui il suo Cristo.

Una volta, recatosi il beato padre Francesco a Celano per predicare, fu da un cavaliere invitato con devote e ripetute preghiere a pranzare con lui.

Egli dapprima si rifiutò, facendo lunga resistenza, ma infine si lasciò convincere costrettovi dall'insistenza.

Giunse il momento del pranzo e venne imbandita una splendida mensa.

L'ospite devoto si rallegrò, e tutta la famiglia si allietò all'arrivo dei frati poverelli.

Il beato Francesco, rimanendo in piedi e levando gli occhi al cielo, chiamò a sé l'ospite.

« Ecco », disse, « fratello ospite, vinto dalle tue preghiere sono entrato per mangiare in casa tua.

Adesso obbedisci subito al mio avvertimento, poiché tu non qui mangerai, ma in altro luogo.

Confessa con devozione e contrizione le tue colpe, e non resti peccato in te che non confessi.

Oggi il Signore ti ricompenserà perché hai così devotamente accolto i suoi poverelli ».

Si convinse subito quell'uomo alle parole sante e, chiamato il compagno di san Francesco, che era sacerdote, gli svelò con sincera confessione tutti i suoi peccati.

Diede disposizione per la sua casa e se ne stava aspettando, senza ombra di dubbio, che si compisse la parola del Santo.

Infine tutti si sedettero a mensa e cominciarono a mangiare e, anch'egli, fattosi il segno della croce, allungò tremando la mano verso il pane, ma prima di poterla ritrarre, chinò il capo ed esalò lo spirito.

Quanto bisogna amare la confessione dei peccati!

Si osservi, un morto viene risuscitato perché si possa confessare, e perché un vivo non debba perire in eterno, viene liberato con il beneficio della confessione.

[865] 42. Un fanciulletto di appena sette anni, figlio di un notaio di Roma, desiderando accompagnare, al par dei bambini, la madre che si recava alla chiesa di San Marco per la predica, venne invece rinviato da lei a casa; amareggiato il piccolo, travolto da non so quale diabolico istinto, si gettò dalla finestra.

Abbattutosi con un ultimo sussulto, spirò.

La madre che non si era ancor molto allontanata, al tonfo del corpo caduto, sospettando il dramma del suo tesoro, corse velocemente a casa, e scorse il figlio esanime.

Subito essa si piantò le unghie nella carne, chiamò piangendo i vicini, e vennero chiamati i medici presso il corpo esanime.

Potranno forse essi ridar vita al morto?

Erano ormai inutili le prognosi e le cure, i medici potevano spiegare, ma non rimediare il fatto, solo ormai di competenza di Dio.

Privo infatti di calore e di vita, di sentimento, di moto e di forza, il bimbo viene dichiarato morto dai medici.

Frate Rao, dell'Ordine dei Minori, predicatore famosissimo in tutta la città di Roma, giunto là per predicare, si avvicinò al fanciullo e pieno di fede si rivolse al padre: « Credi tu che il Santo di Dio, Francesco, possa risuscitare dai morti tuo figlio, per quell'amore che egli sempre portò al Figlio di Dio il Signore Gesù Cristo? ».

Rispose il padre: « Con fermezza lo credo e lo confesso.

Sarò in eterno al suo servizio e visiterò pubblicamente il suo santo luogo ».

Quel frate allora si inginocchiò col suo compagno, invitando tutti a pregare.

Terminata la preghiera, il fanciullo cominciò a poco a poco a sbadigliare, ad alzar le braccia e a rialzarsi.

Accorre la madre e abbraccia il figlio; il padre non sa contenersi per la gioia, e tutta la folla, piena di ammirazione, magnifica Cristo e il suo Santo con altissime grida.

Da quell'istante il fanciullo prese a camminare davanti a tutti restituito alla vita in ottimo stato.

[866] 43. I frati di Nocera chiesero un carro, di cui avevano bisogno per un po' di tempo, ad un uomo di nome Pietro ma egli rispose stoltamente: « Io scuoierei due di voi insieme a san Francesco, piuttosto che prestarvi il mio carro ».

Si pentì subito però quell'uomo di aver proferito sì grande bestemmia, e, percuotendosi la bocca, invocava misericordia.

Temeva infatti una punizione, come infatti accadde.

Durante la notte vide in sogno la sua casa piena di uomini e di donne, che intrecciavano danze in gran giubilo.

