Padri/Agostino/ContrGiulIn/Libro2.txt Opera incompiuta contro Giuliano Libro II 1 - I giudici desiderati da G. Giuliano. Questo sarebbe per noi un trattamento opportuno: o che potessimo difendere gli interessi della verità dinanzi a giudici eruditi, o che almeno, fin quando ciò viene negato, non fossimo incalzati da tumulti di persone incompetenti. Agostino. Tu certamente cerchi giudici di tale erudizione da non poter giudicare i tuoi insegnamenti, se non sono stati dotti e insigni nelle discipline liberali e inoltre non ignari del pensiero dei filosofi di questo mondo. Di tale erudizione era il nostro Ambrogio, dal quale, se non ne rifiuti il giudizio, non puoi dubitare d'essere stato giustissimamente condannato. Egli dice infatti: Noi uomini nasciamo tutti sotto il peccato, perché è nel vizio la nostra stessa nascita, per dimostrare con queste sue parole la necessità per i bambini del Cristo Salvatore, cioè di Gesù. Poiché lo contraddici, devi confessare che il tuo desiderio di avere giudici eruditi equivale al desiderio di non avere per vostri giudici dei giudici cristiani cattolici. 2 - Si toglie alla Chiesa il rispetto della ragione Giuliano. E poiché siamo danneggiati nell'innalzare a salvezza delle Chiese il trofeo che la prudenza dei " conoscitori " stava per assicurare alla buona causa con meravigliosi suffragi, almeno non valesse nulla di più a nostra ignominia l'assenso del volgo. Delle due parti dunque della popolazione che ho dette, una ci gioverebbe e l'altra non ci nuocerebbe, se o la prima ottenesse il suo diritto o la seconda rispettasse il riserbo. Ma poiché c'è una grande confusione ed è numerosissima la moltitudine degli stolti, si toglie alla Chiesa il timore della ragione, perché a vele spiegate navighi un dogma popolare. Agostino. Se questo che noi asseriamo è un dogma popolare, allora non è un dogma manicheo questo che tu perversamente impugni nelle popolazioni cristiane. Fai bene appunto a respingere nei suoi pochi seguaci la pazzia dei manichei, ma anche tu hai la tua pazzia: quella di volgere contro di noi, con l'accusa di manicheismo, quei popoli di cui rifiuti il giudizio; quasi che questi popoli, ingannati dalla tua loquacità, possano dire manicheo Ambrogio, dire manicheo Cipriano, i quali, anche in rapporto alla salvezza dei bambini, insegnarono l'esistenza del peccato originale. Ora, i popoli non li fece tali Ambrogio ma li trovò, non li fece ma li trovò anche lo stesso Cipriano; li trovò tali nella Chiesa anche tuo padre, quando fosti battezzato da bambino, come dicono. Infine i popoli cattolici li trovaste tali pure voi. Chetàtevi voi. Noi confessiamo che il nostro è un dogma popolare, perché noi siamo il popolo di colui che fu chiamato Gesù proprio per la ragione che salvò il suo popolo dai suoi peccati. ( Mt 1,21 ) Dal quale popolo quando voi volete separare i bambini, finite con il separare piuttosto voi stessi. 3 - Il volgo stima migliore l'opinione della maggioranza Giuliano. Così, poco essendo permesso ai competenti e tutto invece agli incompetenti, per decreto di sedizioni è stata cancellata dalle Chiese la censura delle virtù e a noi davanti agli uomini del volgo nuoce l'aver rifiutato d'essere la porta dell'errore. Davanti agli uomini di quel volgo, dico, che, soppesando il merito di una sentenza dal suo successo, stima più vera quella che vede piacere ai più. Agostino. Che forse Manicheo piace ai più? I manichei non sono forse e pochi e pessimi, come i parricidi? Non vogliate dunque gloriarvi d'essere pochi. E non vogliate dire, perché sarebbe ancora più falso, che il nostro dogma piace ai più e insieme accusarci del dogma di una detestabile minoranza. 4 - Cicerone e il Salmista Giuliano. Tullio osserva contro Epicuro che le sue dottrine non sono proposte sottilmente con argomentazione manifesta, perché uomini di tal fatta ovviamente confessano che quelle dottrine piacciono a loro. Come in tutto, per un'abitudine perversa, pensano costoro che ciò sia una testimonianza di sapienza. Agostino. Ma in questa sentenza Tullio fu vinto e stravinto da colui che dice: Lodate il Signore, popoli tutti; voi tutte nazioni dategli gloria. ( Sal 117,1 ) Le quali nazioni tu cerchi non d'istruirle veracemente, ma d'ingannarle, alcune, sottilmente e di aggiungerle al vostro piccolo numero, predicando la sottigliezza di pochi filosofi mondani e rimproverando noi di non proporre sottilmente le nostre dottrine, e per questo uomini di questa fatta ovviamente confessano che a loro piacciono le nostre dottrine. Di me tuttavia hai detto qualche volta che nulla faccio meglio che non farmi capire. Com'è dunque che la dottrina che io difendo piace alla moltitudine, se non perché questa moltitudine è cattolica e ad essa giustamente dispiace la vostra eresia? 5 - Le anime libidinose seguono te che ami la libidine Giuliano. Diletta infatti assolutamente le anime libidinose infamare tutto ciò che è stato dei santi in ogni tempo e in ogni luogo, per non essere castigate dagli esempi di opere illustri. Agostino. Dunque le anime libidinose corrono piuttosto dietro a te che lodi la libidine. Le anime caste infatti meritano lode espugnando ciò che vituperando condannano. 6 - La volontà umana può volere il bene, ma dopo che Dio l'ha preparata Giuliano. Diletta assolutamente tali anime e le conquide completamente mettere sotto accusa la debolezza della natura, dire che la carne è soggetta a peccati congeniti, non collocare l'efficacia dell'emendamento nella volontà umana, ma chiamare i crimini delle scelte uffici delle membra; essere questa la fede cattolica: confessare il libero arbitrio, ma perché con esso sia costretto l'uomo a fare il male e non possa volere il bene. Agostino. Perché ti adiri con noi che bramiamo l'efficacia dell'emendamento tanto più sicuramente quanto più fiduciosamente lo invochiamo dal Signore? Invano dilati la tua lingua gonfiata da voce superbiosa. Noi non vogliamo assolutamente, non vogliamo essere contati tra coloro che confidano nella propria forza. ( Sal 49,7 ) L'anima nostra ha sete di Dio ( Sal 63,2 ) e dice a lui: Ti amo, Signore, mia forza. ( Sal 18,2 ) Può infatti l'uomo volere il bene, ma la volontà viene preparata dal Signore; ( Pr 8,35 sec. LXX ) al male invece la volontà viziata si volge con libidine, e per questo la natura umana ha bisogno di essere risanata. 7 - Non si possono riversare i nostri peccati sulla necessità della carne Giuliano. Dicono al contrario vani ed eretici i discorsi di quanti asseriscono che Dio, giusto, ha creato l'uomo libero di fare il bene e che è in potere di ciascuno stare lontano dal male e risplendere per scelte virtuose, perché su quanti riversano le loro cattive azioni sulla necessità della carne si conficchi la spina delle sollecitudini e delle paure. Agostino. Noi non diciamo vani ed eretici i discorsi di quanti asseriscono che Dio, giusto, ha creato l'uomo libero di fare il bene. Tale creò appunto Adamo, nel quale eravamo noi tutti. Ma, peccando, Adamo rovinò se stesso e in sé tutti gli altri. Attualmente perciò non è in potere dei figli dell'uomo d'esser liberati dal male, se la grazia di Dio non dà a loro il potere di diventare figli di Dio. ( Gv 1,12 ) Per questo, non in quanti riversano le loro cattive azioni sulla necessità della carne, come dici tu, ma in quanti versano le loro suppliche a Dio per non essere indotti nelle tentazioni di cattive azioni si conficca la spina della sollecitudine e della paura di acconsentire alle vostre discussioni tanto superbe e tanto ingrate verso Dio. 8 - Ti risponde Ambrogio Giuliano. Infine, in Chiese che possiedono grande onore e grande popolazione, si predica essere tanta la forza del peccato che la colpa, prima della formazione delle membra, prima dell'inizio e dell'arrivo dell'anima, volando sopra i semi appena gettati, invade l'intimo della madre, rende rei i nascituri e aspetta la sostanza precedendone la stessa nascita. La quale legge del peccato, abitando poi nelle membra, fa suo schiavo l'uomo e lo costringe a servire ai peccati, più degno di misericordia nelle sue turpitudini che di castigo, poiché quello che noi diciamo vizi di volontà depravata, nella Chiesa da uomini e da donne e da grandi pontefici è chiamato passione originale. Agostino. Ti risponde il grande pontefice Ambrogio, lodato in modo eccellente dalla bocca del vostro eresiarca, e dice: Malamente partorì Eva, così da lasciare alle donne l'eredità del parto e così che ciascuno, impastato dalla voluttà della concupiscenza, infuso negli organi genitali, coagulato in grumo di sangue, avvolto in panni, subisse il contagio dei peccati prima di bere al dono dello spirito della vita. Ha dunque bisogno, Giuliano, la natura umana della misericordia di Dio che la risani, non delle tue vane declamazioni che ne lodino la pretesa sanità. 9 - Accusa tu Ambrogio d'essere manicheo Giuliano. Così dunque questi prostituti degli immondissimi dogmi dei manichei provocano gli orecchi degli uditori. Agostino. Incrimina Ambrogio d'essere manicheo, se ne hai il coraggio. Avverti contro quale personaggio tu dica quello che vuoi far apparire di dire contro di me, e se ti rimane o qualche timore di Dio o qualche pudore degli uomini, chétati. Quanto a me, mi conviene in compagnia di tali personaggi ascoltare non solo pazientemente, ma anche allegramente i tuoi oltraggi. Quanto invece a te, nello strapazzare tali personaggi devi avere vergogna dei giudizi umani e devi avere paura dei giudizi divini. 10 - L'ortica dei nostri nemici Giuliano. Questa è l'ortica che tormenta i nostri nemici d'ambedue i sessi e che mordeva, sì, da tempo, per il vizio di una cattiva abitudine, ma si curava tuttavia con certi unguenti di salutari esortazioni. Agostino. Per le punture dell'ortica si sente prudere, ma solamente chi loda la libidine. Se invece è per una cattiva abitudine, come dici tu nella tua sapienza, che l'uomo si lamenta gridando: Io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio, ( Rm 7,19 ) confessate che almeno in lui la volontà umana ha perduto le forze delle opere buone. E a lui, se non viene in soccorso la grazia divina, che giova l'eloquio copioso e ornato di qualsivoglia esortatore? 11 - Tanto più onerosa per noi si è fatta la difesa della verità Giuliano. Ma presentemente, dopo che si è cominciato ad offrire questa ortica come medicamento e al piacere si è associata l'autorità, con la conseguenza che per consenso quasi universale baccanaleggiasse la turpitudine, robusta regina delle menti, espugnatrice dell'onestà, invitta carceriera di tutti gli animi, per noi quanto più onorevole tanto più onerosa si è fatta la causa di difendere la verità. Perché, contro popoli che vanno a precipizio e sono ostili ai loro rimedi, non vale molto la rarità di coloro che medicano con la parola. E allora? Dovremmo forse per la constatazione di tutto questo suonare la ritirata, vendicarci delle ingiurie con il silenzio e riderci dei naufragi altrui dal porto della coscienza? Ma a questa maldisposta indifferenza si oppone prima la benignità che dobbiamo al genere umano, poi la speranza e la fede che abbiamo nei riguardi di Dio. Il quale, oltre ad avere alleviato le rovine spesso disperate dei tempi, ha donato sempre tuttavia una ricompensa eterna alla perseveranza che vuole esercitata fino all'ora della morte, anche se nell'immediato non venisse nessun effetto. Agostino. In che modo allevia Dio le rovine delle volontà cattive - a causa delle quali certamente si biasimano i tempi, quando si biasimano giustamente -, se non suscitando nei cuori degli uomini le volontà buone? Oppure le volontà, se possono, si elevino da sole, come fate voi, che per tale folle sentenza siete diventati una grande rovina. Donde noi preghiamo per voi Dio e speriamo che si degni di esaudirci anche nei tuoi riguardi, come ci ha esauditi nei riguardi del fratello Turbanzio. 12 - Manteniamo le promesse Giuliano. Contenti dunque di questo conforto della fede, attendiamo all'opera intrapresa e manteniamo le promesse delle discussioni, senza mettere in dubbio che la parte maggiore della ricompensa sta in questo: nell'esserci mantenuti saldi dentro il baluardo di quel dogma che, assalito dal livore di così tanti, ma dall'errore di molti più ancora, ha superato tuttavia tanto bene tutte le crisi da splendere invincibile nel possesso della vittoria. Agostino. Ti dài da te stesso la palma contro tanti antistiti di Dio, che prima di noi nella Chiesa del Cristo impararono e insegnarono, bevendo e abbeverando alle fonti d'Israele, le verità che tu combatti. ( Sal 68,27 ) Questo che tu fai non è risplendere nel possesso della vittoria, ma è un mostruoso discendere nella cloaca di una odiosa appropriazione indebita. Risplendere è appunto possedere. Ma come fai a risplendere nel possesso della vittoria tu che tenti d'imbrattare i dogmi cattolici, antichi e invitti? 13 - Tutto a favore del nostro dogma Giuliano. Se infatti, come l'ha reso chiaro il discorso precedente e lo insegnerà il discorso susseguente, a suffragare questo dogma che noi difendiamo sta quanto è ragione, quanto è erudizione, quanto è giustizia, quanto è pietà, quanto è testimonianza di testi sacri, nient'altro ottengono i nostri nemici con tutti i loro sforzi se non di apparire i più ignoranti davanti a tutti i dotti, i più contumaci per tutti i santi, i più irreligiosi contro Dio. Agostino. Ma tu dici falsità. Infatti né la ragione, né la sana erudizione, né la giustizia, né la pietà, né le testimonianze sacre suffragano il vostro dogma; anzi tutte queste forze, come giudicano coloro che intendono bene, sbaragliano il vostro dogma. La ragione appunto si accorge di poter giungere appena a qualcosa di vero per l'impedimento che trova nella tardità della natura; l'erudizione ha la pena della fatica nella medesima tardità della natura; la giustizia grida che lei non c'entra se sui figli di Adamo grava dal giorno della loro nascita dal grembo materno ( Sir 40,1 ) un giogo pesante senza nessun merito di peccati; la pietà implora l'aiuto divino contro questo male; le testimonianze sacre esortano l'animo umano a pregare così. 14 - Invocano contro di noi il potere imperiale Giuliano. E certamente che i traduciani non abbiano nulla da opporre alla forza della ragione che li stritola, lo dimostrano, alla pari degli altri loro scritti, ugualmente questi libri che stiamo confutando. Essi, indirizzati ad un militare - lo può confessare egli stesso -, più occupato da altri affari che dalle lettere, invocano contro di noi l'aiuto della impotenza e a favore di sé in un modo e nell'altro si appoggiano ai plebisciti di plebi da nulla o rurali o teatrali, che nessuna storia registra da quale concilio siano stati promulgati. Agostino. Non invochiamo contro di voi l'aiuto della impotenza, ma piuttosto lodiamo l'intervento a vostro favore del potere cristiano, perché siate impediti dalla vostra sacrilega audacia. Avverti poi come tu faccia a dire rurali e teatrali Cipriano, Ambrogio e tanti loro compagni, dotti scribi nel regno di Dio. 15 - Imputare alla natura i peccati della volontà Giuliano. Non possiamo tuttavia assolutamente negare che piaccia moltissimo, come ho detto, alle turbe, ma a quelle spregevoli, imputare alla natura i delitti della volontà e giustificare la licenza dei costumi con l'infamazione dei semi, di modo che nessuno più s'impegni ad emendare quello che spera fatto in lui stesso da un altro. Agostino. Chi ti ha detto che sia un altro a fare il peccato di chi pecca? Anche l'Apostolo, il quale scrive: Non sono io a farlo, ma il peccato che abita in me, aggiungendo subito: Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene, ( Rm 7,17-18 ) mostra che gli appartiene tutto quello che è, appartenendo anche la carne a lui che è composto di carne e di spirito. E tuttavia tu non vuoi condividere con Ambrogio la convinzione che il male della concupiscenza della carne contro lo spirito per la prevaricazione del primo uomo si è cambiato in natura. Ma com'è che tu, solito a intendere in queste parole dell'Apostolo espressa la violenza dell'abitudine cattiva, hai voluto dire adesso: Di modo che nessuno più s'impegni ad emendare quello che sa fatto in lui stesso da un altro? Eppure tu vuoi che si emendi colui che dice: Non sono io a farlo, e vuoi che si emendi con le forze della volontà personale, benché tu veda quanto sia inferma la volontà di chi afferma: Non quello che io voglio io faccio. ( Rm 7,15 ) Almeno a costui, nel quale vedete crollato l'arbitrio della sua volontà, permettete, vi prego, di chiedere l'aiuto divino. 16 - L'autorità non può giustificare quello che la ragione condanna Giuliano. Ma il patrocinio inefficace di una opinione cieca moltiplica i peccati, non li diminuisce. Questo prurito dunque di gente misera e volontariamente malata non sarà in grado di portare nessun argomento valido contro la stessa ragione. Ma poiché asseriscono che il peccato naturale è confermato da alcuni passi delle Scritture e massimamente da alcune dichiarazioni dell'apostolo Paolo, delle quali ho rimandato la spiegazione al secondo volume, e poiché adesso è arrivato il momento di mantenere la promessa, prima di tutto, allo scopo che il lettore sia meglio informato, preciserò brevemente il già fatto e il da farsi. È stato dunque mostrato che nulla si può provare per mezzo delle Scritture sante che non abbia la garanzia della giustizia; perché, se nella legge di Dio si ha l'ideale perfetto della giustizia, vuol dire che la legge divina non lascia nessuno spazio alla nemica della giustizia, cioè all'ingiustizia, e quindi non può l'autorità giustificare quello che la ragione condanna. Dopo si è mostrato che Dio ci è noto attraverso le sue virtù. Dobbiamo riconoscere dunque la sua giustizia come l'onnipotenza. Se ammettessimo in Dio la mancanza della giustizia, comincerebbe a traballare tutta la maestà divina, essendo Dio talmente giusto che la dimostrazione dell'ingiustizia in Dio equivarrebbe alla dimostrazione della non esistenza di Dio. Si è concluso che noi adoriamo nella Trinità un Dio giustissimo, ed è apparso irrefutabilmente che da Dio non può essere imputato ai bambini un peccato fatto da altri. Agostino. Perché non confessi che da un Dio giusto e onnipotente non poteva senza nessun merito di peccato essere addossato un giogo pesante sui figli di Adamo fino dal giorno che escono dal grembo materno? 17 - Carne del peccato e carne somigliante alla carne del peccato Giuliano. Ma come si è discusso della definizione della giustizia, così si è discusso pure della natura del peccato, il quale è apparso non essere altro che la volontà cattiva, cui sarebbe stato libero astenersi da ciò che aveva bramato illecitamente. Agostino. Questo è precisamente il peccato del primo uomo, donde discese negli uomini l'origine del male. A lui, sì, fu liberissimo astenersi da ciò che aveva bramato illecitamente. Poiché non esisteva ancora il vizio della concupiscenza della carne contro lo spirito, non diceva ancora: Io faccio quello che non voglio, ( Rm 7,15 ) e non aveva ancora la necessità di un qualche aiuto da parte della carne somigliante a quella del peccato, non trovandosi ancora nella carne del peccato. 18 - È luminosissima l'assenza del peccato nei bambini Giuliano. E questa è la prova più luminosa con la quale si è dimostrata l'assenza del peccato nei bambini al momento di nascere: l'impossibilità di trovare in essi l'uso della volontà. Agostino. E donde il grave giogo se non perché non hanno l'uso della volontà così da avere tuttavia il vincolo di una origine corrotta? 19 - Questo calunniatore Giuliano. La negazione poi del libero arbitrio da parte di coloro che ammettono l'esistenza di peccati naturali, è stata dimostrata con un limpido ragionamento. Lo ha negato, sì, il Punico, non con parole sue per non avere meno peso, ma con un testo del Vangelo per essere più autorevole, e noi, spiegando quel testo, lo abbiamo restituito alla dignità evangelica. Abbiamo pure liberato dai lacci di questo calunniatore un passo dell'apostolo Paolo e con la testimonianza di un Profeta abbiamo mostrato che è modellatore di vasi buoni il nostro Dio, creatore di tutte le cose. Agostino. Ti è stato risposto a suo luogo ed è stato dimostrato quanto tu abbia deviato dalla verità. 20 - La vittoria della verità Giuliano. Questi dunque gli argomenti principali del primo libro. Uno qualsiasi di essi è più che sufficiente alla vittoria della verità. Tuttavia resta che esaminiamo diffusamente la sentenza del Maestro delle Genti dove dice che a causa di un solo uomo entrò nel mondo il peccato. ( Rm 5,12 ) Con l'aiuto, se necessario, delle definizioni che abbiamo premesse e per provare che la ragione non ha mentito in nulla, ma è un crimine d'ingiustizia imputare le scelte degli uni alle nascite degli altri, insegneremo con testimonianze della legge, sia in questo libro sia nel successivo, che questa ingiustizia, benché nessuno debba dubitare al riguardo, dispiace tuttavia a Dio ed è proibita da lui. Da tutto questo discende necessariamente e che noi difendiamo nel modo più giusto che nessuno nasce con il peccato, e che Dio non può giudicare rei i nascenti, e che perciò in ciascuno è tanto integro il libero arbitrio quanto è innocente la natura prima dell'uso della propria volontà. Agostino. Parla e vediamo che cosa dirai sul testo dell'Apostolo con la medesima vanità di prima. 21 - Ribelli alla pietà e alla ragione Giuliano. Ribelli invece alla pietà e alla ragione sono i manichei nel credere e alla esistenza del peccato prima del tempo della volontà - ciò che la natura delle cose non consente -, e alla esistenza di un Dio che essi descrivono ingiusto, e nell'infamare le Pagine sante che citano per provare il crimine della divinità. Poiché nessuna delle tre proposizioni può dimostrarsi con la ragione, cioè né l'esistenza del peccato senza la volontà, né l'ingiustizia in Dio, né la perversità nella legge, essi soltanto restino dimostrati stolti, impudenti, empi. Agostino. Vergògnati! Non era manicheo Ambrogio quando diceva che l'uomo subisce il contagio dei delitti prima di bere al dono dello spirito della vita. Ma anche questi delitti non sono sorti se non dalla volontà, dalla quale traggono origine, e perciò non c'è ingiustizia in Dio che per questo ha posto sui nascenti un grave giogo, né c'è perversità nella legge dove apprendiamo che ciò è verissimo; e lo vedreste anche voi stessi, se non aveste voi piuttosto occhi perversi. 22 - La Scrittura va spiegata con la Scrittura Giuliano. Rimanga dunque fisso nell'animo del prudente lettore massimamente questo: in tutte le Scritture sacre è contenuto solo ciò che i cattolici intendono ad onore di Dio, come viene illustrato dalla luce di frequenti sentenze. Se in qualche luogo un'espressione troppo dura solleva una questione, è certo senz'altro che l'autore di quel testo non ha inteso ciò che è ingiusto, ma deve interpretarsi secondo l'apertura che viene dalla evidenza della ragione e dallo splendore degli altri passi in cui non c'è ambiguità. Riferiamo ormai dunque le parole del nostro interlocutore. In quel capitolo dei suoi scritti che aveva tirato fino al suo Dio plasmatore di peccatori e contro il quale abbiamo combattuto nel libro precedente, accennò appena senza impegno che a causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo, ma non indugiò nella spiegazione di quel testo. Invece, dopo aver dissertato a lungo contro quegli estratti che conferma essergli stati mandati, giunse a un testo dei miei libri e se lo obiettò per confutarlo. Ma senza tenere conto degli interrogativi che gli venivano da essi, volò a quella sentenza dove l'Apostolo dice che a causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo, e tentò di esporre il contesto di quel passo secondo il suo dogma. Per questo io, omesso tutto il resto, mi affrettai a quella parte, perché, avendo promesso di risolvere tale problema nel secondo volume, e mantenessi fede alla promessa e mostrassi quale fosse il suo modo di argomentare, e non mi si credesse reo di frode, se avessi soppresso la sua spiegazione e riferito quella che noi riconosciamo cattolica. Agostino. L'interpretazione pelagiana tu stai per esporre, non quella cattolica. Cattolica è quella che sostiene la giustizia di Dio in tante e tanto grandi sofferenze e pene dei bambini, che a nessuno di essi sarebbe stato equo in nessun modo far patire nel paradiso, se la natura umana non fosse stata viziata dal peccato e condannata secondo il suo merito. 23 - Adesso riporto le parole di A. Giuliano. Poiché nella mia prima opera confuto la sentenza con la quale costui aveva detto: Come infatti il peccato è sempre opera del diavolo, sia che i bambini lo traggano da una parte, sia che lo traggano da un'altra, così l'uomo è sempre opera di Dio, sia che nasca in un modo, sia che nasca in un altro, adesso riporto qui le parole come si trovano nella mia opera, dalla quale ne aveva sottratto la massima parte. Agostino. Tanto vero è questo tuo discorrere quanto è vero che io abbia sottratto i tuoi testi, mentre invece colui che mi inviò la sua cartella, stralciò dalla tua opera quello che volle e come volle a suo arbitrio e giudizio. 24 - La verità ti ha tolto la licenza di divagare Giuliano. Là dunque io risposi così: Tu tergiversi certamente, - te lo dico con pace del tuo magistero - ma devi capire che la verità ti ha tolto la licenza di divagare. Ecco infatti anche noi concordiamo pacificamente che il peccato è opera della cattiva volontà o è opera del diavolo. Ma per quale via questo peccato viene a trovarsi in un bambino? Attraverso la volontà? Ma in lui non c'è stata nessuna volontà. Attraverso la forma del corpo? Ma essa l'ha data Dio. Attraverso l'ingresso dell'anima? Ma non deve nulla al seme corporale l'anima che viene creata nuova da Dio. Attraverso le nozze? Ma le nozze appartengono all'attività dei genitori e tu avevi premesso che essi non hanno peccato in questo loro atto. Se non l'avevi concesso con sincerità, come indica lo sviluppo del tuo discorso, allora sono da esecrarsi le nozze che hanno causato il male. Le nozze però non hanno una propria sostanza, ma stanno a indicare con il loro nome l'attività delle persone: sono quindi giustamente da condannare i genitori che con la loro unione hanno causato il peccato. Perciò non si può più dubitare: i coniugi sono destinati all'eterno supplizio, perché la loro opera ha portato il diavolo ad esercitare il suo dominio sugli uomini. Se lo concederai, perderai quanto finora sembrava che tu avessi ritenuto: avevi detto cioè l'uomo opera di Dio. Poiché appunto i figli hanno origine dall'unione dei corpi dei genitori, se attraverso l'origine si espande il male negli uomini, se attraverso il male si estende il diritto del diavolo sugli uomini, ne segue necessariamente che autore degli uomini è il diavolo, dal quale viene l'origine dei figli. Dopo questo ho ripetuto di nuovo le tue stesse parole: Come infatti il peccato è sempre opera del diavolo, sia che i bambini lo traggano da una parte, sia che lo traggano da un'altra, così l'uomo è sempre opera di Dio, sia che nasca in un modo, sia che nasca in un altro. E immediatamente sono insorto in questo modo: Quando ripenso alla tua timida voce con la quale dici che le nozze non sono un male, non posso considerare senza ridere cotesti altri tuoi discorsi. Se infatti credi che gli uomini siano creati da Dio e che i coniugi siano innocenti, nota come non possa stare che da essi si contragga il peccato originale. Certamente non pecca questo bambino che nasce, non pecca chi l'ha generato, non pecca Dio che l'ha creato: attraverso quali incrinature fra tanti presìdi d'innocenza immagini che sia entrato il peccato? Agostino. A queste tue parole basta la risposta che diedi dopo aver letto anche gli stessi tuoi libri. Ma qui pure ammonisco che piuttosto che te si deve ascoltare l'Apostolo, il quale indica non una incrinatura segreta, ma una porta apertissima, attraverso di cui il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, e così è passato in tutti gli uomini, che tutti hanno peccato in lui. ( Rm 5,12 ) Quando comincerai a spiegare queste sue parole secondo la vostra opinione e non secondo la sua, allora apparirà a quale rettilineo di verità tu contraddica con la tua tortuosissima loquacità. 25 - Non ho omesso ad arte quanto tu dici Giuliano. Questo tratto dunque della mia precedente opera è stato preso in esame da lui nel suo secondo libro, sebbene con qualche interpolazione . Ad arte infatti egli omette e la formazione del corpo da me ricordata e l'ingresso dell'anima, che tanto la ragione quanto l'autorità della legge sacra e della Chiesa cattolica confermano, come spero, creata nuova da Dio in ciascuno. Agostino. Chi legge i miei sei libri con i quali confutai i tuoi quattro, dal primo dei quali stralciò quello che volle e come lo volle la persona a cui ho risposto in questo libro che tu adesso tenti inutilmente di attaccare con loquacissima vanità, troverà che io ti ho risposto nel mio terzo libro in tal modo da vedere che non ho omesso ad arte quanto tu dici, ma che piuttosto quella persona, al cui fascicolo io rispondevo, non volle trasmettermelo dalla tua opera o per amore di brevità o per sua convinzione che non fosse pertinente al caso. 26 - Ti rimando all'Apostolo Giuliano. Ha riportato ora di seguito le altre mie parole, sebbene variate da alcune sue riflessioni. Contro dunque queste mie obiezioni non ha escogitato nulla che mi colpisse. Ma dopo aver confessato per mancanza di argomenti l'esattezza delle mie conclusioni, dice che a tutto mi deve rispondere l'Apostolo, quando dichiara che a causa di un solo uomo il peccato entrò in questo mondo. Quale persona erudita potrebbe ritenere che in questa circostanza abbia avuto la testa a posto uno che non ha capito o che avrebbe dovuto omettere i punti ai quali non poteva trovare nulla da opporre o che avrebbe dovuto escogitare di tutto per rispondere alle mie obiezioni e confermare la sua risposta con le parole dell'Apostolo? Agostino. Ma dalle parole dell'Apostolo sei confutato meglio che dalle mie, e tuttavia non cedi nemmeno alle parole dell'Apostolo, ma preferisci pervertire anche quelle piuttosto che convertirti. 27 - Farai naufragio Giuliano. Ho chiesto dunque con estremo rigore logico che insieme a me tutta l'erudizione indaghi per quale via il peccato, che è opera di una volontà cattiva e si dice opera del diavolo, si venisse a trovare nel bambino. Se a causa della volontà: ma anche il nostro presente interlocutore confessa che nel bambino non c'è stata nessuna volontà. Se a causa delle nozze: ma che queste appartengano all'attività dei genitori nessuno ne dubita, e costui aveva premesso che i genitori non hanno peccato per la loro unione. Oppure, se il disputante si era pentito di tale concessione, come indica il seguito della sua opera, confessasse che sono rei i genitori in quanto il loro incontro preparava al diavolo il regno sull'immagine di Dio. E rispettando i necessari passaggi dei ragionamenti, ho aggiunto che a causa del peccato originale si definisce il diavolo autore dei corpi: perché se per l'origine c'è negli uomini il male del peccato, per il male del peccato c'è sugli uomini il diritto del diavolo, e autore degli uomini è il diavolo dal quale viene l'origine dei nascenti. E poiché costui si era accorto che questi ragionamenti avrebbero chiuso i traduciani nell'antro dei manichei, io ho girato la chiave per offrire ai reclusi una via di scampo, e l'ho ammonito che se veramente credeva fatti da Dio gli uomini e se sinceramente confessava innocenti i coniugi, capisse l'impossibilità di contrarre da essi il peccato originale. Mi voglio ripetere: Certamente non pecca questo bambino che nasce, non pecca chi l'ha generato, non pecca Dio che l'ha creato: attraverso quali incrinature fra tanti presìdi d'innocenza immagini che sia entrato il peccato? Che cosa, prego, potevo fare di più santo, di più vero, di più chiaro, di più breve, di più solido che proporre come suprema conclusione di tutto una quarta via dopo le tre che io avevo imboccato cedendo al nemico? Infatti, poiché accade talvolta che con una prima via o con altre due se ne colleghi necessariamente una terza, per quale legge dopo che mi sono state concesse tre vie non sarebbe lecito imboccare una quarta via connessa con le altre? E questo appunto nella seconda discussione, ma nella prima mi sono concesse cinque o più vie e dopo di esse si tira una conclusione legittima e invitta. Agostino. Ecco quanto divaghi, temendo che le parole dell'Apostolo, se ascoltate senza i tuoi pregiudizi, ti condannino, come già ti hanno condannato attraverso il giudizio della Chiesa cattolica. Ma scorazza dove vuoi, indugia quanto vuoi, moltiplica i tuoi giri per ogni verso che vuoi. Quando sarà che la nave delle tue menzogne giunga alle medesime parole di verità, farai naufragio senza dubbio. 28 - Non c'è nessuna incrinatura per l'ingresso del peccato nei bambini Giuliano. Veniamo dunque subito a costui. Mi avevi concesso che il peccato è opera della volontà. Con logica immediata io potei dire: Nei bambini non c'è nessuna volontà che pecchi, e quindi nei bambini non c'è peccato. Ma perché tu fossi pressato da più testimoni, interrogai progressivamente per quale via questo peccato si trovasse nel bambino. Forse per via della volontà? Con il tuo consenso conclusi che in lui non c'è stata volontà cosciente. Aggiunsi se forse il bambino avesse contratto la prima colpa attraverso i lineamenti delle membra. Ma tu avevi ammesso che essi sono formati da Dio e quindi sono buoni. Chiesi in terzo luogo se tu credessi che il reato fosse stato introdotto attraverso l'ingresso dell'anima. Ma risultava che l'anima è nuova e non deve nulla ai semi. Mi indussi poi a sospettare, dato che non ti era rimasta altra ipotesi da fare in proposito, che tu forse chiamassi opera del diavolo le nozze, cioè l'unione dei corpi. Ma dimostrai che le nozze appartengono all'attività dei genitori, e anche tu eri d'accordo. Al termine dunque di tutti i ragionamenti riferiti sopra, la tua " traduce " asserviva al diavolo i coniugi che erano stati causa del peccato. Dopo tutto questo tirai la conclusione che si avvicinava a te, dicendo che tu credevi autore dei corpi il diavolo, al quale avevi attribuito l'opera dell'unione dei corpi, senza la quale non poteva esserci l'origine dei corpi. E certamente questa prima discussione ha mostrato la malattia che ti opprimeva, ma la seconda discussione ha provato, per quanto si riferisce a te, che tu sei un miserabile con tali convinzioni, e per quanto si riferisce ai cattolici, che essi sono invitti, suffragati anche dal timore che hanno di te. Se tu infatti concedi che gli uomini sono fatti da Dio e che i coniugi sono innocenti e che i bambini non hanno un'attività personale, da questi tre assunti si è tratta l'irrefutabile conclusione che, non peccando chi nasce, non peccando chi ha generato, non peccando Dio che ha creato, non è rimasta più nessuna incrinatura attraverso la quale insegnare l'ingresso del peccato. Se dunque ti dispiace la conclusione che si è colta, ritratta le tue concessioni e dichiara che ha peccato o chi generò o chi creò o chi nacque. Delle quali affermazioni la prima è insana, la seconda è manichea, la terza è supermanichea: insano se dici che peccano i bambini, manicheo se accuserai i coniugi, supermanicheo se riterrai autore del peccato Dio. Ora, se tutte queste affermazioni sono tanto lontane dalla verità da avere tu paura ancora di confessarle liberamente, per quale impudenza, o uomo più demente di tutti i dementi, persisti nel negare quanto è stato dedotto da noi? Agostino. Quando arriverai alle parole dell'Apostolo, non vi troverai un'incrinatura, ma una porta spalancatissima, attraverso la quale il peccato entrò nel mondo, e certamente tenterai di chiuderla, ma con tutta la tua loquacità sarai vinto dalla bocca dei bimbi e dei lattanti, i quali invece di essere lodati da te cercano piuttosto di essere salvati dal Cristo e con molto maggiore certezza, non per mezzo di tortuose discussioni, ma per mezzo di pianti privi di parole, contestano la loro miseria, che indubbiamente non avrebbero potuto avere in nessun modo nel paradiso, se fosse rimasta la rettitudine e la beatitudine del primo uomo. 29 - Quattro persone in causa Giuliano. Qui è in causa l'interesse di quattro persone: di Dio creatore, dei due genitori che prestano la materia all'opera di Dio, del bambino che nasce. Tu dici che in questo " coro " abita il peccato. Io domando da chi venga fatto il peccato: se da Dio, e lo neghi; se dal padre, e lo neghi ugualmente; se dalla madre, e lo neghi ancora; se dal bambino, e lo neghi. E non credi ancora alla validità della conclusione: non ci può essere tra questi quattro il peccato, perché nessuno di questi quattro lo commette? Agostino. Che tu dica tutto quello che vuoi! Una buona volta arriverai alle parole dell'Apostolo e allora chiunque le ricorda attraverso i singoli passaggi di queste tue argomentazioni, che noi non vogliamo ripetere continuamente per non infastidire il lettore, ti risponderà con il suo stesso ricordo. 30 - Per quale via arriva il peccato nel bambino? Giuliano. Di che cosa vuoi convincerci o rileggendo le Scritture o nominando giudici esperti, tu che non puoi definire ancora il tuo modo di sentire? Che ti giova insegnare che Adamo peccò: fatto che io non nego assolutamente? Domandiamo per quale via, morto da tanti secoli Adamo, il peccato, per cui l'immagine di Dio passa nella giurisdizione del diavolo, venga a trovarsi nel bambino. Agostino. Perché mai nemmeno tu ammetti nel regno di Dio l'immagine di Dio, che secondo te non ha nessun merito di peccato? Perché mai il sangue, che dalla carne somigliante alla carne del peccato è stato effuso in remissione dei peccati, si somministra in bevanda al bambino allo scopo che possa avere la vita, se il bambino non è incorso nella morte per l'origine di nessun peccato? Se questo ti dispiace, nega apertamente il bambino Gesù, nega apertamente che sia morto per i bambini il Cristo che è morto uno per tutti, con la conseguenza dichiarata dall'Apostolo: Quindi tutti sono morti ed egli è morto per tutti. ( 2 Cor 5,14-15 ) Dichiara apertamente: Non sono morti i bambini, perché essi non hanno nessun peccato e non hanno bisogno per se stessi della morte del Cristo nella quale essere battezzati. Afferma ormai manifestamente quello che senti segretamente, tradendo abbastanza con la tua discussione il tuo modo di sentire. Afferma, dirò, che i bambini inutilmente si fanno cristiani; ma sta' attento se tu debba dire cristiano te stesso. 31 - A noi la libertà di contemplare l'innocenza dei bambini Giuliano. Se [ il peccato entra nel bambino ] attraverso la mescolanza dei genitori, condanna le nozze con la tua confessione, come le condanni con la tua argomentazione, e risparmia a noi la fatica di dimostrare che tu sei manicheo. Se poi tu non osi dirlo e, contumace contro la ragione, inclini verso i " concumbenti ", così da dire attraverso portenti di argomentazioni inaudite finora che la libidine è diabolica e che essa, collocata nella sensibilità di coloro che si uniscono, è causa di voluttà per i genitori e di reato per i figli, certamente palesi la tua demenza e la tua sconcezza, ma ti prego di non essere così arrogante da negare a noi la libertà di contemplare ad onore di Dio l'innocenza dei nascenti, mentre a te è lecito e lìbito ad accusa di Dio esimere dal reato di libidine, come lo chiami, le membra dei " libidinanti ". Agostino. Qualunque sia il prurito per il quale tu lodi la libidine, cioè la concupiscenza della carne, l'apostolo Giovanni dice che essa non viene dal Padre ma dal mondo, ( 1 Gv 2,16 ) e per questa libidine giustamente il diavolo si dice principe del mondo. ( Gv 12,31; Gv 14,30 ) Creatore infatti del mondo sappiamo che è stato Dio. Di questo male dunque della concupiscenza della carne fa buon uso la pudicizia coniugale, e il reato di quel male della concupiscenza contratto dai nascenti lo scioglie la rigenerazione spirituale. Finché questo non sarà il tuo modo di intendere, non sarai cattolico ma pelagiano, e contraddirai le Scritture sante, per quanto ti sembri di difenderle. Quanto a me, tutte le volte che mi dici manicheo per questa verità che contraddici, dici manicheo certamente anche colui che dice che l'uomo, infuso negli organi genitali e impastato dalla voluttà della concupiscenza, subisce il contagio dei delitti prima di bere al dono dello spirito della vita. Ambrogio è costui, o Giuliano. Ambrogio tu dici manicheo, o pazzo! 32 - La concupiscenza della carne è la pianta del diavolo Giuliano. Quando infatti dichiari che la concupiscenza della carne è stata impiantata nell'uomo dal principe delle tenebre ed essa è la pianta del diavolo che produce di suo il genere umano come un albero i suoi pomi, apparisce certamente in modo assoluto che tu non dici creatore degli uomini Dio ma il diavolo; dal quale dogma estremamente empio si condanna l'attività dei coniugi, ossia la mescolanza dei genitali, e la carne tutta. Agostino. Non si condanna; ma non sia lodata da te quasi fosse sana, perché anche per tua confessione sia sanata dal suo Creatore e Salvatore. In coloro infatti nei quali non viene sanata sarà condannata senza nessun dubbio. 33 - La vostra eresia fu condannata prima di nascere Giuliano. Ma quando, dopo questo sacrilegio, aggiungi e dici che confessi essere veramente diabolica la voluttà dei coniugi che generano e diabolico l'orgasmo dei genitali che si muovono, ma tuttavia non sono ree né le membra stesse che si muovono né i coniugi che sono affetti dalla voluttà, e al loro posto accusi gli uomini novelli, cioè l'opera grezza della divinità nei nascenti, certo non deponi nulla dell'empietà dei manichei, ma mostri tanta smania furiosa nell'agitare la testa da doverla più logicamente giudicare meritevole di consenso che d'amputazione, se della tua volontà e della tua propensione in questa faccenda non parlasse e la ribellione di molti e la tua ostinazione e l'abbondanza delle Scritture. Agostino. Queste ingiurie le devo ascoltare senza indignazione in compagnia di quei dottori della Chiesa che l'ingresso del peccato nel mondo a causa di uno solo lo intendono così come parla l'Apostolo retto e non come opina il perversissimo Giuliano. Tra loro, per tacere gli altri, ci sono l'afro Cipriano, il gallo Ilario, l'italo Ambrogio, il greco Gregorio. Da questi eruditissimi e prudentissimi giudici, tali e quali a quelli che tu con vana presunzione ti rammarichi di non trovare, la vostra eresia è stata condannata prima che fosse nata. 34 - Al quarto libro di G. il sesto di A. Giuliano. Su questo argomento leggi anche il quarto libro della mia opera e capirai quanto tu blandisca il diavolo che dici tuo padre e la libidine tua madre, facendo le viste d'esserne l'incriminatore. Agostino. Ho letto anche il tuo quarto libro e ho risposto a tutto il suo contenuto con il sesto dei miei libri. Chi di noi abbia vinto lo giudichi il pio lettore di ambedue. 35 - Il peccato è passato da Adamo nei suoi discendenti per imitazione Giuliano. Ma vediamo ora le parole dell'Apostolo, del quale tu dici che mi risponde su quanto ho esposto sopra: A tutto questo gli ha risposto l'Apostolo, il quale non accusa né la volontà del bambino che in lui non è ancora appropriata a peccare, né le nozze che in quanto sono nozze hanno da Dio non solo l'istituzione ma anche la benedizione, né i genitori i quali in quanto genitori lecitamente e legittimamente sono coniugati tra loro per procreare figli, ma dice: " A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, e così è passato in tutti gli uomini, che tutti hanno peccato in lui ". ( Rm 5,12 ) Se ciò costoro intendessero con orecchie e menti cattoliche, non avrebbero ribelli contro la fede e contro la grazia del Cristo i loro animi, né farebbero il vano tentativo di storcere al proprio senso eretico queste parole apostoliche così lucide e così manifeste, asserendo che esse vanno intese nel senso che Adamo fu il primo uomo a peccare e che in lui ha trovato l'esempio di peccare chiunque ha voluto successivamente peccare, di modo che il peccato passasse in tutti non per generazione da quell'unico, ma per imitazione di quell'unico. Perché certamente se qui l'Apostolo avesse voluto far intendere l'imitazione, non avrebbe detto a causa di un solo uomo, ma piuttosto a causa del diavolo che il peccato è entrato nel mondo ed è passato in tutti gli uomini. Del diavolo appunto è scritto: " Lo imitano coloro che gli appartengono ". ( Sap 2,25 ) Ma la ragione per cui ha detto: " A causa di un solo uomo ", certo di quell'uomo dal quale è cominciata la generazione degli uomini, è d'insegnare che il peccato originale è passato in tutti attraverso la generazione. Agostino. Hai riferito le parole del mio libro e adesso spiega come si debbano intendere le parole dell'Apostolo riferite da me, perché sempre più ti manifesti eretico, presentandoti come lodatore dei bambini per strappare ad essi il Salvatore. 