Padri/Agostino/ContrGiulIn/Libro3.txt Opera incompiuta contro Giuliano Libro III 1 - È grave dover difendere la giustizia di Dio Giuliano. Sarebbe stato necessario senza dubbio che presso il genere umano avesse vigore il rispetto di tutte le virtù. Sarebbe stato necessario che si resistesse sempre ai crimini con animo sapiente e si meritasse il favore del Creatore con buone scelte. Degno sarebbe stato infine che, risultando questo primo e più felice grado di continua devozione tanto raro quanto anche troppo arduo, si respingessero almeno i vizi lungamente covati e si ritornasse al presidio della emendazione e della penitenza. Sarebbe stato certamente necessario che il rispetto inviolabile di Dio si conservasse almeno in questo: non sorgesse per noi la necessità di rivendicare con tanta guerra la legge divina. Ma poiché il furore di coloro che peccano si è spinto tanto da costringerci a somme fatiche per insegnare che Dio è giusto, confidando nell'aiuto della sua stessa giustizia, di cui dibattiamo la causa, adempiamo adesso le promesse fatte nel libro precedente. Agostino. L'aiuto di Dio lo cerchi per la compilazione dei tuoi vani libri e non lo cerchi per la correzione dei tuoi perversi errori. Vorrei tuttavia che tu dicessi per quale ragione chiedi in quest'opera l'aiuto di Dio, se è in potere del tuo libero arbitrio, sia fare quest'opera, sia non farla. O chiedi forse la disponibilità di quelle condizioni che non sono in tuo potere e senza le quali non si può scrivere, come sono, per ometterne altre, lo stesso vitto e il tempo libero? Ma queste sono condizioni che quasi sempre Dio somministra a noi per mezzo delle volontà altrui. Tu vedi dunque che quando chiedi l'aiuto per compilare i tuoi libri, chiedi all'onnipotente Dio di operare nelle volontà degli uomini ciò che ti è di giovamento e non di impedimento. Infatti se gli altri non ti vogliono somministrare il vitto e le spese congrue, se infine non vogliono smettere d'importunarti e di ostacolarti, non potrai scrivere o dettare cotesti tuoi libri. Speri dunque che l'aiuto di Dio faccia agire le volontà delle persone tra le quali vivi così che non ti manchi nulla di necessario. La volontà infatti è preparata da Dio: ( Pr 8,35 ) ciò che voi non credete. Dunque o correggi subito il tuo dogma o per difenderlo smetti di chiedere l'aiuto divino. 2 - Definizione della giustizia Giuliano. Poiché nel primo volume era risultato da perspicue premesse che Dio è tanto necessariamente giusto che, se si potesse provare non giusto, si dimostrerebbe che non è Dio, e poiché non era rimasto nessun dubbio su questa verità, si chiarì pure che la giustizia non è nient'altro che una virtù la quale non giudica mai nulla iniquamente, non fa mai nulla iniquamente, ma rende a ciascuno il suo senza frode e senza grazia, cioè senza preferenze personali. Agostino. Senza frode dici il vero, perché non sia punito chi non lo merita. Ma senza grazia se lo fosse la giustizia di Dio, mai il Cristo sarebbe morto per gli empi, cioè per coloro che non meritavano nulla di buono e molto di cattivo; mai avrebbe adottato ad essere cittadini del suo regno i bambini dei quali non preesisteva né alcuna buona opera né alcuna buona volontà, e nella medesima causa non avrebbe escluso dalla partecipazione del medesimo regno altri bambini colui che non giudica mai nulla iniquamente, non fa mai nulla iniquamente e rende a ciascuno il suo senza frode. Riconosci dunque vasi nobili per grazia i bambini che sono assunti al regno di Dio e vasi ignobili per condanna gli altri bambini che non sono assunti a quell'onore, e una buona volta finalmente, per non fare ingiusto Dio, confessa il peccato originale. 3 - Il peccato di Adamo condannò la natura umana e tutti i suoi figli Giuliano. Lo stile poi della virtù della giustizia si dimostra nel non punire nessun suddito se non per quei delitti che si dimostrano commessi con volontà libera. Agostino. Con volontà libera fu commesso anche quel delitto di Adamo, nel quale fu condannata la natura umana, per la cui condanna nascono soggetti a condanna gli uomini, se non rinascono in Colui che nacque non soggetto a condanna. Questo è il dogma cristiano che volete sovvertire, ma siete voi ad essere sovvertiti, perché esso rimane in piedi. 