Di lì a poco suo figlio, di nome Gafaro, si ammalò e, trascorso poco tempo, spirò.

Le danze, viste in sogno, si cambiarono in lutto, e la gioia in pianto.

Si ricordò allora della bestemmia che aveva proferito contro san Francesco, e lo strazio gli insegnò quanto fosse stata grave la sua colpa.

Si ravvoltolava per terra e si disperava senza cessare un istante di invocare san Francesco, dicendo: « Sono io che ho peccato; me, avresti dovuto colpire!

Ridona, o Santo, il figlio al penitente che già ti bestemmiò.

Mi arrendo a te, per sempre mi presterò ai tuoi desideri, giacché ti offrirò sempre tutte le primizie ».

Cosa meravigliosa!

A tali parole il fanciullo si alzò e ordinando di cessare il pianto, così raccontò la vicenda della sua morte: « Mentre io giacevo morto - disse - venne il beato Francesco e mi condusse per una strada buia e molto lunga.

Poi mi fece sostare in un giardino così splendido, così piacevole, che tutto il mondo non si potrebbe paragonare ad esso.

Mi ricondusse poi per la stessa strada, dicendomi: " Ritorna da tuo padre e da tua madre, non voglio trattenerti qui più a lungo".

Ed eccomi di ritorno, secondo il suo volere ».

[867] 44. Nella città di Capua, mentre un fanciullo giocava con altri presso la sponda del fiume Volturno, cadde per distrazione dalla riva del fiume e fu travolto.

La corrente del fiume lo investì con violenza, seppellendolo morto sotto la sabbia.

Alle grida dei fanciulli che con, lui si erano divertiti presso il fiume, corsero velocemente con funi molti uomini e donne, e saputo della disgrazia, invocavano piangendo: « San Francesco, rendi il fanciullo al padre e al nonno, che lavorano al tuo servizio! ».

Infatti il padre e il nonno del fanciullo avevano lavorato con ardore alla costruzione di una chiesa in onore di san Francesco.

Mentre dunque tutto il popolo supplicava ed invocava devotamente i meriti del beato Francesco, un nuotatore che stava non molto lontano udite le grida, si avvicinò.

E saputo che da oltre un'ora il fanciullo era caduto nel fiume, dopo aver invocato il nome di Cristo e i meriti del beato Francesco, depose le vesti e si buttò nudo nel fiume.

Non conoscendo punto il posto dove il fanciullo era precipitato, cominciò a scandagliare qua e là con attenzione le rive e il fondo del fiume.

Finalmente per divino volere scoprì il luogo dove il fango aveva coperto come in una tomba il cadavere del fanciullo.

Dopo aver scavato e riportato fuori il corpo, constatò con dolore che il fanciullo era morto.

Benché la gente tutt'attorno vedesse che il fanciullo era morto, tuttavia continuava ad insistere con gemiti e grida: « San Francesco, restituisci il fanciullo a suo padre! ».

Il beato Francesco, come si poté vedere nella realtà che seguì, quasi provocato dalla devozione e dalle preghiere della folla, subito ridiede vita all'esanime fanciullo.

Egli rialzatosi, fra la gioia e la meraviglia di tutti, supplicò di esser portato alla chiesa del beato Francesco, ed asserì di esser stato risuscitato per la sua intercessione.

[868] 45. Nella città di Sessa ( Aurunca ), nel borgo che passa sotto il nome « Le Colonne », il traditore delle anime e l'assassino dei corpi, il diavolo, abbatté una casa, facendola crollare; egli aveva tentato di uccidere molti fanciulli che si divertivano allegramente attorno alla casa, ma riuscì ad inghiottire soltanto un giovinetto, che al crollo della casa fu ucciso sul colpo.

Uomini e donne, sorpresi dal fracasso della casa che crollava, accorsero da ogni parte e togliendo qua e là le travature, riportarono il figlio ormai esanime all'infelice madre.

Essa, graffiandosi il volto e strappandosi i capelli, rotta da amari singhiozzi, e tutta in lacrime, gridava con tutte le sue forze: « O san Francesco, san Francesco, rendimi mio figlio! ».

E non solo essa, ma tutti i circostanti, sia uomini che donne, amaramente singhiozzando gridavano: « San Francesco, rendi il figlio all'infelice madre! ».