36 - Tu abusi dell'ignoranza altrui Giuliano. Che tu abusi dell'ignoranza dei tuoi favoreggiatori e ti dietro l'ambiguità delle parole lo capisce ogni persona erudita che abbia letto le nostre opere. Quanto al resto del volgo, del quale il Profeta dice a Dio: Tu tratti gli uomini come pesci del mare, ( Ab 1,14 ) esso rimane ingannato perché si accoda e, ignaro di salutari distinzioni, crede che si possa congiungere nella realtà tutto quello che vede associato nelle parole. Ma che cosa sia logico, che cosa assurdo, che cosa ci porti a dedurre da certe premesse la legge inespugnabile e veneranda del discorrere, non lo giudicano se non le persone più dotte e più attente. Agostino. Giri ancora cercando i dialettici ed evitando i giudici ecclesiastici. Dimmi finalmente come si debbano prendere le parole: A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, intendendole tu evidentemente meglio di colui che ha scritto: Tutti muoiono in Adamo, perché " a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, e così è passato in tutti gli uomini, che tutti hanno peccato in lui ". ( Rm 5,12 ) Colpa di lui è dunque la morte di tutti. E altrove il medesimo scrive: C'era Adamo e in lui eravamo noi tutti. Perì Adamo e in lui perirono tutti. Ambrogio è costui, non uno qualsiasi del volgo, la cui ignorante moltitudine, incapace di giudicare le tue discussioni, tu disprezzi con troppa alterigia e cattiveria. È Ambrogio, ti dico, al quale per nessun conto sei pari nelle stesse lettere secolari, di cui vai tanto orgoglioso. Per sapere poi quanto egli valga nelle lettere ecclesiastiche ascolta o leggi Pelagio, tuo dottore; e non voler amare un modo di sentire che sia alieno dal modo di sentire di un così grande dottore come Ambrogio. 37 - Eccomi pronto ad ascoltarti ancora Giuliano. E principalmente per questo, presi da pietà per le Chiese che vanno in rovina, noi ci appelliamo all'esame di persone illustri per prudenza, perché apparisca non quello che si dice ma quello che si dice con ragione. Se infatti si discutesse sotto un tale concilio, non ti sarebbe certamente lecito affermare quello che avevi negato o negare quello che avevi affermato. Invece nel tuo libro, che non ha a correggerlo nessuna censura di pudore, tu fai liberamente un agglomerato e di quello che dicono i cattolici e di quello che dicono i manichei, contento di questa sola opinione: che si dica che hai risposto; ma quanto a pensare quale peso abbia la tua risposta e quale consistenza lo reputi perfino inopportuno. Agostino. Ti prego, spiega ormai come debba intendersi la dichiarazione: A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo. ( Rm 5,12 ) Perché ancora calunni, offendi, tergiversi? Se in un concilio, di cui sembra che tu desideri il giudizio, sedessero Cipriano, Ilario, Ambrogio, Gregorio, Basilio, Giovanni Costantinopolitano, per tacere di altri, oseresti forse cercare giudici più dotti, più prudenti, più veraci? Essi gridano contro i vostri dogmi, essi con i loro scritti condannano i vostri scritti: che vuoi di più? Ho già dimostrato questo a sufficienza nel primo e nel secondo dei sei libri che ho pubblicati contro i tuoi quattro. Ma eccomi pronto ad ascoltarti ancora. Spiega subito in che senso si debba intendere che a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo. 38 - Confessi la tua insufficienza Giuliano. Inoltre, accedendo senza indugio alle mie richieste e consapevole delle loro risultanze acquisite, confessi la tua insufficienza di fronte alle nostre conclusioni e dici che l'apostolo Paolo risolve tutte le nostre difficoltà, e tuttavia lo citi in un testo dove concede quello che tu avevi già ammesso. Dici infatti: L'Apostolo non accusa né la volontà del bambino, che in lui non è ancora appropriata a peccare: per la quale concessione è già sicuro che nel bambino non ci può essere nemmeno un qualche peccato, non consistendo il peccato, anche secondo la tua definizione, in altro che nella volontà di compiere ciò che la giustizia vieta e da cui è libero astenersi. Agostino. Questa definizione vale per il peccato che non è insieme anche pena del peccato. Infatti nel testo dove sostenete che ci sono le voci della cattiva consuetudine, e soffocate così le voci del vostro dogma, dimmi, se osi, come sia libero per la volontà umana astenersi dal male di cui è detto: Non quello che voglio io faccio; ( Rm 7,15 ) o nega che sia male quello di cui si dice: Non faccio il bene che voglio, ma faccio il male che non voglio. ( Rm 7,19 ) Ma noi riconosciamo certamente che tale peccato è pena del peccato e perciò tale peccato è da distinguersi dal peccato che la volontà commette facendo quello da cui le sarebbe libero astenersi. Cerca di capire quello che dico e dimmi ormai per favore come sia da prendere l'affermazione: A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo. ( Rm 5,12 ) 39 - A confutare il peccato naturale basta la bontà delle nozze Giuliano. Se dunque l'Apostolo non accusa nel bambino la sua propria volontà, che intende non essere nemmeno possibile, ben dichiara che in lui non apparisce nemmeno un segno di crimine, a giudizio soprattutto di una giustizia che non imputa il peccato se non quando è libero astenersene. Ma non contento di aver concesso questo soltanto, aggiungi: Né l'Apostolo accusa le nozze che in quanto sono nozze hanno da Dio non solo l'istituzione ma anche la benedizione. Il che potrebbe ugualmente bastare da sé solo a confutare il peccato naturale. Perché se l'Apostolo sa, come sa, che non sono da accusare le nozze, alla cui celebrazione e funzione e struttura appartiene, accompagnata dalla voluttà, l'unione dei sessi, istituita e benedetta da Dio, non può germinare dalle nozze un possesso diabolico, né è reo il frutto delle nozze, soprattutto al cospetto di quella giustizia che non imputa il peccato se non quando è libero astenersene. Agostino. Non volere sospettare, ti prego, che l'unione dei coniugi fosse accompagnata nel paradiso da una voluttà tale e quale la fa essere ora la libidine, che non insorge al cenno della volontà e che, pur sempre meritevole di repressione, ma tuttavia inopportuna, sollecita anche l'animo dei santi. Non sia mai che da persone fedeli e sagge si pensi tale la voluttà del paradiso, tale la pace e la felicità di allora. 40 - I genitori non sono accusati da S. Paolo Giuliano. Consideriamo anche il terzo punto, perché si veda la tua benignità nella facilità di accondiscendere: Né l'Apostolo accusa i genitori, i quali in quanto genitori lecitamente e legittimamente sono coniugati tra loro per procreare figli. Soppesa quello che hai detto: i genitori in quanto genitori non sono accusati dall'Apostolo. Con questo dunque egli asserisce che in quanto genitori non possono fruttificare per il diavolo e che niente di essi in quanto genitori appartiene al diavolo. Ora, i figli in tanto appartengono ai genitori in quanto questi sono genitori. Quindi è provato che i figli né sono rei, né sono sotto il regno del diavolo, né sono accusabili dal diavolo. Perché tutto questo che abbiamo detto si chiarisca ripetendolo: in tanto il congiungimento sessuale comunica con la prole in quanto coloro che sono coniugati diventano genitori; se invece vogliono commettere tra loro qualche sfrenatezza o perdersi tra illecite unioni adulterine, questo non può toccare i figli, che nascono dalla vitalità dei semi e non dalla oscenità dei vizi. Agostino. Confessi forse ormai che anche tra i coniugi possono esserci delle sfrenatezze? Ecco quello che fa quella tua bella patrocinata! Ciò infatti non avviene se non quando si cede ad essa, che senza nessuna necessità di seminare prole spinge alla sfrenatezza, ripresa anche da te, gli stessi coniugi, uniti per procreare figli. Della quale concupiscenza ti sei voluto fare lodatore tanto grande che nessuno ti crederebbe capace di esserne anche oppositore, dal momento che non hai sentito il rossore di lodarla così da piacerti, senza vergogna, di collocarla anche nella beatitudine del paradiso. 41 - Nella natura viziata c'è il bene e c'è il male Giuliano. Si trasmettono quindi ai figli non le turpitudini, ma i semi di coloro che li generano. Ora, la vitalità dei semi è Dio che l'ha istituita e, come sei costretto a confessare, l'ha benedetta. Agostino. Ad istituire i semi è stato Dio. Ma coloro che sanno distinguere nella natura viziata il suo bene dal suo male, così da non giudicare che la natura sia un male né che il vizio sia una natura, sanno pure distinguere quale delle due realtà spetti a Dio creare e quale spetti sanare. Ma voi non lo potete, finché siete pelagiani e non cattolici. Dimmi ormai, ti prego, dimmi ormai in che modo debba intendersi che a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo. ( Rm 5,12 ) 42 - La concupiscenza è cambiata dopo il peccato Giuliano. I figli quindi non sono rei nemmeno quando i genitori peccano nel generarli, perché in tanto appartengono ai loro figli in quanto sono genitori, e quindi in tanto i figli appartengono ai genitori in quanto sono figli. Alla natura appunto di coloro che generano compete evidentemente di comunicare i germi, non alla colpa. Se ciò che la ragione dimostra tu dichiari che lo conferma anche l'Apostolo, giustamente noi, dietro il suo insegnamento, difendiamo che i peccati dei genitori non possono appartenere ai figli, dal momento che e l'Apostolo, chiaro di Spirito Santo, e noi illuminati dalla luce della ragione e tu oppresso dal peso della verità impugnata da te, concordemente e veracemente confessiamo che i genitori non sono rei in quanto genitori; in tanto poi appartengono ai figli in quanto sono genitori: quindi i figli in quanto sono figli, cioè prima che facciano qualcosa per mezzo della propria volontà, non possono essere rei. Agostino. Senza dubbio i genitori sono genitori generando e i figli sono figli nascendo; d'altra parte non è un male né generare né nascere; entrambi appartengono alla istituzione di Dio e nel paradiso potevano farsi senza l'indecorosa libidine, se nessuno avesse peccato. Infatti la libidine, che adesso è indecorosa, se non fosse nata dal peccato o non fosse stata viziata dal peccato, non sarebbe indecorosa, e non sarebbe esistita affatto e senza di essa le parti genitali avrebbero servito a coloro che avessero generato, come le mani servono a coloro che lavorano, o sarebbe stata così ossequiente alla volontà da non poterla sollecitare mai se non voleva. Che tale non sia adesso lo insegna la castità, la quale rintuzza i movimenti della libidine e nei coniugati perché o non commettano indecenze tra loro o non cadano in adultèri, e in tutte le persone continenti perché non si avviliscano accondiscendendo ad essa. Ecco la concupiscenza dalla quale si trae il peccato originale. Ecco da quale libidine non volle nascere colui che venne non a portare un suo peccato, ma a portare via il nostro peccato. 43 - Questa struttura non potrà mai essere scossa Giuliano. Vadano adesso e ordiscano tutto quello che possono tutti gli ingegni d'ispirazione manichea, soffrano travagli di pensiero lunghi quanto vogliono; io lo prometto senza arroganza, ma scrupolosamente: questa struttura non potrà mai essere scossa. Agostino. Quella che tu chiami struttura, è per te una frana che ti ha oppresso tanto da costringerti a lodare la castità che espugni; se tuttavia c'è in te una qualsiasi castità che ti faccia espugnare la libidine che lodi. 44 - Il male dei vizi e il bene della natura Giuliano. Con quale fronte soggiungi dunque: Ma " a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, e così è passato in tutti gli uomini, che tutti hanno peccato in lui ", ( Rm 5,12 ) intendendolo così da far dire all'Apostolo che da Adamo è stato trasmesso ai posteri il peccato per generazione? Sopra avevi concesso che il Maestro delle Genti non accusa in nulla le nozze benedette da Dio; che nel nascente non esiste volontà appropriata a peccare; che i genitori poi, in quanto sono genitori, si uniscono lecitamente e legittimamente tra loro per procreare figli; e quasi tu avessi detto tutto questo dormendo, aggiungi subito che si trasmette ai posteri per generazione un peccato. Se infatti generano in quanto sono genitori, se poi in quanto sono genitori si uniscono lecitamente e legittimamente tra loro, e questa unione non è riprovata dall'Apostolo, essendo stata non solo istituita ma anche benedetta da Dio, con quale faccia, con quale legge, con quale fronte ti ostini a dire che la generazione è causa di un reato, è radice di crimini, è serva del diavolo? Agostino. Ormai non so più quante volte sono state fatte queste domande e quante volte è stato risposto ad esse. Con il tuo multiloquio ti crei una cortina che ti impedisce di distinguere il male dei vizi dal bene della natura, e ripetendo fino ad un odioso fastidio le medesime idee con le medesime parole non dici ancora in che modo sia da prendere l'affermazione: A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo. ( Rm 5,12 ) 45 - Contraddizioni Giuliano. Non merita dunque la generazione d'essere accusata dall'Apostolo ed è posseduta dal diavolo; è istituita da Dio ed è fonte di crimini; è infine benedetta da Dio, come tu confessi, e accusata da te di essere una escrescenza diabolica. Agostino. Dio benedisse le nozze, non la concupiscenza carnale, che resiste allo spirito e che non esisteva prima del peccato. Al peccato invece, come nemmeno a quella concupiscenza che resiste allo spirito, Dio non diede la sua benedizione. Ora, quanto alle nozze che Dio benedisse, se non fosse stato commesso il peccato, dal quale è stata viziata la natura, o si servirebbero esse delle membra genitali nella stessa maniera in cui noi ci serviamo delle altre membra che obbediscono alla volontà senza nessuna libidine, o nelle nozze non ci sarebbe stata libidine indecorosa, perché essa non avrebbe mai resistito alla volontà. Tale non è davvero adesso e lo senti certamente anche tu quando dissenti da essa che sollecita e alletta. Le nozze tuttavia anche presentemente sono lodevoli, perché non causano questo male ma lo trovano negli uomini, e perché di questo male esse si servono bene con l'intenzione di generare, benché coloro che sono generati traggano di lì il peccato originale, a causa del quale devono essere rigenerati. 46 - Interroghiamo anche l'Apostolo Giuliano. Come la tua opera non abbia combinato nulla nei miei riguardi lo attesta la erudizione di tutti i letterati; quanto poi ti sforzi contro l'Apostolo e quanto insanisci contro Dio lo dimostra la contraddizione delle tue sentenze. Ma dopo aver chiarito ormai che non possono stare insieme realtà che la natura oggettiva dissocia, interroghiamo anche l'Apostolo, perché non si creda presente nei suoi modi di sentire la barbarie che apparisce provata nelle tue sentenze. Agostino. Dimmi dunque almeno ora quello che rimandavi con tanti rigiri. 47 - Non per l'esempio, ma per la generazione Giuliano. Sento dire dunque dall'Apostolo che a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, e così è passato in tutti gli uomini, che tutti hanno peccato in lui. ( Rm 5,12 ) Rispetto a questo, tu insisti che ciò non è stato detto per l'esempio del peccato, ma per la generazione, e chiami eretici noi che riferiamo ciò alla esemplarità, e ti credi aiutato da questa argomentazione: Certamente se l'Apostolo avesse voluto far intendere l'imitazione, non avrebbe detto che il peccato è entrato e passato in tutti gli uomini " a causa di un solo uomo ", ma a causa del diavolo. Del diavolo infatti è scritto: " Lo imitano coloro che gli appartengono ". ( Sap 2,25 ) Ma la ragione per cui ha detto " a causa di un solo uomo ", certo di quell'uomo dal quale è cominciata la generazione degli uomini, è d'insegnare che il peccato originale ha camminato in tutti attraverso la generazione. Io al contrario vedo che l'Apostolo non ha proferito nulla che importasse l'infamazione della generazione umana, nulla che importasse la condanna dell'innocenza naturale, nulla che importasse l'incriminazione dell'opera di Dio. Agostino. Da un pezzo continui a dire " nulla " e quando cesserai di ripetere " nulla ", non dirai più nulla. Chi potrebbe infatti non ridere di te nel vederti impegnato a convincere che non riguarda la generazione la frase dell'Apostolo: A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, perché lo stesso uomo non è stato generato da un qualche uomo dal quale fossero generati tutti gli altri, e dite invece che riguarda l'esempio, perché l'esempio del peccato che i posteri potessero imitare non è entrato nel mondo se non a causa di colui che peccò senza imitare nessun altro? Uno infatti peccò per primo. Ma che il primo non sia Adamo, bensì il diavolo, quale cristiano lo ignora? Che altro dunque ti è gradito all'infuori di questo: e non tacere e non dire nulla? 48 - Tu dimostri una grande ignoranza Giuliano. Inoltre cercando di tirare una conclusione che le parole dell'Apostolo non avevano indicata di per sé, soggiungi che per parlare d'imitazione avrebbe dovuto ricordare il diavolo; ma volendo che s'intendesse la generazione ha preferito dire l'uomo piuttosto che il diavolo. Io domando dunque quale sia stata per te l'occasione di questa opinione. Che c'è infatti? Neghi forse che si pecchi per imitazione di uomini? Benché a questa verità non occorra l'attestazione assoluta delle Scritture, ascolta tuttavia Davide: Non imitare i malvagi, non invidiare coloro che fanno il male; ( Sal 37,1 ) non rincorrere chi prospera sulla sua strada. ( Sal 37,7 ) Del resto tutti gli scritti dell'Antico Testamento ammoniscono Israele a non imitare il culto degli stranieri. Quale necessità dunque costringeva l'Apostolo a nominare il diavolo piuttosto che l'uomo, se voleva intendere l'imitazione, sapendo che si pecca per imitazione e degli uomini e del demonio? Tu dunque o prova che non si possa peccare per imitazione degli uomini e prova che ciò non si trova in nessun luogo della legge, e afferma allora che il testo è adatto alla tua opinione; oppure, se è manifesto che per nessun'altra via i peccati hanno prevalso di più che per l'imitazione dei vizi, allora tu dimostri una grande ignoranza nel concludere che l'Apostolo avrebbe certamente parlato del diavolo, se avesse voluto far intendere l'imitazione. Agostino. Non avevo già detto che non avresti detto nulla tu, uomo loquacissimo nell'arte della eloquenza del nulla? Certamente esistono nel mondo peccati d'imitazione, quando gli uomini seguono gli esempi degli uomini che peccano. Tuttavia non è attraverso gli uomini peccatori imitati da quanti li vogliono imitare che è entrato nel mondo il peccato imitato da quanti peccano, bensì attraverso colui che peccò per primo senza imitare nessuno. Costui è il diavolo, imitato da tutti coloro che gli appartengono. ( Sap 2,25 ) Così anche il peccato che non si commette imitando ma si contrae nascendo, è entrato attraverso colui che per primo generò l'uomo. Non hai dunque detto nulla e non hai voluto tacere unicamente per ingannare tra i lettori alcuni e affaticarne altri. 49 - Il peccato d'imitazione entra nel mondo dal diavolo, il peccato di generazione da Adamo Giuliano. Poiché dunque risulta chiaro che parlare dell'imitazione di uomini cattivi non solo è logico, ma è anche necessario, ne segue che provvisoriamente questo tuo argomento giace con evidenza per terra. Quanto poi alla tua aggiunta, che del diavolo è scritto: Lo imitano quelli che appartengono a lui, ( Sap 2,25 ) sono d'accordo anch'io che è stato detto saggiamente dall'autore di quel libro, chiunque egli sia; ma a te non giova che si scriva che alcuni peccano per imitazione del diavolo, se non dimostri l'impossibilità di peccare per imitazione degli uomini. Agostino. La nostra questione non è qui se si pecchi per imitazione degli uomini. Chi potrebbe infatti ignorare che si pecca anche per imitazione degli uomini? Ma la questione è quale peccato sia entrato nel mondo a causa di un solo uomo: se quello che si commette imitando o quello che si contrae nascendo. Poiché il primo, cioè quello che si commette imitando, non è entrato nel mondo se non a causa di colui che per primo senza imitare nessuno diede l'esempio di peccare a tutti gli altri che lo avrebbero imitato, ossia il diavolo; il secondo invece, cioè quello da contrarre nascendo, non è entrato nel mondo se non a causa dell'uomo che senza essere stato generato da nessun altro uomo introdusse per primo l'inizio dell'origine per la generazione di tutti gli altri uomini. Costui è Adamo. Sulla imitazione degli angeli e degli uomini renditi conto dunque che non dici nulla di pertinente alla nostra causa, ma solamente non hai voluto tacere. Discutiamo infatti non di un qualsiasi peccatore che abbia peccato nel mondo in un qualsiasi tempo, ma di quel peccatore a causa del quale il peccato è entrato nel mondo; e qui se si cerca l'esempio d'imitazione si trova il diavolo, se il contagio della generazione si trova Adamo. Perciò l'Apostolo, dicendo: A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, ( Rm 5,12 ) volle che s'intendesse il peccato di generazione. Il peccato infatti d'imitazione non è entrato nel mondo a causa di un solo uomo, ma a causa del diavolo. 50 - Tu con estrema ridicolezza Giuliano. Infatti mentre si usa l'uno e l'altro modo di dire: talvolta che qualcuno invidia imitando il diavolo e talvolta che qualcuno si macchia d'invidia o di sordide colpe imitando un altro uomo, potendo anche il nome d'imitazione convenire all'uno e l'altro soggetto, ossia e all'uomo e al diavolo, tu con estrema ridicolezza hai voluto vaneggiare dicendo che attraverso l'idea d'imitazione non poté essere indicato Adamo. Agostino. Ma può essere mai vero che il peccato sia entrato nel mondo a causa di un qualsiasi uomo che un altro imita peccando? Dimmi, se puoi, il significato delle parole: A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, e così passò in tutti gli uomini; ( Rm 5,12 ) passò o la morte o il peccato o meglio con la morte il peccato. Infatti il peccato che si commette per imitazione non è entrato nel mondo se non a causa del diavolo, il quale fece per primo senza imitare nessuno ciò che potessero fare gli altri imitando lui. 51 - Vocaboli omonimi Giuliano. Corre il discorso ad altri argomenti, ma dobbiamo insistere ancora su questo punto per aiutare e l'intelligenza e la memoria del lettore con distinzioni per quanto possiamo brevi. Per la verità quasi in tutti i discorsi ci troviamo condizionati dalla presenza di vocaboli omonimi, che noi chiamiamo equivoci. Agostino. Avevi promesso di sostenere l'intelligenza del lettore e parli di omonimi e di equivoci: in che modo dunque ti potranno intendere, almeno gli stessi pelagiani, se prima non sono mandati alle scuole dei dialettici, dovunque si possano trovare sulla terra, ad imparare queste distinzioni? O forse tu leggerai ed esporrai a loro anche le categorie di Aristotele, prima che essi leggano i tuoi libri? Perché non dovresti fare anche questo, o uomo ingegnosissimo, dal momento che nel tuo " ozio " sei pasciuto dai miseri che hai ingannati? 52 - C'e grande spazio per l'imitazione Giuliano. Ma perché adesso il nostro discorso si tenga agli argomenti in discussione, la generazione si attribuisce propriamente ai sessi, l'imitazione invece è sempre degli animi. Questa inclinazione dell'animo ad imitare possibilmente quello che vuole, accusa l'uomo o lo promuove, secondo la diversità delle situazioni. Così avviene che nel bene gli si attribuisca l'imitazione e di Dio e degli Angeli e degli Apostoli. Di Dio: Siate perfetti, com'è perfetto il Padre vostro celeste. ( Mt 5,48 ) Degli Angeli: Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra. ( Mt 6,10 ) Degli Apostoli: Fatevi miei imitatori, come io lo sono del Cristo. ( 1 Cor 11,1 ) Nel male invece l'uomo imita il diavolo, come è scritto: Lo imitano coloro che gli appartengono. ( Sap 2,25 ) Gli uomini imitano anche gli uomini: Non assumete aria melanconica, come gli ipocriti che si sfigurano la faccia. ( Mt 6,16 ) Imitano gli animali, come si desume dall'avvertimento: Non siate come il cavallo e il mulo, privi d'intelligenza. ( Sal 32,9 ) Con queste parole dunque, tanto di persuasione quanto di dissuasione, si indica l'inclinazione ad imitare che certamente, se non potesse esistere, non si intimerebbe di evitarla. Agostino. Ma il peccato di imitazione, cioè quello da commettere per l'imitazione, non è entrato nel mondo se non a causa di colui che peccò senza imitare altri perché altri peccassero imitando lui. E non è certamente Adamo costui, ma il diavolo. Infatti l'Apostolo, dicendo: È entrato nel mondo, ( Rm 5,12 ) ha indicato l'inizio di questo peccato; ed è manifesto che tale inizio non si ebbe a causa dell'uomo, ma a causa del diavolo, se vogliamo considerare il peccato imitato da coloro che peccano. Resta quindi che il peccato, che entrò nel mondo a causa di un solo uomo, non si possa giustamente attribuire all'imitazione, ma alla generazione. Rendiamo volentieri grazie a Dio, perché tu, parlando contro il vostro errore, hai confessato, quasi folgorato dalla verità, che la buona volontà con la quale imitiamo i buoni non è da attribuirsi alle forze del nostro libero arbitrio, ma all'aiuto di Dio, dal momento che hai dichiarato doversi non presumere da noi ma chiedere al Signore l'imitazione degli Angeli, spiegando in tal senso la petizione con la quale preghiamo: Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra. ( Mt 6,10 ) 53 - Significati diversi dell'imitazione e della generazione Giuliano. Ma come è manifesto che il nome d'imitazione si adatta promiscuamente a situazioni diverse, così la generazione indica in senso vero e proprio la sostanza che genera, in senso invece non proprio ma " abusivo " si applica ai fatti dello spirito. E tuttavia, poiché quest'uso di parlare è ormai invalso, e si riconosce quello che vuole indicare e non gli si lascia arrecare pregiudizio ai significati propri. Si dice dunque che il diavolo genera coloro che peccano, secondo quello che dichiara il Signore nel Vangelo: Voi avete per padre il diavolo. ( Gv 8,44 ) Con queste parole Gesù ha detto il diavolo padre dei criminosi che egli accusava d'imitare la malvagità del diavolo; e tuttavia l'intelligenza è al sicuro, perché con questo nome di padre né si attribuisce al diavolo il sesso, né a quegli uomini la sostanza aerea. Apparisca dunque subito quello che ne vogliamo dedurre. Se si giudicasse che l'uomo non imita mai un altro uomo in senso proprio e l'Apostolo avesse detto che tutti hanno peccato a causa di Adamo, io opporrei liberamente con le Scritture che l'Apostolo sarebbe da difendere nel senso che, come il Signore aveva detto padre il diavolo, il quale non poteva generare con la sua sostanza, così l'Apostolo avrebbe scritto imitabile Adamo, perché non si attribuisse all'Apostolo un insegnamento contrario all'evidenza della ragione. Agostino. È stato forse Adamo il primo ad essere imitabile nel peccato perché giustamente si dicesse entrato nel mondo a causa di lui il genere del peccato d'imitazione? Non fu il diavolo a costituirsi per primo come imitabile nel peccato? A causa dunque del diavolo l'Apostolo direbbe entrato nel mondo il peccato, se in quel passo volesse far intendere il peccato che commettessero altri per imitazione. 54 - Paolo propose Adamo per il peccato, il Cristo per la giustizia Giuliano. Se però io raccogliessi i testi del Vangelo dove si parla in senso improprio, non varrebbero a sostenere questa opinione. Molto più è lontano l'Apostolo dall'aver dato occasione all'errore, se ha dichiarato, senza dire nulla d'improprio, che il primo uomo peccatore è stato d'esempio ai peccatori di poi. Agostino. Non avrebbe dovuto dunque proporre questi due, uno per il peccato e l'altro per la giustizia, cioè Adamo e il Cristo. Se infatti avesse posto Adamo come primo peccatore per il peccato che tutti gli altri hanno imitato, certamente come primo giusto da imitarsi da tutti gli altri per la giustizia non avrebbe messo il Cristo, ma Abele, essendo stato questi appunto il primo giusto, che non ha imitato nessun altro e che tutti dovrebbero imitare. L'Apostolo invece, sapendo quello che diceva, propose Adamo per il peccato e il Cristo per la giustizia, perché conosceva nell'uno l'iniziatore della generazione e nell'altro l'iniziatore della rigenerazione. 55 - Tu non hai abbattuto la mia costruzione Giuliano. Balordissimamente perciò tu hai argomentato che l'Apostolo se avesse voluto far intendere che il peccato è passato per imitazione, avrebbe nominato piuttosto il diavolo che Adamo, mentre è chiaro che il male, sia dell'uomo sia del diavolo, non poté passare se non per imitazione. Ma, abbattuta la tua costruzione, non tanto con le mie mani quanto con le mani della ragione stessa, ascolta che cosa sia adesso apportato da noi. Agostino. Coloro che leggeranno le parole dell'uno e dell'altro di noi due, sapranno giudicare che tu non hai abbattuto la mia costruzione e che tu contro la nostra struttura hai portato senza risultato le mani, non della sana ragione, ma della tua vana opinione. 56 - Adamo non bastava da solo alla generazione Giuliano. L'Apostolo ha fatto capire di non aver detto che il peccato è passato per la generazione, quando nominando l'uomo aggiunse: Uno solo. Uno è infatti il principio della numerazione. E spiegando a causa di chi dicesse che era entrato il peccato, non solo l'ha nominato, ma l'ha anche enumerato: A causa di un solo uomo il peccato è entrato in questo mondo. ( Rm 5,12 ) Ma quest'unico basta a proporre l'imitazione, non basta a comporre la generazione. Il peccato è passato, bensì però a causa di uno solo. È chiaro che qui si accusa l'imitazione e non la generazione, che non si può compiere se non per mezzo di due. O tu quindi dimostri che la generazione è avvenuta per mezzo del solo Adamo senza la donna - e nemmeno questo è del resto impossibile alla eleganza del tuo ingegno -, oppure vedendo che la generazione non si può avere se non per mezzo di due, rasségnati, almeno tardivamente, a riconoscere che non è stata accusata l'opera di due con il numero di uno solo: A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo. Colui che ha detto: A causa di uno solo, non ha voluto che s'intendesse a causa di due. Che cercava, ti prego, il numero tra questi dogmi perché l'Apostolo nominasse con tanta cura non solo l'uomo, ma un solo uomo? Ma apparisce il cauto parlare di un'augusta intuizione: per rivelazione dello Spirito Santo l'Apostolo ha anticipato e disarmato gli errori dei nostri tempi. Perché appunto non gli si attribuisse di aver detto qualcosa contro il matrimonio istituito da Dio o contro la fecondità benedetta da Dio, al momento in cui il discorso gli chiedeva di rintracciare l'inizio del peccato, ha detto che il peccato è passato in virtù di un numero che non poteva convenire ai figli. E certamente avevano mancato tutti e due i primi uomini, che giustamente sono chiamati ambedue per i posteri " forma " del peccato. Perché dunque l'Apostolo non ha detto che il peccato è passato a causa di due: il che sarebbe stato anche più corrispondente alla verità storica? Ma non avrebbe potuto fare nulla di più prudente. Vide che se avesse nominato i due che avevano dato inizio ed esempio di prevaricazione e se avesse affermato che a causa di loro è passato il peccato, sarebbe stata spalancata l'occasione all'errore di credere che nominando i due l'Apostolo avesse condannato l'unione e la fecondità. Perciò prudentissimamente ha preferito nominare uno solo, che per la generazione era un'indicazione insufficiente, ma per l'esempio era un segno abbondante, e ha preferito gravare la mano sull'imitazione accusandola e non riprendere la generazione enumerando i due. E per riassumere tutto in breve: la fecondità, istituita nei primi uomini, non si può avere se non per mezzo di due; del peccato invece l'Apostolo dice che è entrato, ma a causa di uno solo. Agostino. Avevo già detto che tu non avresti detto nulla, e che sia così è chiaro perfino alle persone più tarde. Ma è mai vero che quanti peccano non imitano Eva o che non fu da lei che piuttosto prese inizio il peccato del genere umano? Com'è scritto: Dalla donna ebbe inizio il peccato e per causa di lei noi tutti moriamo. ( Sir 25,33 ) Perché dunque non vuoi capire che l'Apostolo dice uno solo l'uomo a causa del quale il peccato è entrato nel mondo, proprio piuttosto per fare intendere non l'imitazione ma la generazione? Come infatti dalla donna fu l'inizio del peccato, così dall'uomo è l'inizio della generazione: è infatti primo l'uomo a inseminare perché la donna partorisca. La ragione per cui il peccato è entrato nel mondo a causa di un solo uomo ( Rm 5,12 ) è che è entrato per mezzo del seme della generazione, che ricevuto dalla donna la fa concepire. E nascere in questo modo non lo volle colui che è stato il solo a nascere senza peccato da una donna. 57 - A mala pena trattengo uno scroscio di risa Giuliano. Irrefutabilmente si è concluso che l'Apostolo indica che quel peccato fu trasportato ai posteri dai costumi e non dai semi. Avvediti dunque quanta falsità sia sgorgata dalla tua bocca: Ma la ragione per cui l'Apostolo ha detto: "A causa di un solo uomo" - certo di quell'uomo da quale è cominciata la generazione degli uomini - è d'insegnare che il peccato originale ha camminato alla volta di tutti per mezzo della generazione, mentre la ragione per cui l'Apostolo dice: A causa di un solo uomo, ( Rm 5,12 ) è proprio di non far credere che un peccato originale abbia camminato alla volta di tutti. Tanto scioccamente sragioni che a mala pena trattengo uno scroscio di risa quando ti sento dire che la generazione cominciò da un solo uomo, mentre e la diversità dei sessi e la lectio divina attestano che la generazione sarebbe stata impossibile, se prima non fossero esistiti due esseri umani, cioè l'uomo e la donna. Agostino. Coloro che leggono questa risposta, rileggano la mia risposta precedente o, se la ricordano bene, ridano dei deliramenti di questa. Potrei comunque dire che la ragione per cui l'Apostolo fa entrare il peccato nel mondo non a causa di due ma a causa di un solo uomo è che sta scritto: I due saranno una sola carne, ( Gen 2,24 ) e il Signore dice conseguentemente: Così che non sono più due, ma una carne sola; ( Mt 19,6 ) soprattutto quando l'uomo aderisce alla moglie e si consuma il concubito. Ma dal concubito è generata la prole, che contrae il peccato originale, propagandosi il vizio dal vizio e creando Dio la natura; la quale natura i coniugi, anche quando usano bene del vizio, non la possono tuttavia generare così da poter essere senza il vizio. Il quale vizio lo espelle nei bambini, anche contro la volontà di Giuliano, colui che nacque senza lo stesso vizio. 58 - Parli soltanto per la libidine della maldicenza Giuliano. O se risponderai per caso - perché altrimenti non si regge il tuo dogma - che Adamo concepì e partorì da solo, quanto all'Apostolo, certo, nessuno dubita che non sia stato questo il suo modo di sentire; quanto poi a te, mostrerai tu che cosa abbia tu voluto che avvenisse al tuo sesso. Agostino. Non hai paura di quanto è scritto: Né i maldicenti erediteranno il regno di Dio? ( 1 Cor 6,10 ) Tu infatti non pronunzieresti ingiurie che sono così infami e non ti aiutano per nulla, se tu non parlassi per la libidine di essere maldicente. 59 - Saranno due uomini in un solo uomo? Giuliano. Ma omettiamo questi punti ed eliminiamo con le forze della ragione quanto in questo luogo apparisce poter essere dedotto da voi. Se dunque dirai che di questa unione è stato scritto che i due diventano una sola carne e che in riferimento a questo fatto l'Apostolo ha scritto: A causa di un solo uomo, ( Rm 5,12 ) per indicare le membra dei generanti nell'atto di unirsi tra loro, ti risponderò che anche questo vale contro la vostra empietà. Infatti non si dice: Saranno due uomini in un solo uomo, bensì: Saranno due in una sola carne, ( Gen 2,24 ) per insegnare con il nome di " unità " che la voluttà di coloro che si accoppiano e la libidine che afferrando la sensibilità sconcerta le membra e, come intese quel saggio Apostolo, tende ad ottenere una sola carne, è stata istituita da Dio e inserita nei corpi prima del peccato. Agostino. Se nient'altro potesse far sì che due siano in una sola carne all'infuori della libidine - la quale, tua pupilla, esattamente tale e quale come quella che tu lodi e riprovi, quella che riconosci pudenda e ami così senza pudore, osi dotare anche del possesso del paradiso -, non potrebbero intendersi in nessun modo anche del Cristo e della Chiesa le parole: Saranno due in una sola carne. Non esorbiti infatti così lontano dalla via della verità da avere il coraggio di attribuire questa libidine anche all'unione del Cristo e della Chiesa. Ebbene, se possono senza la libidine essere due in una sola carne il Cristo e la Chiesa, anche l'uomo e la donna, se nessuno avesse peccato, avrebbero potuto congiungersi non con la pudenda libidine, di cui arrossisce anche chi non arrossisce di lodarla, ma con la carità meritatamente lodanda ed essere due in una sola carne allo scopo di procreare figli. Perciò il Signore quando dice: Così che non sono più due, ma una sola carne, ( Mt 19,6 ) non dice certo: Non sono due carni; ma una sola carne. Che dunque si nega che siano due se non gli uomini? Come il Cristo e la Chiesa insieme non sono due Cristi, ma un solo Cristo. Onde anche a noi è stato detto: Siete dunque il seme di Abramo, ( Gal 3,29 ) essendo stato detto di quel seme ad Abramo: E al tuo seme, che è il Cristo. ( Gal 3,16 ) 60 - Confusione! Giuliano. E perciò il diavolo non può rivendicare nulla a sé né dal piacere della libidine né dalla sua verecondia. Agostino. Perché parli di verecondia? Ti senti confuso a dire confusione? E tuttavia dici che la pudenda libidine esisteva anche prima del peccato in coloro dei quali la Scrittura attesta: Erano nudi e non ne sentivano confusione. ( Gen 2,25 ) 61 - Anche se solo la carne appartenesse alla propaggine Giuliano. Ma tuttavia l'Apostolo, se qui avesse sentito qualcosa di simile, avrebbe detto che il peccato è entrato a causa di una sola carne, non a causa di un solo uomo. Ora, attraverso la generazione, partecipa alla prole soltanto la sostanza della carne, perché non si trae l'anima dall'anima, ma la carne dalla carne; nel nome di uomo invece si indica in senso proprio e l'animo e il corpo. L'Apostolo quindi, nominando un solo uomo, né si è riferito al fatto della fecondità, dove sapeva che non si comunica nient'altro all'infuori della sostanza della carne, né ha voluto far intendere i due, parlando di uno soltanto, per insegnare che il peccato è passato per imitazione e non per generazione. Agostino. Che significano dunque le parole: Così che non sono più due, ma una sola carne, ( Mt 19,6 ) se non questo: Non sono due uomini, a causa dell'unità della carne? Quantunque anche la carne da sola potrebbe dirsi uomo, prendendo la parte per il tutto, come si dice: Il Verbo si fece carne, ( Gv 1,14 ) perché colui del quale è stato detto, si fece uomo. Anche l'Apostolo quando diceva: Il nostro uomo esteriore si va disfacendo, ( 2 Cor 4,16 ) credo che volesse intendere la carne. Per questo parliamo con proprietà quando diciamo: Il sepolcro di un uomo, benché vi sia stata sepolta solo la carne. Né sbagliò la donna che disse: Hanno portato via il mio Signore dal sepolcro, ( Gv 20,2.13 ) benché ci fosse stata posta soltanto la carne. A parte dunque l'oscurissima questione nei riguardi dell'anima, si poté dire: A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, ( Rm 5,12 ) anche se solo la carne appartenesse alla propaggine. A tutto questo fa' attenzione pertanto e vedi come tu non abbia detto nulla. 62 - Paolo non ebbe nessun sentore del peccato naturale Giuliano. Qui ora, sebbene la verità abbia fatto la sua parte, ammonisco tuttavia il lettore a stare attento. In questo conflitto io ho dunque sacrificato moltissimo del mio diritto e, correndo dove mi aveva provocato la temerità dell'avversario, ho difeso talmente le certezze della sana fede che, sebbene fossero del Maestro delle Genti le parole delle quali credette di fare quell'uso il traduciano, risulterebbe non di meno che non ebbe nessun sentore del peccato naturale Paolo, il quale nominando l'uomo, ma uno solo, non avrebbe certamente incolpato la generazione del crimine, bensì gli esempi. Agostino. Un esempio hai dato, ma di falsità in te stesso, perché, se l'Apostolo ponesse l'esempio del peccato da parte del primo uomo peccatore, cioè da parte di Adamo, certamente porrebbe l'esempio della giustizia da parte del primo uomo giusto, cioè da parte di Abele. 63 - Non è passato il peccato, ma è passata la morte Giuliano. Risulta però che non è delle parole dell'Apostolo l'ordine tenuto dal nostro nemico. Costui argomenta appunto così: Se l'Apostolo avesse voluto far intendere l'imitazione, avrebbe detto che il peccato è entrato e passa in tutti gli uomini, non " a causa di un solo uomo ", ( Rm 5,12 ) ma a causa del diavolo. Infatti del diavolo è scritto: " Lo imitano coloro che gli appartengono ". ( Sap 2,25 ) Ma la ragione per cui ha detto: " A causa di un solo uomo ", certo di quell'uomo dal quale è cominciata la generazione degli uomini, è di insegnare che il peccato originale ha camminato alla volta di tutti per mezzo della generazione. In questo dunque mentisce: nell'affermare che il beato Paolo ha dichiarato che il peccato è entrato nel mondo a causa di un solo uomo e che è passato così in tutti. Questo, dico, non c'è nelle parole del Maestro delle Genti: egli appunto non ha affermato che è passato il peccato, ma che è passata la morte. Ecco dunque l'ordine delle parole: Come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e per il peccato la morte, e così passò in tutti uomini, che tutti peccarono in lui. ( Rm 5,12 ) Il sublime formatore della Chiesa ha soppesato quello che sentiva di dover dire. Dice: A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e per il peccato la morte, e così passò in tutti gli uomini. Aveva già nominato la morte e il peccato. Perché nel parlare di ciò che passò sentì la necessità di separare la morte dalla comunione del peccato, così da indicare tassativamente entrato, sì, in questo mondo a causa di un solo uomo il peccato e per il peccato la morte, ma non passato in tutti gli uomini il peccato, bensì passata la morte, inflitta certamente per la severità del giudizio divino, ultrice della prevaricazione, persecutrice non dei semi dei corpi, ma dei vizi dei costumi, se non perché Paolo ebbe cura di ammonire e di premunire che non gli si attribuisse d'aver prestato un qualche aiuto al vostro dogma? Agostino. È vero, in quel luogo dove si dice: A causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo e per il peccato la morte, e così passò in tutti gli uomini, sembra ambiguo che cosa si asserisca passato in tutti gli uomini: se il peccato, se la morte, se ambedue; ma quale sia di queste ipotesi la buona lo indica la realtà stessa tanto aperta. Infatti, se non fosse passato il peccato, non ogni uomo nascerebbe con la legge del peccato che abita nelle membra. Se non fosse passata la morte, non morirebbero tutti gli uomini, per quanto si attiene alla presente condizione dei mortali. Nella frase poi dell'Apostolo: Nel quale tutti peccarono, non si intende se non in Adamo, nel quale dice pure che essi muoiono, perché non sarebbe stato giusto che passasse la pena senza la colpa. Da qualunque parte ti volti, non rivolterai in nessun modo le fondamenta della fede cattolica, soprattutto perché ti volti contro te stesso, dicendo ora che a passare non fu il peccato ma la morte, mentre sopra hai detto che la ragione per cui ha insistito non su due uomini ma su uno solo fu d'insegnare che il peccato passò per imitazione e non per generazione. Passò dunque con la morte il peccato. Cos'è quel che ora dici: non passò il peccato, ma la morte? 64 - Quanta distanza tra te e Paolo Giuliano. Quanta sia dunque la distanza tra te e Paolo intendilo. Egli dice: A causa di un solo uomo; ( Rm 5,12 ) tu dici: A causa di due, cioè a causa della generazione. Egli dichiara che nel primo uomo ci fu la morte e il peccato, ma ai posteri passò la morte soltanto. Tu al contrario asserisci che e il peccato e la morte corsero alla volta di tutti. Agostino. Già si è risposto. Rileggano coloro che vogliono quanto abbiamo detto sopra, per non ripetere invano tante volte le medesime risposte. 