4 - Adamo rovinò tutti in se stesso Giuliano. Né darebbe Dio agli uomini precetti che sapesse non osservabili dalla loro natura, né giudicherebbe nessuno reo di azioni naturali. Agostino. Ma c'era Adamo e in lui siamo stati tutti noi, quando peccò così da perdere in sé tutti gli altri, e non sarebbero liberati dalla massa dei perduti se non quelli che volesse liberare colui che venne a cercare ciò che era perduto. ( Lc 19,10 ) 5 - Divinità ed equità Giuliano. Né imputerebbe Dio agli uni i peccati degli altri, né per le iniquità dei genitori aggiudicherebbe ai castighi eterni i loro figli innocenti, che non avessero operato da sé nulla o di bene o di male per essere indicati come imitatori dei crimini dei loro genitori. ( Sir 40,1 ) Dalle quali premesse risultava la certezza e dell'esistenza di Dio e della giustizia di Dio, rispetto al quale si era chiarito che, se operasse qualcosa di ingiusto, subirebbe tanto danno nella divinità quanto ne avesse patito nella equità. Agostino. Dici la verità e quindi nulla d'ingiusto opera Dio quando fa gravare un giogo pesante sui figli di Adamo dal giorno della loro nascita dal grembo materno. Il che sarebbe senza dubbio ingiusto, se non ci fosse il peccato originale. 6 - Sapienza pelagiana e sapienza ecclesiastica Giuliano. Quantunque - o infelicità dell'errore umano! - troppo grande è il dolore che mi scuote quando soppeso la natura stessa del nostro conflitto. Fu mai possibile che sorgesse questo dubbio e che avrebbe avuto bisogno di essere affermata questa causa: fu mai possibile, dico, che nelle Chiese che confessano di credere al Cristo si dubitasse se Dio giudichi giustamente, ossia ragionevolmente? Agostino. Proprio perché di questo non si dubita è scritto che un giogo grave sta sopra i figli di Adamo dal giorno della loro nascita dal grembo materno. ( Sir 40,1 ) Né infatti la sapienza pelagiana è migliore della sapienza ecclesiastica. 7 - Giustizia di Dio e peccato originale Giuliano. Ma troppo mi sono dimenticato della lite di cui si tratta, preso dal rispetto stesso della realtà. Mi meraviglio infatti che si sia potuto dubitare dell'equità di Dio quando è noto che nelle sinagoghe dei traduciani non viene neanche il sospetto della sua equità. Agostino. Proprio perché non si dubita della equità di Dio, si crede giusto il grave giogo che pesa sul bambino, e proprio perché esso si crede giusto, non si crede che il bambino sia senza il peccato originale. Quindi nella Chiesa cattolica, dalla quale uscirono i pelagiani di mezzo a noi, non è che non si dubiti per nulla della iniquità di Dio, come tu dici, ma piuttosto non si dubita per nulla della equità di Dio nella Chiesa dove si insegna e si dice ( Gb 14,4-5 ) che nemmeno un bambino, la cui vita sia di un giorno soltanto sopra la terra, è immune dalla macchia del peccato; e quindi nei mali che il bambino patisce, non si riconosce ingiusto Dio, ma giusto. 8 - Tanto peggio Giuliano. Il che è certamente tanto più brutto, quanto scegliere il male è più grave che omettere il bene, quanto tendere alla falsità è più dannoso che dubitare della verità, quanto infine osare d'incriminare Dio è più sacrilego che non volerlo onorare. Agostino. Ma siete voi ad incriminare Dio, perché pur vedendo i bambini gravati per giudizio di Dio da un giogo pesante, negate tuttavia che abbiano un qualche peccato. 9 - Si è potuto dubitare dell'esistenza di Dio, ma non della sua giustizia Giuliano. Aveva detto, sì, come attesta il profeta Davide, l'insensato in cuor suo: Dio non c'è, ( Sal 14,1; Sal 53,1 ) ma non aveva detto che Dio esiste, sì, ed è tuttavia ingiusto. Con la voce di tutta la natura risuonava armoniosamente che la giustizia è tanto inseparabile da Dio da essere più facile trovare chi neghi la sua realtà che non chi neghi la sua equità. Poté esserci chi ritenne che Dio non esistesse, perché non lo vedeva; ma non si era mai trovato uno che dicesse iniquo l'essere che credeva Dio. Agostino. Proprio tu stesso sei stato trovato ad essere quel tale. Infatti a chi se non ad una simile persona dice il Salmo: Pensi iniquamente che io sia simile a te? ( Sal 50,21 ) Ma i Cristiani cattolici, proprio perché sanno e che Dio c'è e che Dio è giusto, non possono avere dubbi: i nati degli uomini, se muoiono in età piccola non ancora rinati, sebbene siano immagini di Dio, non sono accolti nel regno di Dio, non tuttavia ingiustamente, ma per merito del peccato originale. 