Dopo un'ora, la madre riavendosi tra i sospiri da tanto dolore, pronunciò questo voto: « O san Francesco, restituisci a me, così infelice, il figlio mio, ed io ornerò il tuo altare con un filo d'argento e lo adornerò con una tovaglia nuova, e accenderò candele tutto intorno alla tua chiesa! ».

Il cadavere fu deposto sul letto, poiché ormai notte, in attesa di seppellirlo il giorno dopo.

Verso la mezzanotte, pero, il giovane cominciò a sbadigliare, e mentre gli si andavano riscaldando gradatamente le membra, prima che albeggiasse, rinvenne del tutto, e proruppe in esclamazione di lode.

Tutto il popolo e il clero, vedendolo sano e salvo, rivolsero ringraziamenti al beato Francesco.

[869] 46. Nella città di Pomarico, situata fra i monti della Puglia, un padre e una madre avevano un'unica figlia in giovane età, che amavano teneramente.

E poiché non speravano altro erede in futuro, essa costituiva per loro oggetto di ogni affetto, ragione di ogni cura.

Ora, ammalatasi e in pericolo di morte, padre e madre della fanciulla erano come tramortiti dal dolore.

La vegliavano e l'assistevano per giorni e notti intere senza tregua, ma una mattina purtroppo la trovarono morta.

Forse c'era stato da parte loro un attimo di disattenzione, per un colpo di sonno o per la stanchezza della veglia.

La madre privata in tal modo della dolce figlia, e perduta insieme la speranza di un erede, sembrò morire.

Si radunano parenti e vicini per il tristissimo funerale e si preparano a tumulare il corpo esanime, mentre l'infelice madre giace, oppressa da indicibili pene, e tutta presa da grandissimo strazio, non s'accorge neppure di quanto avviene.

Frattanto san Francesco, accompagnato da un solo confratello, visita la madre addolorata e la consola con affabilità dicendole: « Non piangere, giacché alla tua lucerna, ormai del tutto spenta, ecco io restituirò la luce! ».

Si rialzò subito la donna e, rivelando a tutti ciò che le aveva detto san Francesco, impedì che il corpo dell'estinta venisse trasportato altrove.

Voltasi dunque la madre verso la fanciulla, invocando il nome del Santo, la sollevò viva e risanata.

Lasciamo ad altri descrivere la meraviglia che riempì i cuori dei presenti e la gioia incredibile dei genitori.

[870] 47. In Sicilia un giovane di nome Gerlandino, originario di Ragusa, andò coi genitori a lavorare nella vigna, al tempo della vendemmia.

Mentre egli si era calato sotto il torchio, per riempire gli otri in un tino, d'improvviso, essendosi mossi i travicelli di legno, le grosse pietre con le quali si spremeva la vinaccia, franarono colpendolo mortalmente al capo.

Si affretta il padre verso il figlio e, preso dalla disperazione, non l'aiuta a rimuovere il peso, e lo lascia come era caduto.

Attirati dalle grida del disperato richiamo, accorsero rapidi i vendemmiatori, e, commiserando l'infelice padre, estrassero il figlio dal peso sotto cui giaceva.

Postolo in disparte, ne avvolsero il corpo esanime, e cominciarono a provvedere alla sua sepoltura.

Il padre, invece, si getta in ginocchio ai piedi di Gesù, affinché si degni per i meriti di san Francesco, di cui era prossimo il giorno festivo, di restituirgli vivo l'unico figlio.

Moltiplica le preghiere, fa voto di opere di pietà, e promette di visitare il più presto possibile le reliquie del Santo.

Più tardi accorre la madre, e piena di disperazione si getta sul figlio e piangendolo commuove al pianto anche gli altri.

D'un tratto il giovane si rialza e, richiamando coloro che lo piangevano, si rallegra per esser stato restituito alla vita, grazie all'aiuto di san Francesco.

Allora la gente, là radunata, innalza grida di gioia al cielo, e proclama che Iddio, per merito del suo Santo, ha liberato il giovane dal laccio della morte.

[871] 48. Il Santo risuscitò anche un altro morto in Alemagna.

Di tal miracolo papa Gregorio per mezzo di una lettera apostolica, al tempo della traslazione del beato Francesco, testimoniò l'autenticità a tutti i frati che erano convenuti alla traslazione e al capitolo.

Di questo miracolo non ho scritto la storia, non conoscendola, ben sicuro che la papale testimonianza sia argomento superiore ad ogni asserzione.

Passiamo ormai ai casi di altre persone, che il Santo sottrasse alla morte.

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