65 - Dite cose troppo diverse e contrarie Giuliano. Impudentemente quindi ti ripari sotto l'ombra del suo nome, mentre dite cose troppo diverse e contrarie. Egli infatti accusa l'opera degli uomini, tu l'opera di Dio; egli le scelte dei delinquenti, tu l'innocenza e la vita dei nascenti; egli la volontà degli uomini, tu la natura degli uomini. Agostino. Si è risposto sopra a tutti questi punti: perciò già ride di te chi se ne ricorda. Chi invece non se ne ricorda, se rileggerà le nostre risposte, si dorrà di te, dopo aver certamente deriso queste tue vane risposte. 66 - Con Adamo entrarono nel mondo il peccato e la morte Giuliano. Entrò dunque secondo l'Apostolo a causa di un solo uomo il peccato nel mondo e per il peccato la morte, perché il mondo vide Adamo e reo e destinato alla condanna della morte eterna. La morte poi passò in tutti gli uomini, perché una medesima sentenza abbraccia anche tutti i prevaricatori dell'età successiva. Alla quale morte tuttavia non si permette d'infierire né contro i santi, né contro gli innocenti, ma dilaga in coloro che vede emulatori della prevaricazione. Agostino. Stai dicendo quello che fu contestato al vostro eresiarca Pelagio nel giudizio episcopale palestinese: Adamo fu fatto così che sarebbe morto, sia che peccasse, sia che non peccasse. Questa morte infatti per la quale moriamo tutti e della quale è detto: Dalla donna ebbe inizio il peccato e per causa di lei noi tutti moriamo, ( Sir 25,33 ) non vuoi che dal peccato sia passata in tutti originalmente per non essere costretto a confessare che anche il peccato passò insieme originalmente. Senti appunto quanto sarebbe iniquo che fosse passata la pena senza la colpa. Ma tuttavia la verità che tu tenti d'impugnare è tanto cattolica che Pelagio, se non avesse condannato ciò che gli contestavano, sarebbe uscito sicuramente condannato lui dal quel giudizio. La morte dunque, e questa per cui si separa lo spirito dal corpo e quella che è detta seconda, per cui sarà tormentato lo spirito insieme al corpo, per quanto concerne il merito del genere umano, passò in tutti gli uomini. Ma la grazia di Dio per colui che venne ad eliminare il regno della morte morendo, tolse lo scettro alla morte con quella risurrezione della quale si ebbe in lui il primo esempio. Questo ritiene la fede cattolica, questo ritengono i giudici temuti da Pelagio, questo non ritengono gli eretici seminati da Pelagio. 67 - La prevaricazione di Adamo accusa i suoi imitatori Giuliano. La quale prevaricazione, sebbene non sia diventata naturale, fu tuttavia " forma " del peccato, e quindi, sebbene non gravi sopra i nascenti, accusa tuttavia gli imitanti. Agostino. Ma se ti sei dimenticato del grave giogo che grava sui nascenti, noi non cessiamo di ricordartelo. 68 - La morte giudiziale o eterna è dovuta a chi pecca volontariamente Giuliano. La morte giudiziale invece passò, perché tutti peccarono in Adamo, ma per loro libera volontà. E con questa parola tutti si indica nell'uso delle Scritture la moltitudine degli uomini, non la loro universalità. Agostino. Invano cerchi di storcere le parole diritte e di oscurare le parole chiare. Tutti peccarono in colui nel quale tutti muoiono. Costui è Adamo: nel quale se i bambini non muoiono, nemmeno certamente risorgeranno nel Cristo. Ma poiché, come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita nel Cristo, ( 1 Cor 15,22 ) per questo coloro che vogliono stravolgere queste parole saranno stravolti essi stessi, rimanendo intatte queste parole. 69 - Il peccato originale non è indicato da Paolo Giuliano. Ma andiamo ora al seguito, perché, come si è chiarito in gran parte, con quale dogma concordi l'Apostolo lo mostri egli negli sviluppi della sua sacra parola. Ma che altro indicano anche le successive parole dell'Apostolo? Dopo infatti il testo precedente aggiunse: " Fino alla legge c'era il peccato nel mondo ", ossia nemmeno la legge poté togliere il peccato. " Ma il peccato non poteva essere imputato quando mancava la legge ". ( Rm 5,13 ) C'era dunque il peccato, ma non era imputato, perché non si indicava il peccato da imputare, come infatti dice altrove: " Per mezzo della legge si ha la conoscenza del peccato ". ( Rm 3,20 ) Continua: " Ma la morte regnò da Adamo fino a Mosè "; ossia, come aveva detto sopra, " fino alla legge ". Non fino a Mosè nel senso che dopo non ci fosse il peccato, ma nel senso che nemmeno la legge data per mezzo di Mosè poté togliere il regno della morte, la quale non regna certo se non mediante il peccato. Ora, il regno della morte consiste nel precipitare l'uomo mortale anche nella morte seconda che è sempiterna. " Ma regnò ". Su quali uomini regnò? Risponde: " Anche su quelli che non avevano peccato con una trasgressione simile a quella di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire ". ( Rm 5,14 ) Di quale personaggio che doveva venire se non del Cristo? E quale figura se non controfigura? Lo dice anche altrove: " Come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita nel Cristo ". ( 1 Cor 15,22 ) Come il primo fatto si è avverato in quell'uomo, così il secondo fatto si avvererà in quest'altro uomo: qui sta la figura. Ma questa figura non combacia su tutti i punti. Perciò l'Apostolo continuando aggiunge: " Ma il dono di grazia non è come la caduta. Se infatti per la caduta di uno solo morirono tutti, molto di più la grazia di Dio e il dono concesso in considerazione di un solo uomo, Gesù Cristo, abbondò in molti ". ( Rm 5,15 ) Che vogliono dire le parole: " Molto di più abbondò in molti "? Significano: tutti coloro che vengono liberati per mezzo del Cristo, mentre a causa di Adamo muoiono temporalmente, per lo stesso Cristo invece vivranno senza fine. Nient'altro confessi indicato dai logici ragionamenti dell'Apostolo all'infuori del peccato originale, che noi abbiamo provato fino dalle sue prime parole non indicato da lui, perché aveva assegnato il passaggio del peccato ad un solo uomo e non a tutti e due i progenitori. Agostino. È già stato risposto e tu continui a parlare a vanvera. Né c'è da meravigliarsene. Non sai infatti ancora che cosa io abbia risposto. Sarai anche più impudente quando lo saprai, se non vorrai abbandonare la vanità e abbracciare la verità. 70 - Ciò che sparisce non è naturale Giuliano. Ma tuttavia c'è da esaminare se ciò che aveva tralasciato lo richiami almeno adesso. Dice: Fino alla legge c'era il peccato nel mondo. ( Rm 5,13 ) Tu dici che l'Apostolo volle che in tale peccato si intendesse il peccato naturale; io domando dunque perché, se c'era fino alla legge, abbia cessato di esistere dopo la legge. Né infatti accondiscendo a intendere fino alla legge fino alla sua fine, piuttosto che fino al suo sorgere. Dalla mia parte sta la proprietà del linguaggio: ciò che dice esistito fino alla legge mostra che non esiste più dopo la legge, e tutto ciò che con il tempo sparisce non era naturale. Quello dunque che è stato infranto dalla censura della legge ed è stato in gran parte estinto da essa che l'ha infranto, apparisce ricevuto dalla imitazione e non dalla generazione. Agostino. O intelligenza che non so dire se non eretica! Se dunque la legge tolse via il peccato, poiché tu vuoi intendere così il limite fino alla legge, venne dunque dalla legge la giustizia. Se la giustificazione viene dalla legge, il Cristo è morto invano. ( Gal 2,21 ) Se invece la legge non tolse via il peccato così da non farlo esistere più, come prima avevi detto che avesse fatto e te ne sei pentito subito, ma tuttavia la legge infranse il peccato, come hai corretto dopo, e lo estinse in gran parte, ha mentito colui che ha scritto: La legge sopravvenne perché abbondasse la colpa. ( Rm 5,20 ) Ma poiché egli dice la verità, tu non dici nulla, e tuttavia, senza dire nulla, lo contraddici con pertinacia eretica. 71 - Il peccato originale esiste anche dopo Gesù? Giuliano. Ma perché non sembri che io qui ti tratti con troppa ostinatezza, accondiscendiamo che le parole fino alla legge ( Rm 5,13 ) possano intendersi fino al Cristo: concedi dunque che dopo il Cristo non esiste questo peccato che tu dici originale. E come fai a dire che e nelle membra degli Apostoli e in tutti i battezzati e fino ad oggi dopo tanti secoli dalla venuta del Cristo rimane, vige, vive l'opera del diavolo, la pianta della potestà avversaria, la legge del peccato? Agostino. Io non dico questo e tu non dici nulla. Altro è il peccato, altro la concupiscenza del peccato, alla quale non consente chi per grazia di Dio non pecca. Quantunque anche la stessa concupiscenza del peccato si chiami peccato, perché è stata fatta dal peccato. Come una qualsiasi scrittura si chiama mano di colui che l'ha fatta con la sua mano. Ma Gesù, del quale è scritto: Ecco l'Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo, ( Gv 1,29 ) è lui che dissolve con la rigenerazione il reato del peccato, contratto con la generazione; è lui che donandoci lo Spirito fa sì che il peccato non regni nel nostro corpo mortale in obbedienza alle sue brame; ( Rm 6,12 ) è lui che con quotidiana indulgenza, per la quale diciamo quotidianamente: Rimetti a noi i nostri debiti, ( Mt 6,12 ) se la concupiscenza del peccato ha persuaso a compiere qualche male anche coloro che combattono con buona resistenza, misericordioso lo distrugge; è lui che rialza i penitenti travolti da grave rovina; è lui che condurrà e stabilirà i regnanti là dove non si possa peccare più in nessun modo, quando si dirà: Dov'è o morte, la tua vittoria? Dov'è, o morte, il tuo pungiglione? Il pungiglione della morte è il peccato. ( 1 Cor 15,55-56 ) Ecco come toglie quell'Agnello di Dio il peccato del mondo, che la legge non ha potuto togliere. 72 - Il peccato originale non era imputato prima della legge Giuliano. Ma vediamo anche il resto. Dice l'Apostolo: Il peccato non poteva essere imputato, quando mancava la legge. ( Rm 5,13 ) Dopo di che tu continui: C'era dunque, ma non era imputato, come l'Apostolo dice altrove: " Per mezzo della legge si ha la conoscenza del peccato ". Se dunque per mezzo della legge fu fatto conoscere il peccato e se il peccato della " traduce " non si imputava prima della legge, dimostra che esso è stato imputato sotto la legge. Perché se la cognizione del peccato viene dalla legge, se prima della legge c'è l'ignoranza del peccato, non si può dubitare che questa sia stata la causa principale della promulgazione della legge: far conoscere e far evitare il peccato che prima era nascosto. Agostino. " Far conoscere ", dici bene e lo diciamo anche noi. " Far evitare " invece l'ha ottenuto non la legge ma la grazia, non la lettera ma lo spirito. La legge infatti subentrò non perché si evitasse il peccato, ma perché abbondasse il peccato e sovrabbondasse la grazia, che e distruggesse il peccato fatto e provvedesse a non farlo fare. 73 - Provo ciò che mi provochi a provare Giuliano. Qui sia dunque il succo della controversia: prova che sotto la legge fu imputato a qualcuno il peccato originale, prova che è stato insegnato, e io ammetterò che l'Apostolo ha parlato di questo peccato. Agostino. Certamente io provo ciò che mi provochi a provare, ma se voi vi coprite gli occhi davanti alle verità che non volete vedere e spandete la nebbia della contestazione perché non siano vedute dagli altri? Dalla legge fu comandata la circoncisione della carne, ( Gen 17,11-14 ) dalla quale non poteva essere meglio significato che per mezzo del Cristo, autore della rigenerazione, si toglie il peccato originale. Con il prepuzio appunto nasce ogni uomo, come nasce con il peccato originale, e la legge comandava di circoncidere la carne nell'ottavo giorno, perché il Cristo risorse la domenica, che è l'ottavo giorno dopo il settimo del sabato. E un uomo circonciso genera un bambino " prepuziato ", riproducendo nel bambino ciò che ormai manca nel circonciso. Alla pari un battezzato, che è stato sciolto dal reato dell'origine, lo riproduce tuttavia nel figlio che genera con la carne. Infine nella legge si trova scritto questo Salmo: Io nelle iniquità sono stato concepito e nei peccati mi nutrì mia madre nel suo seno. ( Sal 51,7 ) Il che lo vedreste certamente, né osereste contraddire in qualcosa, se aveste occhi di fede simili a quelli di Cipriano e di Ambrogio e di tutti gli altri dottori della Chiesa, pari a loro. 74 - Non taci, perché ci vuoi stancare Giuliano. Oppure, dal momento che ciò non può trovarsi nella legge, acquiètati, o impudentissimo, nel riconoscere che l'Apostolo parla di quel peccato che si contrae con l'imitazione, che si commette con la volontà, che si riprova con la ragione, che si manifesta con la legge, che si punisce con l'equità. Agostino. Di ogni peccato che si toglie per mezzo del Cristo è stato detto: Fino alla legge c'era il peccato nel mondo, ( Rm 5,13 ) perché la legge non toglie né il peccato originale, né il peccato aggiunto, né il peccato che esisteva anche prima della legge, né il peccato che sovrabbondò anche con il subentrare della legge. Ma quando dici che l'Apostolo parla di quel peccato che " si punisce con l'equità ", svégliati e accorgiti che lì c'è anche il peccato originale. Altrimenti infatti l'equità di Dio non imporrebbe un grave giogo anche agli stessi esordi dei bambini: un giogo che la nostra sollecitudine ricorda spesso per rompere la tua cervice, se non riuscirà a piegarla. Che questo peccato infatti sia indicato anche dalla legge l'ho provato con il precetto della circoncisione. Se tu lo neghi, insegna per quale peccato suo proprio era eliminata dal suo popolo l'anima di un bambino che non fosse circonciso. ( Gen 17,14 ) Lo so: non lo insegni, ma nemmeno taci, volendoci stancare. Giuliano. Del resto il peccato originale che voi fingete non può nemmeno trasmettersi per mezzo di un solo uomo, perché la generazione si fa per mezzo di due persone. Agostino. È già stato risposto. Leggi quello che io ho detto in proposito e troverai che tu hai detto delle vanità. 76 - Peccato originale e morte originale Giuliano. Né il peccato originale poté mai esistere, se può un giorno non esistere, perché gli elementi naturali perseverano dall'inizio della sostanza al suo termine. Agostino. Questo lo potresti dire anche della morte, perché anche con essa noi nasciamo: infatti il corpo è morto a causa del peccato. ( Rm 8,10 ) Ma anche se non a causa del peccato, come voi vaneggiate, tuttavia senza dubbio noi nasciamo mortali, e nondimeno un bel giorno la morte e la mortalità non ci saranno più, vivendo noi immortalmente. Come dunque la morte è originale e tuttavia poté essere e può non essere, rimanendo la nostra natura in una condizione migliore, così anche il peccato originale e poté essere, contratto per generazione, e può non essere, detratto per rigenerazione. 77 - La nascita non si comanda Giuliano. Né il peccato originale è stato presentato, né poté essere presentato dalla legge, perché un legislatore non si spingerebbe mai a tanta pazzia da comandare a qualcuno: Non voler nascere così o così. E ciò che non si poté convenientemente proibire, non si può giustamente punire. Agostino. Non si comanda all'uomo in qual modo nascere, ma gli fu comandato in qual modo vivere, e violò il precetto. Dal qual genitore si deriva il peccato originale. Si comanda pure di circoncidere il bambino, sotto pena di condanna se non si circoncide: al bambino tuttavia non solo non si comanda nient'altro, ma nemmeno la circoncisione stessa. E quindi non si comanda certo ad un uomo in qual modo nascere, tuttavia non è mondo da macchia nemmeno un infante la cui vita sulla terra sia di un giorno soltanto. ( Gb 14,4-5 ) Leggi queste parole del santo Giobbe e troverai che sei mendace, parlandoti uno che Dio disse uomo verace. 78 - Il reato del peccato originale è la morte Giuliano. E il peccato che esiste fino alla legge, si indica inesistente dopo la legge, si indica infine inesistente dopo il Cristo. Agostino. Così il reato di questo peccato si indica inesistente dopo l'abolizione dei peccati, alla stessa maniera della morte dopo la risurrezione della carne. 79 - Argomentazione e testimonianza Giuliano. Quindi, secondo anche la tua argomentazione, il peccato originale un tempo non c'è più; secondo la testimonianza della verità, non c'è stato mai. Agostino. Oh, se a non esserci foste voi, che contro la testimonianza della verità e dite e per giunta scrivete la testimonianza della vostra falsità! 80 - Definizione di un peccato Giuliano. E per fissare nella memoria del lettore quello che abbiamo fatto: tu hai definito una volta e ottimamente che il peccato non è altro che la volontà di fare ciò che la giustizia vieta e da cui è libero astenersi. Agostino. È già stato risposto che questa è la definizione di un peccato, non di quel peccato che sia anche pena del peccato. 81 - Dio non può punire se non il peccato Giuliano. La quale definizione ha pure aperto la strada ad intendere la giustizia di Dio, così da pensare noi che non potrebbe sussistere affatto l'equità del giudizio divino, se non imputasse a peccato soltanto ciò da cui sia libero di astenersi chi per questo viene punito. Agostino. Perché dunque sono puniti i bambini se non hanno nessun peccato di nessuna specie? Che forse l'onnipotente e giusto Dio non ha potuto tenere lontane da tanti innocenti queste pene ingiuste? 82 - Anche Paolo mi dà ragione Giuliano. Che poi il Maestro delle Genti, armando la ragione con il privilegio dell'autorità, abbia dichiarato che a causa di un solo uomo entrò in questo mondo la colpa, e che con l'indicazione di un solo uomo egli abbia separato l'opera delle nozze, che non possono essere senza l'attività di due, lo abbiamo messo in risalto, e la ragione per cui dall'Apostolo è stato nominato un uomo soltanto fu che nessuno osasse intendere i due progenitori. Agostino. È già stato risposto. A te piace garrire continuamente con parole vane. 83 - Furono in due a peccare Giuliano. E per la verità io asserisco uno solo l'uomo che l'Apostolo dice uno solo, per insegnare che fu un vizio d'imitazione e non un vizio di generazione, molto più conseguentemente del traduciano, che, nonostante l'indicazione di un solo uomo, del quale si dice sia stato il vestibolo del peccato, accosta ai semi un fatto della volontà: il che la natura della realtà non lo accetta. Agostino. Smetti di ripetere ciò che abbiamo già confutato. Perché ci costringi a dare continuamente le medesime risposte contro la tua tanta sapienza, con la quale credi che non si indichi la generazione dove si dice: A causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo, ( Rm 5,12 ) per il fatto che la generazione avviene per mezzo di due persone e non per mezzo di un uomo soltanto, quasi che quel peccato, che voi non volete trasmesso per generazione ma per imitazione, l'abbia commesso uno solo? Se dunque anche quel peccato fu commesso da due, per quale ragione si dice: A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, se non per la ragione che non dalla donna concepiente e partoriente, ma dall'uomo seminante è l'esordio della generazione, o per la ragione che i due non sono più due quando per mezzo dell'amplesso divengono una carne sola? 84 - È stata messa al sicuro la purezza della nostra fede Giuliano. Dopo si venne anche alla legge fino al cui tempo l'Apostolo ha scritto che ebbe vigore il peccato, senza essere stato rivelato. Il quale tempo tu hai cercato di protrarlo fino alla fine della legge, non comprendendo la nullità della tua argomentazione, dal momento che ti dovremmo costringere a provare che questo peccato, di cui falsamente fai parlare Paolo e di cui asserisci il regno fino all'abolizione dell'Antico Testamento, o sia stato imputato o abbia potuto essere imputato sotto la legge. Oppure ti acquieteresti a concedere che non regna dopo il Cristo, perché la sentenza dell'Apostolo, almeno dopo essere stata piegata violentemente, fosse consona ai tuoi modi di sentire. Ma nessuna di queste prove può essere data da te. È stata dunque messa al sicuro la purezza della nostra fede con la quale convengono e le regole della ragione e la dignità della giustizia e le generali certezze dell'Apostolo. Agostino. Che tu non dica nulla e lo dimostra la risposta che abbiamo già data e lo dimostri tu stesso. Quello che l'Apostolo dice: Fino alla legge c'era peccato nel mondo, ( Rm 5,13 ) non vuole che s'intenda soltanto del peccato originale, ma di ogni peccato, e la ragione per cui il peccato ci fu fino alla legge è che nemmeno la legge poté togliere il peccato. La frase fino alla legge è appunto comprensiva della legge stessa. Come nel Vangelo è detto: La somma di tutte le generazioni da Abramo fino a Davide è di quattordici. ( Mt 1,17 ) Questo numero infatti non lascia fuori Davide, ma include anche lui. Come dunque quando sentiamo le quattordici generazioni fino a Davide, non eccettuiamo Davide ma computiamo anche lui, così quando sentiamo: Fino alla legge c'era il peccato nel mondo, non dobbiamo lasciare fuori la legge, ma computarla anch'essa. Perché, come Davide non è fuori dal numero che si dice arrivare fino a lui, così la legge non è fuori dalla permanenza del peccato che si dice essere stato fino ad essa. Pertanto il peccato che non poté essere portato via nemmeno dalla legge, benché santa e giusta e buona, non lo toglie nessuno all'infuori di colui del quale si dice: Ecco l'Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo. ( Gv 1,29 ) Li toglie poi in tre modi: e rimettendo i peccati che sono stati fatti, dove si comprende anche il peccato originale; e aiutando perché non si facciano; e portando alla vita dove non potranno assolutamente essere fatti. 85 - Non ha detto: In molti più abbondò Giuliano. Ma vediamo anche il resto. Dopo aver detto: Questa figura non combacia su tutti i punti, prosegui dicendo: Onde l'Apostolo aggiunse qui continuando: " Ma il dono di grazia non è come la caduta. Se infatti per la caduta di uno solo morirono tutti, molto di più la grazia di Dio e il dono concesso in considerazione di un solo uomo, Gesù Cristo, abbondò in molti ". ( Rm 5,15 ) La quale sentenza la esponi così: Che vogliono dire le parole: " Molto più abbondò "? Non significano se non questo: quanti sono liberati per mezzo del Cristo, mentre a causa di Adamo muoiono temporalmente, per lo stesso Cristo vivranno invece senza fine. L'Apostolo, sulla cui opinione c'è conflitto tra noi, ha certamente dichiarato che per il conferimento della salvezza opera più efficacemente e più copiosamente la grazia del Salvatore che il peccato di Adamo, per indicare che molto più fortemente il Cristo giovò e a più giovò, perché la sua grazia, per usare la sua stessa espressione, abbondò in molti più di quanto abbia nociuto la prevaricazione del primo uomo, che tu dici abbia legato il peccato ai semi. Agostino. Ha detto che molto di più abbondò, e non ha detto: In molti più abbondò; non ha detto cioè che abbondò in un numero più grande di persone. Chi potrebbe infatti non vedere che nel genere umano sono più numerosi quelli sui quali non abbondò? Questo perché dai più venisse l'indicazione di che cosa sarebbe dovuto per giusto giudizio all'intera massa, se lo Spirito non spirasse dove vuole, se Dio non chiamasse quelli che si degna chiamare, se Dio non facesse religioso chi egli vuole. 86 - Voi leggete l'Apostolo perversamente Giuliano. Prova dunque che ciò che ha inteso l'Apostolo collima con i vostri dogmi. Agostino. Si leggano le sue parole senza quella perversità di lettori quale c'è in voi e non occorrerà nessun'altra prova. 87 - Il peccato di Adamo avvelenò la creazione divina Giuliano. Se infatti Adamo, come dite voi, per il peccato naturale generò tutti alla condanna e dalle sue viscere diffuse nella prole tanto grande veleno da turbare nella natura dell'uomo tutte le istituzioni di Dio. Agostino. Quando uno spirito immondo vessa il bambino, ne affligge l'anima e il corpo, ne perverte i sensi e la sanità, non è vero che è turbata tutta la natura del bambino come l'ha istituita Dio? Né di questo male tanto grande trovate in nessun modo il merito, se negate il peccato originale. Perché infatti non ti accorgi che qui, nella natura dell'uomo, a causa del veleno del diavolo, sono turbate tutte le istituzioni di Dio? Dimmi la colpa del bambino, dimmi il reato del neonato a cui toccano questi mali, tu che non vuoi prendere le parole dell'Apostolo come le prende la Chiesa cattolica da quando è stata istituita e come confessa la stessa natura con i suoi mali tanto evidenti. E tuttavia, a ben considerare, non si turbano in nessun modo le istituzioni di Dio, perché egli costituì tutto prevedendo il futuro, né rende ai singoli tutto quello che merita la creatura " apostatica ", ma disponendo tutto con misura, calcolo e peso ( Sap 11,21 ) a nessuno fa soffrire alcunché di male senza che se lo meriti, sebbene nessuna singola persona patisca tanto quanto si deve alla massa universale. 88 - Dopo il peccato le nozze non possono esistere senza il dono del diavolo Giuliano. Da non poter le nozze, che Dio aveva create, esistere senza il dono del diavolo, al quale dono tu fai appartenere la libidine sessuale; anzi, volando via quelle nozze che Dio aveva ordinate con l'onore della sua istituzione, costringesse e convincesse a credere opera del diavolo e non di Dio le nozze di ora, delle quali è rimasto l'ordinamento con l'eccitazione dei genitali, con il pudore degli accoppiamenti, con il calore e con l'orgasmo delle membra, con la soddisfazione dei sensi, con l'iniquità dei nascenti. Agostino. Se distingui dalla bontà delle nature il male dei vizi, che non può esistere se non in qualche bene, né scuserai il diavolo, né accuserai Dio, né scuserai il male della libidine, né accuserai il bene delle nozze. 89 - Anche la libertà è crollata nell'uomo per il peccato Giuliano. Da far crollare infine con la spinta di un solo peccato la stessa libertà dell'arbitrio, con la conseguenza che nessuno successivamente avesse in potere di respingere i vecchi crimini con la elezione della virtù, ma tutti fossero trascinati alla condanna dall'unico torrente di un'umanità sconvolta. Agostino. Perché non ti meravigli piuttosto che nell'intero genere umano fin dall'esordio della nascita ci sia tanta miseria da non poter nessuno diventare beato se non da misero, né da sfuggire a tutti i mali se non dopo questa vita colui al quale ciò venga donato per grazia di Dio? Meravigliandoti di questo ti correggerai e conoscerai nell'afflizione non ingiusta del genere umano il giusto giudizio di Dio, poiché a causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo. 90 - I cocci di Adamo Giuliano. Dirò: se l'iniquità del primo uomo rovesciò tutti questi mali sull'immagine di Dio, apparisce manifestamente troppo debole nei suoi doni la grazia del Cristo, non avendo essa trovato nulla che rimediasse a mali così numerosi ed enormi; o, se l'ha trovato, affermalo. Confrontiamo ora infatti i singoli mali con i singoli rimedi. Se al di fuori delle opere della volontà Adamo ha sovvertito le istituzioni della stessa natura, nient'altro avrebbe dovuto fare il Cristo più di questo: riparare i cocci di Adamo ricalcando esattamente le tracce della sua rovina. Agostino. Lo fa, ma non nel modo che vuoi tu. Chi infatti ha mai potuto conoscere il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere? ( Is 40,13; Rm 11,34 ) 91 - Un esempio Giuliano. Per esempio, far sì che nelle nozze dei battezzati non si senta affatto la libidine, e far sì che i genitali dei battezzati non si muovano alla stessa maniera in cui si muovono in tutte le altre genti. Agostino. Non dovrebbero dunque le donne battezzate partorire con dolore, poiché questa, e non lo puoi negare, è una pena di Eva peccatrice. 92 - Altri esempi Giuliano. Infine dopo il dono della grazia receda il pudore da coloro che si accoppiano, né serpeggi per le loro membra una imitazione di quiete, né soffrano i sensi gli oneri della dolcezza; si restituisca infine ai battezzati il libero arbitrio, in modo che, espulsa la legge del peccato per mezzo della correzione della natura, tu confessi essere possibile ai mortali tanto il rifulgere dello splendore delle virtù quanto il rabbrividire per le sordidezze dei vizi. Anzi in modo assoluto coloro che ricevono i sacramenti non dovrebbero essere più nemmeno mortali. Agostino. E tuttavia, Giuliano, non ti vergogni di ammettere nel paradiso tali nozze da confessare in esse il pudore di coloro che si uniscono. Esisteva dunque qualcosa di cui aver pudore là dove nulla che non fosse da lodarsi aveva istituito il Creatore, che è da lodarsi al di sopra di tutto? Ma chi può sapere e dire questo se non chi non ha il pudore di lodare ciò che suscita pudore? 93 - La rimozione del peccato che ha causato la morte, deve abolire la morte Giuliano. Se infatti la medicina combatte contro la piaga e la morte si dice avvenuta a causa del peccato, la rimozione del peccato deve operare l'abolizione della morte. Agostino. Certamente voi dite ancora che Adamo fu creato così che sarebbe morto ugualmente, sia che peccasse sia che non peccasse. Ma nel dire questo vi ha già condannati nel giudizio episcopale palestinese il vostro stesso maestro Pelagio, e non senza condannare se stesso poiché non si corresse. Però non è in questo secolo maligno che Dio beatifica i suoi, ai quali qui rimette i peccati e dona il pegno dello spirito della grazia. Per questo a coloro che anche dei mali di questo secolo, o dilettevoli o duri e aspri, in parte non fanno uso e in parte fanno buon uso, ha promesso il secolo futuro, dove non patiranno mali di nessun genere; dove sarebbero anche le nozze tali, quali avrebbero potuto essere in quel paradiso, se nessuno avesse peccato, tali da non esserci nulla di cui vergognarsi, ma allora le nozze non esisteranno più nemmeno così belle, perché cesserà la stessa generazione, quando sarà completo il numero dei beati, cui sono necessarie le nozze. 94 - Devi negare che nel sacramento del battesimo ci sia qualcosa di medicinale Giuliano. Ebbene, poiché risulta che ai corpi dei battezzati non viene nessuno dei benefici suddetti, e d'altra parte la verità più chiara del sole ha mostrato che tutto non sarebbe potuto, cioè non sarebbe dovuto, avvenire diversamente con questi modi della medicina, o devi confessare che i mali da noi enumerati sopra non accaddero per causa del peccato e quindi non sono stati delle ferite della natura, perché sia salva la ragione della grazia, in dipendenza della quale è manifesto che la natura non fu rimossa dai suoi ordinamenti; oppure devi negare che ci sia qualcosa di medicinale nei misteri del Cristo, i quali di tanti morbi, come li chiami tu, non hanno potuto sanarne nemmeno uno. Agostino. Tutto il contrario: se voi viveste con mente sveglia, dovreste riconoscere quanto sia stato grande quel peccato che a causa di un solo uomo entrò nel mondo e passò con la morte in tutti gli uomini, dal fatto stesso che anche i battezzati, pur rimosso il reato, non sono sottratti a tutti i mali di questo secolo, con i quali nascono gli uomini, se non dopo questa vita, durante la quale è necessario che ci esercitiamo ancora con l'esperienza dei mali, anche dopo che ci sono stati promessi i beni. Se infatti si rendesse subito alla fede la ricompensa, la fede non sarebbe più nemmeno fede. Essa proprio perché attende fiduciosamente e pazientemente i beni promessi che non vede, tollera con animo pio i mali presenti che vede. 95 - Danni temporali e benefici eterni Giuliano. Finora ho agito come se la forza dei doni e delle ferite, sebbene con effetti contrari, fosse tuttavia dall'Apostolo stimata pari. Ma cresce senza dubbio la sublimità della sana fede da noi difesa, quando si considera che Paolo, non solo non ha messo il malanno delle colpe al di sopra dei rimedi della grazia, ma anche più copiosi ha giudicato i benefici a confronto dei danni. Agostino. È vero: i danni dei rigenerati sono appunto temporali, i benefici invece saranno senza dubbio eterni. Ma i danni, che i neonati attestano piangendo, dite per quale merito sotto il giudice più giusto e più onnipotente s'infliggano a loro, se non contraggono nessun peccato. 96 - La grazia abbondò di più, non in più Giuliano. Avverta dunque il prudente lettore che cosa abbia concluso anche questa discussione. L'Apostolo ha detto che la donazione del Cristo abbondò per la salvezza in persone più numerose di quelle alle quali ha nociuto la colpa di Adamo. Agostino. Non ha detto questo, ma: Molto di più la grazia abbondò in molti. ( Rm 5,15 ) Cioè: la grazia abbondò di più, non: abbondò in più. Ossia non abbondò in persone più numerose, come è già stato risposto. 97 - Tra te e Paolo c'è tanta discordia Giuliano. Per la quale colpa tu dici accaduti alla natura i disastri che abbiamo enumerati sopra e dei quali consta che nemmeno uno viene riparato in coloro che accedono ai sacramenti del Cristo, e quindi tu asserisci che l'iniquità del primo uomo ebbe nel rovinare molta più forza di quanta ne ottiene la grazia del Cristo nel riparare. Da questa conclusione è stato reso chiaro che tra te e l'apostolo Paolo c'è tanta discordia quanta tra i cattolici e i manichei. Agostino. La grazia del Cristo toglie il reato del peccato originale, ma questo reato invisibile lo toglie in modo invisibile. Rimette anche tutti i peccati che gli uomini hanno aggiunti al peccato originale vivendo malamente. Il giudizio di condanna viene appunto da un solo delitto, perché anche quel solo peccato che traggono i nascenti trae alla dannazione eterna se non è rimesso. Né tuttavia la grazia rimette questo solo peccato: altrimenti essa varrebbe quanto quel peccato. Ma insieme al peccato originale la grazia rimette pure tutti gli altri peccati, e quindi vale più del peccato originale. Per questo è scritto: Il giudizio parte da un solo atto per la condanna, il dono di grazia invece da molte cadute per la giustificazione. ( Rm 5,16 ) La grazia dona altresì che lo spirito concupisca contro la concupiscenza della carne, e se talvolta il fedele è vinto venialmente in questa battaglia, la grazia gli rimette i debiti se dice l'orazione; e quando è vinto condannabilmente gli dà una penitenza ancora più umile a cui tributare l'indulgenza. La grazia dona in ultimo e all'anima e al corpo la vita eterna, dove quali e quanti siano i beni chi lo potrebbe immaginare? In che modo dunque l'iniquità del primo uomo ha fatto più danneggiamento che giovamento la bontà del secondo uomo, cioè del Cristo, quando il primo ha danneggiato temporalmente, il Cristo invece e aiuta temporalmente e libera e beatifica eternamente? Stando così le cose, la nostra sentenza è cattolica e non manichea, e quindi non è neppure pelagiana perché cattolica. 98 - Si crede piú alla carezza che alla coerenza Giuliano. Farei certo ottimamente a disprezzare la tua frivola spiegazione a questo testo e a passare sotto silenzio senza ribatterla, quasi troppo terra terra, se non temessi che si creda più alla carezza che alla coerenza. Tu dunque parli in questo modo: Che vogliono dire le parole: " Molto di più abbondò ", ( Rm 5,15 ) se non che quanti sono liberati per mezzo del Cristo, mentre a causa di Adamo muoiono temporalmente, per mezzo dello stesso Cristo vivranno invece senza fine? Dal quale modo di ragionare, se tu ne avvertissi la conseguenza, confesseresti abbattuta tutta la tua rocca, cioè la " traduce ". Dici infatti che in tanto la grazia del Cristo abbondò molto di più in quanto per essa si conferisce la vita eterna, mentre per il peccato di Adamo si deve subire la corruzione temporale. Se dunque nient'altro che la morte del corpo apportò Adamo, contro il quale il Cristo con un beneficio ancora più copioso conferì la vita che dura senza fine, apparisce che non passò ai posteri il peccato di Adamo, ma la morte. Agostino. Quello che apparisce è che per questo tu hai irriso o piuttosto hai finto d'irridere quanto io ho detto, perché a quelli che non ti capiscono tu sembrassi dire qualcosa, mentre non dicevi nulla. Prima di tutto perché io ho detto che Adamo ha nociuto con la morte temporale a quanti libera la grazia del Cristo: gli altri infatti che non libera per la verità di un giudizio occulto, sì, ma giusto, sono colpiti dalla morte eterna, anche se muoiono da bambini. In che modo dunque apparisce di qui che non passò nei posteri il peccato di Adamo ma la morte, se non perché vuoi far credere a ciò che strepitano le tue parole e non a ciò che è conseguente alle mie parole? In verità noi diciamo che la morte e il peccato passarono ambedue e gridiamo che ambedue si tolgono dal Cristo: cioè il reato del peccato con la pienissima remissione dei peccati, la morte invece con la beatissima risurrezione dei santi. La quale non si dà subito ai rigenerati, perché si eserciti la fede che spera ciò che non vede; i fedeli infatti sono autentici fedeli quando ciò che non si vede lo sperano e in se stessi e nei loro bambini. Ecco quello che noi diciamo, ecco quale verità cattolica voi contraddite. Ma più contro voi stessi che contro la verità voi dite tutto ciò che dite con le vostre discussioni eretiche. 99 - Non ci può essere il peccato tradotto Giuliano. Risulterà poi per conseguenza logicissima che la morte perpetua, cioè la pena sempiterna, non è stata trasmessa a noi, e quindi non può esistere il peccato della " traduce ". Perché infatti apparisca in breve quanto risulta doversi ritenere: l'Apostolo giudica i doni del Cristo superiori al peccato del primo uomo; tu per questo tuo peccato, cioè per il peccato della " traduce ", dici che è passata una sola morte o due morti? Se una sola morte, e precisamente quella corporale, come hai confessato qui, risulta che la grazia del Cristo supera il peccato del primo uomo e nessuno allora nasce peccatore; perché se, come hai detto sopra, il regno del peccato consiste nel fatto che l'uomo venga precipitato nella morte seconda, cioè nella pena perpetua, e dici che ad opera di Adamo fu apportata solamente la morte del corpo, allora a causa di Adamo non si trasmette ai posteri né il peccato né la morte eterna. Agostino. È già stato risposto: non dici nulla. Il regno del peccato infatti precipita anche nella morte eterna, se il peccato non è rimesso per mezzo della grazia del Cristo, ma tuttavia non esisterebbe nemmeno questa morte temporale, se Adamo non avesse perduto per merito del peccato la possibilità di non morire. Tale morte temporale la minacciò infatti Dio al peccatore dicendogli: Dalla terra tu vieni e alla terra tornerai. ( Gen 3,19 ) Questa morte si degnò assumerla senza merito di peccato il Cristo, perché morendo di tale morte egli tornasse, sì, alla terra, ma risorgendo levasse la terra al cielo e, distrutta così la morte eterna, non volle togliere ai fedeli la morte temporale allo scopo preciso che contro di essa si esercitasse la fede della risurrezione nel combattimento di questa vita. 100 - Tu sei riprovato giustamente Giuliano. Se invece dirai che a causa del peccato di Adamo è diventata naturale l'iniquità e due morti ci sono cadute addosso, una eterna e l'altra temporale; ma per la grazia del Cristo l'una, ossia la morte perpetua, è tolta episodicamente alla persona e non alla natura, e rimane invece la morte temporale, si convince di falsità l'Apostolo per aver detto che la grazia recò molto più giovamento che nocumento il peccato. ( Rm 5,15 ) Ma l'Apostolo non si può accusare e tu dunque sei giustamente riprovato. Agostino. Io ho detto che dall'unica risurrezione dei beati sono tolte ambedue le morti: e questa morte temporale perché l'anima non sia privata del suo corpo, e la morte eterna perché l'anima non sia appesantita o afflitta anche dal suo corpo. Per questa ragione poi la morte corporale è lasciata temporaneamente ai fedeli: perché a causa di essa abbia giovamento la fede, così come sarà tolta la morte corporale ai rei perché sia un incremento di miseria il fatto di non separarsi dal proprio corpo. A coloro quindi, che sono rigenerati nel Cristo ed escono da questo secolo maligno, come a suoi eletti la grazia giova manifestamente più di quanto abbia nociuto il peccato, che entrò nel mondo a causa di un solo uomo e passò in tutti gli uomini con la morte. Quanto all'Apostolo quindi egli non si può accusare perché ha detto il vero, ma quanto a te o non capisci o contro quello che capisci tenti con pertinacia eretica di asserire il falso. 101 - C'è un merito cattivo fuori dalla volontà Giuliano. L'Apostolo ha detto che la grazia del Cristo abbondò più della colpa di Adamo. Da lui dunque non è accusata la natura, non la generazione, non la fecondità, ma la volontà, l'elezione del male, la pravità dei costumi. Agostino. Se non ha nociuto in nulla la generazione, non giova in nulla la rigenerazione; se non è stata viziata la natura, i bambini non hanno nel Cristo il loro salvatore; se il merito cattivo e il merito buono dei singoli sono nella propria volontà dei singoli, per quale merito il Cristo conferisce il regno di Dio ai bambini che non hanno usato della propria volontà in nessuna delle due direzioni? Infine, poiché l'Apostolo ha proposto due modelli, uno per il peccato, e non il diavolo ma Adamo; uno per la giustizia, e non Abele ma il Cristo, perché si riferisse non l'imitazione agli esempi ma la rigenerazione alla generazione, se Adamo non trascina il peccato negli uomini generati, il Cristo non dona la giustizia ai bambini rigenerati, perché i bambini non hanno fatto uso della propria libertà né da generati, né da rigenerati. Andate ora, se volete, e gridate, se osate, che ai bambini non si dona la giustizia e che essi non avranno la giustizia quando abiteranno in quel Regno, dove, com'è scritto, ci saranno cieli nuovi e terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia; ( 2 Pt 3,13 ) oppure ubriacati dal vostro dogma fortissimo, delirate dicendo che in quel Regno i bambini avranno, sì, la giustizia, ma per i meriti della propria volontà, non per elargizione della grazia divina. Se non osate dirlo - voi infatti confessate che qui si guadagnano i meriti e là invece si rendono i premi -, perché esitate e non volete riconoscere che i bambini hanno potuto ricevere da Adamo il peccato senza meriti di propria volontà cattiva, così come riceveranno dal Cristo la giustizia senza meriti precedenti di loro volontà buona? 102 - La tua fluttuazione Giuliano. Perciò, se la verità trova ancora qualche spazio nelle vicende umane e se il mondo non è diventato tutto assolutamente sordo per lo strepito dell'iniquità, teste la ragione, teste la discussione, teste anche la fede dell'Apostolo e la sua stessa sentenza, confesserà il mondo come più che provato che tanta è la differenza tra i traduciani e i cattolici quanta tra Paolo e Manicheo, quanta tra la sapienza e la stoltezza, quanta tra la ragione e l'insania, quanta tra la coerenza delle affermazioni e quella fluttuazione di cui tu, per una nuova lebbra, soffri a tal punto da negare quasi nelle medesime righe ciò che hai detto e da affermare ciò che hai negato. Agostino. È già stato risposto. Ti prego, se non puoi dire alcunché, taci se puoi; ma il peggio è che non puoi nemmeno questo. 