10 - I dottori della Chiesa Giuliano. Dunque quel famoso " insensato " sembrava che si fosse fermato all'estremo dei crimini negando Dio. Ma a vincerlo si è trovata con i suoi sacrilègi la nazione dei manichei e dei traduciani. Agostino. Sapendo quanto chiari e stimati Dottori della Chiesa del Cristo sul peccato originale e sulla giustizia di Dio abbiano creduto ciò che credo io, abbiano insegnato ciò che insegno io, abbiano difeso ciò che difendo io, devo ascoltare le tue calunnie come se fossero lodi per me. 11 - Ingiusto che un reato si trasmetta con i semi Giuliano. Ma per tornare al punto dove abbiamo deviato, si era chiarito che da colui che confessavamo vero Dio niente poteva esser fatto in giudizio che ripugnasse alla giustizia, e che quindi nemmeno per i peccati degli uni si ritenessero rei gli altri, chiunque fossero, e che perciò non si condannasse affatto l'innocenza dei nascenti per l'iniquità dei genitori, perché era ingiusto che il reato si trasmettesse per mezzo dei semi. Agostino. Per quale ragione dunque sarebbe stato scritto: Il loro seme è maledetto fin da principio? ( Sap 12,11 ) Non è stato detto infatti nello stesso senso in cui si legge: Seme di Canaan e non di Giuda, ( Dn 13,56 ) dove si è mostrato a quali persone si erano fatti simili e da quali persone avevano degenerato; ma ha detto maledetto il seme di quegli stessi uomini che voleva far intendere naturalmente cattivi, come lo sono tutti i figli di Adamo, dai quali per grazia si fanno i figli di Dio. Dove infatti si legge: Non ignoravi che la loro razza era perversa, che la loro malvagità era naturale e che non si sarebbe mai potuta cambiare la loro mentalità, perché il loro seme era maledetto fin da principio, ( Sap 12,10-11 ) ritengo che sia accusata la natura e non l'imitazione, e la natura in che modo se non viziata dal peccato e non creata in tale stato nel primo uomo? Da quale principio dunque è stato maledetto il seme, se non da quando a causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo? Essi poi non potevano essere cambiati da se stessi, ma potevano esserlo da Dio, il quale tuttavia non li cambiava per un giudizio certamente giustissimo, benché occultissimo. Da questa massa infatti si sapeva mutato non in virtù del proprio arbitrio, ma in virtù della grazia di Dio, l'Apostolo quando diceva: Siamo stati anche noi per natura figli dell'ira, come tutti gli altri. ( Ef 2,3 ) 12 - Ognuno paga per il proprio peccato Giuliano. Il che sebbene sia immerso in tanta luce da non trovarsi nulla o di più sicuro o di più vero, tuttavia avevo promesso di dimostrare con la testimonianza della legge divina questa stessa verità, cioè che è iniquissimo imputare le scelleratezze dei genitori ai loro figli nell'atto di nascere, e che Dio è tanto avverso a questo da aver prescritto anche nella sua legge che nulla di simile perpetrasse la disonestà dei giudici. Questa dunque la promessa alla quale mi sono obbligato: ma poiché il mio secondo libro è stato occupato dalla spiegazione delle sentenze dell'apostolo Paolo, tocca alle prime parti di questo volume mantenere fede alla mia promessa. Leggiamo dunque che nel Deuteronomio, nel catalogo dei precetti che ordinavano la vita e la condotta di quel popolo, fu comandato in modo assai esplicito da Dio anche questo. Perché infatti lo si possa intendere dai contesti tra i quali è inserito, da quello che lo precede e da quello che lo segue: Non defrauderai, dice, il salariato povero e bisognoso, sia egli uno dei tuoi fratelli o uno dei forestieri che stanno nelle tue città. Gli darai il suo salario il giorno stesso, prima che tramonti il sole, perché egli è povero e vi volge il desiderio; così egli non griderà contro di te al Signore e tu non sarai in peccato. Non si metteranno a morte i padri per una colpa dei figli, né si metteranno a morte i figli per una colpa dei padri; ognuno sarà messo a morte per il proprio peccato. ( Dt 24,14-16 ) Agostino. Questo l'ha detto dei figli