Giuseppinismo

È un tipo di rapporti tra lo Stato e la Chiesa praticato specialmente da Giuseppe II ( 1741-1790 ), imperatore d'Austria.

Egli, nella sua aspirazione ad unificare l'amministrazione dello stato al di là dei particolarismi locali esistenti, istituì un centralismo nel quale inserì anche la vita ecclesiastica, affidando allo stato ampie possibilità decisionali nei suoi riguardi.

Abolì al clero l'esenzione fiscale; soppresse il foro ecclesiastico, come pure tutte le manifestazioni "inutili" per lo stato, quali gli ordini religiosi non dediti alla cura dei malati ed all'istruzione, i pellegrinaggi, le feste; si interpose nell'ordinamento delle circoscrizioni diocesane e parrocchiali; pretese di determinare gli impedimenti matrimoniali; si intromise nelle norme sul culto e sulla liturgia ( "il re sacrestano" ).

Soprattutto mirò ad eliminare ogni giurisdizione papale nei suoi stati e ad allentare i vincoli dei vescovi con Roma.

Era il prodotto tipico di quell'assolutismo che si arrogava di conoscere perfettamente il "bene del popolo" e di procurarglielo nella propria esclusiva discrezionalità: la storia è prodiga dei risultati ai quali pervenne quest'invasione dello statalismo nel campo dello spirituale.