103 - Un'eresia già condannata non dev'essere riesaminata Giuliano. Dice l'Apostolo: E non è accaduto per la grazia come per il peccato di uno solo: il giudizio infatti di condanna parte da uno solo, la grazia della giustificazione invece da molte cadute. ( Rm 5,16 ) Alle quali parole dell'Apostolo tu affianchi la tua esposizione che è del seguente tenore: Da che uno solo se non da un solo delitto? Perché segue la frase: " La grazia invece da molti delitti ". Dicano costoro in che modo sia venuta da un solo delitto la condanna se non perché basta alla condanna anche il solo peccato originale che passò in tutti gli uomini. Al contrario in tanto la grazia della giustificazione ci libera da molti delitti in quanto essa non scioglie solamente quell'unico delitto, che si contrae originalmente, ma anche tutti gli altri delitti, che in ciascun uomo gli si aggiungono per atto di volontà propria. " Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l'abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo. Come dunque per la colpa di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l'opera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione che dà vita ". Dopo le quali parole dell'Apostolo, quasi tu avessi combinato qualcosa, parli di noi insultandoci così: Rimangano ancora nella vanità della loro mente e dicano che quell'unico uomo non trasmise la propaggine del peccato, ma offrì l'esempio del peccato. " Come dunque per la colpa di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna ", e non invece per le molte colpe proprie di ciascuno, se non perché, anche se ci fosse solo quel peccato, esso sarebbe idoneo a condurre alla condanna, pur non aggiunto nessuno degli altri, come quel solo conduce alla condanna i bambini che nascono da Adamo e muoiono prima che rinascano nel Cristo? Perché dunque [ Giuliano ] chiede a noi ciò che non vuole ascoltare dall'Apostolo: per quale via il peccato venga a trovarsi nel bambino; se per la volontà, se per le nozze, se per i genitori? Ecco, ascolti per quale via, ascolti per quale via il peccato si trovi nel bambino e taccia. Lo dice l'Apostolo: " Per la colpa di un solo uomo si è riversata su tutti gli uomini la condanna ". Sappiamo che certamente tu nulla temi di più di una interrogazione che sia perscrutatrice del tuo animo e del tuo dogma. Di qui viene appunto che vi procuriate con tutte le ricchezze dalle autorità del mondo la negazione di un esame. Capite infatti che dovete agire con la forza, abbandonati come siete dell'aiuto della ragione. Agostino. Vuoi non aver da temere l'autorità? Fa' il bene. ( Rm 13,3 ) Ma non è bene pronunziarsi contro il senso dell'Apostolo e pronunziare un senso eretico. Perché cerchi ancora l'esame, che è già stato fatto presso la Sede Apostolica; l'esame che inoltre è già stato fatto nel giudizio episcopale palestinese, dove Pelagio, inventore del vostro errore, sarebbe stato certamente condannato, se non avesse condannato cotesti vostri dogmi che tu difendi? Un'eresia dunque già condannata dai vescovi non dev'essere ancora esaminata, ma dev'essere rintuzzata dalle autorità cristiane. 104 - La nostra arma migliore Giuliano. Ma non varrà presso le persone sagge la tua opinione tanto da poterti sottrarre tu, capo e causa di cotesti mali, di mezzo al conflitto facendo obiezioni all'Apostolo e da reputare che dev'essere bersaglio da ferire al posto tuo lui che, precettore e principe, è la nostra arma migliore contro di voi. Perché dunque tu riconosca a rigore di logica quello che ti si deve dire: se tra me e te non esistesse nessun dissenso su questo punto, che l'Apostolo con il peccato naturale conferma il dogma dei manichei, allora a chi chiedesse chi è il tuo capo, risponderesti logicamente: l'Apostolo. Ora invece, poiché dalla mia parte sta l'inviolabile dignità del Maestro delle Genti, poiché io non sopporto che dalla tua esposizione siano offese le sue parole, che io secondo la regola esplicita della ragione asserisco contrarie al vostro dogma stolto, impuro, empio; poiché dimostro che l'Apostolo non ha detto nulla a favore del peccato naturale, per quale impudenza tu o vai insinuando che mi risponde in tua vece lui che non è interrogato, perché non si dubita nemmeno un poco della sua sapienza, o vai vociferando che io non voglio ascoltare dall'Apostolo ciò che detesto in te per la sanità d'intelligenza tramandataci dall'Apostolo? Agostino. Dopo le parole dell'Apostolo riportate da me, non avresti forse dovuto fare nient'altro che tacere! E tuttavia, nulla dicendo contro di esse, né dicendo qualcosa che vada nel loro senso, non taci con me e tra l'altro lanci la voce che io sono il capo e la causa di cotesti mali, come se fossi stato io il primo o a credere nel peccato originale o a discutere della sua esistenza. Tanto ignoranti appunto stimi coloro che leggeranno queste tue affermazioni da non sapere che molti e chiari dottori della Chiesa prima di noi hanno inteso e hanno spiegato coteste parole dell'Apostolo nel senso stesso in cui le ha capite o credute tutta la Chiesa cattolica fin dal suo inizio. Se nelle parole di quei dottori ci sono dei mali, come voi non temete di dire, in che modo, ti prego, sono io il capo e la causa di cotesti mali, se non perché tu sei il capo di coteste calunnie che scagli rabbiosamente contro di me? Se infatti tu considerassi con cervello sano le miserie della vita umana, dai primi vagiti dell'infanzia fino agli ultimi gemiti dei moribondi, vedresti certamente che né io né tu, ma quell'Adamo è stato il capo e la causa di cotesti mali. Il che non volendo vedere, gridi tu ad occhi chiusi e che è giusto il giudizio di Dio e che non esiste il peccato originale. Le quali due affermazioni quanto siano fra loro contrarie te ne accorgeresti senza dubbio, non dico se tu non fossi il capo di cotesti mali perché certo non lo sei, ma se tu avessi un capo sano. E lo potresti avere se, mettendoti al seguito dei dottori cattolici, non avessi per tuo capo Pelagio. 105 - Avverto il lettore a stare attento Giuliano. Si sprigioni dunque la forza dei tuoi argomenti. Dopo che Paolo disse che la grazia del Salvatore abbondò nel riparare molto più di quanto nel danneggiare abbondò la prevaricazione del primo uomo, continua a dire: E non è accaduto per la grazia come per il peccato di uno solo: il giudizio di condanna partì da uno solo, la grazia della giustificazione invece da molte cadute. ( Rm 5,16 ) Il quale peccato, unico e sufficiente alla condanna, tu sostieni che è il peccato originale, il peccato cioè che passa in tutti gli uomini. Alla grazia invece in tanto si attribuisce la giustificazione da molti delitti in quanto in essa non si scioglie solamente quell'unico delitto, che si contrae originalmente, ma anche tutti gli altri che in ciascun uomo gli si aggiungono per atto di volontà propria. A conferma di ciò argomenti poco dopo che, se l'Apostolo avesse detto ricevuto per imitazione questo unico delitto sufficiente alla condanna, avrebbe dovuto aggiungere che tutti gli uomini non vanno alla condanna a causa di un solo delitto, ma a causa dei molti delitti che ciascuno ha commessi con la propria volontà. Nei quali ragionamenti, poiché il discorso dell'Apostolo dev'essere liberato dai lacci dei manichei, avverto il lettore a stare attento. Secondo dunque il nostro modo di sentire per cui si asserisce che la prima colpa offrì il modello a coloro che peccano, tu affermi che l'Apostolo, come dice che la grazia produce la giustificazione da molti delitti, così avrebbe dovuto dire ugualmente che la morte ha regnato a causa di molti peccati. Ebbene, con questo argomento tu combatti contro te stesso. Io dimostro infatti che secondo il tuo dogma l'Apostolo dichiara incongruentemente: La grazia invece della giustificazione da molte cadute, dopo aver detto: Il giudizio di condanna da un solo peccato. Per entrare infatti nel vostro territorio uscendo dai nostri confini: se la libertà dell'arbitrio fu sovvertita dal primo peccato e se in tutto il genere umano rimase da allora in poi così minorata che non le è possibile fare se non il male soltanto e non ha in sua facoltà la scelta alternativa di stare lontana dal male e di fare il bene, ma, oppressa dalla necessità del peccato, è costretta ad obbedire all'appetenza dei crimini; se, corrotta ogni legge di giustizia, sono diventati naturali i peccati che erano volontari; se nelle membra dimora la legge del peccato, che con il pudore e con la giocondità delle nozze ha ricevuto in sorte la tirannia sull'uomo, immagine e opera di Dio; se la pianta del diavolo nasce nelle nostre viscere prima dell'anima e sul ritmo degli sviluppi naturali s'ingrandisce, frondeggia, si carica di frutti tossici; se, dirò come voi dite, tutti questi mali li ha prodotti l'unica colpa del primo uomo, è più logico dire che il genere dei mortali va alla condanna a causa di un solo delitto che dire che la grazia libera da molti delitti, e si capisce come si possa dire ancora più propriamente che questa grazia quelli che libera li libera da un solo delitto. Non altri peccati infatti si aggiungono per atto di volontà propria se, frantumata la libertà dell'arbitrio, esclusa l'onestà del desiderio, ogni male lo fa la colpa del primo genitore, infestatrice dei semi. Agostino. Donde è possibile che tu, intento a pervertire le parole dell'Apostolo, possa parlare in altro modo che non sia perverso? Senza dubbio infatti, quando a quel delitto, che la generazione contrae, accede l'uso della volontà, che i bambini non hanno, in direzione di molte e varie cupidigie si eleva un albero di molti peccati; ma già prima che ciò avvenisse, anche quell'unico peccato portava alla condanna il bambino che finiva questa vita prima dell'uso della volontà. Perché, se a un male già grande e moltiplicato si deve una condanna maggiore, non per questo non si doveva nessuna condanna ad un male piccolo e non ancora moltiplicato. In che modo dunque la rigenerazione, che toglie un male moltiplicato per l'uso della volontà, non giova più del danno che fece la generazione, la quale di questo male, benché grande e molteplice, contrasse l'inizio, non ancora tuttavia accresciuto e non ancora moltiplicato, che sarebbe rimasto solo senza nessuna proliferazione, se non accedeva nessun uso di volontà ad aumentarlo e a moltiplicarlo? Ma la volontà, prima che dall'intervento della grazia di Dio sia resa alla libertà buona per operare la vera giustizia, da molte altre cause, oltre che dal vizio di origine, è mossa o non è mossa a peccare. Ne segue che tra le stesse persone empie, per le quali la grazia che giustifica l'empio non è ancora intervenuta o non interverrà mai, alcune peccano di più e altre di meno. Dunque il giudizio di condanna parte da uno solo, ( Rm 5,16 ) nel senso che sono condannati anche coloro che hanno contratto per generazione quell'unico peccato. La grazia invece della giustificazione da molte cadute, perché la grazia toglie non solamente quel delitto con cui l'uomo nasce, ma ogni altro delitto che l'uso della volontà abbia aggiunto a quel male. Questa riguardo alle parole apostoliche è la verità cattolica che non depravi per mezzo di nessuna loquacità eretica, quanta che sia la prolissità della vanità e della loquacità con le quali ci metti a dura prova. 106 - Grazia terrena e grazia eterna Giuliano. Perciò, se autore di così grandi mali è il peccato naturale, la grazia del Cristo non opera la giustificazione condonando molti delitti, ma eseguisce l'iniziativa della benignità divina indulgendo a un solo peccato. Il che promettendo di fare, manterrà fede alle sue promesse, se curerà questi mali che si dicono indotti dalla ferita del peccato. Comunque, se anche dopo i rimedi apprestati dalla grazia, rimane ugualmente la medesima serie dei morbi diabolici, si deve gratitudine all'intenzione della grazia e si deve venia alla sua presunzione, perché a curare le pesti inserite nella natura è venuta a mancare alla grazia la forza e non la volontà. Agostino. È già stato risposto: intendi e taci. Altro è il modo in cui la grazia fa combattere l'uomo e lo aiuta, altro è il modo in cui la grazia conserva il vincitore nella pace eterna senza più nessun nemico, né esterno né interno. Quella è la faticosa milizia nel secolo presente, questa è la beata quiete nel secolo futuro. Ma se tu in te stesso non fai la guerra contro i vizi carnali, arrossisci; se fai la guerra, taci. 107 - Il peccato di Adamo danneggiò lui solo Giuliano. Che cosa abbiamo dunque combinato con questa discussione? Evidentemente che non c'è concordanza tra il tuo modo di sentire e l'Apostolo. Infatti l'Apostolo dice che dalla liberalità della grazia sono condonati molti peccati, il tuo dogma invece asserisce che è condonato un unico peccato naturale e che esso, chiamato da te legge del peccato, inocula in tutti gli uomini i desideri dell'iniquità. È dunque assodato che tu accusi la natura che è opera di Dio e l'Apostolo accusa la volontà. Non avrebbe poi dovuto parlare diversamente da come ha parlato, dicendo che la condanna si può avere da un solo peccato, sia perché quel primo uomo con un solo peccato diede l'esempio di peccare, sia perché come a lui una sola prevaricazione sovrabbondò per la condanna, così pure agli altri una sola colpa può bastare per il reato. Tant'è vero che l'Ecclesiaste dice: Uno sbaglio solo annienta molti beni, ( Qo 9,18 ) e Giacomo: Se osservi tutta la legge, ma ne trasgredisci anche un solo punto, diventi colpevole di tutto. ( Gc 2,10 ) Agostino. Dunque il peccato di Adamo danneggiò lui solo e non anche il genere umano! Non sarai infatti assurdo fino al punto di dire che dal suo peccato furono o sono danneggiati gli uomini che non conoscono o non credono che Adamo sia esistito e che cosa abbia fatto. Perché, sebbene gli uomini imitino in qualcosa altri senza saperlo, saresti tuttavia troppo stupido a dire che sono danneggiati e diventano peccatori per un peccato che essi ignorano, fatto migliaia di anni prima, tranne che tu confessi che questo peccato è passato in tutti per generazione. Quanto poi a coloro che dicono che il peccato di Adamo danneggiò lui solo e non il genere umano, se Pelagio non li avesse condannati, sarebbe stato condannato lui dai suoi giudici, non certamente manichei. 108 - Una medicina efficacissima Giuliano. Ma la grazia del Signore Gesù Cristo non è stata data così da provvedere per singoli peccati, quasi per singole ferite, anche singoli rimedi d'indulgenza, e da offrire venia ai vari peccati con diversi battesimi. Essa invece, per il potere della sua efficacissima medicina, che si applica ai crimini, ossia alle opere della volontà cattiva, soccorre così universalmente da cancellare le diverse specie di reati con la forza di una sola consacrazione. Agostino. In qualunque modo dica che è stata data la grazia del Signore Gesù Cristo, tu separi dalla grazia i bambini, perché neghi che siano salvati da essa. Voi cioè, distinguendo a vostro arbitrio i vocaboli stessi, fate apparire pertinente ai bambini il Cristo per il regno dei cieli, dove concedete che possano entrare soltanto i battezzati, e fate apparire assolutamente estraneo invece ai bambini Gesù, perché egli non opera in essi ciò che lo fa chiamare Gesù. A proposito infatti è scritto: Lo chiamerai Gesù, e subito spiega perché Gesù: Egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati. ( Mt 1,21 ) Il che negando voi che avvenga nei bambini, li separate sia dal nome di Gesù, sia dal suo popolo; e osate indignarvi che siate voi piuttosto separati dal medesimo popolo? Per quanto poi concerne i delitti volontari, come il giudizio manda alla condanna partendo da molti delitti, così pure la grazia libera da molti delitti per la giustificazione. Perché dunque si dice: Il giudizio di condanna parte da uno solo, la grazia dalla giustificazione invece da molte cadute, ( Rm 5,16 ) se non perché in questo passo non si contrappone volontà a volontà, né imitazione ad imitazione, ma rigenerazione a generazione? Come infatti la generazione riceve il giudizio di condanna per un solo peccato, così la rigenerazione dona la grazia della giustificazione da molte cadute. È chiaro che cosa l'Apostolo abbia voluto far capire. Se voi aprirete le vostre orecchie ossequiose, chiuderete le vostre bocche litigiose. 109 - La storia sacra parla di un solo peccato di Adamo Giuliano. Sapientemente dunque parlando di Adamo ha nominato un peccato soltanto, che volle far intendere " forma " della prevaricazione. La ragione, dirò, per cui ne ha nominato uno soltanto e non molti, è che sapeva contenuto nella storia della Legge un solo peccato di Adamo. Ha invece lodato che la grazia mandi da molti peccati alla giustificazione coloro che essa riempie di sé, perché non nascesse il sospetto di un beneficio povero. E se avesse detto: La grazia da uno solo alla giustificazione, sarebbe sembrato che la grazia abolisse non tanto tutti i peccati quanto i singoli peccati uno per volta. Premettendo dunque un solo peccato ha salvato la verità storica; soggiungendo: Da molte cadute la grazia della giustificazione, ha celebrato la munificenza e l'abbondanza del mistero. Agostino. Ma che bisogno c'era che parlasse di Adamo, quando celebrava la grazia del Cristo, se non perché da Adamo viene la generazione e dal Cristo la rigenerazione? 110 - Sei tu ad aiutare i manichei Giuliano. La quale spiegazione com'è in consonanza con la ragione, così è la vostra distruzione. In forza di essa infatti ti è necessario confessare che l'Apostolo non ha parlato del peccato della " traduce " manichea in tutti i passi precedenti, quando nel menzionare la grazia ha indicato che molti peccati sono assolti da essa. Agostino. Sei tu ad aiutare i manichei, ai quali dài spazio per tirare fuori un'altra natura cattiva, negando che la causa della miseria dei bambini sia nel male originale. La quale miseria certamente non l'avrebbero nel paradiso, se nascessero durante la permanenza in esso della rettitudine e della beatitudine della natura umana. 111 - Il peccato unico fu dello stesso genere degli altri peccati Giuliano. Al genere infatti di questi peccati, dei quali tutti ricorda la molteplicità e la remissione per mezzo della grazia, ha mostrato di fare appartenere anche quel peccato unico di cui ha parlato precedentemente. Ora, tu sei d'accordo nell'identificare le molteplicità di questi peccati con la molteplicità dei peccati che si commettono da ciascun uomo con atti di propria volontà. Anche dunque quell'unico peccato è del medesimo genere. Agostino. Insieme con quell'unico peccato di Adamo dico che fanno moltitudine gli altri peccati, non per esclusione del peccato di Adamo. Ma anche quell'unico peccato di Adamo può dirsi giustamente del medesimo genere degli altri peccati, se è riferito alla sua origine, perché anch'esso promanò dalla volontà del primo uomo, quando il peccato di lui entrò nel mondo e attraversò tutti gli uomini. 112 - Il Cristo ha giovato piú di quanto abbia nociuto Adamo Giuliano. Così da intendere quell'unico peccato attratto da ciascuno per iniziativa della propria volontà, e così da accusare non già la fecondità dei semi, ma la pravità dei desideri. Del resto, se avesse voluto far intendere quell'unico peccato originale, certamente in seguito non avrebbe detto molti i peccati che egli attesta rimessi mediante la grazia. Agostino. Per quale ragione non l'avrebbe detto se non perché vogliono così i pelagiani? Ma non lo vuole la verità, dalla quale è redarguita la novità pelagiana e vinta la vanità pelagiana. I molti delitti infatti dai quali la grazia giustifica sono molti insieme a quell'unico peccato, da cui parte il giudizio di condanna, anche se non si aggiungono altri peccati. Così dunque poté Adamo seminare un solo peccato nei generati e il Cristo invece rimetterne molti ai rigenerati, poiché si dimostra che il Cristo ha giovato più di quanto abbia nociuto Adamo. 113 - Attento il lettore alle conclusioni Giuliano. E sebbene alla difesa della verità sopravanzino le argomentazioni già fatte, tuttavia ammonisco il lettore ad essere attento alle conclusioni che tiriamo. Apparirà, infatti, inconfutabilmente che in questi passi l'apostolo Paolo non ha discusso affatto della natura, ma della condotta dei mortali; cioè opponendo tra loro diametralmente la forza della grazia del Cristo e la forza del primo peccato, mettendo a confronto gli effetti delle due forze, si è industriato di dimostrare che il mistero del Cristo ha giovato più di quanto abbia nociuto il peccato del primo uomo. Ora, abbiamo insegnato che ciò non si può sostenere nel senso della " traduce ". Come dunque i molti elementi che ha enumerati, così dunque ha voluto che in modo speciale spettasse a lode della grazia l'osservazione in cui dice: Il giudizio di condanna parte da uno solo, la grazia della giustificazione invece da molte cadute. ( Rm 5,16 ) La quale osservazione il sostenitore del male naturale la spiega in questo modo: In tanto " da uno solo il giudizio di condanna " in quanto quell'unico peccato che si contrae per generazione basta da solo a condurre alla condanna, come vi conduce i bambini che nascono da Adamo se non rinascono nel Cristo, benché non ci siano altri peccati. " La grazia della giustificazione invece da molte cadute ", perché la grazia non rimette solamente quell'unico peccato che si trae originalmente, ma anche tutti gli altri che da ciascun uomo si aggiungono per iniziativa di volontà propria. Ecco, hai confessato, benché con empietà manichea, che esiste, sì, il peccato naturale, ma tuttavia uno solo, per il quale dici che devono essere condannati i nascenti. Agostino. Colui che disse: Noi nasciamo tutti sotto il peccato, non era manicheo. Ma rispondi che cosa siate voi che tante immagini di Dio, senza merito di nessun peccato, le separate dal regno di Dio, negate che siano condannate dal giudizio di Dio e inventate due felicità eterne: una che sia dentro il regno di Dio e un'altra che sia fuori dal regno di Dio. Dite, vi prego: In quella felicità che è fuori dal regno di Dio ci sarà un re o non ci sarà un re? Se non ci sarà nessun re, sarà certamente più libera senza nessun re quella felicità. Se invece ci sarà un re a regnare in essa chi sarà re delle immagini di Dio se non un dio? Ora, se sarà un dio, voi introducete un secondo dio, e date del manicheo a me? Che se a regnare come re in quella felicità sarà lo stesso Dio di cui sono immagini quelle immagini, anche le stesse immagini di Dio saranno felici nel regno del loro vero Dio. E allora dove va a finire il testo: Se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio? ( Gv 3,5 ) Oppure una buona volta confessate voi finalmente che fuori dal regno di Dio saranno infelici i bambini non rinati. Dite dunque il merito di questa loro infelicità, voi che verbosi e litigiosi negate il peccato originale. 114 - Prova tu che il battesimo rimette anche ai bambini molti peccati Giuliano. Prova dunque che nei bambini si compie quanto l'Apostolo ascrive alla grazia del Cristo: cioè che essa opera la giustificazione da molti peccati, ossia elargisce la giustizia rimettendo molti peccati in una sola volta. Dunque o insegna che i bambini si caricano di molti peccati perché ti sia possibile convincere che anche per loro vale la lode fatta dall'Apostolo alla munificenza del Cristo, sicché risultino i bambini liberati da molti peccati, o confessa che Paolo non ha discusso per nulla sui bambini, per nulla sulla natura umana in quei passi, quando ha attestato che dalla liberalità della grazia sono rimessi i peccati che, anche per tuo consenso, non possono trovarsi nei nascenti. Agostino. Che è questo di cui parli? Che è quello che la tua vanità loquacissima ti fa rintronare nelle orecchie perché non vi entri la verità manifestissima? Senza dubbio, Gesù che salva il suo popolo da una moltitudine di peccati, non tralascia di rimettere anche i singoli peccati originali dei bambini, perché nella medesima moltitudine ci sono anche gli stessi peccati originali. 115 - Agli adulti sono perdonati dal battesimo molti peccati, ai bambini uno solo Giuliano. La grazia della giustificazione, dice l'Apostolo, da molte cadute. ( Rm 5,16 ) Tu dici che i bambini non vanno soggetti a più di un solo peccato. Vedi dunque che nella loro persona la lode della grazia zoppica, perché non trova i molti peccati per la cui remissione meriti di essere lodata. Perciò il detto dell'apostolo Paolo: La grazia della giustificazione da molte cadute ( Rm 5,16 ) si tradisce falsissimo nel caso dei bambini. Dove tenterai dunque di saltare fuori di qui? Senza dubbio stai per dire - manifestò infatti il tuo pensiero il precedente tuo discorrere su questo argomento - che l'affermazione dell'Apostolo: La grazia della giustificazione da molte cadute, ( Rm 5,16 ) si avvera negli uomini di età perfetta che appariscono carichi di molti peccati per iniziativa della loro propria volontà, mentre nei bambini la giustificazione non si compie da molti delitti, ma da uno solo. Agostino. Non ti ci voleva una grande intelligenza per capire che da questa giustificazione, che il Salvatore conferisce ai suoi con la remissione di molti peccati, siete voi piuttosto a sottrarre i bambini, ai quali sostenete che non può essere rimesso nessun peccato; non siamo noi invece che, quando diciamo condannati tutti gli uomini a causa del peccato di uno solo, non eccettuiamo nessuna età, perché anche i maggiorenni hanno questo peccato, e ugualmente quando diciamo che la grazia giustifica da molti peccati, non eccettuiamo nondimeno nessuna età, poiché colui che rimette molti peccati - con il nome di molti si intendono senza dubbio tutti -, certamente non ne omette nessuno, ossia né i molti dei peggiori peccatori, né i meno numerosi di alcuni uomini, né il singolo peccato dei bambini. Per vedere questo non vi ci voleva dunque una grande intelligenza, se l'invidia non vi facesse negare ai bambini il Cristo come medico e rifiutare assolutamente che egli sia Gesù per essi con orrenda empietà, con strana cecità, con blasfema loquacità. Che cosa poi più stolto di volere che la grazia del Cristo spetti solamente a coloro che hanno molti peccati? Con simile ragionamento appunto o piuttosto con simile accecamento dell'intelligenza voi sottraete a questa grazia non soltanto i bambini, che stimate non contrarre dall'origine nessun reato, ma tutti assolutamente quelli che non hanno molti peccati, dal momento che l'affermazione dell'Apostolo: La grazia della giustificazione invece da molte cadute, ( Rm 5,16 ) giudicate doversi intendere nel senso che a tale grazia non partecipi se non il peccatore a cui la grazia rimette molti peccati. Perciò poiché un bambino non ha secondo voi nessun peccato, certamente quando sarà cresciuto e avrà già cominciato a peccare, se commetterà non dico pochi peccati ma forse uno soltanto ancora e verrà al battesimo del Cristo, egli non parteciperà in nessun modo a questa grazia, perché non è giustificato da molti peccati ma da uno solo. Penso che la sordità del cuore non prevalga in voi fino a tal punto che non vi faccia arrossire questa così grande assurdità. Ebbene, se partecipa a questa grazia anche il peccatore che riceve la remissione di un solo peccato, vuol dire che l'Apostolo con le parole: La grazia della giustificazione invece da molte cadute, ha voluto far intendere i peccati di tutto il popolo che è giustificato per mezzo della grazia, avendo in esso alcuni molti peccati, altri meno, altri anche un singolo peccato: tutti insieme i peccati sono certamente molti. 116 - La grazia si conferisce ugualmente a tutti Giuliano. Ma con tale spiegazione, in virtù della quale non riuscirai né a pervertire il senso dell'Apostolo né a scansarlo, hai tuttavia perduto non solo il tuo prestigio, ma anche lo spauracchio di quel livore che infiammavi contro di noi. Andavi appunto gridando che abbiamo mancato gravemente contro la fede, noi che diciamo che la grazia del Cristo si deve senz'altro amministrare uniformemente, né si devono cambiare le parole e le istituzioni; ma essa conferisce ugualmente a quanti riempie di sé i doni dell'adozione, della santificazione, della promozione; essa però non trova in reati univoci tutti quelli che vi accedono, ma coloro che hanno peccato con la propria volontà, senza la cui opera non ci può essere nessun peccato, li libera dal reato e da cattivi li fa buoni; gli innocenti invece, felici della loro prima età inoffuscata, non li accusa per nessuna opera di volontà cattiva, di cui sa che non c'è stata esperienza presso di loro. Agostino. O singolare demenza! È disputare questo o è vaneggiare? Nella miseria attestano piangendo di essere nati i bambini, ai quali tu non vuoi far avere nel Cristo il loro Gesù, e li dici felici, e tuttavia non li ammetti nel suo regno. Dal quale regno, se tu lo amassi con carità cristiana, giudicheresti una grande miseria esserne esclusi. 117 - Si toglie autorità alla grazia Giuliano. Ma da buoni li fa migliori. E tutti quelli che accoglie li innalza certamente fino all'unico colle della santificazione, ma non li trova tutti nella medesima palude dei vizi, bensì alcuni li trova in stato d'innocenza, altri in desideri malvagi. Perché dunque noi diciamo questo che è garantito dalla sanità della fede, dal presidio della ragione, dalla pietà dell'intelligenza, perché diciamo questo che rende alla grazia del Cristo la giusta lode, né attribuisce a Dio nessun reato, tu dici che traballa l'autorità del sacramento e con acume più ottuso di ogni pestello asserisci che si toglie autorità alla grazia, se non le si ascrive l'odiosa colpa della calunnia, se non perverte le regole della giustizia, se non addossa a coloro che sono privi di consapevolezza il crimine della coscienza altrui; e da ultimo tu dici che la grazia non ha nessuna efficacia, se si insegna che essa non opera in tutti uniformemente. Agostino. Perché hai creduto di dover paragonare ad un pestello non il mio acume, ma l'acume di tutti i controversisti cattolici, insieme ai quali ritengo non abbattuto ciò che voi tentate invano di abbattere? O forse hai cominciato a sentire che vi stritola nella vostra fragilità? E tuttavia tu, con l'apparenza di difendere la giustizia di Dio, tenti di rovesciare il modo di sentire di tutta la Chiesa del Cristo sulla condanna dei bambini non rigenerati, non sei mai disposto a dire perché mai sia giusto, se non contraggono il peccato originale, il grave giogo che grava su loro. Non ti accorgi che siete voi invece a pervertire le regole della giustizia e proprio nel caso dell'onnipotente Dio, dal quale o sotto il quale fate irrogare questa pena senza alcun merito a innumerevoli migliaia di uomini di ogni ordine, ossia di immagini di Dio, dal giorno in cui escono dal grembo delle loro madri. Infine non sarai mai pronto a dire perché sia giusto che i bambini, morti senza battesimo per nessuna loro colpa e ordinariamente per nessuna colpa nemmeno dei loro cari, siano separati dai loro genitori e dai loro parenti cristiani e non siano ammessi nel regno di Dio, né siano contati tra i vasi fatti per uso nobile, come gli altri bambini battezzati, ma tra i vasi fatti per uso volgare - perché non esiste un terzo genere di vasi - senza meriti cattivi. Dispiace infatti alla vostra sapienza eretica ciò che crede la fede cattolica: dopo che tutti a causa di uno solo hanno imboccato la strada della condanna, in alcuni si compie la misericordia della grazia, in altri rimane il giudizio della verità per le inscrutabili vie del Signore, che sono tutte misericordia e verità. ( Sal 25,10 ) 118 - Svanito sei tu Giuliano. Tutto ciò dunque che ti serviva ad adescare gli animi sordidi di stoltezza è manifestamente svanito con questa tua spiegazione. Agostino. Svanito sei ma tu, che non vuoi vedere o confessare che la remissione dei peccati appartiene anche a coloro che hanno un peccato soltanto. Nella quale grazia medicinale non rientrano i bambini, se non hanno nessun peccato. Voi li radiate empiamente dalla vita, perché negate ad essi il Salvatore. 119 - La grazia è diversa secondo le diversità dei soggetti Giuliano. Poiché infatti l'Apostolo dichiara: La grazia della giustificazione invece da molte cadute, ( Rm 5,16 ) e tu dici che questo non si può certo applicare ai bambini e che poi negli altri che sono di età perfetta siavvera soltanto perché a quell'unico peccato hanno aggiunto con atti volontari anche altri peccati, confessi senza dubbio che l'operazione della grazia è diversa secondo la diversità di coloro che vi accedono. In coloro che usano appunto della iniziativa della propria volontà, si offre alla grazia materia per gloriarsi, perché tira fuori da molti crimini alla giustificazione quelli che adotta; nei bambini invece, secondo te, la grazia, più digiuna, più angusta, più esile, né con grande efficacia, né con idonea medicina, né con onestà capace di salvare, né con sicurezza di pudore, si ripromette di cancellare quell'unico peccato, che non avrebbe dovuto nemmeno imputare, e da quell'unico peccato tenta di trasferire i bambini che libera alla giustificazione. Agostino. Già risposto. Dici molte volte le medesime menzogne, perché non trovi altro da dire. Quando dite che nessun peccato si deve imputare ai bambini, fate ingiusto Dio che ha imposto a loro un grave giogo dal giorno della loro nascita dal grembo materno. ( Sir 40,1 ) Tacesse pure la Scrittura, chi è così cieco di mente da non vedere che la miseria del genere umano comincia dai pianti dei bambini? Fate ingiusta anche la legge di Dio, che condanna l'anima di un infante non circonciso all'ottavo giorno. ( Gen 17,14 ) Vano altresì giudicate il precetto che comanda di offrire un sacrificio per il peccato alla nascita di un bambino. ( Lv 12,6 ) Ora, se questo reato dell'origine lo denunzia la Scrittura santa e si denunzia da se stesso, anche questo peccato è tra quei molti peccati dai quali giustifica la grazia che pure i bambini beatifica da questa miseria. E ciò non avviene in questo secolo, che tutto intero Dio ha voluto penale per gli uomini da quando mise i primi uomini fuori dalla felicità del paradiso, ma nel futuro secolo eterno da dove adesso il Cristo dona alle sue membra il pegno del santo Spirito. ( 2 Cor 1,22 ) 120 - Gli effetti della grazia possono essere diversi Giuliano. Hai confessato dunque che la grazia in un modo opera nei grandi e in un altro modo opera nei piccoli. Né spazio alcuno puoi credere lasciato alla tua risposta, se tiri la conclusione che c'è, sì, una grande distanza, ma nella remissione dei peccati; sebbene trovi un peccato solo, trova tuttavia un peccato da rimettere. Ma non fai un passo avanti con questa argomentazione, perché non ha importanza quale sia la specie dei diversi effetti che attribuisci all'unica grazia, comunque confessando che possono essere diversi. Agostino. Altro è dire diversi gli effetti della grazia, perché anche la Scrittura santa dice multiforme la grazia di Dio, ( 1 Pt 4,10 ) e altro è negare la grazia della remissione dei peccati ai bambini e sostenere che essi, se non si sottraggono alla potestà delle tenebre, sono esorcizzati e insufflati in modo menzognero nella Chiesa della verità, con grande ingiuria del Creatore, se non hanno bisogno dell'aiuto del Salvatore per essere sottratti alla potestà dell'impostore. 121 - Nei bambini la grazia non ha il prestigio che le attribuisce Paolo Giuliano. Io infatti mi contento che tu sia stato sospinto a concedermi che non a tutte le età possa in egual modo convenire ciò che l'Apostolo ha insegnato della liberalità della grazia. Se qualche argomento hai portato per confermare che anche nella prima età dei neonati si eseguisce una remissione, tuttavia non hai negato che non si compia nei bambini ciò per cui l'Apostolo ha dichiarato lodevole la grazia del Cristo. Infatti anteponendo in seguito la medicina del mistero al peccato del primo uomo, nel quale insegnava la presenza di una " forma " per i discendenti, l'Apostolo scrive: Il giudizio di condanna parte da un solo delitto, la grazia della giustificazione invece da molte cadute. ( Rm 5,16 ) L'effetto dunque che gli ha fatto preferire la grazia, ossia l'effetto della giustificazione da molti peccati, neppure secondo te risulta nei bambini e, sebbene con riluttanza, tu sei stato indotto a confessare che la grazia non si trova in modo eguale nelle età diverse. Agostino. Già risposto. Tu parli a vanvera. È gloriosa la grazia di Dio anche quando rimette a ciascuno il suo unico peccato, perché anche questi peccati unici appartengono a quella moltitudine di peccati dalla quale giustifica gli uomini colui che salva il suo popolo dai suoi peccati. ( Mt 1,21 ) Al quale popolo non appartenete meritatissimamente voi, perché a quel popolo non volete che appartengano i bambini. 122 - Tenta di dimostrare il peccato naturale Giuliano. Dalla quale tua ammissione è apparso che non è esistita nessuna necessità di muovere calunnia alla natura umana per questa sola ragione di non attribuire alla grazia specialmente del battesimo effetti diversi secondo le età. Tolta questa fantasiosa persuasione, se hai un po' di energia, se un po' d'ingegno, se un po' di virtù, tenta di dimostrare il peccato naturale, che vedi distrutto dalla ragione, dall'autorità, dalla equità. Da quale istinto sei stato ingannato a chiamare opera e pianta del diavolo la mescolanza dei corpi, istituita da Dio, e la voluttà dei sessi, conciliatrice della stessa mescolanza, che, vigendo tanto negli uomini quanto negli animali, indica suo autore lo stesso Dio che indica creatore dei corpi? Agostino. Arrossisci: tu sei quel famoso cantore della libidine. Arrossisci, ti dico. La libidine, che a te piace tanto e contro la quale necessariamente combatte chi non vuole commettere peccato consentendo alle sue sollecitazioni, non esisteva nel paradiso prima del peccato. Ivi dunque o non si sentiva minimamente o non precedeva la volontà razionale né la eccedeva. Diversa è attualmente: lo sente in se stesso ogni uomo, e tu sei uomo. Reprimi la voglia di opporti e riconosci il vizio donde si trae il peccato originale. Questo vizio le nozze lo hanno trovato e non l'hanno introdotto negli uomini propagati da esse. Di questo vizio le nozze fanno uso per necessità, fanno buon uso con la castità, e perciò non sono in nessun modo colpevoli. Questo vizio non è un male nelle bestie, perché in esse la carne non ha desideri contrari allo spirito. ( Gal 5,17 ) Questo vizio negli uomini è un male, che dev'essere sanato dalla bontà divina e non lodato dalla vanità umana. 123 - I semi sono buoni per natura, ma i semi viziati propagano i vizi Giuliano. Ma quale ragione ti ha indotto a ferire prima l'innocenza con un crimine altrui e a tentare poi di mescolare con i semi la vicenda dei desideri? Agostino. Tu fai sempre i medesimi discorsi con le medesime parole, ma sono senza dubbio vane le tue parole. Per natura buoni sono i semi, ma anche i semi si viziano e da semi viziati si propagano anche i vizi. Almeno lo stato dei corpi te lo insegni, molti dei quali, sebbene il loro creatore sia sommamente buono e immune da vizi, tuttavia nascono viziosi. E certamente se nessuno avesse peccato, nel paradiso non nascerebbero simili corpi. 124 - Sei tu calunniatore e cieco Giuliano. La ragione di togliere al battesimo la verità della sua propria operazione? La ragione di ascrivere un crimine di patente iniquità a Dio, che è tutto equità e non potrebbe essere Dio senza la giustizia? Agostino. Questo lo fate piuttosto voi: perché se i bambini sono gravati da un pesante giogo senza il merito di nessun peccato, iniquo è Dio. Ma siccome egli non è iniquo, sei tu calunniatore e cieco. 125 - Sarebbe ingiusto Dio, se nei bambini non punisse un peccato Giuliano. Tanto patente dirò, che questa specie d'ingiustizia, che tu mentitamente applichi ai suoi giudizi, egli stesso l'ha condannata con l'autorità della sua legge. Agostino. Nella sua legge è scritto che sia radiata dal suo popolo l'anima del bambino non circonciso all'ottavo giorno. ( Gen 17,14 ) Per quale merito? Dillo, se puoi. Ma non lo puoi in nessun modo. E tuttavia non taci negando l'esistenza del peccato originale. 126 - Che necessità di tante tue bestemmie? Giuliano. Che necessità ci fu dunque di tante bestemmie, se necessaria non fu nemmeno la bestemmia a cui ti tenevi abbracciato? La quale non aveva certamente nessun valore e tuttavia sembrava quasi una tavola a cui aggrapparsi in un così disastroso naufragio, e l'hai mollata, benché tardi, a muscoli stracciati. Perché infatti il discorso si chiarisca a forza di ripeterlo: la ragione per cui ti si credeva un manicheo che le persone più ignoranti dovevano tollerare, era il timore che l'efficacia della grazia del Cristo non sembrasse una sola in tutti. A questa conclusione tu sei arrivato adesso senza nostra costrizione, con gli sviluppi del tuo commento, dicendo che la sentenza dell'Apostolo: La grazia della giustificazione da molte cadute ( Rm 5,16 ) può, certo, essere vera per gli adulti, ma non può essere vera per i bambini, ed invece nei bambini la grazia è qualcosa di più limitato, di più debole, di più povero. Il che, sebbene tu non lo pensi, tuttavia lo confessi come detto dall'Apostolo. Agostino. Si rilegga la risposta che ti è stata data, per capire che tu non dici nulla e che tuttavia non sei capace di tacere, o uomo linguacciuto. La grazia giustifica da molti delitti, perché Gesù salva il suo popolo dai suoi peccati. Nella medesima moltitudine dei peccati egli trova anche i peccati singoli dei bambini, come troverebbe nella medesima moltitudine, se non esistesse il peccato originale, anche i peccati singoli degli adulti che cominciassero appena a peccare. Ai quali, venendo al battesimo del Cristo, non si potrebbe davvero dire: Non potete essere battezzati subito, perché non avete ancora molti peccati; la grazia infatti giustifica da molti peccati. Risponderebbero appunto giustissimamente: Nella moltitudine dei delitti dai quali giustifica la grazia ci sono anche i singoli nostri delitti, e in questa moltitudine alcuni ne hanno parecchi, alcuni meno. I quali delitti con i nostri singoli fanno tutti insieme molti delitti. 127 - Adozione divina e remissione del peccato Giuliano. Dunque anche secondo te l'effetto della grazia nell'adozione è uguale per tutte le età; al contrario nella remissione dei peccati non c'è per tutti la stessa misura. Ma finora mi sono comportato troppo parcamente e pazientemente. Agostino. Se parli così tanto parlando parcamente da incalzare un solo libro mio, e neppure intero, con otto libri tuoi, troppo profusa e ridondante è la tua parsimonia. Ma se finora ti sei comportato parcamente, perché gridando contro la verità in tanto tuo discorrere non sei stato parco nei riguardi della tua anima? 128 - Prima età ed età adulta Giuliano. Cioè mi sono contentato di provare con la precedente discussione che anche tu, mentre proprio su questo punto suscitavi la più grande sollevazione contro di noi, dici che non risulta uniforme in tutti il modo della remissione dei peccati, così che, anche ammesso che tu potessi persuadere dell'esistenza di quest'unico peccato naturale, apparirebbe tuttavia necessario dire che la condizione di quanti accedono alla grazia non è sempre uguale e che l'affermazione dell'Apostolo: La grazia della giustificazione da molte cadute ( Rm 5,16 ) è vera solamente per l'età adulta e non anche invece nella prima età. Agostino. Secondo le tue ciance non si avvera nemmeno nell'età adulta, perché molti adulti hanno peccati singoli - pur non avendo secondo voi i peccati originali - e ad essi capita di venire al battesimo quando hanno appena cominciato a peccare. Alcuni hanno pochissimi peccati e comunque non molti peccati. Costoro dunque non parteciperanno a questa grazia del Cristo, perché essa giustifica da molti peccati che essi non hanno. Chi segue questo modo di sapere è ineffabilmente insipiente. Riconosci che il Cristo giustifica da molti delitti e salva il suo popolo e intendendo che nella medesima moltitudine si possono computare i delitti di chiunque, siano pochi o siano singoli, non voler sottrarre la sorte dei bambini dalla sorte di questo popolo. Credi necessario anche a loro Gesù, il quale non si chiama Gesù se non perché salva dai suoi peccati il suo popolo, ( Mt 1,21 ) dove sono compresi certamente anche i bambini. 129 - La grazia sorpassa i delitti Giuliano. Ma ora asserisco conseguentemente che l'Apostolo non ebbe nessun sospetto della " traduce " manichea: egli indica appunto che equivarrebbe a mancare gravemente di rispetto verso i misteri se questi si equiparassero in tutto e per tutto ai peccati, se cioè la grazia non giovasse più efficacemente di quanto abbia nociuto la " forma " della colpa. Dunque la massima dignità della fede cristiana il Maestro delle Genti la colloca nel fatto, da lui affermato, che la grazia sorpassa i delitti. Perciò ebbe cura di preferire ai morbi antichi l'effetto della medicina. Agostino. È questa medicina che voi negate ai bambini, sostenendo con falsa e dannosa difesa la loro immunità dal peccato. Ma il loro Dio, che con la bocca dei bimbi e dei lattanti attesta la lode della sua medicina, certamente riduce al silenzio anche voi che prestate ai bambini una difesa ostile, perché egli riduce al silenzio nemici e difensori. 130 - L'unico titolo della dignità della grazia battesimale Giuliano. Questa è stata per l'Apostolo la ragione di lodare la dignità della grazia, che le convenisse in tutto la sua dichiarazione: Il giudizio di condanna da uno solo, la grazia della giustificazione invece da molte cadute. ( Rm 5,16 ) Per quale licenza tu dunque defrauderai la grazia del Cristo di tale lode che l'Apostolo ha voluto tributarle, così da gettare via l'unico titolo di dignità dal quale il Vaso di elezione ha voluto far riconoscere l'onore della grazia? Agostino. Questa grazia non giunge ai bambini, se essi, secondo voi, non sono legati da nessun delitto. Ma poiché sono legati, certamente la grazia che giustifica la moltitudine dei suoi fedeli da molti delitti giunge a sanare anche l'unico delitto dei bambini, per ridurre al silenzio con la bocca dei bimbi la bocca dei nemici e dei difensori che li ingannano. 