Musica

Liturgica

Le origini del rapporto tra musica e cristianesimo risalgono all'usanza ebraica di eseguire canti rituali durante le cerimonie religiose, usanza passata quasi intatta presso i primi cristiani, come documentano alcuni passi degli Atti degli apostoli, delle Lettere di s. Paolo e degli scritti dei Padri della Chiesa.

Se ne deduce, dunque, che quel rapporto si sia subito disposto sul piano della musica liturgica, ovvero di una musica quale parte integrante del rito.

Ma fattori diversi, intrinseci tanto al contesto musicale ( sviluppo degli stili compositivi ) quanto agli usi liturgici, hanno poi portato alla nascita e all'affermazione a partire dall'epoca barocca di un repertorio di ispirazione religiosa a fianco di quello rituale, per la Chiesa cattolica l'unico a essere ufficialmente riconosciuto come "musica sacra" ( il cap. VI della costituzione sulla liturgia Sacrosanctum concilium, concilio Vaticano II, 1963 ).

Eseguito sia in spazi tradizionali quali chiese e oratori, sia in spazi propri dell'attività concertistica e operistica ( auditorium, teatri ), questo repertorio in alcuni casi si è venuto distinguendo dall'altro anche in relazione al testo e alla lingua adoperati ( fra gli esempi celebri, Ein deutsches Requiem, di J. Brahms, 1868; Un sopravvissuto di Varsavia, di A. Schónberg, 1948 ).

Dai primordi alla codificazione del canto gregoriano ( sec. IX ).

Fonti diverse concordano sull'uso del greco nei canti liturgici dei primi cristiani d'Occidente almeno sino al III sec., con melodie provenienti dall'area sudorientale del Mediterraneo quasi sempre melismatiche, ovvero ornate da raffinate fioriture vocali.

A partire dal IV sec. questa letteratura iniziò a confluire nei repertori corali di liturgie quali l'ambrosiana, la gallicana e la mozarabica.

La prima trae la propria denominazione dal vescovo di Milano s. Ambrogio ( ca 339 - 397 ), autore anche di testi poetici ( Inni ) che, in quanto rispettosi della metrica classica, ebbero il merito di consolidare l'innesto della religione cristiana sul tronco della cultura greco-romana.

Del repertorio vocale gallicano sono sopravvissute scarse testimonianze, in quanto la liturgia alla quale aveva fatto riferimento nei secc. IV-VIII di fatto fu assorbita da quella gregoriana all'epoca dei regni di Pipino il Breve e Carlo Magno ( VIII-IX secc. ).

Lo stesso accadde al repertorio mozarabico, detto anche "canto visigotico" in quanto in auge in Spagna all'epoca della dominazione dei visigoti ( V-VIII secc. ) e soppiantato, con la relativa liturgia, dal canto gregoriano.

La denominazione di canto gregoriano al canto liturgico della Chiesa romana in uso a partire dal VI sec. risale a una tradizione affermatasi verso il IX sec., che attribuiva a papa Gregorio Magno ( 590-604 ) anche la sistemazione e l'ordinamento del repertorio musicale liturgico in riferimento ai soli testi in latino, ma non delle melodie ( a quel tempo non esisteva alcun sistema di notazione scritta e pertanto quelle venivano tramandate a memoria ).

La codificazione del repertorio gregoriano, rigorosamente monodico, ovvero a una sola parte musicale affidata a voci maschili senza alcun intervento di strumenti, si concluse presumibilmente nel sec. IX.

Allo stesso periodo risalgono i primi esempi di notazione scritta, che, affidata a segni di forma quadrata ( neumi ), dall'XI sec. con Guido d'Arezzo assunse l'aspetto grafico che ha tutt'oggi in ambito ecclesiale con quattro righe parallele ( tetragramma ).

Secoli X-XVI.

Il canto gregoriano rappresenta non solo il primo patrimonio storicamente documentabile della civiltà musicale europea occidentale, ma di questa rappresentò fonte primaria e punto di riferimento ineludibili, in ambito sia sacro sia profano.

In relazione al primo va subito menzionata la polifonia ( due o più parti musicali sovrapposte che si muovono contemporaneamente ), che si rifece a quel patrimonio sin dal suo primo apparire nel X sec. in Francia, dove con la scuola di Notre Dame di Parigi, attiva presso l'omonima cattedrale, nei secc. XII-XIII raggiunse vette di squisita perfezione: nelle forme liturgiche dell'organum e del motetus lo slancio verticale delle voci, disposte l'una sopra l'altra e ancorate a una melodia di base di provenienza gregoriana, sembra riflettere quello delle alte volte ad arco acuto delle chiese gotiche dove si levano i canti di fede.

Le forme liturgiche monodiche sopravvissero alla diffusione di quelle polifoniche.