131 - Nei bambini la nullità dei peccati non è meno vera della loro molteplicità Giuliano. Egli disse: La grazia della giustificazione da molte cadute. ( Rm 5,16 ) Egli antepose l'abbondanza della medicina alla efficienza del peccato. Il quale senso concorda con il dogma dei cattolici, che intendono fatta la remissione dei peccati nelle persone dove possono trovarsi molte colpe, commesse evidentemente con atti di volontà propria. In coloro invece nei quali non ci sono questi atti di volontà propria, ossia nei bambini, non è meno vera la nullità che la molteplicità dei peccati. Agostino. Nessuna medicina dunque del Salvatore spetta ai bambini e il Cristo non è Gesù per loro: e tu che dici questo osi chiamarti cristiano! Inoltre se, come dici in termini definitivi, la remissione dei peccati avviene nelle persone dove se ne possono trovare molti, poiché interpreti in questo senso le parole dell'Apostolo: La grazia della giustificazione da molte cadute, non partecipano alla remissione dei peccati coloro che non hanno secondo voi il peccato originale e accedono al lavacro della rigenerazione con un singolo peccato o con pochi peccati? Guardate a quello che dite! E non vi vergognate? Non vi spaventate? Non vi chetate? Se poi le persone che stanno cominciando a peccare e non hanno ancora molti peccati ricevono ugualmente la grazia che giustifica da molte cadute, perché non volete computare nelle medesime molte cadute anche le singole cadute dei peccatori di ogni genere, se non per escludere empiamente dalla remissione i bambini, con la conseguenza che incomba su di voi la rovina di una così pessima perfidia da dire che dalla remissione dei peccati sono escluse anche le persone grandi che cominciano appena a peccare e non hanno ancora molti peccati, ma singoli peccati o pochi peccati? 132 - Paolo ha rafforzato la nostra opinione Giuliano. L'Apostolo dunque dove antepose la grazia al peccato, rese più valido il nostro dogma. Agostino. Rovesciò piuttosto il vostro dogma, perché la grazia che antepose al peccato giustifica da molte colpe e perciò, spettando ai piccoli insieme ai grandi, colui che rimette tutti i peccati di tutti i suoi, cioè dei piccoli e dei grandi, non tralascia neppure uno dei piccoli. 133 - Molti delitti non li hanno i bambini Giuliano. Tira fuori adesso l'Apostolo dove abbia equiparato la grazia al peccato: se la tua fede non capisce che i rimedi sono stati preferiti alle ferite, capisca almeno che non sono stati ridotti ad una piccolezza così da non eccedere il confronto. Che se tu lo trovassi scritto in qualche parte, risulterà tuttavia che Paolo aborrisce da questa sentenza. E perché il senso dell'Apostolo splenda tutto in sintesi, egli dice: La grazia della giustificazione da molte cadute. ( Rm 5,16 ) Ma molti delitti non li hanno, nemmeno secondo te, i bambini, i quali secondo l'Apostolo non hanno nessun delitto. Agostino. Molti delitti non li hanno, anche secondo te, coloro che hanno iniziato a peccare una prima volta, e tuttavia non puoi negare che essi quando vengono al battesimo partecipino di questa grazia che giustifica da molte cadute. Le molte cadute sono dunque quelle di tutto il popolo, dove sono compresi anche i bambini. Nel quale popolo della città di Dio, quando vi arriva la grazia giustificante da molti delitti, essa vi trova e i molti delitti di alcuni e i pochi delitti di altri e i singoli delitti dei bambini; tutti insieme fanno certamente molti delitti e con la loro moltitudine rintuzzano le parole tue, molte e vane. Se al contrario i bambini non hanno secondo l'Apostolo, come credi tu, nessun peccato, per quale ragione dunque secondo l'Apostolo sono morti? Poiché anche secondo te il Cristo è morto pure per loro: infatti uno è morto per tutti, quindi tutti sono morti, ed egli è morto per tutti. ( 2 Cor 5,14-15 ) O Giuliano, questo non l'ha detto Agostino, ma l'Apostolo, anzi per mezzo del suo Apostolo l'ha detto lo stesso Cristo. Reprimiti da un parlare vano. Cedi a Dio. 134 - L'Apostolo non ha discusso qui dei bambini Giuliano. Consta quindi che il Maestro delle Genti non ha discusso qui dei nascenti, ma di coloro che hanno già l'uso del movimento della propria volontà. Agostino. Digerisci l'indigestione della contestazione, svégliati e arriva a capire il delitto e di uno solo ed unico, del quale si dice: Se per la caduta di uno solo molti morirono; ( Rm 5,15 ) questi molti sono appunto gli stessi tutti dei quali altrove dice: Come tutti muoiono in Adamo, ( 1 Cor 15,22 ) e troverai tra loro anche i bambini, perché per essi pure è morto il Cristo, come tu riconosci. Dopo infatti avere detto che uno è morto per tutti, l'Apostolo ne mostra immediatamente la conseguenza necessaria dicendo: Tutti dunque sono morti e per tutti è morto. ( 2 Cor 5,14-15 ) 135 - In che senso tutti condannati e tutti salvati? Giuliano. Ora però ciò che l'Apostolo aggiunge: Come per la caduta di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così pure per la giustizia di uno solo si riversa su tutti la giustificazione, ( Rm 5,18 ) porta a noi tanto aiuto quanto fragore muove contro il tuo dogma. Ponendo appunto in parti contrapposte la parola tutti senza che ci possa essere nessun legame tra loro, ci rimanda all'uso delle Scritture, perché capiamo che si suole dire tutti al posto di " molti ". E già a prima vista c'è nella parola tutti una grossa improprietà: come fanno infatti ad andare tutti alla giustificazione, se vanno tutti alla dannazione? O come fanno ad andare tutti alla pena, se tutti sono rapiti alla gloria? L'universalità di una parte elimina l'altra parte. Agostino. Dunque anche dove si dice: In lui peccarono tutti, ( Rm 5,12 ) sono da intendersi molti e non tutti? Se è così, sei costretto a dire che non hanno peccato per imitazione di quell'unico uomo tutti i peccatori, ma molti. Che se dirai che non hanno peccato tutti ma molti imitando Adamo, per la ragione che a peccare sono stati molti e non tutti, volendo intendere i bambini in coloro che non hanno peccato, ti si risponderà che non sono nemmeno morti i bambini in Adamo e quindi non è morto per loro il Cristo, perché egli è morto solamente per i morti, come grida l'Apostolo. In questo modo e andrai contro te stesso ed escluderai completamente dalla grazia del Cristo i bambini, per i quali dirai che il Cristo non è morto. Conseguentemente negherai pure che essi si debbono battezzare nel Cristo. Infatti quanti siamo stati battezzati nel Cristo, siamo stati battezzati nella sua morte; ( Rm 6,3 ) ma sono battezzati nella morte del Cristo quelli per i quali è morto il Cristo. In nessun modo quindi escluderai i bambini dal peccato originale senza escluderli ugualmente dalla grazia del battesimo del Cristo. Nel giudicare poi contrarie tra loro le due verità, che tutti vanno alla dannazione per causa di Adamo e tutti ugualmente alla giustificazione per mezzo del Cristo, sbagli in modo assoluto. Nessuno infatti se non per causa di Adamo è condotto alla condanna, dalla quale gli uomini sono liberati per mezzo del lavacro della rigenerazione, e nessuno è liberato da questa condanna se non per mezzo del Cristo. La ragione dunque per cui si dicono tutti da una parte e tutti dall'altra parte è che nessuno va alla condanna se non per causa del primo e nessuno va alla vita della rigenerazione se non per mezzo del secondo. Quindi l'universalità di una parte non elimina l'altra parte, perché di questi stessi che muoiono universalmente in Adamo il Cristo vivifica quelli che vuole. Pertanto non ti sembreranno contrarie tra loro le due verità, se tu non sei contrario a te stesso. 136 - Nessuno è liberato se non da Gesù Giuliano. Ma che tu ti avveda anche qui quanto noi siamo difesi dall'Apostolo: dalla posizione di Gesù che medica cerca d'intendere la posizione di Adamo che ferisce. Se il Cristo ha salvato tutti, bisogna supporre che anche Adamo abbia nociuto a tutti. Agostino. Ma è mai vero che in tanto non vadano tutti alla condanna a causa di Adamo perché il Cristo libera da tale condanna quelli che vuole? Del quale Cristo in tanto si dice che libera anche lui tutti, perché nessuno è liberato se non da lui, alla stessa maniera in cui si dice di lui che illumina ogni uomo, ( Gv 1,9 ) perché nessuno illumina l'uomo al di fuori di lui stesso. 137 - Adamo trasmette il peccato generando Giuliano. Se il Cristo ha cambiato le funzioni dei genitali, si creda che Adamo li abbia pervertiti. Se il Cristo ha corretto qualcosa nei sensi della carne, alla colpa di Adamo si attribuisca di averli corrotti. Se il Cristo ha incamminato la medicina sulla via della propaggine, si dica che Adamo ha trasmesso il delitto per la via della generazione. Agostino. A queste insinuazioni si è già risposto, ma ascolta brevemente anche questa volta. Se tu fossi cristiano cattolico, ti apparirebbe e Adamo che trasmette il delitto generando e il Cristo che rimette il delitto rigenerando. Ma Adamo genera carnalmente, il Cristo rigenera spiritualmente. Non volere dunque cercare la propaggine della carne nell'uno e nell'altro. Che la propaggine della carne non abbia luogo nella rigenerazione spirituale è un fatto a cui tu attendi se non contendi. Ma contro l'infermità della carne la grazia del Cristo ha impostato per ora la battaglia e dopo ne farà la perfetta guarigione. Della quale guarigione futura e perpetua ci ha dato presentemente in pegno lo Spirito Santo, ( 2 Cor 5,5 ) che riversa nei nostri cuori la carità, ( Rm 5,5 ) perché non ci vinca l'infermità della carne, lasciata provvisoriamente a sopravvivere per la nostra esercitazione. 138 - Fu macchiata la volontà, non la natività Giuliano. Se al contrario, rimanendo tutti questi elementi nell'ordine che ricevono dalla natura, la volontà è senza costrizioni allettata alla fede con esortazioni, con segni, con esempi, con promesse o di premi o di pene, e se la volontà è risanata per mezzo di istituzioni, di misteri, di doni, non oppressa, ma aspettata, ma libera, ma provocata, apparisce, anche se tutto il mondo vi si oppone o ruggendo o infuriando, che ad essere macchiata per imitazione del peccato è stata la volontà e non la natività di ciascuno. Agostino. Dovunque ti giri, non escluderai dai bambini il peccato originale, se non negando che essi siano morti. Se neghi che siano morti, negherai insieme che il Cristo sia morto per loro. Se poi, per non negare che il Cristo sia morto per loro, confesserai che i bambini sono morti, certamente non negherai che siano morti in Adamo. Oppure se non in Adamo, dove? Dillo. 139 - Dio può soccorrere chi non merita, non può punire chi è senza colpa Giuliano. Riconosco d'essere stato eccessivamente mite. Sebbene infatti s'insegnasse che il Cristo, dal tempo della sua venuta, e ha sbarrato a tutti gli uomini la via della morte e ha donato ad essi la vita perpetua, cosicché dal giorno in cui il Verbo si fece carne, ( Gv 1,14 ) nessuno più assolutamente o cadesse in peccato o temesse la pena per il peccato, questo tuttavia non era in contrasto con il trattamento fatto da Dio al primo peccato, trattamento che apparisce di una estrema liberalità, poiché soccorrere coloro che non lo meritano Dio lo può e lo suole fare con lode della sua clemenza; punire invece coloro che non peccano non lo può fare senza il sovvertimento della giustizia. Agostino. Poiché dunque i bambini sono stati puniti con un giogo pesante fino dal giorno della loro nascita dal grembo materno, riconosci la giustizia del giudice e confessa il peccato originale. Punire infatti coloro che non hanno il merito di nessun peccato, come lo ammetti anche tu stesso, non lo può fare Dio senza il sovvertimento della giustizia. 140 - Distanza tra il secolo presente e il secolo futuro Giuliano. Attendi dunque al risultato di tutta la nostra discussione. Se la grazia del Cristo e la colpa di Adamo si dovessero giudicare equivalenti in effetti contrapposti, così da essere pari anche nel numero delle operazioni, pur operando in contrasto tra loro nel genere delle operazioni, si sarebbe dovuto insegnare che a quanti ha nociuto la colpa ad altrettanti ha giovato la grazia, perché risultasse sicura l'equità e la validità di quella pesatura con la quale venivano pesate. La medicina perciò sarebbe dovuta intervenire assolutamente anche in quei luoghi e in quelle parti dove si era annidata la malattia: cioè se l'antico crimine aveva rovinato qualcosa nei movimenti dei genitali, nei sensi di coloro che si accoppiano, nella oscenità delle membra, nella infelicità dei nascenti, la medicina avrebbe somministrato i corrispondenti rimedi cambiando la situazione provocata dai suddetti effetti. Altrimenti sarebbe stata una testimonianza grande di arte incapace e non giovevole a nulla il fatto e di non avere individuato il punto della malattia e di aver apprestato nel languore e nella corruzione della natura impiastri inerti. Agostino. Si è già risposto, quando parlammo della distanza tra il secolo presente e il secolo futuro. Nel secolo presente infatti riceviamo per mezzo del pegno dello Spirito le forze e per combattere e per vincere. Nel secolo futuro invece, senza più nessun nemico, né esterno né interno, godremo di una pace ineffabile e sempiterna. Chi dunque vuole avere ora tutte le condizioni che si dovranno avere allora, indica di non avere la fede. 141 - Colpa universale e medicina universale Giuliano. Ma la verità mostra tra l'altro che, pur ammesso il giovamento alle operazioni e agli uomini mortali di una medicina effusa universalmente, anche a quelli che non l'avessero meritata con nessun desiderio e con nessuna intenzione, tuttavia non per questo avrebbe recato danno la colpa ai nascenti che non avessero potuto muovere verso di essa un cenno di assenso. E perciò, anche se fosse uguale la valutazione della grazia e del peccato, era nondimeno chiaro che nemmeno allora l'equiparazione sarebbe arrivata a provare che ciascuno nasca reo. Agostino. In quel grave peso che opprime anche i bambini com'è giusto Dio, se nessuno nasce reo? 142 - T'inganni o inganni gli altri Giuliano. Ma ora, poiché l'Apostolo non solo non ha posposto la grazia alla colpa, ma l'ha pure preposta ad essa dicendo che i benefici hanno sovrabbondato in molti più di quanti i danni abbiano travolti, e poiché invece l'opinione della " traduce " porta a valutare il danno del peccato molto maggiore del dono della grazia, è irrefutabilmente dimostrato che nell'apostolo Paolo non si trova nulla che sappia di " traduce ", ma dalla sua sentenza sono stati ugualmente distrutti i traduciani insieme ai manichei, loro maestri. Agostino. Non ha detto l'apostolo Paolo che " i benefici hanno sovrabbondato in molti più di quanti i danni abbiano travolti ". Non ha detto questo. Assolutamente ti inganni, se non sei tu stesso ad ingannare. Ha detto infatti che la grazia ha sovrabbondato di più in molti, non che ha sovrabbondato in molti di più; ma ha sovrabbondato di più. A confronto infatti di quelli che periscono pochi sono quelli che si salvano; ma se non si confrontano con quelli che periscono sono molti anche coloro che si salvano. Voler però conoscere il consiglio di Dio perché mai quelli che periscono siano più di quelli che si salvano è di molti, ma conoscerlo è viceversa o di pochissimi o di nessuno assolutamente. Potrebbe poi l'Onnipotente non creare quelli dei quali con la sua prescienza di tutte le cose non può ignorare che saranno cattivi, e non li creerebbe se non potesse, ottimo com'è, fare ottimo uso anche del fatto che i cattivi sono la maggioranza. Al quale proposito l'Apostolo ci ha dato un qualche insegnamento e cioè: Dio nei vasi d'ira mostra la sua ira e potenza dopo averli sopportati con molta pazienza, e nei vasi di misericordia rende nota la ricchezza della sua gloria. ( Rm 9,22-23 ) Ma i pelagiani non vogliono credere che in un uomo solo è stata viziata tutta la massa ed è stata tutta condannata: dal quale vizio e dalla quale condanna è soltanto la grazia che sana e che salva. Perché infatti il giusto sarà salvo appena? ( 1 Pt 4,18 ) Che forse Dio fa fatica a liberare il giusto? Non sia mai! Ma per indicare quanto giustamente sia stata condannata la natura, nemmeno l'Onnipotente stesso vuol liberare con facilità da tanto male. Per questo e sono agevoli i peccati ed è faticosa la giustizia, meno che agli amanti. Ma la carità che fa questo tipo di amanti viene da Dio. ( 1 Gv 4,7 ) 143 - Sono stato prolisso Giuliano. Ma poiché sono stato qui un po' troppo prolisso, passiamo ad altro. Agostino. Lo dici così come se tu avessi l'intenzione di essere più breve altrove, mentre vai cercando loquacissimamente il modo di soffiare le nebbie della vanità sulle limpidissime parole dell'Apostolo. 144 - Sante le pagine di Paolo Giuliano. Ha detto poi su " tutti " la condanna per Adamo e su " tutti " la giustificazione della vita per Gesù Cristo, benché certo il Cristo non trasferisca alla vita tutti coloro che muoiono in Adamo, ma ha detto " tutti " in una parte e " tutti " nell'altra parte perché, come senza Adamo nessuno va alla morte, così senza il Cristo nessuno va alla vita. Come di un maestro di lettere che sia l'unico in una città diciamo: Costui insegna qui le lettere a tutti, non perché tutti le apprendono, ma perché nessuno le apprende se non da lui. Quelli poi che ha detti " tutti ", li ha detti successivamente " molti ", indicando tuttavia i medesimi nei tutti e nei molti. " Come infatti per la disobbedienza di uno solo molti sono stati costituiti peccatori, così anche per l'obbedienza di uno solo molti saranno costituiti giusti ". ( Rm 5,19 ) Domandi ancora costui per quale via il peccato si trovi nel bambino. Gli rispondono le Pagine sante: " A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo ". Certamente che siano sante le pagine dell'Apostolo non per altro lo confessiamo se non perché, coerenti con la ragione, con la pietà, con la fede, ci erudiscono e a credere che Dio è d'inviolabile equità e a difendere la bontà e l'onestà delle sue opere e a rivendicare ai suoi precetti la moderazione, la prudenza, la giustizia. Agostino. La stessa equità di Dio ti convince nei bambini, perché è una grande ingiustizia se sono oppressi da un grave giogo anche i bambini senza nessun merito e vincolo di peccato. 145 - Nei "tutti" devono intendersi i "molti" che hanno peccato per imitazione Giuliano. E perciò [ ci erudiscono ] a negare che possa chiunque essere condannato per il peccato di un altro, a negare che un qualche peccato passi ai posteri per condizione di natura, a credere e asserire che l'uomo generato dalla fecondità istituita da Dio in stato di libero arbitrio, da giuste leggi è citato ad evitare tutto ciò che è male, a compiere tutto ciò che è bene, né a stimare che l'amore dei crimini e la loro necessità siano aderenti, come dite voi, alle cause della sua sostanza, ossia agli stessi semi; né ad accettare che una sentenza tanto stolta, tanto insana, tanto empia, perché evidentemente offensiva della natura, della ragione, di Dio, sia contenuta nel volume dell'Apostolo, per avere egli detto che a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e che in tutti gli uomini è passata la morte. ( Rm 5,12 ) Poiché l'Apostolo non ha lasciato che il suo pensiero rimanesse a lungo nell'equivoco aggiungendo che nei tutti detti da lui devono intendersi i molti che hanno peccato per imitazione e non per generazione. ( Rm 5,19 ) Agostino. Puoi dire che non tutte le genti furono promesse alla discendenza di Abramo dove fu detto: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le genti, ( Gen 22,18 ) per il fatto che le medesime genti le ha dette anche molte nel passo: Ti ho costituito padre di molte genti? ( Gen 17,5 ) Puoi dirlo, ripeto, e con il tuo vaniloquio contraddire anche in questo testo la Scrittura che preannunzia quanto vediamo compiersi nella realtà, e impedire a noi d'intendere tutte le genti dove non è stato promesso nient'altro che tutte le genti? Poiché con la tua dialettica insegni che tutte non sono state poste per tutte e non sono da intendersi tutte, ma molte, che non sono tutte. Però se dove si dicono molti è certamente possibile non intendere tutti, tuttavia dove si dicono tutti e sono veramente tutti si dicono correttamente anche molti, perché si intende che gli stessi tutti non sono pochi. Per esempio quei santi, che fu impedito al fuoco ardente di bruciare, lodavano tutti Dio tra le fiamme innocue ed essi tuttavia erano pochi in tutti, poiché erano tre. ( Dn 3,49-51 ) Che ha di forza la tua argomentazione con la quale non vuoi che i tutti s'intendano tutti, perché i medesimi sono stati detti molti? Senza dubbio coloro che sono veramente tutti si dicono talvolta anche molti, per distinguerli da quelli che sono tutti ma in tal modo da essere tuttavia pochi. Per esempio tutti i capelli di un uomo sono anche molti, invece le dita sono poche, anche se tutte. 146 - Imitatori o di Gesú o di Adamo Giuliano. Ha poi snodato tutto il suo pensiero che aveva espresso prima, dicendo: Come infatti per la disobbedienza di uno solo molti sono stati costituiti peccatori, così anche per l'obbedienza di uno solo molti saranno costituiti giusti, ( Rm 5,19 ) intendendo che, come nessuno merita i premi della virtù all'infuori di chi tende ad essi, dopo tuttavia l'incarnazione del Cristo con l'imitazione della sua santità, così nessuno deve ritenersi prevaricatore in Adamo all'infuori di chi ha peccato per imitazione del primo uomo nella trasgressione della legge che ha fatto conoscere il peccato. Agostino. Questo è l'occulto e orrendo veleno della vostra eresia: voi volete che la grazia del Cristo stia nel suo esempio e non nel suo dono, dicendo che gli uomini diventano giusti per l'imitazione di lui e non per la somministrazione da parte di lui dello Spirito Santo che li induca ad imitarlo e che egli ha diffuso nel modo più ricco sopra i suoi. ( Fil 1,19 ) E aggiungete per apparire svegli: Dopo tuttavia l'incarnazione del Cristo, evidentemente per gli antichi, che dite essere stati giusti senza la sua grazia, poiché non ebbero il suo esempio. Che dunque, se anche dopo l'incarnazione del Cristo, senza aver udito ancora il Vangelo, alcuni tra gli uomini si fossero proposti gli esempi dei giusti precedenti e fossero vissuti nella giustizia? Che fate? Dove vi vedete? Non meritano cotesti in tal modo i premi della virtù? Se dunque la giustizia viene dall'imitazione dei giusti, il Cristo è morto invano; ( Gal 2,21 ) perché anche prima di lui ci furono giusti da poter essere imitati da coloro che avessero voluto essere giusti. Che senso ha pure il fatto che l'Apostolo non dice: Siate imitatori del Cristo come lo sono anch'io, ma dice: Siate imitatori di me, come io a mia volta lo sono del Cristo? ( 1 Cor 11,1 ) Ha voluto dunque essere per loro al posto del Cristo? Non vedete che mali vi inseguono quando, proponendo l'Apostolo l'accostamento di Adamo e del Cristo, voi volete opporre l'imitazione alla imitazione e non la rigenerazione alla generazione? 147 - La grazia arriva anche agli innocenti, non la colpa Giuliano. Ma la grazia del Cristo arriva pure agli innocenti, ai quali non arriva la colpa di Adamo. Per questo ha inculcato attentamente: Molto di più la grazia di Dio e il dono di un solo uomo, Gesù Cristo, abbondò in molti, ( Rm 5,15 ) perché la precedente equiparazione indichi l'imitazione da parte dell'età che fa uso della ragione in scelte opposte, e invece questa preferenza nella elargizione della grazia plauda agli innocenti consacrati e promossi. Stando così le cose, devi sentire che l'Apostolo viene contro di te e non contro di me; devi riconoscere che porta le armi contro di te colui che sbaraglierebbe il dogma tuo e del tuo precettore Fausto, dal quale hai come ricevuto la prima mano di vernice, per mezzo di quest'unico testo, se mancassero tutti gli altri, dove dice che per la disobbedienza di uno solo molti e non tutti sono stati costituiti peccatori, e per l'obbedienza di uno solo non tutti ma molti sono stati costituiti giusti. Per suggerire infatti all'intelligenza del lettore quanto ripugni al tuo modo di sentire questo discorso, l'Apostolo dichiara che non tutti sono stati costituiti peccatori per colpa di Adamo e tu dici che per colpa di Adamo tutti assolutamente appartengono al diritto del diavolo a causa del peccato naturale. Non si può dubitare: tra te e l'Apostolo lo scontro è grande. Agostino. " Tutti " dice e i medesimi li dice " molti ". Dicendoli " molti " non nega che siano " tutti ", perché non sia contrario a se stesso, come cerca d'ingannare la vostra disonestà o è ingannata la vostra cecità. Poiché infatti l'Apostolo ha usato ambedue i termini, e " tutti " e " molti ", io ho spiegato che questi due termini non si escludono tra loro, essendo stati detti anche " molti " gli stessi " tutti ", per la ragione che qualche volta si dicono tutti anche i pochi. Tu invece dicendo non tutti quelli che l'Apostolo ha detti " tutti ", senza dubbio ti dimostri contrario all'Apostolo. 148 - Apparisce evidente che i peccatori sono più numerosi Giuliano. Infatti mentre tu e Manicheo dite: Tutti sono peccatori per necessità naturale, l'Apostolo dichiara invece: Molti sono peccatori, e non tutti. Egli rimuove dai semi l'accusa che invece arma contro i costumi, e distrugge il peccato originale. E per ribadire questa stessa conclusione a cui siamo arrivati: l'Apostolo scrive chiaramente che si devono intendere molti i peccatori per la disobbedienza di Adamo e molti al contrario i giusti per l'obbedienza del Cristo, indicando egli che i giusti sono ben distinti dai criminosi. Tu con quale impudenza tenti di argomentare per provare da questi testi il peccato naturale? Quando infatti dici che tutti nascono criminosi per colpa di Adamo e che tutti appartengono per questo al diavolo, ma che alcuni poi sono liberati da tale condizione per mezzo del Cristo, non la pensi come la pensa l'Apostolo, il quale dice non che " tutti " per Adamo sono stati costituiti peccatori, ma " molti ". Agostino. Poiché non è contraddittorio, come abbiamo già spiegato, che siano molti i medesimi che sono tutti, per questo l'Apostolo ha detto " tutti " i medesimi che aveva detti " molti "; non tutti invece non li dice l'Apostolo, ma li dici tu, e per questo contraddici l'Apostolo. Ma è vero ciò che dice l'Apostolo e dunque è falso ciò che dici tu. E quanto alla tua precedente precisazione che l'Apostolo inculca attentamente: Molto di più la grazia di Dio e il dono di un solo uomo, Gesù Cristo, abbondò in molti ( Rm 5,15 ), dove vuoi far intendere che ha detto in molti, perché la sua grazia arriva ai bambini, ai quali non compete l'imitazione del primo uomo, o ti ha mentito un codice difettoso o mentisci tu stesso o sei stato ingannato da qualcuno che è falso o fallace, oppure dalla dimenticanza. L'Apostolo infatti non dice: plures ma multos. Guarda il codice greco e troverai pollous non pleisous. Ha detto dunque che la grazia abbondò molto di più in molti, non in molti di più, cioè non in plures, come abbiamo già spiegato. Poiché se avesse detto in più per i bambini compresi nella grazia e non compresi nella imitazione del primo uomo, avrebbe detto il falso e sarebbe simile a voi. Se infatti tutti gli imitatori del Cristo dopo la sua incarnazione, aggiungendo ad essi i bambini rigenerati, si mettono a confronto con i peccatori che voi volete far appartenere tutti per arbitrio della libertà alla imitazione del primo uomo, dallo stesso Adamo fino a coloro che peccano volontariamente fino alla fine del secolo, appare evidentemente quali siano molto più numerosi, al punto che voi siete vinti anche dalla vostra falsità. 149 - Per l'obbedienza del Cristo alcuni ritornarono alla giustizia Giuliano. Se egli infatti avesse sentito un poco alla stessa tua maniera, avrebbe dovuto senza dubbio dire: Per la disobbedienza di un solo uomo tutti furono costituiti peccatori, ma per l'obbedienza del Cristo alcuni di essi ritornarono alla giustizia. Così infatti assolutamente avrebbe dovuto parlare, se avesse voluto far intendere ciò che tu fantastichi. Ma insieme a questa sua sentenza non avrebbe potuto comunque fare l'altra affermazione che la grazia del Cristo ha giovato molto più di quanto ha danneggiato l'iniquità di Adamo. Anche dunque se ignorassimo completamente in base a quale costume per la disobbedienza di un solo uomo molti si dicessero costituiti peccatori, rimarrebbe tuttavia assodato che non appartiene al peccato originale ciò che l'Apostolo aveva inculcato come pertinente a molti e non a tutti. Agostino. Sui " molti " e sui " tutti " è già stato risposto. Né che l'Apostolo abbia parlato come dici tu che avrebbe dovuto parlare per dire quello che diciamo noi, che meraviglia fa? Poiché anche se avesse detto l'Apostolo, come volete voi, che per il peccato di uno solo furono costituiti peccatori molti, ma così che i medesimi molti non possano equivalere a tutti, bensì comprendano soltanto coloro che per imitazione del primo uomo hanno peccato con la propria volontà, non ha detto l'Apostolo che per l'obbedienza del Cristo alcuni di questi sono stati giustificati: eppure è vero. Che senso hanno dunque le tue parole: Se egli avesse sentito un poco alla vostra maniera, avrebbe dovuto dire: Per la disobbedienza di un solo uomo tutti furono costituiti peccatori, ma per l'obbedienza del Cristo alcuni di essi ritornarono alla giustizia? Quasi neghiate voi che tra i prevaricatori della legge, i soli peccatori che voi fate appartenere alla imitazione della prevaricazione di Adamo, alcuni siano stati convertiti alla giustizia per l'obbedienza del Cristo. Anche noi dunque possiamo replicare a voi: Se l'Apostolo avesse sentito un poco alla vostra maniera, avrebbe dovuto dire: Per la disobbedienza di uno solo molti certo e non tutti furono costituiti peccatori, ma anche tra questi alcuni ritornarono alla giustizia per mezzo del Cristo. Oppure se avesse sentito qualcosa di simile, parlerebbe molto più apertamente, così da dire: Sì, tra i Giudei per la disobbedienza di un solo uomo furono costituiti peccatori molti che, ricevuta la legge, peccarono con simile prevaricazione; ma anche tra questi l'obbedienza del Cristo ne giustificò alcuni. Se egli non ha pregiudicato te non parlando come ho detto che avrebbe dovuto parlare qualora sentisse come senti tu, non deve certo pregiudicare nemmeno me il fatto che non abbia parlato come tu dici che avrebbe dovuto parlare qualora sentisse come sento io. Poiché dunque l'Apostolo ha parlato come gli è parso di dover parlare, bisogna vedere chi di noi senta come lui: se io che dico vera la sua affermazione: Per la colpa di un solo uomo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, ( Rm 5,18 ) e vera l'altra affermazione: Per la disobbedienza di uno solo molti sono stati costituiti peccatori, ( Rm 5,19 ) poiché non ripugna che i molti siano tutti e che i tutti siano molti; se tu che affermi: Dove dice molti sono molti e dove dice tutti non sono tutti. 150 - In che modo no e in che modo si Giuliano. Spiattellata dunque o la tua impudenza o la tua imperizia che o non cura o non è capace di spiegare ciò che dice l'Apostolo, e dimostrato con la luce della stessa Verità, come il Cristo si è chiamato da sé, ( Gv 14,6 ) che nei ragionamenti dell'apostolo Paolo nulla collima con la demenza manichea, ossia con la vostra demenza, dedichiamoci adesso al commento, perché, come si è dimostrato in che modo non si possa intendere Paolo, così si chiarisca in che modo egli deve e può essere inteso. Agostino. Sei tanto orfano di verità e non puoi trovare che dire contro le manifeste parole dell'Apostolo, che quanto in esse hanno inteso tanti santi e chiari dottori, i quali lo appresero e lo insegnarono nella Chiesa cattolica - infatti non potevano intendere diversamente parole così manifeste e con un sano modo di sentire -, tu lo dici dottrina dei manichei; e che essi non siano stati manichei sei costretto a confessarlo, per quanto forte sia il veleno della peste pelagiana che ti fa insanire. 151 - La medicina del Cristo ha giovato ugualmente agli ebrei e ai pagani Giuliano. Scrivendo dunque ai Romani in un tempo in cui era già cominciata la mescolanza delle genti e le chiese perciò si riempivano tanto di Giudei quanto di Gentili, compone insieme i dissensi tumultuosi dei due popoli, inculcando che scusare con l'ignoranza della legge la propria empietà, per cui avevano cambiato la gloria di Dio con immagini riprodotte di uomini e di uccelli e di quadrupedi e di serpenti, non lo potevano nemmeno le genti, le quali per la forza innata della ragione avevano potuto conoscere, anche se non i riti del culto ebraico, Dio tuttavia dalle cose che ha fatte, rendendosi egli manifesto con le sue opere, mentre rimane segreto nella profondità della sua sostanza. Quanto poi alla probità della vita, la propria coscienza suggeriva a ciascuno la norma della legge, ossia di non fare al prossimo niente di ciò che non volesse subire. E in tal modo dimostra, a buon diritto, che la profanità delle genti può ritenersi colpevole, se non per la legge, almeno tuttavia per quella giustizia da cui è stata stabilita la legge e secondo il cui giudizio coloro che hanno peccato senza la legge, periranno pure senza la legge. Ma quanto ai Giudei, dei quali si interessava di più, poiché grondavano di superbia nel disprezzare i pagani, rivendicando a sé l'onore delle purificazioni e stimando per questo che la grazia del Cristo, la quale condona i peccati, non avesse giovato a loro quanto alle genti, dal momento che avevano evitato i peccati per l'istituzione della legge, con grandi e forti discussioni li strapazza, argomentando che ad essi con l'indulgenza delle colpe era stato elargito tanto di più, avendo essi peccato senza nessuna ignoranza dopo gli avvertimenti della legge, e per questo è convinto che essi erano stati rei e avrebbero potuto essere puniti severamente nel giusto giudizio di colui presso il quale coloro che hanno peccato nella legge saranno giudicati in nome della legge: Perché non coloro che ascoltano la legge sono giusti davanti a Dio, ma quelli che mettono in pratica la legge saranno giustificati. ( Rm 2,13 ) Con questo proposito dunque, discutendo per tutta la Lettera, e reprime la superbia dei Giudei e strappa ogni scusa alla vanità dei Gentili, così da insegnare che ad ambedue i popoli ha giovato ugualmente la medicina del Cristo. Agostino. Questa medicina voi la negate ai bambini, che la legge stessa comandava di circoncidere nell'ottavo giorno, prefigurando la grazia di colui del quale il giorno della domenica, ossia il giorno ottavo dopo il settimo del sabato, fece conoscere la risurrezione. Né sapete né volete prestare attenzione al fatto che un bambino, se muore senza la grazia del Cristo, è destinato a perire, come è detto che fosse eliminata dal suo popolo l'anima di un bambino non circonciso. ( Gen 17,14 ) Della quale eliminazione non potete trovare il merito, finché non dite che i bambini contraggono il peccato dell'origine. 152 - La circoncisione non fa giusti e la non circoncisione non fa peccatori Giuliano. Il quale e ha perdonato le colpe della volontà, da cui sarebbe stato libero astenersi, e ha concesso la gloria della beata eternità a coloro che si sono corretti con l'imitazione di lui, che era la forma e la norma delle virtù. Sebbene dunque Paolo chiami a giudizio ambedue i popoli secondo il tempo e il diritto della sua Lettera, tuttavia nei passi di cui discutiamo viene alle mani assolutamente con gli Israeliti, i quali osavano arrivare a tale disprezzo per coloro che venivano dalla razza degli incirconcisi da affermare che non avevano potuto entrare in comunione con loro nemmeno con l'aiuto della fede. Contro la quale alterigia Paolo rievoca gli esordi della gente dei Giudei e indica nella stessa radice della circoncisione che il prepuzio non vale tanto o da fare ingiusti se rimane o da fare giusti se è tolto. Agostino. Quando l'Apostolo dava cotesti insegnamenti non trattava della circoncisione o della incirconcisione, ma dei precetti della legge, ( Rm 7,5 ) tra i quali c'è anche quello che dice: Non concupire, ( Es 20,17; Dt 5,21 ) e l'ha ricordato anche lui stesso. Che tergiversate? Per primi perite, mentre annebbiate le idee degli imperiti. 153 - Non ti vergogni di commemorare questi eventi di grazia? Giuliano. Non dunque in virtù della legge fu data ad Abramo la promessa di diventare erede del mondo, ma in virtù della giustizia che viene dalla fede. Poiché se diventassero eredi coloro che provengono dalla legge, sarebbe resa vana la fede e nulla la promessa. La legge infatti provoca l'ira, al contrario dove non c'è legge non c'è nemmeno trasgressione. Eredi dunque per fede, perché ciò sia per grazia e così la promessa sia sicura per tutta la discendenza, non soltanto per quella che deriva dalla legge, ma anche per quella che deriva dalla fede di Abramo, il quale è padre di tutti noi come è scritto: " Ti ho costituito padre di molti popoli ", davanti a Dio nel quale credette, che dà vita ai morti e chiama all'esistenza le cose che ancora non esistono. Egli credette sperando contro ogni speranza e così divenne padre di molti popoli, come gli era stato detto: " Così sarà la tua discendenza ". Egli non vacillò nella fede, pur vedendo già come morto il proprio corpo, essendo quasi centenario, e morto il seno di Sara. Per la promessa di Dio non esitò con incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto che quanto aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento. Ecco perché gli fu accreditato come giustizia. ( Rm 4,13-22 ) Agostino. Di commemorare questi eventi non ti vergogni, tu che osteggi la grazia, in virtù della quale si adempiono coteste promesse? Contro Dio infatti voi parlate dicendo: Siamo noi a fare ciò che egli ha promesso di fare. In Isacco appunto, che fu promesso come figlio ad Abramo, furono prefigurati, non coloro che si fanno giusti da se stessi, ma coloro che Dio stesso avrebbe fatti giusti. In tal senso per mezzo del Profeta dice alla Chiesa universale: Io sono il Signore che faccio te. ( Is 45,8 ) Per questo si chiamano anche figli della promessa, come apertissimamente dice l'Apostolo: Non può venire meno la parola di Dio. Infatti non tutti i discendenti di Israele sono Israele, né tutti i discendenti di Abramo sono suoi figli. No. Ma: " In Isacco ti sarà data una discendenza ", cioè: non sono considerati figli di Dio i figli della carne, ma come discendenza sono considerati solo i figli della promessa. ( Rm 9,6-8 ) Ciò che dunque Dio ha promesso, Dio lo fa. Tutto questo dunque, come edifica coloro che ripongono la loro speranza in Dio, così rovina coloro che confidano nella propria forza, ( Sal 49,7 ) e perciò, come edifica la fede cattolica, così demolisce l'errore pelagiano. 154 - La volontà delle genti fu preparata dal Signore con la sua grazia Giuliano. Il quale brano quanto sia ostile alla vostra opinione nella sua interezza lo abbiamo dimostrato nella prima opera e ritorneremo a parlarne, se in qualche caso sarà opportuno rievocarlo. Per il momento si avverta che la promessa fatta ad Abramo in premio della sua fede, dove si dice che è costituito padre di molte genti, ha fatto capire due verità: né Abramo deve essere difeso come progenitore di un popolo soltanto, essendo stato preannunziato padre di molte genti; né egli ha ricevuto da solo la ricompensa della fede così da pensare che escluda dalla partecipazione del premio gli altri che credono alla sua stessa maniera. Dice: Non soltanto per lui è stato scritto che gli fu accreditato come giustizia, ma anche per noi, ai quali sarà ugualmente accreditato; a noi che crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù Cristo nostro Signore, il quale è stato messo a morte per i nostri peccati ed è risuscitato per la nostra giustificazione. ( Rm 4,23-25 ) Agostino. Diteci, o vani gonfiatori e non difensori del libero arbitrio, che, ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la vostra, non vi siete sottomessi alla giustizia di Dio, ( Rm 10,3 ) diteci, ripeto: se non avessero voluto le genti credere e vivere rettamente, rimarrebbe inadempiuta la promessa fatta ad Abramo? No, dirai. Perché dunque Abramo in premio della sua fede conseguisse la dilatazione della sua discendenza, fu preparata dal Signore la volontà delle genti, e che esse volessero ciò che avrebbero potuto anche non volere è stato fatto da Dio, il quale riguardo alle promesse che ha fatto ha pure il potere di mantenerle. 155 - I pagani ripetono la fede di Abramo Giuliano. Se dunque Abramo fu designato ad essere testimonio della fede, quando aveva ancora il prepuzio, e in premio della sua fede conseguì la dilatazione della sua discendenza, per quale regola tu, o Giudeo, chiede Paolo, reputi che siano esclusi dalla partecipazione della giustizia i Gentili, i quali ripetono la fede di Abramo credendo alle virtù di Dio al pari di lui? Agostino. Parli bene contro di voi: perché certamente, se credono alle virtù di Dio, non confidano come voi sulla propria virtù per essere giustificati, cioè per diventare giusti, ma sulla virtù di colui che giustifica l'empio. 156 - Senza la legge i pagani non sono al rango di Abramo Giuliano. Perché, chiede [ Paolo ], reputerai che senza le consacrazioni legali le nazioni non possano essere elevate al rango di Abramo, quando consta che la promessa fatta ad Abramo fu anteriore alla legge e non fu donata alle abluzioni, ma ai costumi? Agostino. Se questi costumi, che senza dubbio vuoi far intendere buoni, l'uomo, come reputate voi, se li fa da sé, Dio li avrebbe dovuti predire con la sua prescienza e non promettere, perché in questa situazione non si dicesse di lui: Quanto aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento, ( Rm 4,21 ) ma si dicesse: Quanto aveva preconosciuto è anche capace di preannunziarlo o è capace anche di dimostrarlo. Quando al contrario gli uomini dicono: Ciò che Dio ha promesso siamo noi a farlo, fanno potenti se stessi con insistenza e con arroganza fanno mentitore Dio. 157 - Sono figli di Abramo quelli che seguono la fede di Abramo Giuliano. Se infatti diventassero eredi coloro che provengono dalla legge, sarebbe resa vana la fede e nulla la promessa. ( Rm 4,14 ) Il quale ragionamento, se non si intende bene, solleva una grandissima questione: senza alcun dubbio infatti dice provenienti dalla legge quelli che prima aveva detti provenienti dalla circoncisione e che conosceva arrogare tanto a se stessi da credere che all'infuori di loro nessun altro fosse assunto alla dignità della discendenza di Abramo. Da tutta la discussione aveva tirato questa conclusione: non soltanto coloro che vengono dalla circoncisione, ma anche coloro che, pur venendo dal prepuzio, hanno voluto seguire le orme della fede di Abramo, si considerassero non immeritatamente figli di Abramo. Agostino. Che sarebbe successo, se non avessero voluto? Sarebbe resa nulla la promessa? Vi ammonisco di capire di quale grazia siate nemici negando che è Dio a suscitare le volontà negli animi degli uomini, non perché credano senza voler credere, il che sarebbe l'assurdità più grossa che si dica, ma perché diventino volenti da non volenti. Non come fa un maestro umano insegnando ed esortando, minacciando e promettendo con la parola di Dio: ciò farebbe inutilmente, se Dio non suscitasse nell'uomo anche il volere attraverso le sue inscrutabili vie. Quando infatti un maestro con le sue parole pianta e irriga, possiamo dire: L'uditore forse crede, forse non crede; ma quando Dio fa crescere, ( 1 Cor 3,8 ) l'uditore crede e progredisce senza alcun dubbio. Ecco quanto ci corre tra la legge e la promessa, tra la lettera e lo spirito. 158 - Unici eredi non sono coloro che vengono dalla circoncisione Giuliano. Dopo essersi dato dunque da fare prima perché intendessimo che non avevano potuto essere escluse dalla partecipazione della giustizia le genti, ma per mezzo della medesima fede esse sono contate con i figli della circoncisione nella stirpe di Abramo, adesso ha concluso che nessun circonciso appartiene alla promessa fatta ad Abramo: ma questo, se non si intende bene, ripugna assolutamente. Pertanto con le sue parole: Se infatti diventassero eredi coloro che provengono dalla legge, sarebbe resa vana la fede e nulla la promessa, ( Rm 4,14 ) non ha evidentemente dichiarato quello che sembra, cioè credere che nessuno dei Giudei diventi per mezzo della fede erede dell'antica promessa; ma manca un vocabolo, che l'intelligenza supplisce: gli unici eredi non sono coloro che vengono dalla circoncisione. Come se fosse stato detto in questo modo: Se infatti diventassero eredi solamente coloro che provengono dalla legge, sarebbe resa vana la fede. Veramente infatti sembrerebbe escluso il prepuzio, se l'eredità della benedizione non giungesse a nessun altro all'infuori di coloro che provengono dalla circoncisione. Dobbiamo insomma intendere la consuetudine delle Scritture: non si nega subito ciò che non si dice, perché per mezzo dell'intelligenza siano supplite le manchevolezze delle parole. Agostino. Capiscono così quelli che non capiscono. Perché, vi prego, non badate che non sono eredi coloro che vengono dalla legge per la ragione che la legge provoca l'ira? Al contrario dove non c'è la legge, non c'è nemmeno trasgressione. ( Rm 4,15 ) La ragione invece per cui sono eredi coloro che vengono dalla promessa è che Dio stesso porta a compimento ciò che promette. Chi infatti crede di osservare i precetti della legge per mezzo dell'arbitrio della propria volontà senza lo spirito della grazia, vuole stabilire una sua propria giustizia e non vuole accettare la giustizia di Dio. Perché infatti il medesimo Apostolo dice: Al fine di essere trovato nel Cristo non con una mia giustizia derivante dalla legge, ma con quella che deriva dalla fede, cioè con la giustizia che deriva da Dio? ( Fil 3,9 ) Perché dice sua la giustizia che deriva dalla legge e la respinge, ma non dice sua, bensì derivante da Dio, la giustizia che deriva dalla fede? Non è forse da Dio la legge? Chi potrebbe dire che non è da Dio, se non un incredulo? Ma dice sua giustizia quella che deriva dalla legge, perché in essa l'uomo pensa che gli basti la legge per praticare i comandamenti divini, confidando nella propria forza. La giustizia invece che viene dalla fede la dice proveniente da Dio, perché è Dio che dà a ciascuno la sua misura di fede, ( Rm 12,3 ) e alla fede spetta di credere che è Dio a suscitare in noi anche il volere, ( Fil 2,13 ) come lo suscitava in quella commerciante di porpora alla quale aveva aperto il cuore perché aderisse alle parole di Paolo. ( At 16,14 ) E per questo nemmeno gli stessi Giudei che credettero nel Cristo, tra i quali ci fu anche Paolo, devono dirsi in senso assoluto eredi che vengono dalla legge, ma piuttosto eredi che vengono dalla promessa. La ragione infatti per cui è stato detto: In Isacco ti sarà data una discendenza, è che non sono considerati figli di Dio i figli della carne, ma i figli della promessa sono considerati come discendenza. ( Rm 9,7-8 ) 159 - Non sono eredi tutti i battezzati Giuliano. Ha riassunto pertanto l'Apostolo la sua argomentazione in questo modo: Se altri non fossero eredi della benedizione al di fuori di coloro che vengono dalla legge, come risultava escluso il prepuzio, così era conseguente che non fosse privato della benedizione nessuno che venisse dalla legge; ossia: se così tanto valeva la circoncisione da non valere nulla la fede senza la circoncisione, come le genti risultavano respinte, così rimaneva provato che nessuno dei Giudei avrebbe mai potuto finire in perdizione. Agostino. Com'era conseguente, o grossolano dialettico? Com'era conseguente che non fosse privato della benedizione nessuno che veniva dalla legge, se altri non fossero eredi della benedizione all'infuori di coloro che vengono dalla legge? Forse per il fatto che nessuno è erede se non a condizione che sia battezzato, sono eredi tutti coloro che sono battezzati? Ma mi premeva dirlo, non perché stia qui la questione controversa tra noi, bensì per mostrare quanto acuto sia tu stesso che dici me più ottuso di un pestello. 160 - Se fuori dalla legge nessuno fosse giusto Giuliano. Siccome ora invece confessate che non sono eredi della benedizione coloro che prevaricano contro la legge, perché contro di essi la legge provoca l'ira, consta che quella promessa non spetta alla circoncisione, ma alla fede. Si distruggerebbe però la promessa, se fuori dalla legge nessuno fosse giusto, perché la legge, fatta conoscere quattrocentotrenta anni dopo la promessa, ( Gal 3,17 ) mostrerebbe e lo stesso Abramo e Isacco e Giacobbe e tutti i santi del tempo intermedio privi della benedizione, che non si sarebbe potuta conferire a nessuno senza la legge. Agostino. Al contrario si distruggerebbe la promessa, se qualcuno fosse giusto in forza della legge. Se infatti diventassero eredi coloro che provengono dalla legge, sarebbe resa vana la fede e nulla la promessa, perché la legge provoca l'ira, ( Rm 4,14-15 ) essendo richiesta la grazia precisamente allo scopo di sfuggire all'ira di Dio. 161 - La legge provoca l'ira divina contro l'iniquità volontaria Giuliano. Il che essendo manifestamente falso, sia perché sotto la legge i peccatori meritavano la pena, sia perché prima della legge la giustizia e la fede non sono state private dei frutti della loro rimunerazione, consta che la gloria di quella promessa non spetta alle carni tagliate dal ferro della circoncisione, bensì alle menti illuminate dall'onestà. Segue poi fulminea la sentenza contro la " traduce ": La legge infatti provoca l'ira; al contrario dove non c'è legge, non c'è nemmeno trasgressione. ( Rm 4,15 ) Persuaditi dunque che la legge è stata data ai concepiti, che la legge può darsi ai neonati perché li possa accusare come rei di prevaricazione. Del resto con l'Apostolo, dal cui modo di sentire escludiamo qualsiasi atteggiamento irragionevole, noi crediamo che non c'è prevaricazione in quell'età nella quale non poté esserci legge: infatti dove non c'è legge, non c'è nemmeno trasgressione. E la legge provoca l'ira, non per un suo vizio, ma per l'iniquità di coloro che antepongono i peccati alle virtù. Agostino. Non c'è dunque la legge del Cristo: Se uno non nasce da acqua e da spirito, non può entrare nel regno di Dio? ( Gv 3,5 ) La quale legge tu vedi che riguarda anche i bambini. Ma tu piuttosto spiega: il bambino, la cui anima era eliminata dalla sua stirpe, se non si circoncideva nell'ottavo giorno ( Gen 17,12-14 ), di quale prevaricazione era accusato per essere colpito da tale pena? Soltanto questo: senza peccare minimamente in se stesso, lo si riteneva reo di una trasgressione simile a quella di Adamo, nel quale tutti hanno peccato. ( Rm 5,12.14 ) Le quali parole apostoliche tanto chiare tu ti sforzi di oscurarle, tanto diritte tu ti sforzi di curvarle con ingente, sì, ma vana fatica. 162 - Anche noi siamo giustificati quando crediamo Giuliano. L'Apostolo dunque ha ritenuto che non soltanto per Abramo sia stato scritto che gli fu accreditato come giustizia, ( Rm 4,23 ) ma anche per noi, ai quali è accreditato senza dubbio quando crediamo in Dio che ha risuscitato dai morti Gesù Cristo, il quale, dice, è stato messo a morte per i nostri peccati ed è risuscitato per la nostra giustificazione. ( Rm 4,24-25 ) Agostino. Da questa grazia voi escludete i bambini che sostenete immuni da ogni delitto contratto dall'origine. Donde parte la conseguenza che non spetta a loro il beneficio per cui il Cristo è stato messo a morte per i nostri peccati. E sentendo così e dogmatizzando così voi osate dirvi cristiani cattolici! 163 - Non ci macchiano i peccati altrui Giuliano. Con quanto impeto inculca che presso Dio, giusto giudice, non nuocciono ad altri i peccati altrui [ l'Apostolo ] che, esaltando la morte del Cristo, enunzia con vigile attenzione che egli affrontò la morte per i nostri delitti, che erano molti, che erano nostri, e non per un delitto e unico e altrui e di un uomo già morto da tempo! Agostino. Certamente non si sbaglia a dire peccato altrui la disobbedienza di quell'uomo, perché noi, non ancora nati, non avevamo fatto ancora nulla di personale né in bene né in male. Ma poiché in lui che disobbedì, quando disobbedì, c'eravamo tutti e poiché il suo delitto fu tanto e tale da viziare l'universale natura umana - come basta a indicarlo la stessa miseria così manifesta del genere umano - cotesto delitto altrui diventa nostro per l'inquinamento della successione. Perciò un dottore cattolico, che intese bene l'Apostolo, ha detto: Noi uomini nasciamo tutti sotto il peccato, perché è viziata la stessa nostra origine. Il quale modo d'intendere di Ambrogio e di altri suoi colleghi nella verità cattolica, se lo vorrete seguire, non sarete costretti ad escludere i bambini dal beneficio della morte di colui che fu messo a morte per i nostri peccati e morì uno per tutti. ( Rm 4,25 ) Dove l'Apostolo grida come conseguenza: Tutti quindi sono morti e per tutti egli è morto, ( 2 Cor 5,14-15 ) e voi reclamate: Non sono morti i bambini. Mettetevi a gridare anche la conseguenza. Dunque per i bambini non è morto Gesù, e vedete se a giacere morti non siate voi che ai bambini morti, perché non ritornino vivi, negate la morte del Cristo. Perché ad essi non si deve imputare, come pensate voi, il peccato di un uomo unico e morto già da tempo. Né fate attenzione che il primo uomo Adamo è morto da tempo, così tuttavia che il secondo uomo dopo di lui sia il Cristo, sebbene tra il primo e il secondo gli uomini siano nati a migliaia. Perciò è manifesto che appartiene ad Adamo ogni uomo che nasce da lui per la successione della propaggine, come appartiene al Cristo ogni uomo che rinasce in lui per elargizione di grazia. Perciò avviene che i due uomini, il primo e il secondo, siano in qualche modo tutto il genere umano. 164 - O calunnioso! Giuliano. L'Apostolo dunque che dice molti i delitti, non sospetta nulla dell'unico peccato dei manichei, ossia del peccato della " traduce ". Agostino. Ma certamente, o uomo litigioso, molti sarebbero i delitti che avrebbero molti uomini, anche uno solo per ciascuno, di volontà propria, se venissero al lavacro della rigenerazione subito dopo aver commesso il primo peccato, e tutti costoro, secondo cotesta tua, non ragione, ma distorsione, voi li escludete da questa grazia che giustifica da molti delitti, perché non volete che partecipino ad essa tutti quegli uomini i cui delitti sono delitti singoli. Quanto molti di più sono dunque, se aggiungiamo i peccati degli altri che ne abbiano più o meno! Da tutti i quali peccati libera tuttavia cotesta grazia di cui si dice: Da molte cadute per la giustificazione. ( Rm 5,16 ) C'era infatti Adamo e in lui eravamo tutti noi. Perì Adamo e in lui perirono tutti: l'ha detto Ambrogio, e non era manicheo, o calunnioso! Che i bambini con la loro prima nascita contraggono il contagio dell'antica morte lo dice Cipriano: e non era manicheo, o calunnioso! Che nel solo Adamo hanno peccato tutti lo dice Ilario: e non era manicheo, o calunnioso! La Chiesa nella quale essi impararono coteste verità non era manichea, o calunnioso; e poiché era cattolica e continua ad essere cattolica, per questo non ha potuto sopportare voi che sentite contro coteste verità e le contestate; e per rimanere cattolica ha protetto l'infermità dei suoi bambini con la vostra condanna. 165 - Giustificazione e remissione dei peccati Giuliano. Giustificati dunque per la fede, stiamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per suo mezzo abbiamo anche ottenuto di accedere a questa grazia, nella quale ci troviamo, e ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio. ( Rm 5,1-2 ) Voi, dice, che vi vedete concessa la giustificazione per mezzo del perdono dei peccati, tenete salda la vostra concordia e con sentimenti unanimi lodate i doni del Mediatore, per il quale è stato concesso a noi di avere accesso a questa grazia, e coloro che la giustizia riteneva rei, poiché rei non ci aveva fatti la natura ma la volontà, li ha restituiti alla libertà e li ha strappati alla punizione, e a noi, che temevamo gli eterni castighi, ha concesso di vantarci ora nella speranza della gloria di Dio. Agostino. Siete voi soli a ridurre il conferimento di cotesta giustificazione alla sola remissione dei peccati. Dio appunto giustifica l'empio non soltanto rimettendogli i mali che fa, ma anche donandogli la carità perché stia lontano dal male e faccia il bene per mezzo dello Spirito Santo, ( Fil 1,19 ) la cui continua somministrazione chiedeva l'Apostolo per coloro ai quali scriveva: Noi preghiamo Dio che non facciate alcun male. ( 2 Cor 13,7 ) Contro cotesta grazia voi fate guerra, e il risultato non è che difendiate il libero arbitrio della volontà con il vostro discorrere, ma lo inganniate con il vostro presumere. 166 - È già un premio non peccare Giuliano. Ma per esprimere più intensamente la forza e la sicurezza di questa dottrina, l'Apostolo prosegue dicendo che cosa conferisca ai fedeli la filosofia cristiana: E non soltanto questo: noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. ( Rm 5,3-5 ) Ossia: questi benefici non ci fanno solamente godere dell'ampiezza futura dei doni, ma già attualmente, posti come siamo in mezzo all'ardore delle sofferenze, esultiamo nel possesso della virtù stessa e ridiamo del furore dei persecutori, giudicando la crudeltà degli empi più una esercitazione della nostra pazienza che una perturbazione della nostra letizia, perché non solo ci asteniamo dal peccare per amore dei premi, ma stimiamo essere già un premio questo nostro stesso non peccare. Agostino. Se è un premio non peccare, chi lo dà questo premio? Penso che non dirai: L'uomo se lo dà da se stesso, benché a dirlo ti costringa la perversità della vostra eresia. Se dunque è Dio che dà all'uomo il premio di non peccare, vedo che si dovrebbe chiamare più dono che premio, perché non sembri che lo abbiano preceduto dei meriti, avendo anche lo stesso Pelagio condannato quanti dicono che la grazia di Dio si dà secondo i nostri meriti. In che modo poi si dia questo dono, cioè il dono di non peccare, l'hai detto anche tu poco fa ricordando le parole dell'Apostolo: L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. ( Rm 5,5 ) Perciò nella filosofia cristiana vantarci nelle tribolazioni non è una possibilità che venga da noi, perché anche questo lo abbiamo ricevuto; altrimenti all'uomo che se ne gloria come di un risultato che si è regalato da sé si dice: Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? E se l'hai ricevuto perché te ne vanti come se non l'avessi ricevuto? ( 1 Cor 4,7 ) E tuttavia ce ne vantiamo, non come se non lo avessimo ricevuto, ma ce ne vantiamo in colui che ce lo ha dato, perché chi si vanta si vanti nel Signore. ( 1 Cor 1,31 ) Questa è la grazia che la fede cattolica predica. Perché mai, ti prego, il vostro errore la combatte, dal momento che essa anche per bocca vostra vi convince? 167 - Caparra della beatitudine eterna la carità di Dio Giuliano. Inoltre, quando osserviamo le promesse dei Testamenti, mettiamo assolutamente tutti i beni e i mali della vita presente tra le inezie, stimando la fedeltà della promessa di Dio dalla grandezza della sua carità verso di noi. Né infatti deluderà la nostra speranza la frustrazione dei favori eterni, dal momento che teniamo come caparra della beatitudine futura la carità di Dio, che si è riversata nei nostri cuori con lo Spirito Santo dato a noi: ( Rm 5,5 ) cioè con i doni dello Spirito Santo Dio ha dato prova del suo amore verso il genere umano. Agostino. Tu non vuoi che tra questi doni ci sia anche il dono di non peccare, ma confidando nella tua virtù ( Sal 49,7 ) te lo vuoi dare da te stesso. Non ti arrabbiare, per favore, se ti ricordo: Maledetto ogni uomo che confida nell'uomo. ( Ger 17,5 ) 168 - Fedele Dio con i suoi fedeli Giuliano. Renderà dunque Dio fedelmente ai suoi fedeli tutto ciò che ha promesso a loro. Agostino. Renderà evidentemente anche questo: che siano fedeli, perché ad Abramo promise la fede delle genti e un grande fedele dice: Ottenni misericordia dal Signore per essere fedele. ( 1 Cor 7,25 ) 169 - Gesù morì per gli empi, non "anche" per gli empi Giuliano. Infatti: Colui che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, e per mezzo di lui ci ha consacrati con l'operazione dello Spirito Santo, senza dubbio ci ha donato tutto con lui. ( Rm 8,32 ) A che fine infatti il Cristo, mentre eravamo ancora peccatori, morì per gli empi nel tempo stabilito? ( Rm 5,6 ) Agostino. Stai tirando in ballo testimonianze divine che sballano il vostro errore. Non è detto infatti che il Cristo morì anche per gli empi, ma è detto che morì per gli empi. Ma, come tu stesso hai confessato altrove, egli morì anche per i bambini, e tuttavia, non so con quale sfacciataggine, tu neghi che l'empietà del primo uomo sia passata in loro originalmente. In che modo dunque i bambini appartengono al Cristo, che morì per gli empi? 170 - Con quanta pietà d'amore Giuliano. A stento infatti uno muore per un giusto: qualcuno forse ha il coraggio di morire per una buona persona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi, perché, mentre eravamo ancora peccatori, il Cristo morì per noi. A maggior ragione ora, giustificati per il suo sangue, saremo salvati dall'ira per mezzo di lui. Se infatti, quando eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del suo Figlio, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, dal quale ora abbiamo ottenuto la riconciliazione. ( Rm 5,7-11 ) Ci ha dichiarato con quanta pietà d'amore abbia fatto tutto il Cristo, che si degnò di morire per coloro che non meritavano nulla di buono. Agostino. Queste tue parole sono state modellate in modo da sembrare che tocchino anche i bambini, poiché concedete che anch'essi sono tra coloro che non hanno meritato nulla di buono, confessando voi che non hanno fatto nulla di buono. Ma non ha parlato così l'Apostolo, il quale ha detto che il Cristo morì per gli empi e per i peccatori. Invano dunque hai pensato di attenuare la grande misericordia del Cristo: egli infatti morì per coloro che avevano meriti cattivi, e voi da tanto beneficio escludete i bambini, perché li dite immuni. Ma il Cristo dice: Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ( Mt 9,12 ) e dunque non hanno bisogno del Cristo i bambini, per i quali egli certamente, secondo voi, non è Gesù. Per coloro invece che hanno bisogno di lui, egli è senza dubbio Gesù. Ma allontanatevi, o malvagi! I bambini hanno bisogno, senza dubbio alcuno, del Cristo. Anch'essi dunque egli salva dai loro peccati, poiché per questo egli ha ricevuto il nome di Gesù nel testo dove l'angelo disse: Lo chiamerai Gesù, perché salverà il suo popolo dai suoi peccati 262. ( Mt 1,21 ) 171 - La carità e la fortezza di Gesú sono ad un'altezza unica Giuliano. Avevano appunto calpestato la ragione e la legge per amore dei crimini, andando dietro ai loro desideri, condannati dalla stessa coscienza, che ha la più grande forza. Ma poiché si sapeva che anche i Profeti avevano frequentemente dato splendido esempio di sprezzo della morte per la giustizia e si sapeva che moltissimi erano andati con animo sicuro incontro al pericolo per tutte le cause grandi e fulgide del fulgore della dignità insita in esse, nel timore che la singolarità della virtù del Cristo non apparisse più luminosa di tali esempi, l'Apostolo, per dimostrare che la sua carità e la sua fortezza si sollevano ad una altezza unica, adoperò il seguente argomento. Anch'io, sebbene sia raro, sebbene sia difficile, riconosco che alcuni hanno preferito morire per cause giuste e buone; ma per essi la dignità delle imprese, ossia lo splendore degli stessi valori per i quali avevano combattuto, temperò il dolore dei pericoli. Il Cristo al contrario non ebbe nulla da amare nelle passioni degli empi e non si schifò di lasciarsi appendere per coloro che si erano resi deformi volontariamente. Egli appare superiore a tutti in tutte le virtù, perché, se pochi possono essergli pari nella sofferenza, nessuno può essergli pari nella causa. Non disperiamo dunque minimamente della sua munificenza, perché, se egli morì per noi, quando eravamo ancora peccatori, tanto più ora che siamo stati giustificati nel suo sangue, saremo per lui salvi dall'ira. Agostino. Non vogliate dunque escludere i bambini dal numero dei peccatori, se confessate che anche per loro morì il Cristo. 172 - A causa del solo Adamo l'inimicizia, per il solo Gesù la riconciliazione Giuliano. E dopo la riconciliazione che abbiamo meritato di avere con Dio, s'intende per opera del Mediatore, dobbiamo accogliere con il nostro animo i gaudi eterni e sperare non solo la salvezza, ma anche la gloria. Agostino. Nota, ti prego, il contesto che ha condotto l'Apostolo a parlare del primo uomo: trattava della riconciliazione, che anche tu attribuisci alla mediazione del Cristo, dalle inimicizie che avemmo con Dio. Ecco, vedi le parole dell'Apostolo: Giustificati dunque per la fede, stiamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. ( Rm 5,1 ) E poco più sotto: Se il Cristo infatti, mentre eravamo peccatori, morì per gli empi nel tempo stabilito. ( Rm 5,6 ) Finalmente poco dopo: Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, il Cristo morì per noi. A maggior ragione ora, dopo che siamo stati giustificati per il suo sangue, saremo salvati dall'ira per mezzo di lui. ( Rm 5,8-9 ) Nota ancora quello che segue: Se infatti quando eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del suo Figlio, molto più dopo essere stati riconciliati saremo salvi nella sua vita. ( Rm 5,10 ) Questa riconciliazione su cui insiste tante volte, la mette anche da ultimo dicendo: Dal quale ora abbiamo ottenuto la riconciliazione, ( Rm 5,11 ) e poi conclude: Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo. ( Rm 5,12 ) Come dunque a causa di questo solo uomo l'inimicizia, così per il solo Cristo la riconciliazione. Chiunque perciò dice che i bambini sono immuni dal peccato che ha provocato l'inimicizia, nega per forza che essi abbiano parte nella riconciliazione della quale si fece mediatore il Cristo, e quindi li esclude pure dalla giustificazione che avviene nel sangue del Cristo, della cui effusione non fu ricordata da lui, quando raccomandò di berlo, nessun'altra causa che la remissione dei peccati. ( Mt 26,27-28 ) La conseguenza è che la morte del Cristo ai bambini che non hanno il peccato non giova affatto in nessun modo. Per essa infatti noi siamo stati riconciliati con Dio da nemici che eravamo: il che non erano secondo voi i bambini. Perché infatti in forza di tale riconciliazione morissimo al peccato nel quale stava la nostra inimicizia con Dio, quanti siamo stati battezzati nel Cristo, siamo stati tutti battezzati nella sua morte, ( Rm 6,3 ) come dice il medesimo Apostolo. Ma per giungere a queste parole si domanda prima: Noi che siamo già morti al peccato, come potremo vivere ancora in esso? ( Rm 6,2 ) E subito dopo, per dimostrare che siamo morti al peccato, chiede: O non sapete che quanti siamo stati battezzati nel Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? ( Rm 6,2 ) Dov'è la libertà e la fortezza del vostro animo? Perché temete di dire ciò a cui non temete di aderire? Cioè che non hanno bisogno di essere battezzati nel Cristo i bambini che voi dite esenti da qualsiasi peccato a cui debbano morire? 173 - Per il peccato di Adamo entrò nel mondo la morte eterna Giuliano. Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo, anche la morte entrò con il peccato, e così la morte dilagò in tutti gli uomini, che tutti peccarono in lui. ( Rm 5,12 ) Per domare la superbia dei Giudei che non ritenevano il perdono dei peccati tanto necessario a sé quanto ai Gentili, rivendicando essi la santità alla propria razza per la prerogativa della legge, si addentra nel morbo della condotta umana e ricerca la moltitudine dei peccatori nei tempi passati, perché l'autorità dell'antichità stessa metta in evidenza quanta dominazione abbia acquistato l'iniquità in questo mondo e quanto numerosi e letargici crimini, trasmessi dalle corrotte generazioni precedenti alle successive per le mani di una contagiosa imitazione, abbia spazzato via la grazia del Cristo. E perciò fa menzione del primo uomo: non perché da lui aveva cominciato il peccato, risultando che la prima a peccare era stata la donna, ma perché per il privilegio del sesso aveva occupato la cattedra del delitto. Per causa di lui dunque entrò il peccato e con il peccato la morte; senza dubbio la morte che si minaccia ai peccatori, ossia la morte eterna. E così la morte dilagò in tutti gli uomini, che tutti peccarono in lui. Spalancò senza lasciare dubbi in che modo fosse dilagata questa morte nei posteri: evidentemente per imitazione e non per generazione. Agostino. Già certamente ti è stato risposto per quale ragione Paolo non ha nominato la donna, dalla quale ebbe inizio il peccato, ma l'uomo soltanto: o perché in lui era compresa anche lei per l'unità della carne, o perché comincia dall'uomo la generazione, attraverso la quale voleva indicare l'ingresso del peccato nel mondo. Ma voi, gente che dite che la morte consistente nel peccato passò nei posteri per imitazione e non per generazione, per quale ragione non dite apertamente che i bambini non devono essere battezzati nel Cristo Gesù? Se infatti sono da battezzare nel Cristo, poiché tutti coloro che sono battezzati nel Cristo sono battezzati nella sua morte, senza dubbio anche i bambini muoiono al peccato; con questo argomento appunto l'Apostolo ha provato che noi siamo morti al peccato: con l'argomento del nostro battesimo nella morte del Cristo. Dopo aver chiesto infatti: Se siamo già morti al peccato, come potremmo vivere in esso? ( Rm 6,2 ) Domanda immediatamente per indicarci morti al peccato: O non sapete che quanti siamo stati battezzati nel Cristo Gesù, tutti siamo stati battezzati nella sua morte? ( Rm 6,3 ) Perciò chi è senza peccato non ha perché morire nel battesimo; ma chiunque quando è battezzato non muore al peccato, non è battezzato nella morte del Cristo e quindi non è battezzato nel Cristo. Che tergiversate? Aprite liberamente gli inferi vostri, entrino liberamente da voi coloro che non vogliono i loro bambini morti nel peccato e non li vogliono rivivi nel battesimo. 174 - Non Adamo o il suo peccato, ma il fatto Giuliano. Dopo che infatti aveva detto: In tutti gli uomini passò, aggiunse immediatamente: In quanto tutti peccarono. Queste ultime parole: In quanto tutti peccarono non significano se non questo: Perché tutti peccarono; secondo quella espressione davidica: In che [ in quo ] un giovane corregge la sua propria via? ossia: In che modo corregge la sua via? Nel custodire le tue parole. ( Sal 119,9 ) Dice che si corregge la via in ciò che la corregge. Così pure l'Apostolo ha detto che la morte dilagò nel fatto che tutti peccarono con la propria volontà. Non nel senso che il relativo in quanto sembri indicare o Adamo o il suo peccato, ma nel senso che il relativo in quanto intende esprimere il fatto che tutti peccano. Agostino. Apri gli occhi! Tutti muoiono in Adamo, nel quale se non sono morti i bambini e non rinascono nel Cristo, perché mai con indegna simulazione correte al battesimo del Vivificatore e del Salvatore per portarci i bambini, di cui non volete la rinascita e la guarigione, gridando che sono vivi e sono sani? 175 - Il significato di "tutti" Giuliano. Che poi " tutti " si usi per " molti " lo attestano innumerevoli esempi delle Scritture, per esempio: Tutti traviarono, tutti si sono corrotti; e poco dopo: Divorano il mio popolo come pane. ( Sal 14,3-4 ) Da quei tutti, di cui aveva denunziata la cattiva condotta, indica che era separato il popolo. Nel Vangelo si racconta: E tutto il popolo urlava: " Crocifiggilo, crocifiggilo! " ( Lc 23,21; Mc 15,13; Mt 27,33 ) e tuttavia l'universalità di tale popolo tutto non includeva né gli Apostoli, né Nicodemo, né le sante donne. Qui il medesimo Apostolo poco dopo chiama " molti " quelli che ora ha detti " tutti ". Agostino. A ciò si è già risposto che i " molti " non contraddicono i " tutti ", perché gli stessi tutti non sono pochi ma molti. E sono verissime le parole del Salmo da te citate: Tutti traviarono, tutti sono corrotti. Effettivamente i figli degli uomini, che avevano tutti traviato, li ha distinti dai figli di Dio che non avevano traviato e venivano divorati. Dio infatti osservava i figli degli uomini e questi avevano tutti traviato; da loro sono stati evidentemente esclusi i figli di Dio. A questi figli degli uomini che erano tutti traviati apparteneva anche tutto quel popolo che gridava: Crocifiggilo, crocifiggilo! Al quale popolo non appartenevano appunto in nessun modo coloro che avevano già creduto nel Cristo. Tìrati fuori da questo testo, se puoi: Uno è morto per tutti, e abbi il coraggio di dire che non erano tutti morti coloro per i quali è morto il Cristo, e l'Apostolo ti tapperà subito la bocca e ti ricaccerà in gola la sfrontatissima voce, mostrando la conseguenza della sua affermazione: Quindi tutti sono morti. Non lodare l'Apostolo, non lo spiegare in tal modo da non volerlo ascoltare quando dice: Uno è morto per tutti, quindi tutti sono morti. ( 2 Cor 5,14-15 ) In questi " tutti " dilagò la morte insieme al peccato a causa di colui nel quale muoiono tutti, e qui sono compresi anche i bambini, perché pure per loro morì il Cristo, il quale è morto per tutti, proprio perché tutti sono morti. Comunque tu ragioni, comunque tergiversi, comunque tenti di sovvertire o di pervertire le parole dell'Apostolo, non dimostri l'immunità dei bambini dalla morte che sta nel peccato, poiché non osi negare che il Cristo sia morto anche per loro. 176 - Moltissimi, non tutti Giuliano. Apparisca dunque il risultato ottenuto da noi: l'Apostolo chiama tutti i moltissimi e li dice soggetti alla morte, perché hanno peccato con la propria volontà. Quindi non accusa un crimine originale, ma un crimine volontario, e veramente nient'altro indicano le parole, se si tiene conto del credito e della proprietà che hanno. Se infatti avesse creduto che un peccato fosse passato ai posteri per generazione, cioè fosse stato scagliato da Adamo su coloro che non erano là, avrebbe dichiarato nella maniera più falsa che tutti hanno peccato. Agostino. Ti potrei chiedere: In che modo hanno seguito l'esempio del peccato di Adamo i posteri che non furono là, né videro, né udirono, né credettero lo stesso suo peccato? Ma non te lo chiedo. Ci fu infatti Adamo e in lui siamo stati noi tutti. Perì Adamo e in lui perirono tutti, perché in lui muoiono tutti. Ascolta l'Apostolo che parla apertissimamente e non ascoltare te stesso che ciarli tortuosissimamente. 177 - Il peccato è un'attività personale Giuliano. Di ciò infatti che uno solo fa e manda ad altri non si dice con esattezza che tutti l'abbiano fatto. Dunque o passò a loro il peccato ed essi non peccarono, o essi peccarono, e questa parola sta ad indicare un'attività, e allora il peccato non passò ad essi se non esclusivamente per imitazione. Agostino. Se uno per la sua intemperanza prende la podagra e la trasmette ai figli, come spesso accade, non si dice giustamente che quel vizio è passato dal genitore ai figli? Anch'essi hanno preso la podagra nel genitore, perché erano in lui quando egli la prese, ed erano così, essi e lui, ancora un solo uomo; la presero dunque non per azione umana, ma per ragione seminale. Ciò dunque che talvolta accade nelle malattie del corpo lo sapeva accaduto in quell'antico e grande peccato che viziò l'universale natura umana per colpa del primo e unico genitore l'Apostolo, il quale con lucidissima locuzione, che voi tentate di ottenebrare, diceva: A causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo e con il peccato la morte, e così passò in tutti gli uomini, che tutti peccarono in lui. ( Rm 5,12 ) Aveva appunto inteso esaltare la grazia del Cristo indicando in lui la " forma " opposta ad Adamo e contrapponendo al principe della generazione il principe della rigenerazione. 178 - L'inclusione di tutti gli uomini in Adamo suppone la "traduce" delle anime Giuliano. Ciò poi che hai creduto di opporre o in questo libro a cui adesso rispondo o nei libri che avevi scritto a Marcellino, dicendo, per usare le tue parole, che il peccato passò quando tutti gli uomini erano quell'unico uomo, senza difficoltà la verità lo demolisce e lo espone allo scherno di ogni persona saggia. Infatti con tale argomentazione non si indica nient'altro all'infuori della tua empietà; una empietà, dico, per la quale credi che la " traduce " delle anime, già condannata nell'insegnamento sacrilego di Tertulliano e di Marcione, sia come la " traduce " dei corpi: un'opinione talmente scellerata che, quando noi la rinfacciavamo a voi nell'Epistola che inviammo in Oriente, tu nei libri che ultimamente hai mandati a Bonifacio fai di tutto per stornarla da te, negando d'averla mai sostenuta. Scrivi infatti: Dicono poi che noi professiamo la " traduce " delle anime, e non so nei libri di chi lo abbiano letto, per giurare evidentemente che nulla di simile viene detto da te. Ebbene, perché la tua falsità emerga dal confronto delle tue parole, come fai a dire che la " traduce " delle anime, una opinione davvero sacrilega, esula dai tuoi modi di sentire, quando confessi che tutti gli uomini sono stati quell'unico uomo? Se infatti non credi che una parte dell'anima sia collegata con i semi, con quale faccia scrivi che tutti gli uomini sono stati quell'unico Adamo, quando l'uomo non può certamente essere se non un corpo e un'anima insieme? Agostino. Tu pensi che non possa dirsi uomo il solo corpo dell'uomo, mentre sai che lo stesso unico Figlio di Dio, il Signore nostro Gesù Cristo, fu crocifisso sotto Ponzio Pilato e fu sepolto, come confessa di credere tutta la sua Chiesa e come confessano molte eresie, tra le quali c'è anche la vostra, e tuttavia soltanto il corpo del Cristo fu sepolto. Non doveva dunque secondo te l'unico Figlio di Dio, nostro Signore Gesù Cristo, dirsi sepolto, poiché non dal corpo soltanto, bensì dal Verbo di Dio e dall'anima razionale e dal corpo risulta il Cristo, unico Figlio di Dio nostro Signore; ma la professione di fede, arrivata a queste parole: Fu crocifisso sotto Ponzio Pilato, avrebbe dovuto continuare così: E il suo corpo fu sepolto. Né dello stesso primo uomo di cui si tratta avrebbe dovuto dire la Scrittura: Dio plasmò l'uomo come polvere della terra, ( Gen 2,7 ) perché solo il corpo dell'uomo viene dalla terra. Che inoltre lo stesso Dio ha sbagliato a dire all'uomo minacciandogli la morte: Terra sei e in terra tornerai, ( Gen 3,19 ) gridatelo, perché secondo la tua dottrina avrebbe dovuto dire piuttosto: Terra è il tuo corpo e alla terra esso tornerà. Poiché dunque c'era Adamo e in lui eravamo noi tutti, una verità che prima di noi i dottori cattolici impararono e insegnarono secondo le sante Scritture nella santa Chiesa, per questo io ho detto: Erano tutti quell'unico uomo, essendo già anche quei due, maschio e femmina, non più due ma una sola carne. ( Mt 19,6 ) E l'ho detto di tutti gli uomini generati, perché quando fu commesso il peccato essi erano tutti quell'uomo, non essendo stato ancora trasfuso nessuno da Adamo con il seme nel seno della madre; e certo i figli sono trasfusi dai maschi nelle femmine. Dunque, per quella parte che vuoi e per quanta parte tu vuoi, tutti coloro che sono nati da Adamo sono stati quell'unico Adamo, o secondo il corpo soltanto, o secondo ambedue le parti dell'uomo; il che confesso di non saperlo, e non mi vergogno, come voi, di confessare di non sapere ciò che non so. Ciò tuttavia che io non so non è che di ogni uomo è scritto: L'uomo è quasi vanità, i suoi giorni come ombra che passa, ( Sal 144,4 ) per la ragione che anche altrove la medesima santa Scrittura dice: Solo tutta vanità è ogni uomo che vive; ( Sal 39,6 ) il che non avverrebbe in un mondo creato dal giusto Dio, se non ci fosse il peccato originale. 179 - Quando Adamo peccò, erano già due: lui e la moglie Giuliano. Inoltre, anche se lo riferisci alla carne soltanto, nemmeno così può scusarsi questa fatuità del tuo modo d'intendere, per cui dici: Tutti erano quell'uno, perché in quel tempo in cui Adamo peccò erano già due gli uomini e non uno solo, cioè Adamo e la sua moglie. E dalla loro sostanza, non dalla loro colpa, il genere umano pullulò come Dio aveva stabilito. Agostino. L'ho già detto ed ecco lo dico di nuovo. Io ho detto: Tutti furono quell'uno coloro che Adamo avrebbe seminati, ossia generati. Principalmente dunque da quell'uno che li generò avrebbero tratto il peccato originale i nascenti. Eva invece - e furono due con l'aggiunta di lei - concepì i figli che recepì e fu seconda nel partorirli, benché nel peccare sia stata la prima. Perciò anche la santa Scrittura dice che i figli di Levi furono nei lombi del loro padre Abramo e che in lui pagarono le decime al sacerdote Melchisedech; ( Eb 7,5.9-10 ) leggi la Lettera agli Ebrei e correggi la tua lingua. 180 - Anche Abele ebbe la carne del peccato Giuliano. Inoltre che al figlio Abele non abbia nociuto per nulla il peccato dei suoi genitori lo attesta la sua santità, celebrata da tutte le Scritture. Agostino. Perché dunque non Abele, che fu il primo giusto, propose l'Apostolo alla imitazione ma, trattando di due uomini dei quali uno mandava alla condanna e l'altro alla giustificazione, ha detto Adamo e il Cristo? Se poi Abele non aveva nelle sue membra la legge che muove guerra alla legge della mente, ( Rm 7,23 ) che egli, giusto com'era, debellava con lotta interiore, e se la sua carne non aveva desideri contrari allo spirito, ( Gal 5,17 ) per nulla gli aveva nociuto il peccato dei genitori. Ma chiunque dice che tale fu Abele, dica che egli non ebbe la carne del peccato, mentre è certissimo che il Cristo Signore non avrebbe avuto una carne somigliante alla carne del peccato, se la carne di tutti gli altri uomini non fosse la carne del peccato. 181 - Tutto all'opposto Caino, pur generato dalla medesima natura Giuliano. Tutto all'opposto Caino: invidioso, parricida, generato dalla medesima natura, non sospinto dalla medesima volontà, è devastato da un terrore che gli fa l'anima a pezzi. L'Apostolo dunque ha detto che il peccato entrò in questo mondo a causa di uno solo e per il peccato la morte, e così la morte passò in tutti gli uomini che peccarono; la quale sentenza, consona con il dogma cattolico, non presta a voi nessun aiuto. Agostino. Che la morte sia passata con il peccato l'Apostolo lo indica dicendo: E così passò in tutti gli uomini. ( Rm 5,12 ) Per questo anche i bambini, quando vengono battezzati, sono strappati al potere delle tenebre. Altrimenti, con grande offesa di Dio, come abbiamo già detto e come dovremo dire spesso, si esorcizza e si insuffla l'immagine di Dio, se nei bambini non si esorcizza e non si insuffla il principe del mondo, il quale è buttato fuori, perché si stabilisca nei bambini l'abitazione dello Spirito Santo. ( Gv 12,31 ) Quanto poi al crimine di Caino, esso non appartiene al problema dell'origine, perché fu commesso dalla volontà. 182 - Abele opposto ad Adamo Giuliano. La sentenza è costruita infatti con parole che indicano il precedere di un esempio e il susseguire della scelta di chi imita l'esempio. Agostino. Ti è già stato detto: avrebbe dovuto dunque essergli opposto dall'altra parte Abele e non il Cristo. 183 - La colpa fu di due Giuliano. Del resto, se avesse voluto indicare la generazione o infettata dal peccato o soggetta al peccato, non avrebbe detto che il peccato entrò per colpa di un solo uomo, ma per colpa di due. Agostino. È già stato risposto. Nulla dici e tuttavia dici e dici, perché non puoi trovare che dire di giusto. 184 - Alle medesime affermazioni le medesime risposte Giuliano. Né avrebbe detto: In tanto passò la morte in quanto tutti peccarono. ( Rm 5,12 ) Ma avrebbe detto: In tanto passò la morte in quanto tutti discesero dalla voluttà diabolica e dalla carne diabolica del primo uomo e della prima donna. E se l'avesse dichiarato l'Apostolo, non avrebbe rafforzato il vostro dogma, ma avrebbe causato il crollo di tutte le sue sentenze. Dunque è la volontà di coloro che peccano ed è l'esempio del peccato che egli accusa, e per questo voi siete battuti e dalla ragione e da Paolo. Agostino. Dunque in Abele, primo uomo giusto, avrebbe dovuto porre l'esempio della giustificazione, come in Adamo, primo peccatore, credete che abbia posto l'esempio del peccato. Perché infatti dovrebbe rincrescere a noi di darti le medesime risposte, se tu non ti vergogni di ripetere inutilmente tante volte le medesime affermazioni? 185 - Peccato e prevaricazione Giuliano. Fino alla legge infatti ci fu il peccato in questo mondo, ma il peccato non era imputato, perché mancava la legge; ma la morte regnò da Adamo fino a Mosè, anche su coloro che non peccarono, a somiglianza della prevaricazione di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire. ( Rm 5,13-14 ) Distingue la qualità del peccato con la diversità delle denominazioni, per indicare che altro è il peccato e altro è la prevaricazione, e in questo luogo vuol fare intendere soltanto che ogni prevaricazione è senza dubbio peccato, ma non ogni peccato è una prevaricazione. Il vocabolo di prevaricazione aumenta l'odiosità del peccato, e coloro che hanno trasgredito dei precetti sembrano più rei di coloro che senza l'ammonimento da parte di una legge hanno mancato eludendo l'innata ragione. Prima dunque di quella legge che fu data per mezzo di Mosè e fu messa in scritto, per imporre con la sua sanzione la forma delle azioni, che al popolo vivente sotto di essa non era lecito ignorare, in quel tempo intermedio tra Adamo e Mosè, l'Apostolo accusa di peccato e non di prevaricazione i mortali che si erano variamente macchiati di prave passioni. Agostino. Che cosa significano dunque le parole: La morte regnò da Adamo fino a Mosè, anche su coloro che non peccarono a somiglianza della prevaricazione di Adamo? Comunque infatti dividiate il testo, si trova che l'Apostolo vi ha contraddetti. Se infatti dividerete così: La morte regnò anche su coloro che non peccarono, in che modo ciò può essere giusto se non a causa del peccato originale? Perciò, quasi si chiedesse perché mai la morte aveva regnato anche su coloro che non avevano peccato, è stata data la risposta: Per la somiglianza della prevaricazione di Adamo, cioè non a causa dei loro propri peccati, ma poiché quel prevaricatore di Adamo li generò simili a sé, come hanno spiegato queste parole anche i dottori cattolici che vissero prima di noi. Sebbene infatti quel primo e unico peccato, che entrò nel mondo a causa di un solo uomo, sia comune a tutti, e per questo si dice: Nel quale peccarono tutti, i bambini tuttavia non hanno peccati loro propri. E perciò di essi si è potuto dire con verità che non hanno peccato, ma la morte regnò su di loro per la somiglianza, come si è detto, della prevaricazione di Adamo. Se invece volete dividere così: La morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su coloro che non peccarono a somiglianza della prevaricazione di Adamo, nel senso che peccarono, sì, ma non peccarono a somiglianza della prevaricazione di Adamo, non trovate nessuno come volete voi, perché voi sostenete che quanti peccarono hanno peccato a somiglianza di Adamo, cioè hanno seguito il suo esempio. È stata chiusa dunque da tutte e due le parti la tana della piccola volpe; non ha per dove entrare a nascondersi o non ha per dove uscire e scappare, se era già nascosta nella tana. 186 - La paura della morte Giuliano. Si deve intendere che quelli che non avevano ricevuto la legge, non avevano trasgredito dei precetti, ma dovevano essere considerati rei perché, trascurando la ragione, attestata in ciascuno dai suoi propri sentimenti, hanno violato il diritto della società umana o del pudore, e quindi si dice che hanno peccato per vicendevole imitazione, sì, non tuttavia per trasgressione di una legge, che non era stata ancora emanata. Fino alla legge dunque ci fu il peccato e non la prevaricazione, dopo la legge invece non solo il peccato, ma anche la prevaricazione. La morte poi che regnò è la morte eterna che Dio aveva minacciato d'infliggere ad Adamo se avesse peccato. Quindi quella morte dovuta al peccato, la morte penale, regnò anche prima della legge su quelli che peccarono, come regnò in mezzo ai sodomiti e a coloro che furono annientati al tempo del diluvio per la loro iniquità, pur tuttavia volontaria, o in altre epoche diverse; e dopo la legge regnò in mezzo a coloro che trovò rei di prevaricazione. Agostino. Poiché non vuoi che sia penale se non la morte eterna, se non è penale la morte che separa l'anima dal corpo, per quale ragione la teme la natura che tu lodi tanto da negare che sia stata viziata? Qual è la causa per cui un bambino, appena comincia un poco ad uscire dall'infanzia, sente già il terrore di essere ucciso? Per quale ragione non abbiamo per la morte la medesima proclività sensibile che per il sonno? Perché sono ritenuti grandi coloro che non temono la morte ed essi sono tanto rari? Come mai anche colui che disse di bramare di sciogliersi da questa vita e di essere con il Cristo, ( Fil 1,23 ) non vuole tuttavia essere spogliato ma sopravvestito, perché ciò che è mortale sia assorbito dalla vita? ( 2 Cor 5,4 ) Perché a Pietro fu detto nei riguardi della sua stessa fine gloriosa: Un altro ti cingerà e ti porterà dove tu non vuoi? ( Gv 21,18 ) Insomma, se è ingiustificato il timore della morte, è una pena lo stesso suo timore; se invece è per legge di natura che l'anima non vuole essere separata dal corpo, la morte stessa è una pena, sebbene la grazia divina la converta in un buon uso. 187 - Il principe della generazione e il principe della rigenerazione Giuliano. Poiché, essendo giudice quella giustizia che non imputa se non il peccato da cui è libero astenersi, coloro che peccarono senza la legge saranno giudicati senza la legge, e quelli che peccarono nella legge saranno giudicati con la legge. ( Rm 2,12 ) Ma le parole dell'Apostolo: La morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su coloro che non peccarono a somiglianza della prevaricazione di Adamo, ( Rm 5,14 ) fanno trasparire il suo modo di sentire: quello cioè per cui definisce prevaricatori i Giudei che peccarono sotto la legge in modo simile ad Adamo, perché anche a quel primo uomo, sebbene non per mezzo di scritture, ma tuttavia oralmente, era stata intimata la legge di astenersi dal gustare di un albero, e questa fu una prova di obbedienza; mangiandone contro il precetto incorse nel crimine di prevaricazione. Dunque si dimostra che anche il popolo che peccò dopo la legge data per il ministero di Mosè si rese colpevole di una delinquenza simile alla prevaricazione di Adamo, perché peccava per trasgressione di una legge, come lui. Coloro che invece peccarono nell'epoca di mezzo tra le due leggi, la prima data ma non scritta, la seconda data e scritta, non si indicano immuni dal peccato, ma si dice che non errarono a somiglianza della prevaricazione di Adamo, perché non avevano ricevuto la legge. Agostino. Dove neghi la somiglianza della prevaricazione di Adamo, ti convinci da te stesso che quanti peccarono senza la legge non sono rei per l'esempio del primo uomo: non fu dunque l'imitazione ma la generazione che fece passare la morte in tutti gli uomini a causa del peccato. Neppure infatti se questa morte, che entrò nel mondo a causa del peccato del primo uomo, avesse saltato le epoche tanto lunghe che precedettero la legge e, per rispettare la somiglianza della prevaricazione di Adamo, cominciasse a serpeggiare dai Giudei che divennero prevaricatori della legge, si direbbe di essa: A causa di un solo uomo entrò nel mondo e passò in tutti gli uomini. ( Rm 5,12 ) Chi infatti, non dico stolto ma appena fatuo, persuaderete che sia entrata a causa di un solo uomo e sia passata in tutti gli uomini una morte alla quale fate saltare tante genti e tanti secoli e, lasciando intatti tutti gli altri, sia arrivata a coloro che avevano ricevuto la legge, dicendo voi che la morte regnò anche su coloro che non peccarono a somiglianza della prevaricazione di Adamo, ma peccarono senza prevaricazione perché senza legge? Non avete proprio nessun altro mezzo per correggere il vostro errore se non quello di ritornare alla fede cattolica, la quale al primo uomo, principe della generazione, oppone il secondo uomo, principe della rigenerazione. 