E il caso della lauda, esemplata sul modello dei salmi cantati nell'ultima ora dell'Ufficio canonico, che a partire dal sec. XIII contribuì all'affermarsi, soprattutto in Toscana, di alcune confraternite, i cui canti di lode alla Vergine avevano un andamento melodico molto spoglio, immediatamente fruibile da fedeli di modesta estrazione sociale.

Identico carattere popolare aveva la drammatizzazione di soggetti religiosi molto sentiti: il Pianto della Vergine di Jacopone da Todi ( ca 1236 - 1306 ) ne è l'esempio più coinvolgente.

Alle forme rituali storiche si aggiunse a partire dal XIV sec. quella della messa, sempre di scrittura polifonica, articolata sulle parti dell'ordinarium missae: Kyrie-Gloria-Credo-Sanctus-Benedictus, Agnus Dei.

La prima messa polifonica composta da un solo musicista ( precedentemente la messa era composta di brani di autori diversi ) è la Messa di Notre Dame ( ca 1350 ) di Guillaume de Machault.

Per tutto il XV sec. e la prima metà del XVI la messa rappresentò il genere più prestigioso di tutta la prassi compositiva musicale, grazie soprattutto all'apporto di musicisti fiamminghi quali G. Dufay, J. Ockeghem, J. Desprès, attivi anche in alcune corti italiane.

Nelle loro messe e mottetti la sontuosità della polifonia, accresciuta dalla presenza di strumenti a fiato che ne esaltavano le ardite sonorità vocali, era in sintonia con la magnificenza dei riti, che si svolgevano nelle cappelle private o nelle grandiose chiese rinascimentali.

Allo stesso periodo risalgono le prime messe da requiem, la cui denominazione discende dalle parole iniziali della preghiera del Requiem aeternam.

La sua struttura musicale si avvicina a quella liturgica della messa dei defunti ( con il Tractus e il Dies Irae ma senza Gloria e Credo ), rispetto alla quale prevede alcune parti del proprium missae.

Analogamente a quanto avvenne per la messa polifonica, la fissità del testo non impedì al Requiem di svincolarsi ben presto dal legame liturgico, per assumere una totale autonomia d'arte ( si ricordino le messe da requiem di W.A. Mozart, 1791, e di G. Verdi, 1874 ).

Come era accaduto per la polifonia, nella prima metà del XVI sec. anche il corale protestante si servì del gregoriano, almeno nelle sue prime manifestazioni.

L'importanza conferita alla partecipazione diretta dei fedeli spinse Lutero a riservare alla musica un posto preminente nello svolgimento del rito.

Egli si impegnò in prima persona nella creazione di un repertorio facilmente eseguibile, non solo attingendo alla tradizione dei canti spirituali popolari ( Lieder ), che risaliva al IX sec. e si era venuta formando sul solco delle melodie gregoriane, ma facendone comporre di nuove a imitazione di queste.

Anche i testi erano o traduzioni libere in tedesco di inni preesistenti e salmi, o invenzioni poetiche che a questi più o meno strettamente si richiamavano.

L'importanza centrale della musica nella liturgia protestante è testimoniata non solo dall'immenso corpus di corali affidati all'organo formatesi sino al XVIII sec., spesso raccolti in antologie suddivise secondo il calendario liturgico, ma anche dal posto occupato nel rito dalla più importante forma musicale protestante: la cantata.

L'esecuzione, infatti, affidata a solisti, coro ed ensemble strumentale a volte anche consistente, avveniva in stretta connessione con il sermone del pastore.

Tutti i più grandi compositori tedeschi del periodo barocco - tra i quali spicca J.S. Bach - contribuirono a formare un patrimonio d'arte che ben presto superò i confini dell'ambito liturgico e storico d'origine, per entrare in quello più ampio della storia della musica.

Lo stesso avvenne per altre forme della liturgia protestante, come la Passione e la cosiddetta missa brevis, formata solo dai primi due numeri dell'ordinarium missae ( Kyrie e Gloria ).

La diffusione della Riforma protestante spinse la Chiesa di Roma alla convocazione del concilio di Trento ( 1545-63 ) che, per ridare uniformità alla liturgia in tutta la Chiesa cattolica occidentale, indicò la necessità di eliminare dal patrimonio musicale le "incrostazioni" accumulatesi negli ultimi tre secoli ( uso di melodie profane, di strumenti, di voci femminili ecc. ).

Queste indicazioni, che non ebbero mai un carattere impositivo, caratterizzano la musica liturgica di Pierluigi da Palestrina ( 1525 - 1594 ), compositore più di ogni altro legato agli ambienti della Controriforma e capace di adeguare artisticamente la polifonia romana ( detta "a cappella" per l'utilizzazione di sole voci ) alle esigenze di rinnovamento spirituale richiesto dalla Chiesa di Roma.