188 - La fede dell'incarnazione futura Giuliano. Il quale Adamo si dice " forma " di colui che doveva venire, cioè del Cristo: ma " forma " in senso di opposizione, così da credere il Cristo forma della giustizia, come Adamo forma del peccato. Ma come l'incarnazione del Cristo fu la forma della giustizia, non la prima forma bensì la massima, perché anche prima che il Verbo si facesse carne, per mezzo di quella fede che si aveva in Dio, le virtù rifulsero e nei Profeti e in molti altri santi, e venendo poi la pienezza dei tempi rifulse nel Cristo la norma esatta della giustizia, e colui che era stato predetto come Padre del secolo futuro spiccò come rimuneratore tanto dei santi precedenti quanto anche dei santi susseguenti. Agostino. Riconosciamo la vostra eresia: Pelagio infatti dichiarò che gli antichi non erano vissuti da giusti in forza della fede dell'incarnazione del Cristo, evidentemente perché il Cristo non era ancora venuto nella carne. Mentre non avrebbero certamente predetto l'incarnazione, se non l'avessero senza dubbio precedentemente creduta. Ma siete caduti in quest'assurdità perché difendete la possibilità della giustizia in forza della natura e della legge. Delle quali due affermazioni se una è vera, qualunque sia delle due, allora il Cristo è morto invano. ( Gal 2,21 ) 189 - Adamo la massima "forma" del peccato Giuliano. Similmente anche sulla sponda opposta Adamo si dice forma del peccato, non la prima forma ma la massima. Agostino. Per quale ragione non la prima forma ma la massima? Dal momento che non neghi che sia la prima per l'esordio del genere umano, né trovi la ragione di dire che sia la massima, se non confessi che Adamo peccò tanto più gravemente quanto più grande era la facilità di non peccare in quel tempo quando la natura non era ancora viziata né la legge del peccato si ribellava nelle membra alla legge della mente. Con la quale pena nasce ogni uomo, perituro in eterno se non rinasce, perduto se non è ricercato e ritrovato da colui che venne a cercare ciò che era perduto. ( Lc 19,10 ) 190 - Perché la massima? Giuliano. Ma dico forma massima, non perché io disconosca che il diavolo è stato reo ancora di più, ma perché, cercando il principio istitutivo, più opportunamente l'Apostolo fece menzione dell'uomo a cui ha guardato moltissimo la successiva umanità, piuttosto che far menzione della sostanza aerea. Risultava però che nella stessa umanità la prima a peccare era stata la donna, ma, poiché è in tutto più efficace e più grande l'autorità dei padri, disse " forma " del peccato, non la persona dalla quale cominciò il delitto, bensì colui che per il prestigio del sesso virile si presenta come più imitabile. Ti avvedi bene come la logica dell'intelligenza attesti la presenza in lei della verità. Agostino. Che l'Apostolo non abbia opposto l'imitazione alla imitazione ma la rigenerazione alla generazione lo dimostra la stessa " forma " del Cristo, che viene opposto al primo uomo come secondo uomo. Se dunque coloro che rinascono non partecipano alla giustizia del Cristo, coloro che nascono non partecipano al peccato di Adamo, e il Cristo non è la " forma " contrapposta. Ma poiché è la " forma " contrapposta, come senza dubbio rinascendo passano alla giustizia del Cristo anche i bambini, benché incapaci di operare la giustizia, così essi sono nati o nascono da Adamo con il passaggio in loro del peccato, benché non siano capaci di operare nemmeno il peccato. Riconosci la " forma " e non voler essere deforme per contraddizione. 191 - A somiglianza della prevaricazione di Adamo Giuliano. Ora sappi intuire quanto discordino dalla tua spiegazione, alla pari di tutte le altre parole del medesimo passo, così anche quelle in cui l'Apostolo afferma che la morte regnò pure su coloro che non peccarono a somiglianza della prevaricazione di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire. ( Rm 5,14 ) Se infatti parlasse del peccato naturale, di cui secondo te aveva detto: Nel quale peccarono tutti, ( Rm 5,12 ) chi sarebbero questi dei quali subito dopo asserisce che non risultano colpevoli, non solo nella prevaricazione di Adamo, ma nemmeno nella somiglianza con la sua colpa? Agostino. Ma a capire così sei tu che non capisci; l'Apostolo invece ha fornito la ragione per cui la morte regnò anche su coloro che non peccarono, aggiungendo e dicendo: A somiglianza della prevaricazione di Adamo, cioè egli indica la ragione per cui regnò la morte anche su coloro che non peccarono nel fatto che trassero dalla prevaricazione di Adamo una qualche forma di somiglianza. Di Adamo appunto si vestono coloro che nascono, come del Cristo si vestono coloro che rinascono. 192 - Errare difformemente da Adamo Giuliano. Scrive: Regnò la morte anche su coloro che non peccarono a somiglianza della prevaricazione di Adamo. ( Rm 5,14 ) Tu vedi che ha fatto una trasparente distinzione tra coloro che avevano errato conformemente ad Adamo e coloro che avevano errato difformemente da Adamo. Agostino. Se avevano errato difformemente, dov'è dunque l'esempio della imitazione? Rendi la rigenerazione alla generazione e non l'imitazione alla imitazione, e troverai la forma che insegnò l'Apostolo della verità, non la forma che finse Pelagio, inventore del vostro errore. 193 - Ognuno peccherebbe a somiglianza di Adamo, se esistesse il peccato naturale Giuliano. La quale divisione non conviene al peccato naturale che, se esistesse, coinvolgerebbe tutti ugualmente senza eccezioni. Nessuno dunque ci sarebbe in cui non fosse questo male, e nessuno si troverebbe di cui poter dire con verità che non abbia peccato a somiglianza di quel peccato nella cui realtà avrebbero peccato tutti. Agostino. Proprio ciò che gridi a denti stretti è vero ed è contro di voi: tutti senza eccezioni coinvolge ugualmente il peccato originale; nessuno ci sarebbe in cui questo male non ci fosse, se non ci fosse a nostro soccorso la grazia divina per mezzo del Cristo. Che la morte infatti regnasse su coloro che non peccarono, cioè non fecero dei peccati loro propri, lo meritò la somiglianza della prevaricazione di Adamo, che è figura di colui che doveva venire, ossia del Cristo. Come infatti coloro che nascono si rivestono del primo uomo, così coloro che rinascono si rivestono del secondo uomo. 194 - Altri e altri Giuliano. Ma l'Apostolo riassume e dichiara che altri sono coloro che peccarono come Adamo, altri coloro che la somiglianza della prevaricazione antica non spruzzò nemmeno. È perfettamente chiaro dunque: sono crimini dei costumi e non crimini dei semi. E per ripetere in breve le nostre acquisizioni: l'Apostolo insegna che il peccato entrò a causa di un solo uomo: questo la ragione lo indica confacente con l'imitazione e non con la generazione, che è opera di due. Agostino. Quante volte dici le medesime cose e non dici nulla, né ti avvedi che se da questo testo fosse indicato l'inizio del peccato d'imitazione da parte del genere umano, il peccato piuttosto che a causa di uno solo si direbbe entrato nel mondo a causa di una sola; la quale peccò così per prima, che la imitò anche lo stesso suo marito. Ma poiché voleva che s'intendesse la generazione e non l'imitazione, ha detto: A causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo, ( Rm 5,12 ) o includendo ambedue nel singolare, perché è stato affermato: Non sono dunque più due, ( Mt 19,6 ) o portando principalmente l'attenzione su Adamo, dal quale inizia la generazione, perché precede l'inseminazione e la segue la concezione. Questi concetti li abbiamo già detti spesso, ma alle tue ripetizioni non vogliamo tuttavia cedere, anche a costo di ripeterci pure noi, sebbene più raramente. 195 - Cosí passò la morte Giuliano. Ha continuato: E così la morte passò in tutti gli uomini. ( Rm 5,12 ) Agostino. Che significano le parole: Così passò, se non: Nel modo in cui entrò la morte, cioè con il peccato o a causa del peccato? 196 - La morte inseguitrice delle colpe volontarie Giuliano. Fece la distinzione, perché nessuno pensasse che a passare così sia stato il peccato. La morte, che era già stata messa in corsa per giusto giudizio, si presentasse come inseguitrice delle colpe da punire, trovate in ciascun peccatore per scelta di cattiva volontà. Ha dunque indicato che da accusare non è la natura, ma le scelte volontarie. Agostino. Invano ti giri e ti rigiri. Guarda Adamo e il Cristo. Adamo è la " forma " del Cristo futuro. Non gli è dunque conforme sulla sponda opposta il Cristo che travasa la sua propria giustizia nei bambini rinascenti, se Adamo non travasa il suo peccato nei bambini nascenti. 197 - Potessi tu almeno tacere Giuliano. Soggiunse che la morte regnò in tanto in quanto tutti peccarono; ( Rm 5,12 ) dal quale ragionamento non fu espressa la rovina di chi nasce, ma l'opera di chi agisce. Diede pertanto la prova di riprovare la pravità e non di ferire l'innocenza. Agostino. In quell'uomo peccarono tutti, nel quale muoiono tutti, e la sua forma opposta è colui nel quale tutti ricevono la vita: Ma come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita nel Cristo. ( 1 Cor 15,22 ) Il che è stato detto per questo: come la morte non sommerge nessuno se non a causa di Adamo, così nessuno riemerge alla vita se non per mezzo del Cristo. Potessi almeno tacere, o uomo che non puoi dire nulla! 198 - Fino alla legge Giuliano. Dopo di questo concluse che il peccato regnò fino alla legge, indicando che il regno del peccato cadde quando fu emanata la legge. Agostino. Se dopo che fu emanata la legge cadde il regno del peccato, è dunque per mezzo della legge che viene la giustizia. Se la giustificazione viene dalla legge, il Cristo è dunque morto invano. ( Gal 2,21 ) Dell'Apostolo è questa voce, non mia. Venite ormai allo scoperto, o nemici della croce del Cristo. Perché temete il grande popolo del Cristo e non temete il grande giudizio del Cristo? Dite apertamente: Potremmo essere giustificati dalla natura, potremmo essere giustificati dalla legge; invano è morto il Cristo. Ma paventando la moltitudine cristiana sparate una parola pelagiana e a coloro che vi chiedono per quale ragione è morto il Cristo, se ci fa giusti la natura o la legge, rispondete: Perché il medesimo risultato si ottenesse più facilmente, come se comunque potesse ottenersi, sebbene più difficilmente, sia per mezzo della natura, sia per mezzo della legge. Rispondi, o Cristo, vinci e convinci, grida: Senza di me non potete fare nulla, ( Gv 15,5 ) perché tacciano coloro che strillano: Benché più difficilmente, tuttavia potremmo farcela anche senza di te. O, se non possono tacere, da sé si conducano in luoghi occulti, perché non seducano altri. Per quale ragione dunque l'Apostolo ha detto: Fino alla legge infatti c'era il peccato nel mondo, ( Rm 5,13 ) se non perché a togliere il peccato non valse nemmeno la legge quando fu emanata, ma colui del quale è stato detto: Ecco l'Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo? ( Gv 1,29 ) 199 - Non la natura, non la legge Giuliano. Ma la generazione che cominciò da Adamo continua anche dopo la legge. La quale generazione, se fosse fonte di peccati e pianta del diavolo, come argomenti tu, certamente non fino alla legge avrebbe vigore questo crimine, ma dopo la legge e anche dopo il Cristo. È dunque provato che il peccato di cui l'Apostolo dichiara la permanenza fino alla legge e l'impossibilità di permanere dopo la legge, è un peccato di attività e non di natività. Agostino. Ecco apertamente dici che l'Apostolo non ha detto: Fino alla legge c'era il peccato nel mondo, ( Rm 5,13 ) per la ragione che nemmeno la legge poté togliere il peccato, ma perché il peccato non poté rimanere dopo la legge, né ti spaventa la voce di Dio in bocca dell'uomo di Dio che guardando al Cristo dice: Ecco l'Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo. ( Gv 1,29 ) Che vaneggi? Che sragioni? Non la natura, non la legge, ma: Ecco colui che toglie il peccato del mondo, e osi dire che il regno del peccato cadde quando fu emanata la legge e che dopo la legge non poté rimanere il peccato, benché dica l'Apostolo: Se la giustificazione viene dalla legge, il Cristo è morto invano; ( Gal 2,21 ) benché dica l'Apostolo: Nessuno è giustificato dalla legge; ( Gal 3,11 ) benché dica l'Apostolo: La legge sopravvenne perché sovrabbondasse il peccato; ( Rm 5,20 ) benché dica l'Apostolo: Se fosse stata data una legge capace di conferire la vita, la giustificazione scaturirebbe davvero dalla legge; la Scrittura invece ha rinchiuso ogni cosa sotto il peccato perché ai credenti la promessa venisse data in virtù della fede in Gesù Cristo? ( Gal 3,21-22 ) Se avete gli orecchi, tappatevi subito la bocca. Se volete aprire la bocca nel modo giusto, aprite prima gli orecchi alle voci divine. Ti ricorderai bene d'avere detto che la generazione cominciò da Adamo, tu che sei solito dire che non cominciò se non da due e che quindi l'Apostolo non volle riferirsi alla generazione in quel peccato che disse entrato nel mondo a causa di un solo uomo. Chi avrebbe creduto possibile da parte tua la dimenticanza di ciò che tante volte avevi detto falso? Ma tuttavia l'hai dimenticato per dire una volta tanto il vero. Svégliati, ascolta almeno te stesso: da Adamo cominciò la generazione e quindi attraverso la generazione entrò il peccato, che entrò nel mondo a causa di un solo uomo. Infatti tu hai detto: Ma la generazione, che cominciò da Adamo, continua anche dopo la legge. Convenientemente quindi l'Apostolo pose un uomo soltanto per l'ingresso del peccato nel mondo, da contrarre per generazione, e non il diavolo, dal quale entrò nel mondo quel peccato da derivare per imitazione. 200 - Imputazione del peccato Giuliano. Ma il peccato, ha detto, non può essere imputato quando manca la legge; ( Rm 5,13 ) con la quale sentenza, come pure con tutti i suoi detti, elimina l'opinione della " traduce ". Agostino. Evidentemente quando manca la legge, non è imputato il peccato, ma dagli uomini che ignorano gli inscrutabili giudizi di Dio. Infatti se Dio non imputa il peccato quando manca la legge, per quale mai giustizia di Dio coloro che hanno peccato senza la legge, periranno senza la legge? ( Rm 2,12 ) 201 - Né prima né dopo la legge esiste mai il peccato naturale Giuliano. Infatti se prima della legge non fu imputata la " traduce " del peccato e dopo la legge poi la " traduce " del peccato non ci fu, essa non ha mai assolutamente ottenuto il suo veleno per nuocere al genere umano. Prima della legge infatti non fu imputato il peccato naturale; sotto la legge esso non fu imputato, perché in nessun testo della legge s'insegna mai che esso sia stato o indicato o imputato. Appare dunque che prima della legge l'Apostolo colpisce il peccato della volontà libera e dopo la legge la prevaricazione della volontà altrettanto libera. Agostino. Se nella legge non si affaccia il peccato originale, per quale ragione dunque si dice nella legge che l'anima di un bambino non circonciso dentro l'ottavo giorno è eliminata di mezzo al suo popolo? ( Gen 17,12.14 ) Perché alla nascita di un bambino si offriva un sacrificio di espiazione per il peccato? ( Lv 12,6 ) Ma via taci, per favore! Guarda il bambino che non parla ed imita chi non parla. 202 - Il peccato naturale è un'invenzione manichea Giuliano. Perciò risulta che l'Apostolo non ha parlato per nulla del peccato della " traduce ", e sebbene fossero in gran copia per provare che l'Apostolo non ebbe mai nessun sentore del peccato naturale - che non può esistere ed è un'invenzione dei manichei -, tuttavia per sovrappiù sottolineò anche la distinzione per cui non tutti assolutamente gli uomini sono stati macchiati dalla prevaricazione di Adamo, dal momento che anche tra coloro sui quali regnava la morte per la loro iniquità se ne trovavano moltissimi che l'Apostolo insegnava estranei alla prevaricazione di Adamo. Agostino. O uomo calunnioso, o uomo verboso! Noi uomini nasciamo tutti sotto il peccato, perché è viziata la stessa nostra origine. Chi l'ha detto non fu manicheo, ma, com'è lodato dalla bocca del vostro maestro, rifulse tra gli scrittori ecclesiastici qual fiore di bellezza. Ma come fai a dire che non tutti furono macchiati dalla prevaricazione di Adamo e, peggio ancora, ad imputare all'Apostolo ciò che dici insipientemente di sapere, benché egli dica: La morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non peccarono, volendo intendere i bambini che non hanno commesso nessun peccato personale, e benché aggiunga: A somiglianza della prevaricazione di Adamo, ( Rm 5,14 ) spiegando perché la morte abbia regnato sui bambini? Ne abbiamo già parlato abbastanza nelle pagine precedenti. In che modo infatti sarebbe vero che a causa di un uomo solo il peccato entrò nel mondo e per il peccato la morte, ( Rm 5,12 ) se la morte regnò tuttavia su alcuni che non appartengono a questo peccato dell'unico uomo? Quelli infatti su cui regnò la morte appartengono al peccato che la fece entrare; quelli invece che non appartengono al peccato che fece entrare la morte, per quale giusto giudizio appartengono alla morte? Ma non appartengono al peccato che entrò nel mondo a causa di un solo uomo quelli che non peccarono a somiglianza della sua prevaricazione, come dicesti tu stesso: su di essi dunque non regnò la morte. Che senso ha dunque il testo: La morte regnò anche su coloro che non peccarono a somiglianza della prevaricazione di Adamo, se non che la morte regnò anche su coloro che non peccarono, perché non commisero peccati propri in nessun modo? Ma regnò a somiglianza della prevaricazione di Adamo, perché, sebbene non abbiano commesso peccati propri in nessun modo, appartengono tuttavia al peccato che fece entrare la morte nel mondo, contraendo la somiglianza della prevaricazione, non perpetrando una prevaricazione con un peccato proprio, ma nascendo dal prevaricatore a causa del quale la natura umana è stata tutta viziata. 203 - In Adamo non peccarono tutti: né i bambini né gli adulti Giuliano. Vedi dunque se perfino a te debba rimanere dubbio ancora ciò che noi diciamo, ossia che gli innocenti, prima dell'uso della propria volontà, da pura opera di Dio, non hanno peccato in Adamo, quando per testimonianza dell'Apostolo si insegna che sono moltissimi anche tra gli iniqui coloro che non peccarono a somiglianza della prevaricazione di Adamo. Agostino. È già stato risposto. Bisogna che tu taccia. Non puoi infatti dire se non perversità, tentando di pervertire le parole dell'Apostolo. Egli ha detto infatti che anche su coloro che non peccarono, ossia sui bambini che non hanno peccati propri, regnò tuttavia la morte per la somiglianza della prevaricazione di Adamo, che è figura del futuro, perché travasa in essi il Cristo la giustizia come Adamo il peccato; così il Cristo la vita, come Adamo la morte. Altrimenti saranno estraniati dalla forma del Cristo e non saranno Cristiani. Esattamente ciò che sentite voi, ma che paventate di dire apertamente. 204 - Più i salvati che i rovinati Giuliano. Vediamo però anche il resto. Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo morirono molti, in molti di più si riversò la grazia di Dio e il dono concesso per l'unico uomo Gesù Cristo. ( Rm 5,15 ) Dice che è superato il male del delitto dall'abbondanza della grazia e il numero di coloro che si salvano lo computa superiore al numero di coloro che asserisce perduti dalla prevaricazione. Agostino. L'abbiamo già detto più volte. Non ha scritto: In più, ma ha scritto: in molti; né ha scritto: Su molti di più, ma: Abbondò di più, perché avranno da vivere in eterno coloro nei quali è passata la vita del Cristo e ai quali ha nociuto temporaneamente la morte, passando in essi a causa di Adamo. Ecco in che modo abbondò su di essi la grazia molto più del peccato. 205 - Falso in atto pubblico chi parla di peccato naturale Giuliano. Se rivendichi la verità delle parole dell'Apostolo, né lo accusi sfacciatamente di menzogna, insegna in che modo questa sentenza non infligga la vergogna di un falso in atto pubblico a chi parla del peccato naturale. Infatti se esistesse il peccato originale, che facesse appartenere al diritto del diavolo tutta intera la natura umana in modo assoluto, quale spazio ci sarebbe per confrontare il numero delle parti, cioè il numero di coloro che si salvano e il numero di coloro che si perdono? Nel Vangelo, per mostrare la rarità dei beati, il Signore ha detto: Quanto stretta e angusta è la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano! Quanto larga e spaziosa è la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa! ( Mt 7,13-14 ) Agostino. Questo è che butta all'aria cotesta vostra opinione, proprio la pochezza di quelli che si salvano a confronto di quelli che si perdono: ( Lc 13,23-24 ) infatti senza questo confronto sono molti per se stessi anche quelli che si salvano, tanto che l'Apocalisse dice che nessuno potrebbe contare la loro moltitudine. ( Ap 7,9 ) Perciò se Paolo non li avesse detti " molti ", ma li avesse detti di più, noi non li potremmo dire meno numerosi, essendo plures un comparativo, supposto da voi e non posto dall'Apostolo. Ma nemmeno così sfuggirete alla contraddizione. Quella vostra imitazione appunto, che vi sembra una vostra acuta invenzione contro la chiarissima verità delle parole apostoliche, di credere che non per generazione ma per imitazione appartengono tutti i peccatori al peccato del primo uomo, afferma che con la colpa di uno solo o per la colpa di uno solo periscono molti più uomini di quanti sono liberati per la grazia dell'unico uomo Gesù Cristo. Chi non vede infatti che i peccatori sono più numerosi dei giusti? I quali peccatori, non alcuni ma tutti, non certo per generazione ma per imitazione, li fate tuttavia appartenere al delitto di uno solo. Ma sebbene non tutti i peccatori, bensì solo i prevaricatori della legge diciate astretti dal peccato del primo uomo per il vincolo dell'imitazione, anche così, da quando si predica la legge di Dio in mezzo a molte genti, quanto larga e spaziosa è la via che conduce alla perdizione, e molti sono i prevaricatori che entrano per essa! Quanto stretta e angusta è la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano! Evidentemente a confronto dei molti che si perdono, anche sommando ai pochi che sono liberati pure i bambini che muoiono già battezzati. In che modo dunque potrebbe dire l'Apostolo: Tanto maggiormente la grazia di Dio abbondò in più? Lo dite voi, non l'ha detto lui. Ma egli ha detto: Tanto di più abbondò in molti, perché, come si è già detto, anche coloro che si salvano, benché pochi in confronto di quelli che si perdono, sono però così tanti, se non si confrontano con gli altri, da non poter essere contati da nessuno. Tanto più poi su di essi abbonda la grazia, perché per la colpa di Adamo vivono la vita temporale, miseramente e mortalmente; invece per mezzo del Cristo avranno da vivere beatissimamente e senza fine. È stata sconvolta la vostra invenzione, sia ormai finalmente raddrizzata la vostra intenzione. 206 - Numeri assoluti e numeri comparati Giuliano. Ciò appunto che viene detto " molti " e " pochi ", appartiene ad una quantità indeterminata, poiché è nella comparazione reciproca che si trova o il molto o il poco. Confrontando dunque con la moltitudine di coloro che si perdono quelli che sono da salvare, il Signore ha chiamato pochi questi ultimi; e qui l'Apostolo, confrontando con quelli che avrebbero peccato alla maniera di Adamo coloro che salva la grazia del Cristo, dichiara che i primi sono molto di più. Agostino. Non li dichiara , ma " molti ". Ha parlato in greco e ha detto: pollous, non pleisous. Leggi e taci. 207 - Dottori e decettori Giuliano. Afferma dunque che ciò concorda con il peccato dei manichei, cioè con il peccato della " traduce ". Agostino. Dottori cattolici e non " decettori " manichei hanno detto che tutti peccarono in Adamo: coloro che hanno capito l'Apostolo hanno detto ciò che voi negate contro l'Apostolo. Dunque anche voi siete " decettori ": anche voi infatti farneticate come i manichei, ma per diversa malattia. 208 - Verità e autorità di Paolo Giuliano. Infatti se l'universalità degli uomini, sorta dalla fecondità umana, il peccato naturale l'ha trascritta nel regno del diavolo e si pensa che ne saranno liberati alcuni nell'estrema età del mondo per mezzo del Cristo, che verità c'è o che autorità in un maestro il quale contro una testimonianza tanto chiara del mondo intero dice che le persone in cui ha sovrabbondato la giustizia sono più di quelle in cui ha abbondato la colpa? Perché dunque gli si crede quando disserta di dogmi involuti, se mentisce su realtà tanto perspicue? E poiché sarebbe un sacrilegio sentire così, ma a dirlo mi ha spinto il tuo dogma, la dignità dell'Apostolo stritoli la meschinità dei manichei. Agostino. Voi piuttosto v'industriate ad obnubilare verità perspicue, non solo non intendendo bene ciò che ha detto l'Apostolo, ma anche mutandolo o interpolando ciò che egli non ha detto. Egli infatti non ha detto: Più, ma ha detto: Molti; i quali molti si trovano ad essere tuttavia pochi quando si confrontano con quelli che si perdono. O uomo calunnioso, sfacciato, verboso, questo ha detto l'Apostolo: quello che intese Ambrogio, che non era manicheo: Noi uomini nasciamo tutti sotto il peccato, perché è viziata la nostra stessa origine. Ascolta questo fiore di bellezza - come l'ha lodato il tuo maestro - e dal tuo cuore svelli coteste mostruose spine, che sono le orribili punte di un contendere riprovevole. 209 - Il mondo è pieno di peccatori Giuliano. Non mentisce l'Apostolo: dunque in più abbondò la grazia del Cristo che la colpa di Adamo, per l'imitazione del quale si è detto che peccarono coloro che peccarono sotto la legge. Ma sotto la legge fino al Cristo a delinquere furono solamente i Giudei. Confronta tu dunque la sola nazione giudaica, quelli soltanto che vivevano sotto la legge in età adulta e che perciò peccarono a somiglianza della prevaricazione di Adamo, il quale peccò dopo avere ricevuto il divieto, con le migliaia di coloro che nella moltitudine delle genti chiamate per mezzo della predicazione del Vangelo sono stati salvati per la liberalità della grazia, e allora capirai che l'apostolo Paolo dichiarò con verità che la grazia di Dio e il dono di Gesù Cristo hanno raggiunto più persone della società dell'antica prevaricazione. Agostino. Poiché risulta che l'Apostolo non ha detto: Più, ma ha detto: Molti, crolla tutta la macchina di cotesta tua argomentazione. C'è un'altra riserva: prevaricatori non risultano i soli Giudei, come piace a te, ma tutti coloro che diventano ancora più colpevoli prevaricando contro la legge predicata con lo stesso Vangelo. Dei quali prevaricatori, assieme ai Giudei, è così pieno il mondo che a paragone di tutti cotesti sono pochi quelli che sono liberati, contandoci anche i bambini battezzati. Ho fatto questo calcolo anche nella risposta precedente. Evidentemente è contro di voi che il Dottore delle Genti grida: Come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita nel Cristo; ( 1 Cor 15,22 ) i quali tutti non sono pochi, ma molti. E perciò molti muoiono in Adamo e molti riceveranno la vita nel Cristo: ma sono di più quelli che muoiono in Adamo di quelli che riceveranno la vita nel Cristo. In più pertanto appartengono alla morte di Adamo e in meno alla vita del Cristo a paragone dei primi, ma anche di essi in senso assoluto la moltitudine è tanta che nessuno la può calcolare. ( Ap 7,9 ) Che senso ha dunque il testo: Tutti riceveranno la vita nel Cristo, se non che nessuno riceverà la vita se non in lui? Del quale fatto ho posto ad immagine un maestro di lettere, unico in una città, dal quale si dice che tutti apprendono in essa le lettere, non perché tutti le apprendano, ma perché nessuno le apprende se non da lui. Il quale modo di parlare non hai tentato nemmeno di rifiutarlo, perché l'hai visto giustissimo e noto a tutti. 210 - La grazia è medicina di molti mali Giuliano. Spiegata la liberalità della grazia nella gran copia degli uomini salvati, l'Apostolo confronta il dono e il peccato, e con molta eleganza applica a lode del dono la virtù di medicare molte ferite in una sola volta. E non come per un solo peccato, scrive, così anche per il dono. Agostino. Ha detto: Per un solo peccante, e non ha detto: Per un solo peccato, così da non poter intendere se non questo delitto di quell'unico peccante nel testo dove poi dice: Il giudizio per la condanna venne da un solo peccato. ( Rm 5,16 ) Il che voi certo non lo volete. Ma che intendete fare dal momento che l'ha detto l'Apostolo, anche se non lo volete voi? Correggetevi dunque: non avete qui infatti altro da dover fare. 211 - Il peccato di Adamo non è un qualsiasi peccato Giuliano. Infatti il giudizio per la condanna da un solo peccato, la grazia invece per la giustificazione da molti peccati, ( Rm 5,16 ) cioè i peccati che sono gravi possono certamente bastare anche da singoli all'accusa e alla condanna dei rei. Agostino. Per quale ragione hai detto: " Peccati gravi ", ciò che non ha detto l'Apostolo, se non perché hai visto che se un unico delitto è leggero non basta alla condanna di cui parlava l'Apostolo? Dunque questo giudizio non viene da un qualunque peccato di un qualunque peccatore, ma il giudizio di condanna viene da quell'unico peccato commesso dall'unico peccante, ossia da Adamo. E volete ancora storcere le diritte parole dell'Apostolo per non raddrizzare le vostre parole che sono storte? 212 - Con un solo e rapido assalto Giuliano. La grazia invece non si conferisce allo stesso modo, così da ripetersi più volte per essere applicata ugualmente ai singoli peccati, ma per l'unica volta che è stata infusa, con un solo e rapido assalto della sua forza, distrugge i crimini diversi e numerosissimi. Per questo ha detto: Da molti peccati per la giustificazione, ( Rm 5,16 ) cioè, liberati gli uomini da tante colpe, li conduce alla gloria della giustificazione concessa. Non intende qui dunque l'unico peccato di Adamo, come sospetti tu, ma si serve del numero uno e molti per il solo scopo di lodare la grazia, perché non si ripetesse tante volte anche la grazia quante volte aveva peccato un qualunque mortale, quasi che ogni singolo battesimo non possa sanare se non ogni singolo peccato. Agostino. Parli di ciò in tal modo da supporre che l'Apostolo abbia detto: La grazia invece una volta sola da molti peccati per la giustificazione. Non ha detto questo. Osserva ciò che ha detto e correggi ciò che hai detto. La grazia, ha detto, da molti peccati per la giustificazione. Che c'entra qui il fatto che nel battesimo si rimettano a ciascuno tutti i peccati insieme e in una sola volta? Non è forse vero che anche quella condanna, alla quale conduce l'estremo giudizio, avviene senza dubbio in una sola volta per tutti i peccati che non sono stati rimessi? E anzi più avviene in una sola volta la stessa condanna che in una volta sola la remissione dei peccati per mezzo della grazia del Cristo. Poiché, se qualcuno ha peccato dopo il battesimo, i peccati non sono i medesimi, ma sono rimessi ai peccanti per mezzo della medesima grazia, non una volta sola, né sette volte, ma anche settanta volte sette. ( Mt 18,22 ) La medesima grazia rimette quotidianamente agli oranti anche i peccati quotidiani quando dicono: Rimetti a noi i nostri debiti, aggiungendo con sincerità: Come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori. ( Mt 6,12 ) Dunque quelli che la grazia libera dalla condanna essa li giustifica da molti peccati, sia che trovi singoli peccati in singoli peccatori, sia pochi peccati in alcuni, sia moltissimi peccati in altri, sia i peccati che si commettono prima del battesimo, sia i peccati che si commettono dopo il battesimo e che si riparano con la penitenza, con le orazioni, con le elemosine; tutti questi peccati infatti sono molti per se stessi ed è da questi molti peccati che giustifica la grazia. La quale grazia se non soccorre, si va certamente alla condanna anche per un solo peccato; non un solo peccato commesso in proprio da chiunque, perché in questo luogo l'Apostolo non parla di esso; ma quel peccato che entrò nel mondo a causa di un solo peccante. È questo infatti che l'Apostolo ha espresso con la più grande evidenza. Né egli afferma ciò che affermi tu: Non come per un solo peccato, quasi volendo far intendere un singolo peccato di ciascuno; ma afferma: Non come per un solo peccante. ( Rm 5,16 ) Apri gli occhi e leggi, e non voler sottoporre ai lettori, come se fossero ciechi, un testo per un altro. 213 - Hai sostituito una parola Giuliano. Ma questo curò di esprimere: Mentre i singoli peccati avevano inferto ferite letali a coloro che ne erano rei, questa grazia con una virtù singolare e concessa in una sola volta ha salvato uomini trafitti innumerevoli volte. Agostino. Per un solo peccante, ( Rm 5,16 ) ha detto: dove s'intende Adamo. Non ha detto: Per un solo peccato, dove tu, cambiata e sostituita una parola, vuoi che s'intendano i singoli peccati dei singoli peccatori. 214 - Nessuno è costretto alla morte, se non ha imitato Adamo nel peccare Giuliano. Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l'abbondanza della grazia e del dono della giustizia, regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo. ( Rm 5,17 ) Conferma conseguentemente ciò che ha iniziato. Pose infatti due sentenze e vuole che concordi con entrambe ciò che ha soggiunto alla fine. Dichiara infatti che la morte regna a causa di uno solo, il quale fu la forma del peccato e a somiglianza del quale prevaricano coloro che peccano sotto la legge, e dichiara che per mezzo di uno solo regnano nella vita tutti quelli che hanno ricevuto l'abbondanza della grazia: la quale grazia giova a coloro che imitano la virtù. Dunque sull'uno che peccò non è rimasta nessuna questione, perché l'aver soggiunto che regnano nella vita coloro che hanno ricevuto l'abbondanza della grazia ha risolto anche il caso del primo uomo: nessuno è costretto alla morte all'infuori di chi abbia amato di seguire il suo esempio nel peccare. Agostino. Di chi nel peccare avrà amato di seguire l'esempio? Evidentemente del primo uomo: costui infatti tu dici " forma " del peccato per la imitazione e non per la generazione. Perciò, come dici tu: Nessuno è costretto alla morte all'infuori di chi abbia amato di seguire il suo esempio nel peccare. Non sono dunque costretti alla morte coloro che non hanno peccato a somiglianza della sua prevaricazione, come tu pensi. Come mai dunque tu dici che la morte regnò anche su coloro che peccarono, sì, per libero arbitrio, ma non a somiglianza della prevaricazione di Adamo, avendo peccato senza la legge? Non peccarono pertanto per il suo esempio, perché coloro che non peccarono a somiglianza della sua prevaricazione, non amarono di seguire il suo esempio nel peccare: quanto infatti sono estranei alla somiglianza con lui nel peccare, tanto sono estranei alla imitazione del suo esempio. Poiché dunque anche su costoro regnò la morte, che è quello che dici: Nessuno è costretto alla morte all'infuori di chi abbia amato di seguire il suo esempio nel peccare, l'esempio cioè di colui che vuoi sia stato forma del peccato per l'imitazione? Ecco, non amarono il suo esempio nel peccato coloro che non peccarono a somiglianza della sua prevaricazione e nondimeno la morte regnò anche su di essi. O vuoi forse ritornare alla verità cattolica e confessare che la morte regnò anche su coloro che non peccarono, non avendo commesso peccati propri, ma subirono il regno della morte quasi per diritto ereditario di miseria per la somiglianza della prevaricazione di Adamo, dalla cui stirpe sono nati? Così appunto intesero queste parole apostoliche i dottori della Chiesa, che videro impossibile intenderle in modo retto se non intendendo in esse l'origine del peccato di una successione inquinata. Per questo dissero che i bambini nati carnalmente secondo Adamo contraggono nella prima natività il contagio della morte antica. Né furono manichei, ma condannarono voi pelagiani in virtù dello Spirito di Dio che parlò per mezzo di loro. 215 - Bisogna esporre le parole dell'Autore sacro Giuliano. Quanto poi alla vita nella quale avranno da regnare i santi, essa si insegna eterna: dunque anche la morte che segue alla iniquità volontaria si creda eterna. Come dunque per la colpa di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per la giustizia di uno solo si estende a tutti gli uomini la giustificazione della vita. Come infatti per la disobbedienza di uno solo molti sono stati costituiti peccatori, così pure per l'obbedienza di uno solo molti saranno costituiti giusti. ( Rm 5,18-19 ) Ogni perplessità è risolta, è una sfacciataggine diffondere la calunnia dell'universalità del peccato, molto scioccamente si cerca il nodo nel giunco. Dichiara l'Apostolo che non sono tutti, ma molti coloro che dalla disobbedienza del primo uomo hanno imparato a peccare, e che sono molti, non tutti, quelli che avrebbero conseguito la giustizia per l'obbedienza dell'altro. Nulla qui si tocca del sorgere della umanità e si mettono in pubblico i costumi di scelte diverse: la disobbedienza e l'obbedienza stanno a indicare l'operare delle scelte e non l'operare della generazione. Certo, se l'Apostolo avesse condiviso in qualcosa la tua " sapienza ", dove avrebbe egli dichiarato che tutti vanno alla condanna nascendo e pochi alla vita credendo più opportunamente che in questo luogo, dove c'era da tirare la somma della discussione? Avrebbe infatti dovuto dire: Come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, anzi non per la disobbedienza, ma come per la generazione del primo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così pure per l'obbedienza di uno solo molti saranno costituiti giusti. Agostino. Avrebbe dovuto dire piuttosto: Come molti per la loro disobbedienza sono stati costituiti peccatori, così per la loro obbedienza molti saranno costituiti giusti. Oppure se avesse voluto in questo passo chiamare in causa l'imitazione che voi, ridotti in grandi angustie e pressati dall'incalzare della verità, credete d'aver trovato come via di uscita, avrebbe dovuto dire: Come per l'imitazione della disobbedienza di un solo uomo molti sono stati costituiti peccatori, così pure per l'imitazione dell'obbedienza di un solo uomo molti saranno costituiti giusti. Ecco anch'io ho detto come avrebbe dovuto parlare l'Apostolo, se avesse voluto dire ciò che dite voi; perché tu non reputi una grande impresa comporre delle parole secondo la nostra volontà, invece di esporre la volontà dell'autore nelle sue parole. Ha detto dunque che per la disobbedienza di un solo uomo, che egli sapeva principe della generazione, molti sono stati costituiti peccatori, perché da quella disobbedienza fu viziata la natura umana; e che per l'obbedienza di un solo uomo, che è il principe della rigenerazione, molti sono costituiti giusti, perché la natura umana è risanata dalla obbedienza di colui che si fece obbediente fino alla morte di croce, cosicché siano costituiti giusti per la sua grazia anche coloro che qui non hanno potuto essere giusti per la loro condotta, come quelli che spirano subito dopo il lavacro della rigenerazione, sia in età già grande, sia in età infantile. ( Fil 2,8 ) Per tale ragione preferì usare il verbo al futuro e dire: Saranno costituiti, invece che: , perché i giusti avranno da vivere nell'eternità del secolo futuro nel possesso di quella giustizia che sarà senza più nessun peccato. Quando invece parlando dei peccatori non ha detto che , ma ha detto: Sono stati costituiti, ha espresso con il verbo al passato questo secolo che scorre via e dove la natura umana è stata già viziata. Ma sui " molti " che equivalgono a " tutti " ti è già stato sufficientemente risposto. Tu invece, riguardo a quelli che l'Apostolo ha detti tutti, non hai potuto dare nessuna spiegazione, ma solo contraddire dicendo: Non sono tutti. E a questo non ti avrebbe costretto nessuna necessità, se tu avessi preferito il modo di sentire cattolico al modo di sentire pelagiano. La ragione infatti per cui i " tutti " si dicono anche " molti " è di distinguerli da quelli che, pur essendo tutti, sono tuttavia pochi. 216 - Da Adamo il seme carnale Giuliano. Se avesse tirato tale conclusione, avrebbe insegnato una sentenza non meno empia che inetta, perché avrebbe insegnato un paragone stoltissimo per se stesso nella diversa posizione delle persone, venendo a confronto fra loro realtà dissimili, cioè la natura e la volontà, così da porre dalla parte del male la necessità dei semi e dalla parte del bene la sola libertà della scelta, anzi nemmeno più la libertà, non potendo la facoltà di scegliere il bene e di evitare il male esprimere se stessa, se ci fosse stato il reato naturale. Dice dunque l'Apostolo, sapiente ed erudito dottore della Chiesa, che per la disobbedienza cominciò ad esistere e passò il peccato e si moltiplica la giustizia. Agostino. Dov'è la tua affermazione precedente: Non passò il peccato, ma la morte? Ecco dichiari adesso che per la suddetta disobbedienza di un solo uomo il peccato non solo cominciò ad esistere, ma anche passò. Hai forse dimenticato che cosa tu abbia detto prima? C'è da congratularsi con la tua dimenticanza che ti fa dire la verità. Infatti la tua impressione che nel confronto di parti contrarie non si debba porre da una parte la necessità del seme e dall'altra la scelta della volontà, la troveresti stolta se vedessi che dalla parte del male quelli che appartengono al primo uomo hanno contratto il contagio del peccato per connessione di generazione senza la scelta della loro volontà, alla stessa maniera in cui quei bambini che appartengono al secondo uomo, senza la scelta della loro volontà per la pace della rigenerazione, diventano partecipi della giustizia. Se poi reclami da entrambi le parti il seme, ecco: come a causa di Adamo è stato viziato il seme carnale, così per mezzo del Cristo ha vigore un seme spirituale. Il quale seme ha insinuato a noi l'apostolo Giovanni dicendo: E non può peccare, perché un seme divino dimora in lui. ( 1 Gv 3,9 ) E ciò apparirà piuttosto nel futuro secolo buono, dove coloro che ci saranno non potranno peccare, e non in questo secolo maligno, dove anche coloro che appartengono al secolo futuro libero dai peccati hanno donde chiedere quotidianamente la venia dei peccati al Padre. 217 - È chiaro, anche se non lo provo Giuliano. Con questo distrugge l'opinione del peccato naturale e insegna che altre sono le condizioni della natura, altre le condizioni della volontà. E perché questo modo di intendere non si attribuisca al nostro gusto più che al dogma apostolico, ascoltiamo il seguito di questo testo. Scrive: Sopraggiunse poi la legge, perché abbondasse il peccato; ma dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia, perché, come regnò il peccato con la morte, così regni anche la grazia con la giustizia per la vita eterna, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore. ( Rm 5,20-21 ) Prova tu dunque in che modo il tuo peccato, cioè il peccato della " traduce ", abbia cominciato ad abbondare dopo la legge, quali incrementi abbia ricevuto dopo il ministero di Mosè. Agostino. Anzi prova tu in che modo, come hai detto sopra, il regno del peccato sia caduto dopo la promulgazione della legge, mentre l'Apostolo dice che, emanata la legge, il peccato abbondò. Quanto a me, io provo ciò che ho detto, perché è chiaro, anche se non lo provo. Il peccato originale c'era senz'altro anche prima della legge, perché a causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo e con esso la morte passò attraverso tutti gli uomini. ( Rm 5,12 ) Era anche volontario, perché quanti peccarono senza la legge, periranno senza la legge. ( Rm 2,12 ) Sopraggiunse poi la legge, perché abbondasse il peccato; ( Rm 5,20 ) in quanto ai peccati di quelle specie che c'erano prima della legge si sommò anche quel peccato che si chiama prevaricazione. Dove infatti non c'è legge, non c'è nemmeno trasgressione. ( Rm 4,15 ) Dove dunque per tutte queste specie di peccati abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia, ( Rm 5,20 ) perché in coloro che appartengono alla grazia essa distrugge il reato di tutte queste specie di peccato e dona in più che la dilettazione del peccato sia vinta dalla dilettazione della giustizia, e si giunga poi a quella vita dove non ci sarà nessun peccato in nessun modo. Perché dunque non devono essere messe a confronto realtà dissimili, come hai detto poco sopra, se cotesto confronto si fa per ragioni contrarie e da una parte si pone la generazione e dall'altra la rigenerazione, da una parte il regno della morte e dall'altra il regno della vita, da una parte l'abbondanza dei peccati e dall'altra la remissione dei peccati, dall'una la dilettazione del peccato per vizio di natura fino al male della consuetudine e dall'altra la lotta contro la concupiscenza della carne con l'aiuto dello Spirito Santo fino alla pace della vittoria che non avrà da soffrire nessun nemico all'interno e nessun nemico all'esterno? Tieni queste verità, se vuoi essere sano, e non volere dimostrarti insano contro di esse, che appartengono alla dottrina sana. 218 - In che modo dopo la legge mosaica abbonda il peccato naturale? Giuliano. Certamente tu sostieni che in questi testi l'Apostolo ha dissertato del peccato naturale. A questo scopo aveva detto sopra che il peccato era esistito fino alla legge perché s'intendesse che dopo la legge cessò. Adesso invece del medesimo dice che dopo la legge cominciò a crescere e abbondare. Che al modo cattolico d'intendere da noi seguito vadano bene ambedue le affermazioni lo abbiamo mostrato. Ma con quale impudenza si rivendica al tuo dogma che di un solo e medesimo peccato si dica prima che cessò per la promulgazione della legge e ora si dica invece che aumentò! In che modo dunque dopo la legge abbonda il peccato naturale? Cominciarono forse i genitali a muoversi con più prepotenza, perché sembri aumentata al tuo peccato la virulenza per aumenti e per novità di fremiti? O forse è stata data ai nascenti la legge, che a loro, generati dalla libidine, definita diabolica da te, radice e frutto del peccato, intimasse di emendare ciò che erano stati fatti e di correggere il comportamento avuto dai loro genitori nel generarli? Li costringesse infine a fare non fatto ciò che era stato fatto e ad incorrere nel crimine di disobbedienza rifiutandosi essi evidentemente di ascoltare? Ma questo crimine non lo poteva imputare nessuna stoltezza e tanto meno una legge data da Dio. Agostino. Abbiamo forse detto da qualche parte che il peccato originale crebbe dopo la legge? O vogliamo farlo intendere dove l'Apostolo afferma: Sopraggiunse la legge, perché abbondasse il peccato? ( Rm 5,20 ) Abbondò infatti, non perché crebbe la specie del peccato che c'era già prima, ma perché ci fu l'accessione di un'altra specie di peccato che senza la legge non c'era, cioè la prevaricazione, come abbiamo spiegato poco fa. Ma c'è la concupiscenza della carne e la libidine dei genitali, contro la quale combatte la castità dei santi. Poiché questa concupiscenza che ti piace tanto, con il suo stesso combattere contro il quale combatte anche la pudicizia coniugale, facendo buon uso di essa solo allo scopo di procreare figli e resistendo invece agli altri suoi movimenti, poiché dunque questa concupiscenza con cotesto suo combattere tenti di ammetterla o di immetterla anche nella pace del paradiso, non ti proponi di entrare tu stesso nel paradiso. Per quanto protetta dalla tua difesa e adornata di lodi, essa o è vizio o è viziata, né senza ragione è odiosa ai soldati del Cristo che la debellano. Con essa tu ti comprometti così da dire che la combatti e da non vergognarti di lodarla. La carne umana che nasce per mezzo di essa è carne del peccato, e questa è la ragione per cui non volle nascere per mezzo di essa colui che nacque in una carne somigliante alla carne del peccato ( Rm 8,3 ) e quindi, benché in una carne vera, non tuttavia in una carne del peccato. Da questa concupiscenza, tua cliente, certo per te esageratamente bella, ma orribile per tutti i santi, si trae con la generazione il vincolo del peccato originale da sciogliersi soltanto con la rigenerazione. Il primo evento si compì per colpa di Adamo, il secondo evento si compie per mezzo del Cristo, il primo per colpa dell'uomo che fece entrare il peccato nel mondo, il secondo per mezzo di colui che toglie il peccato del mondo. Così riconosce Adamo e il Cristo colui che è passato da Adamo al Cristo. 219 - Nulla fu aggiunto dopo la legge al peccato naturale Giuliano. Che cosa dunque è stato aggiunto dopo la legge al peccato naturale, che nella legge non apparisce non solo proibito o condannato, ma nemmeno lievemente vituperato o debolmente indicato? Agostino. È indicato anche nella legge, ma lo vedrete se a voi sarà tolto il velo. ( 2 Cor 3,16 ) Che altro infatti indica la condanna dell'anima del bambino non circonciso dentro l'ottavo giorno? ( Gen 17,12.14 ) Che altro indica l'ordine di offrire un sacrificio di espiazione per il peccato alla nascita di un infante? ( Lv 12,6 ) E l'ho già ricordato sopra. 220 - Dio non diede la legge mosaica perché gli uomini diventassero peggiori Giuliano. Certamente nemmeno tu farnetichi tanto da dire che la " traduce " del peccato divenne maggiore dopo la circoncisione. In che modo dunque dopo la legge abbondò la " traduce ", che nella legge né si accusa né si affaccia? Ma cerca di vedere quanto ciò sia consono con la sana intelligenza che ripone il peccato nella sola volontà di chi delinque. Fino alla legge l'Apostolo dice che ci fu il peccato per far capire che dopo la legge ci fu la prevaricazione, ( Rm 5,13 ) la quale trasgredisce i precetti promulgati, e con questo genere di peccati, sopraggiungendo la legge, abbondò il peccato, perché dalla prevaricazione crebbe la malizia del reato del peccato, e l'operato della cattiva volontà, come prima della legge era peccato, così dopo la legge cominciò ad essere trasgressione, benché Dio non abbia emanato la legge con il proposito che i mortali diventassero peggiori per la sanzione della legge. Né infatti la legge è peccato o causa di peccato, ma santo, giusto, buono è il comandamento. ( Rm 7,12 ) Ma poiché la pravità dei peccatori si ferì con lo stesso ferro che la doveva curare e si oppose al progetto di Dio così da rischiare là dove avrebbe dovuto sanare se stessa, l'Apostolo dice che dalla realtà degli effetti subì ingiuria l'estimazione del consiglio divino, che aveva ispirato il dono della legge. E poiché mancò il profitto della emendazione umana, a cui aveva mirato il legislatore, ma in moltissimi si avverò il contrario, dice che a tal punto si spinsero le brame dei peccatori da far sembrare che la legge non fosse stata emanata se non per far diventare gli improbi ancora più improbi e per aggiungere al peccato la prevaricazione. Agostino. Tu dici tutto questo, perché non condividi il pensiero espresso dall'apostolo Paolo sul consiglio di Dio nel dare la legge e ti spingi da te a tali bestemmie da dire: " Subì ingiuria l'estimazione del consiglio divino, che aveva ispirato il dono della legge ". Quasi che sia accaduto altro di diverso da ciò che Dio aveva pensato come futuro, né l'emanazione della legge abbia sortito l'effetto che il legislatore aveva inteso. Dio dunque che ha la prescienza di tutti gli avvenimenti futuri, fu ingannato, secondo la tua " sapienza ", dalla sua intenzione? Non ti avvedi che è scritto: Molte sono le idee nella mente dell'uomo, ma solo il consiglio del Signore resta saldo in eterno? ( Pr 19,21 ) Se dunque vuoi conoscere, per quanto è possibile ad un uomo, con quale consiglio di Dio, onnipotente e onnisciente, sia stata emanata la legge, guarda a ciò che dice l'Apostolo: Se infatti fosse stata data una legge capace di conferire la vita, la giustizia scaturirebbe davvero dalla legge. ( Gal 3,21 ) E come se domandassimo: Perché dunque fu data la legge? Risponde: La Scrittura invece ha rinchiuso ogni cosa sotto il peccato, perché ai credenti la promessa venisse data in virtù della fede in Gesù Cristo. ( Gal 3,22 ) Ecco qual è il consiglio della promulgazione della legge. Chi poi ignora che non per vizio della legge, ma degli uomini, il peccato abbondò al sopraggiungere della legge? Ma questo vizio, per cui le cose proibite dilettano di più e la legge diventa forza del peccato, ( 1 Cor 15,56 ) non lo risana se non lo Spirito che dà la vita e non la lettera che uccide. La quale lettera fu tuttavia utile a questo scopo: poiché essa uccideva per via della prevaricazione, crescendo con la proibizione la cupidigia di peccare, fece ricercare lo Spirito vivificante e spinse ad implorare l'aiuto della grazia di Dio l'uomo che, fiducioso in modo letale nella propria forza, sotto la legge, benché santa e giusta e buona, veniva tuttavia meno e non bastava con le sue forze a provvedere a se stesso per compiere le opere sante, giuste e buone. 221 - Nessuna delle parole apostoliche può accordarsi con te Giuliano. Giustamente dunque si dice che per questo genere abbondò il delitto, che e prima della legge e dopo la legge commetteva la volontà di ognuno, ma prima della legge volontà peccatrice, dopo la legge volontà anche prevaricatrice. Allora cresce e abbonda qualcosa quando riceve incrementi nel suo genere: come al peccato della volontà libera si aggiunse dopo Mosè il cumulo della trasgressione. Provenivano dal medesimo genere, benché in tempi diversi: ossia dalla volontà cattiva che e prima della legge e dopo la legge peccò non per una insuperabile costrizione, ma per una vituperevole passione. Stando così le cose, nessuna delle parole apostoliche può accordarsi con te. Infatti né si insegna che al sopraggiungere della legge il peccato della " traduce " si fece più copioso o più grande, né si può dire con verità che i peccati della volontà li faccia abbondare quel peccato che non mostra di avere nessuna attinenza con la volontà dei nascenti. Non abbondò dunque dopo la legge un peccato che la legge non poteva né proibire, né punire. Ma dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia, perché come il peccato regnò con la morte, così regni la grazia con la giustizia per la vita eterna. ( Rm 5,20-21 ) Agostino. Il peccato originale non crebbe certamente dopo la legge, ma tuttavia la legge trovò anche questo peccato e ne significò l'abolizione con la circoncisione dei bambini. Come trovò pure i peccati d'ignoranza, che non crebbero, nemmeno essi, con l'emanazione della legge, dal momento che anzi la stessa ignoranza diminuì con l'inizio della scienza della legge. Ma il peccato, senza il quale non nasce nessuno, crebbe per accesso di volontà, perché la concupiscenza originale attrae l'assenso di chi pecca. Ma il peccato abbondò, ossia crebbe a dismisura, dopo che per mezzo della legge si ebbe la conoscenza del peccato e si cominciò a peccare anche con la prevaricazione. ( Rm 3,20 ) Se volete guardare a tutto questo e acquietarvi alla verità, nessuna necessità vi potrà costringere a contraddire l'Apostolo che grida apertamente: A causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo e per il peccato la morte, e così passò in tutti gli uomini. ( Rm 5,12 ) Mentre infatti egli dice che passò in tutti, quando voi dite che non passò in tutti, che altro fate se non contraddire l'Apostolo? E se contraddite l'Apostolo, contraddite certamente il Cristo. Perché dunque vi meravigliate che la Chiesa del Cristo abbia in abominio voi che con le vostre letali sentenze tentate di sottrarre i bambini infermi ai medicamenti salutari del Cristo? 222 - Dio volle afferrare con i benefici gli uomini che non aveva emendati con i precetti Giuliano. Si apre l'Apostolo più chiaramente in seguito e spiega che nella perdita della salvezza umana Dio, consigliato dall'abbondanza della sua misericordia, approntò alla situazione disperata una medicina più efficace del solito. Volle afferrare con i benefici quelli che non aveva emendati con i precetti, volle sollecitare la devozione per l'avvenire non imputando il passato. Avrebbero in seguito gli uomini atteso all'osservanza della giustizia, dopo averla raggiunta per la scorciatoia della fede. L'abbondanza dunque dei precedenti peccati reclamò il soccorso di tanta abbondanza di misericordia, perché, se non fosse intervenuta una così grande generosità di perdono, nessun altro rimedio avrebbe provveduto a mali tanto gravi. Ma in questa esaltazione della beneficenza divina l'Apostolo vide aperto lo spazio all'obiezione di coloro che potevano dire: Se è regola che le vicende si giudichino dagli effetti e se il dilagare dei peccati impetrò l'affluire della misericordia di Dio, bisogna insistere con i peccati perché non manchi l'ubertà della grazia. Per ovviare ad una simile opinione scrive: Che diremo dunque? Continueremo nel peccato perché abbondi la grazia? È assurdo. Noi che siamo morti al peccato, come potremo vivere ancora nel peccato? O non sapete che quanti siamo stati battezzati nel Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo siamo stati dunque sepolti insieme a lui nella morte perché, come il Cristo risorse nella gloria del Padre, così anche noi camminiamo in novità di vita. ( Rm 6,1-4 ) Agostino. Ma perché anche voi vi ricordate di coteste parole apostoliche, sarà per questo mai vero che esse non soffochino voi e facciano dimenticare a noi quali ferme fondamenta della casa di Dio vi sforziate di abbattere? O uomo insano, l'Apostolo dopo aver detto: Se siamo morti al peccato, come potremo vivere ancora in esso?, aggiunge: O non sapete che quanti siamo stati battezzati nel Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte?, proprio per provare che i battezzati nel Cristo sono morti al peccato. Sei forse così sordo da non udire coteste parole? Così cieco da non vederle? Confessa dunque morti al peccato i bambini battezzati, confessa finalmente il peccato originale: i bambini infatti non avevano altro peccato a cui morire. Oppure di' apertamente che non è necessario battezzarli, o che quando si battezzano non si battezzano nel Cristo Gesù o non si battezzano nella sua morte; e cancella se puoi le parole dell'Apostolo che dice: Quanti siamo stati battezzati nel Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte. Ebbene, se non puoi, come non puoi, cancellare queste parole, quando dunque senti quel quanti, non voler escludere da essi i bambini. Permetti al Cristo di essere il Gesù anche dei piccoli, perché egli, non eccettuati i bambini, ma compresi anche i bambini, salva il suo popolo dai suoi peccati, e per questo fu detto dall'angelo: Lo chiamerai Gesù. ( Mt 1,21 ) 223 - A quale peccato muoiono i bambini nel battesimo? Giuliano. Dice che noi morimmo al peccato già nel momento in cui, per ricevere il dono della indulgenza, professammo di rinunziare al mondo e a tutti i peccati. Memori perciò del dono, dice che dobbiamo vivere così da apparire consepolti con il Cristo e da portare la sua risurrezione nella evidenza della santità. E come, dopo che risorse dai morti, egli non soffre più infermità corporali e oltraggi, così noi pure cerchiamo di essere invulnerabili a tutti i peccati e vizi. Se infatti siamo stati completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione. Sappiamo bene che il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con lui, perché fosse distrutto il corpo del peccato e noi non fossimo più schiavi del peccato. Infatti chi è morto, è ormai libero dal peccato. ( Rm 6,5-7 ) Costringe i fedeli con un chiaro ragionamento: Se volete partecipare, dice, alla sua risurrezione, imitate anche la virtù della sua morte, così che, morti ai vizi, viviate nella virtù; allora infatti sarete " consorti " in quella felicità, se avrete portato l'immagine della sua morte morendo ai peccati. Infatti il nostro uomo vecchio deve apparire affisso alla sua croce, perché egli distrugga il corpo del peccato, con la fortezza evidentemente della passione. Ma corpo del peccato Paolo, secondo il suo solito, chiama i vizi e non la sostanza della carne. Così infatti seguita e dice: Perché sia distrutto il corpo del peccato e noi non siamo più schiavi del peccato. Infatti chi è morto, è ormai libero dal peccato. Agostino. Comunque tu interpreti il corpo del peccato, non negherai che i bambini battezzati nel Cristo Gesù siano morti al peccato, per non negare apertissimamente che essi siano stati battezzati nella morte del Cristo Gesù e quindi negare che siamo stati battezzati nel Cristo Gesù. Quanti infatti siamo stati battezzati nel Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte. ( Rm 6,3 ) Di' dunque: a quale peccato essi muoiono, quando i bambini si battezzano nel Cristo Gesù? Ma non avrai assolutamente niente da dire, se con tutta la Chiesa del Cristo non intendi e non rispondi: A causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo e per il peccato la morte, e così passò in tutti gli uomini, che tutti peccarono in lui. ( Rm 5,12 ) Ecco a quale peccato muoiono i bambini, quando si battezzano nella morte del Cristo Gesù. Vi prego, non siate come il cavallo e come il mulo privi d'intelligenza. ( Sal 32,9 ) Udite: Se siamo morti al peccato, come potremo vivere in esso? O non sapete che quanti siamo stati battezzati nel Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? ( Rm 6,3 ) Quanti dunque siamo stati battezzati nel Cristo Gesù, siamo morti al peccato, perché siamo stati battezzati nella sua morte. Udite: Quanti siamo stati battezzati. Non infatti i piccoli senza i grandi o i grandi senza i piccoli; bensì quanti, cioè e i piccoli e i grandi, siamo stati battezzati nel Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte, e quindi siamo morti al peccato. Dunque, o dite apertamente che non è necessario il battesimo del Cristo ai bambini, o dite a quale peccato muoiono i bambini quando si battezzano nel Cristo, o, perché non potete trovare nessun altro peccato, riconoscete una buona volta finalmente il peccato originale. 224 - Muore al peccato chi rinunzia al peccato Giuliano. Evidentemente, poiché parlava a persone viventi, diceva che anche a loro era stata conferita la giustizia per mezzo dei misteri. In che senso dunque afferma morto colui che è stato giustificato, se non indicando senza nessuna ambiguità che qui chiama morte la rinunzia a peccare e adopera il nome di morte per indicare che i fedeli devono smettere di peccare, come i morti di agire? Agostino. O uomo litigioso, se in questo passo delle parole apostoliche si chiama morte la rinunzia, nel senso che muore al peccato chi rinunzia al peccato, ripensa in che modo nella Chiesa del Cristo, dove sei stato battezzato, si celebrano i misteri del battesimo e troverai che i bambini anche con la bocca di coloro che li presentano fanno la rinunzia, come con la bocca di coloro che li presentano fanno la loro professione di fede. Il che forse non si fa più presso di voi. Siete infatti così progrediti in peggio da errare voi stessi e da indurre ad errare gli altri, consenzienti con voi che non deve fare la rinunzia il piccolo da battezzare, perché non ha contratto il peccato originale; ( 2 Tm 3,13 ) o se deve rinunziare al peccato, dite a quale peccato e correggete finalmente il vostro errore. 225 - Una sola volta Gesù è morto per i nostri peccati Giuliano. Se infatti siamo morti con il Cristo, crediamo che vivremo con il Cristo, sapendo che il Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non avrà più potere su di lui. Per quanto riguarda la sua morte, egli morì al peccato una volta per tutte, ma ora invece che egli vive, vive per Dio. Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio nel Cristo Gesù. ( Rm 6,8-11 ) Dice: Come il Cristo, che una volta per sempre è morto al peccato, cioè è morto una sola volta per i nostri peccati, non muore più, ma vive nella gloria di Dio, così voi pure: consideratevi morti al peccato per vivere e per servire solamente alle virtù. Agostino. O meraviglioso commento! L'Apostolo dice che il Cristo è morto al peccato, e tu dici: " Cioè è morto per i nostri peccati ". Dunque quando dice: Così anche voi consideratevi morti al peccato, bisogna pensare che dica: Consideratevi morti per i vostri peccati? Non dice certamente questo in cotesto luogo, né tu intendi così, ma li confessi morti al peccato nel senso che non vivano per il peccato. Indica dunque che anche il Cristo è morto al peccato, perché l'Apostolo non abbia detto senza nesso logico: Così anche voi. Per togliere infatti i nostri peccati è morto, ma nondimeno è morto al peccato, e questo in che modo lui che non ebbe assolutamente nessun peccato, né originale né proprio, se non perché la somiglianza ha preso il nome della realtà di cui era la somiglianza? Sappiamo infatti che il Cristo è venuto in una carne simile a quella del peccato, ( Rm 8,3 ) perché è venuto in una carne vera, ma non come gli altri uomini nella carne del peccato. È morto conseguentemente lui alla somiglianza del peccato, che portava nella carne mortale, e così compì il mistero della nostra salvezza, perché noi morissimo al peccato, di cui egli portava la somiglianza. Per questo siamo battezzati nella sua morte, perché, come in lui avvenne una vera morte, così in noi avviene una vera remissione di peccati. Ma qui ci sono anche i bambini, perché quanti siamo stati battezzati nel Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte. ( Rm 6,3 ) Non si battezzano infatti gli uomini nel Cristo così da essere battezzati alcuni nella sua morte e altri non nella sua morte, ma, come dice l'Apostolo nel quale parlava il Cristo stesso, tutti quelli che sono battezzati nel Cristo Gesù, sono battezzati nella sua morte, e quindi tutti quelli che sono battezzati nel Cristo Gesù, muoiono al peccato. Se tutti quelli che, per forza anche i bambini: ma a quale peccato muoiono i bambini? Si confessi finalmente, per favore, la generazione, perché non si sconfessi la rigenerazione; si confessi nei bambini la carne del peccato, perché non si neghi che anche per i bambini è morta la carne somigliante alla carne del peccato. 226 - I genitori cristiani fanno il possibile per la crescita della coscienza nei battezzati Giuliano. Dove dunque si accusa qui la natura? Dove s'incolpano gli esordi della sostanza umana? Dove si condanna l'orgasmo di chi genera? Più della luce è chiaro che la sola ad essere chiamata in giudizio dal Maestro delle Genti è la volontà, perché abdichi alle sue occulte vergogne ( 2 Cor 4,2 ) e avanzi a vita migliore correggendo le sue azioni. Ma riceva ormai la nostra esposizione la sua chiusura, né continui ancora ad interpretare in questi passi le dichiarazioni dell'Apostolo: ascoltiamo lui stesso che discute dei suoi modi di pensare. Alla fine del suo discutere apparirà con chi egli sia consenziente nel dogma e nella fede. Noi appunto diciamo che l'Apostolo ha parlato del peccato della volontà umana, la quale è in ognuno che pecca; tu invece dici che ha parlato del peccato nel quale tu credi credendo a Fausto, un peccato che si trasmette per generazione ed è ricevuto da tutti senza la loro volontà. Le nostre dispute tacciano pertanto, se ciò piace, e volendo io agire con moderazione, mettiamo da parte la dignità dell'Apostolo, la quale, anche se le sue parole fossero in tutto all'unisono con voi, basterebbe tuttavia a prescrivere che, atteso lo splendore del suo ufficio, egli non ha potuto sentire nulla di tanto mostruoso: c'è ambiguità di locuzioni, non pravità di modi di sentire. A lui, uomo equilibrato di mente, sia concesso nella presente questione questo soltanto: fargli credito che egli abbia capito i propri scritti meglio di te. Non regni dunque, scrive, il peccato nel vostro corpo mortale così da obbedirgli. ( Rm 6,12 ) Già qui potrei dire che dalla testimonianza della sua esortazione è provato che egli tratta dei peccati della volontà, perché se questi peccati fossero mali naturali, si potrebbero difendere in nome della giustizia, piangere in ultimo in nome della misericordia, ma in nessun modo ci sarebbe l'ammonimento di evitarli. Infatti di qualsiasi male naturale, se ve ne potesse essere qualcuno, questo sarebbe stato il male più grande: l'insania di chiunque si fosse messo ad esigere l'impegno di evitare comportamenti imposti dalla natura. Ma l'Apostolo non prescrisse nulla che si possa giustamente riprovare. Pertanto indica il peccato della volontà e lo inculca come peccato da doversi evitare. Agostino. Chi ignora che l'Apostolo non parla ai bambini, ma a coloro che sono in grado di capire le sue parole e di obbedire ai precetti con l'aiuto della grazia di Dio? Ma certamente i genitori anche con i loro figli si comportano così che, secondo il crescere in loro dell'uso di ragione, sbocci in essi il frutto dell'obbedienza, perché non abbiano ricevuto invano la grazia di Dio, quando furono rigenerati ancora inconsapevoli. Ma tuttavia quella tua bella " pupilla ", che è orribile per tutti coloro che la combattono, dico la concupiscenza della carne, per mezzo della quale ogni uomo nasce e con la quale ogni uomo nasce, questa concupiscenza della carne l'Apostolo comanda di frenarla, ( 2 Cor 6,1 ) né le permette di regnare e le dà il nome di peccato, perché e ha origine dal primo peccato e pecca chiunque acconsente ai suoi impulsi per comportamenti illeciti. La quale concupiscenza allora sarà annullata in noi quando avremo un corpo immortale. Per quale ragione quindi, potendo limitarsi a dire: Non regni il peccato nel vostro corpo, ha aggiunto una parola e ha detto: Nel vostro corpo mortale, ( Rm 6,12 ) se non perché sperassimo che allora non esisterà più cotesta concupiscenza, da lui chiamata peccato, quando non avremo più un corpo mortale? Infatti di' a noi per quale ragione non ha scritto: Non ci sia il peccato nel vostro corpo mortale, ma ha scritto: Non regni, se non perché cotesta concupiscenza, la quale non può esistere se non nella carne mortale, regna in coloro che acconsentono alle sue brame per commettere azioni cattive e che, dovunque li abbia allettati, vinti da lei, sono trascinati con maggiore impetuosità, proprio per la proibizione della legge, se non sono aiutati dalla grazia? In coloro invece che fanno secondo il dono di Dio quello che è comandato, ossia non obbediscono ai movimenti e alle insistenze della concupiscenza, né mettono a sua disposizione come strumenti le membra, la concupiscenza c'è, sì, ma non regna. Che ci sia lo prova poi il fatto che il male si brama, che non regni lo prova il fatto che esso non si fa, perché a vincere è la dilettazione della giustizia. In che modo infatti ci sarebbe comandato di non obbedire alla concupiscenza, se essa non comandasse o non persuadesse? Ma in che modo lo potrebbe fare, se non fosse presente? 227 - Tutto fatto quando la grazia ci ha lavati dai nostri peccati Giuliano. Non offrite le vostre membra al peccato come strumenti di ingiustizia, ma offrite a Dio voi stessi come viventi ritornati dai morti e le vostre membra a Dio come strumenti di giustizia. Il peccato infatti non domina su di voi, poiché non siete più sotto la legge, ma sotto la grazia. ( Rm 6,13-14 ) Con tanta più fedeltà, dice, dovete servire a Dio, con quanta anche più liberalità. Il peccato dominava appunto su di voi quando pendeva su di voi il castigo dei vostri reati; ma dopo che per la grazia avete conseguito i benefici di Dio e, deposti i pesi dei reati, avete respirato, dovete rendere grazie al Medico, avvertiti da un nobile pudore. Agostino. Tu secondo la vostra moda, che discende dal vostro errore, non riconosci la grazia se non nella remissione dei peccati: dopo di essa l'uomo per mezzo del libero arbitrio fabbrica da se stesso la sua giustizia. Ma non questo dice la Chiesa, la quale grida tutto ciò che ha imparato dal suo buon Maestro: Non ci indurre in tentazione. ( Mt 6,13 ) Non questo dice l'Apostolo che dice: Noi preghiamo Dio che non facciate alcun male. ( 2 Cor 13,7 ) Non questo dice Gesù che dice: Ho pregato per te, o Pietro, che non venga meno la tua fede. ( Lc 22,32 ) In questo modo infatti la grazia fa che non pecchiamo, e non lava in questo modo i peccati che abbiamo commessi. In ambedue i modi infatti aiuta la grazia: e rimettendo le azioni che abbiamo fatto malamente e aiutando perché evitiamo il male e facciamo il bene. 228 - Assurdo che si possa peccare tranquillamente sotto la grazia Giuliano. Ma poiché ritornava l'occasione della medesima obiezione affrontata sopra che, liberati dalla legge, provocatrice d'ira, potevano peccare sicuri sotto la benignità della grazia di Dio, aggiunse immediatamente: Che dunque? Dobbiamo commettere peccati perché non siamo più sotto la legge, ma sotto la grazia? È assurdo. Non sapete che se vi mettete a servizio di qualcuno come schiavi per obbedirgli, siete schiavi di colui al quale servite: sia del peccato, sia della obbedienza che conduce alla giustizia? ( Rm 6,15-16 ) Crediamo ormai o no a lui quale sia il peccato di cui ha finora discusso la condizione? Di colui al quale, dice, vi offrite per obbedirgli come schiavi, siete schiavi: sia del peccato, sia della giustizia. Dov'è qui dunque indicato dall'Apostolo quel peccato che prima dei tempi della volontà, prima della scelta di coloro che obbediscono, prima dell'età della scienza e coscienza, si finge volato sopra gli stessi semi? Un peccato che certamente non si può trovare se non nei libri dei manichei. Agostino. Non sono libri dei manichei quelli dove si legge: Eravamo anche noi per natura meritevoli d'ira, come tutti gli altri: ( Ef 2,3 ) ciò che voi adesso con una moda nuova, ma in modo sfacciato, lo interpretate dal greco così da fare apparire che l'Apostolo non ha detto: Per natura, ma " assolutamente ", cioè: Eravamo assolutamente meritevoli d'ira. E forse oserete emendare questo testo nei vostri codici: non volete infatti acquietarvi al fatto che, se quella testimonianza non fosse quanto più vera tanto più antica, non avrebbero questo testo tutti i codici latini. Né tuttavia l'Apostolo non avrebbe dovuto ammonire di obbedire alla giustizia e non al peccato per la ragione che " noi uomini nasciamo tutti sotto il peccato, essendo viziata la stessa nostra origine ". Poiché infatti il reato della generazione è stato assolto dall'indulgenza della rigenerazione, si deve obbedire solo allo spirito della giustizia, al quale dobbiamo acconsentire, e non si deve obbedire alla concupiscenza della carne, contro la quale dobbiamo combattere. Così certamente da ricordare che anche questa pia obbedienza è dono di Dio, promessa da lui per mezzo del Profeta: Darò a loro un cuore capace di conoscermi e orecchi capaci di ascoltarmi; ( Ger 24,7 ) e questo che vuol dire se non capaci di obbedire? 229 - L'obbedienza suppone la volontà Giuliano. Del resto l'Apostolo mostra - ma se trova qualche credito negli uomini del nostro tempo - di non dire schiavi del peccato se non coloro che risultano avere obbedito al peccato con la propria volontà, per la cui mutazione, della volontà s'intende, cominciarono a servire alla giustizia. Ha dunque collocato in mezzo l'obbedienza ed ha imputato ad essa di avere scelto di obbedire sia prima ai vizi, sia dopo alle virtù. Agostino. Coloro che confidano nella propria forza ( Sal 49,7 ) sono vani come voi, e saranno distrutti come voi. 230 - L'obbedienza a Dio è grazia di Dio Giuliano. Rendiamo grazie a Dio, dice, perché voi eravate schiavi del peccato, ma avete obbedito di cuore a quell'insegnamento che vi è stato trasmesso, e così, liberati dal peccato, siete diventati servi della giustizia. ( Rm 6,17-18 ) Agostino. O sordo, ascolta l'Apostolo che ringrazia Dio perché hanno obbedito di cuore alla sua dottrina, dal momento che non ha detto: Rendiamo grazie a Dio perché vi è stata predicata la sua dottrina, ma: Perché avete obbedito. Non tutti infatti obbediscono al Vangelo, ( Rm 10,16 ) ma coloro ai quali è dato di obbedire, come: A voi è dato di conoscere il mistero del regno dei cieli, affermò il Signore, ma a loro non è dato. ( Mt 13,11; Mc 4,11; Lc 8,10 ) Non avrebbero dunque obbedito con il cuore, cioè con la volontà, se la loro volontà non fosse stata preparata dal Signore. Altrimenti l'Apostolo avrebbe ringraziato indebitamente Dio di ciò, se Dio stesso non lo avesse fatto. 231 - Volontà umana e Dio Giuliano. La mutazione della volontà ad obbedire di cuore, dice, vi ha liberati dal peccato e vi ha fatti aderire alla santità. Agostino. Ma questa è la mutazione che viene dalla destra dell'Altissimo. Ascolta l'uomo di Dio che nel Salmo confessa questa grazia, e impara chi sia a mutare in meglio la volontà dell'uomo. Si legge: E ho detto: ora incomincio; questa è la mutazione della destra dell'Altissimo. ( Sal 77,11 ) 232 - Tu dài tutto alla volontà dell'uomo Giuliano. Vi parlo " umano " a causa della debolezza della vostra carne. Come avete messo le vostre membra a servizio dell'impurità e dell'iniquità a pro dell'iniquità, così ora mettete le vostre membra a servizio della giustizia per la vostra santificazione. ( Rm 6,19 ) O precettore pieno dello Spirito di Dio! O vaso veramente d'oro! O tromba che fa rimbombare non stridori spezzati, ma voci spiegate! Concilia credito al suo dire con la umanità della esortazione. Agostino. O ingannatore, pieno tu di spirito eretico, che dài tutto alla volontà dell'uomo contro colui che dice: Che cosa possiedi che tu non abbia ricevuto? ( 1 Cor 4,7 ) O uomo pelagiano, l'Apostolo lo diceva piantando e irrigando, sapeva tuttavia che né chi pianta né chi irriga è qualcosa, ma Dio che fa crescere. ( 1 Cor 3,7 ) Non comandava soltanto, ma anche pregava Dio perché non facessero il male coloro ai quali predicava la parola di Dio. Lo dice infatti apertamente altrove: Noi preghiamo Dio che non facciate nulla di male. ( 2 Cor 13,7 ) 233 - Quanto basta al grado della vostra spiritualità Giuliano. Perché infatti non sembrasse che comandasse all'uomo qualcosa di arduo e d'impervio, fa uso di una parola comune, così da dire " umano ", cioè facile, pratico, raddolcito da esempi. Non vi chiedo, dice, un impegno pari alle auguste realtà, né, quanto più grandi sono le ricchezze delle virtù, tanto più nuovi precetti io vi propongo per conquistarle: non vi infliggo nulla di fiero, non vi indico nulla che sia troppo difficile portare, perché, se vi comandassi qualcosa di simile in proporzione allo splendore della giustizia, voi, lamentando l'infermità della carne, opporreste di non poter sopportare una fatica continua. Pertanto vi sfido adesso con questa moderazione: date alle virtù il medesimo impegno che deste prima ai crimini e, sebbene sia un'offesa per i comportamenti onesti l'essere messi alla pari dei comportamenti disonesti nell'appetibilità, tuttavia al grado di disciplina nella quale voi siete basta che seguiate la giustizia almeno con la medesima intensità con la quale avete seguito l'iniquità e l'impurità. Agostino. Questo tuttavia non lo faranno, se non si ribelleranno a quella tua famosa " pupilla ", che è la concupiscenza della carne, con la robustezza della carità. Con la quale legge delle membra, sempre pronta a ribellarsi alla legge della mente, nasce ogni uomo, e per il suo legame ogni uomo è reo se non rinasce, ed essa i mortali non la vincono con il loro spirito se non sono governati dallo Spirito di Dio: Tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio. ( Rm 8,14 ) Andate ora e contro questa verità cristiana e apostolica sollevando il libero arbitrio fatelo precipitare, e confidate nella vostra forza, con il risultato non di levarvi in alto, ma di cadere in basso. 234 - La correzione umana si fa con la sovvenzione divina Giuliano. Crediamo pertanto al Maestro delle Genti e rendiamogli testimonianza della sua verità. È infatti " umano " davvero, come ha detto, il precetto dato da lui: la correzione della volontà emendi i vizi della volontà. Agostino. Ma questa correzione umana non si fa se non per protezione divina. Chi infatti corregge la volontà dell'uomo se non Dio a cui si dice: Convertici, o Dio degli eserciti, ( Sal 80,8 ) e: Convertendoci, o Dio, tu ci ridonerai la vita? ( Sal 85,7 ) Il Signore infatti dirige i passi dell'uomo e questi vorrà seguire la via di Dio. ( Sal 37,23 ) Se invece i passi dell'uomo non sono diretti da Dio, l'uomo non vorrà seguire la via di Dio, benché la legge gli comandi di volerla seguire. 235 - Fuggi i desideri giovanili Giuliano. Ma com'è umano questo che ha detto, così se avesse pensato il contrario, non solo sarebbe disumano, non solo sarebbe fiero, ma anche ingiusto, e non solo ingiusto, ma anche insano, così da rimproverare, pur sapendo che il peccato è innato in noi, agli uomini del suo tempo i vizi di un parto antico e da comandare di astenersi da comportamenti che credeva congeniti e da prescrivermi minacciosamente di deporre i vizi che avevo cominciato a possedere, prima che l'anima entrasse nel mio corpo e prima che il corpo entrasse in questo mondo. Agostino. Non è dunque innata la concupiscenza della carne o non comanda di astenersi da essa colui che dice: Contieni te stesso, ( Sir 30,24 ) e: Fuggi i desideri giovanili? ( 2 Tm 2,22 ) Per quale ragione non ha detto: Fuggi i desideri volontari? La giovinezza è appunto un nome di età, ma le età le ha la natura, non la volontà, e quella concupiscenza trova la sua massima esca nell'età giovanile, mentre nell'infanzia la sua forza è certamente sopita, come la forza della ragione, come la forza della stessa volontà. Ma l'occhio cristiano e non l'occhio pelagiano sa discernere che cosa dall'istituzione del Creatore e che cosa dalla contaminazione del vizio prenda o contragga la natura, la quale loda Dio come creatore per il bene che possiede e ha bisogno del medesimo creatore come salvatore dal male che l'ha viziata. Quanto infatti al reato con il quale l'uomo nasce non c'è altro che gli si comandi se non di rinascere. 236 - Autorità ed equità Giuliano. Più giusto sarebbe stato che quanti si studiava di emendare lo avessero esortato a soppesare ciò che comandava e a sapere che il primo passo di una volontà ferma è la moderazione nel comandare. È mancante di autorità la dottrina che non ha l'equità a sua difesa, ed è piena di autorità la dottrina a cui rende testimonianza la bilancia della giustizia. E perciò risulta che l'Apostolo, rispettabile educatore delle Chiese, pronto a rendere conto del suo magistero con saggezza, con equità, con umanità, non ha avuto nessun sentore del peccato naturale, ma ha insegnato, come la natura esigeva, sia che noi non siamo stati servi dei vizi se non per la nostra volontà, sia che noi con la medesima volontà, se essa si corregge, possiamo servire alla giustizia. Ma poiché finora sono stato occupato nella spiegazione di questo testo, a dimostrare che con le parole dell'apostolo Paolo non si possono prendere affatto le difese dei manichei, e poiché dal contesto del suo discorrere è apparsa potente la verità che egli applica attraverso tutto il corpo dei suoi scritti, abbia qui fine il secondo libro. Con il quale libro tuttavia è necessario avvertire che ai traduciani non è rimasto nulla all'infuori della loro sfacciataggine. Perché essi, che riconoscevano di non poter contare sull'aiuto della ragione, si rivendicavano una totale soddisfazione dai testi dell'Apostolo che sono stati spiegati. E poiché si è fatta luce che in essi non sta scritto nulla di deforme, nulla di difforme dalla santità e dalla ragione, appare evidente la caduta di una sentenza che è stata fatta crollare sia dalla ragione con tante testimonianze delle Scritture, sia dalla religione dei cattolici che è in Dio: sentenza che ormai non è difesa più dall'opinione basata su cotesto passo [ di Paolo ]. Agostino. Appare a tutti coloro che leggono con testa sana e con intelligenza queste pagine che tu nel molto tuo dire contro parole non più mie che dell'Apostolo beato, non hai trovato nulla di buono da dire, e con il tortuoso strepito della tua loquacità hai voluto far apparire a quelli che non capiscono di aver detto qualcosa. Vogliate o non vogliate: A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e per il peccato la morte, e così passò in tutti gli uomini. ( Rm 5,12 ) Che significa così se non: a causa del peccato, non indipendentemente dal peccato? Né infatti la morte passerebbe, se il peccato non la veicolasse: la morte segue e non precede il peccato. Dal peccato vengono tutte le miserie dei mortali a cominciare dal giorno della loro uscita dal grembo materno, ( Sir 40,1 ) come sta scritto. Le quali miserie dicendo voi che accadono ai bambini senza nessun peccato, siete voi veramente a fare ingiusto Dio, e siete voi ad aiutare orribilmente i manichei. Essi infatti, per non fare ingiusto Dio, queste miserie dei mortali fino dalla natività le attribuiscono alla natura immutabile del male e ad una sostanza delle tenebre, che proviene da un principio diverso da Dio. I quali empi manichei e insieme voi stessi vince la fede cattolica, che attribuisce tutte coteste miserie al peccato che entrò nel mondo dalla volontà del primo uomo e che fu seguito anche dalla morte, la quale mettendo in fuga l'anima uccide il corpo: morte della quale voi dite che sarebbe accaduta all'uomo per natura, anche se non avesse peccato. Donde segue che non solo di quella imperiosa libidine, di cui troppo vi dilettate, ma anche della molestissima febbre e di tutti gli altri innumerevoli morbi, da cui vediamo afflitti e uccisi i bambini, voi diciate che sarebbero esistiti nel paradiso, anche se nessuno avesse peccato, perché dite che i bambini li soffrono senza il merito di nessun peccato. Tenetevi alla larga per favore con le vostre lodi false e fatali, tenetevi alla larga dagli infanti e dai lattanti, che con crudele errore voi lodate come esenti da ogni male. D'accostarsi al Cristo liberatore non lo impedite ai bambini, bisognosi di liberazione. Che la misera natura, viziata dal primo uomo, sia sanata dal secondo uomo permettetelo, perché vinti, perché corretti.