Nel corso del XVII sec. uno dei momenti privilegiati della musica liturgica fu quello del vespro pomeridiano; la prova spirituale e artistica più alta è fornita dal grandioso Vespro della Beata Vergine di C. Monteverdi ( 1610 ).

L'epoca barocca

La vasta produzione di musica liturgica sia cattolica, sia protestante dell'età barocca ( fine XVI sec. - prima metà del XVIII ) fece della Chiesa uno degli spazi privilegiati della vita musicale insieme al teatro d'opera e ai salotti aristocratici e di corte.

In ambito cattolico convissero due tendenze musicali: una più esteriore e "mondana" ( testimoniata, per esempio, dal ricorso, ben presto diventato corrente, ai cantanti castrati, veri divi del teatro d'opera ); e un'altra rigorosa: si ricorda la posizione di papa Benedetto XIV, che in occasione dell'anno santo 1750 ribadì con forza, sebbene non in termini ultimativi, la necessità di distinguere tra musica liturgica e musica profana.

Dalla metà del '700 a oggi

Le rivoluzioni del secondo '700 -  francese in primis - e quelle liberali dei primi decenni dell'800 misero la Chiesa cattolica sulla difensiva per quanto concerneva il rapporto musica-liturgia; nacque così il movimento ceciliano ( da s. Cecilia, martire a Roma nel V sec. ), frutto di una comunità d'intenti tra Chiesa italiana e Chiesa tedesca, con il sostegno del mondo cattolico francese prevalentemente conservatore.

Promosso da K. Proske ( 1794 -1861 ), il movimento cercò di porre un freno al dilagare dello stile concertistico e del vocalismo operistico, riproponendo la monodia sacra medievale e la polifonia palestriniana a cappella.

In quest'operazione - in linea con un certo gusto arcaizzante dell'estetica musicale contemporanea - un notevole contributo lo fornirono, tra gli altri, in campo musicologico G. Baini ( responsabile della Cappella Sistina e autore di una celebre biografia su Palestrina ) e in quello compositivo L. Perosi ( 1872 - 1956 ), con la sua produzione sia liturgica - messe e mottetti - che devozionale ( oratori ).

Nel periodo intercorso tra l'enciclica Motu proprio di papa Pio X ( 1903 ), di fatto una canonizzazione della posizione ceciliana, e le risoluzioni del concilio Vaticano II ( 1963 ), si manifestarono nella Chiesa cattolica forti spinte in direzione di una partecipazione più diretta e consapevole dei fedeli al rito.

Con la riforma liturgica del concilio Vaticano II il rito cattolico ha accolto anche linguaggi musicali giovanili quali il folk e il pop, sia pure spesso caratterizzati da un melodismo di sapore neogregoriano, e strumenti elettronici.

Del resto, l'uso della lingua corrente nelle celebrazioni rispondeva al medesimo intento di un più diretto coinvolgimento dell'assemblea nella liturgia.

Magistero

Divini cultus

Se tutto ciò sarà eseguito con scrupolo, tutti, salmeggiando secondo le regole, non solo dimostreranno l'unità dei loro spiriti intenti alla lode di Dio, ma nell'equilibrato avvicendarsi delle due ali del coro sembreranno emulare la lode eterna dei Serafini, i quali ad alta voce cantavano alternativamente Santo, Santo, Santo.

Bolla Pio XI
20-12-1928

Musicae sacrae disciplina

La chiesa ebbe sempre in grande onore anche questo canto polifonico e di buon grado lo ammise a maggior decoro dei sacri riti nelle stesse basiliche romane e nelle cerimonie pontificie.

Se ne accrebbero l'efficacia e lo splendore, perché alla voce dei cantori si aggiunse, oltre l'organo, il suono di altri strumenti musicali.

Enciclica Pio XII
25-12-1955

S. Congr. dei Riti - De musica sacra et sacra liturgia

3-9-1958

Concilio Ecumenico Vaticano II

Sacra - Musicisti  
Patrimonio inestimabile Sacrosanctum concilium 112
  Sacrosanctum concilium 114
sua funzione nella Liturgia Sacrosanctum concilium 112-113
nelle Missioni Sacrosanctum concilium 119
Adattamento Sacrosanctum concilium 39
Formazione Sacrosanctum concilium 115
e missione dei musicisti Sacrosanctum concilium 121
Insegnati di … Sacrosanctum concilium 115
esperti di … sacra Sacrosanctum concilium 44
Istituti superiori di … sacra Sacrosanctum concilium 115
Commissione di … sacra Sacrosanctum concilium 46
v. Canto; Organo

Catechismo della Chiesa Cattolica

Canto e musica 1156ss
… liturgica Comp. 239