già nati e non dei figli condannati nel primo padre, in cui tutti peccarono e in cui tutti muoiono. E certamente diede questo precetto ai giudici che il padre non morisse per il figlio o il figlio per il padre, quando fosse risultato reo solamente il padre o solamente il figlio. Del resto i suoi giudizi Dio, sia quando giudica da se stesso, sia quando giudica per mezzo di uomini ai quali dà lo spirito profetico, non li ha vincolati a questa legge. Né infatti quando, eccettuato Noè con i suoi, distrusse con il diluvio tutti gli altri, separò gli infanti che non avevano ancora imitato i loro genitori, o senza i loro bambini consumò i Sodomiti quel fuoco famoso. ( Gen 7,21-23; Gen 19,24-25 ) Se lo avesse voluto, lo avrebbe potuto benissimo l'Onnipotente. Anche quell'Acar fu trovato unico trasgressore del precetto e tuttavia venne ucciso con i suoi figli e con le sue figlie. ( Gs 7,24-25 ) Che fu di tutte le città espugnate dal medesimo condottiero Gesù di Nun, uomo di Dio? Non furono uccisi tutti così da non rimanere nessuno a respirare? ( Gs 6,21; Gs 10,32-40 ) I bambini dunque che avevano fatto di male? Non è vero che subirono per giudizio divino la pena comune per i peccati dei loro genitori, dei quali non potevano essere ancora né consapevoli né imitatori? In un modo dunque giudica Dio e in un altro modo comanda che giudichi l'uomo, pur essendo Dio senza dubbio più giusto dell'uomo. Queste riflessioni avresti dovuto fare prima, per non fermarti su esempi che non sono pertinenti alla nostra causa. 13 - Testi biblici contrastanti tra loro Giuliano. Non lederai il diritto dello straniero, dell'orfano, della vedova. Non prenderai in pegno la veste della vedova, perché sei stato schiavo nella terra dell'Egitto e di là ti ha liberato il Signore tuo Dio; per questo ti comando di fare così. ( Dt 24,17-18 ) Nell'istituire la forma di giudicare Dio ebbe subito cura di sancire che né i genitori fossero colpiti per la colpa dei figli, né i figli per la colpa dei genitori. Come principio dunque e soglia della giustizia, che ordinava di osservare nel giudizio, questo ha indicato: la parentela non danneggiasse gli innocenti e l'odio meritato da una persona non trascorresse nella sua stessa gente. Nella causa dunque delle azioni la giustizia separa quelli che la parentela unisce. Il che non farebbe certamente, se volontà e seme fossero in una e medesima condizione o se l'opera dell'arbitrio passasse ai posteri mediante la fecondità. Abbastanza dunque e oltre abbiamo spiegato con questa sola testimonianza che cotesta tenebrosissima perversità di giudizio, abbracciata dal nuovo errore, è polverizzata dall'autorità antica della legge scritta. La quale sentenza è stata certamente così pronunziata per la nostra causa da non aver lasciato nessuno spazio di dubbio. Agostino. Ti resiste Dio, che ha detto nel libro del Levitico: Quelli di voi che sopravviveranno, scompariranno per i loro peccati e per i peccati dei loro padri. ( Lv 26,39 ) 14 - La forma dei processi Giuliano. Stabilendo appunto Dio la forma da seguire nei processi, prescrisse che l'innocenza non fosse legata ai rischi della sua parentela e come separò il padre dal castigo del figlio che aveva peccato, così separò il figlio dalla condanna del padre, mostrando sicuramente con il pari trattamento di ambedue le persone che tanto non possono passare ai figli i peccati dei genitori quanto non passano ai genitori i peccati dei figli. Agostino. Ti soffocano i bambini, dei quali tante volte si legge che sono stati uccisi non anche per i loro peccati, ma solo per i peccati dei genitori. 15 - Peccati che discendono e peccati che ascendono Giuliano. Chi dunque contro questa sentenza dice che esiste la " traduce " del peccato, dica altresì che esiste il riflusso del peccato: se i peccati discendono dai genitori ai figli, è legittimo pensare che risalgono dai figli ai genitori. L'autorità della legge divina indica che non nuocciono ai figli i crimini dei genitori, così come nemmeno i crimini dei figli ai genitori. Agostino. Nei giudizi umani non ha voluto l'autorità della legge divina che i figli paghino le pene per i loro genitori; non nei giudizi divini, dove Dio dice: Punirò le colpe dei padri nei loro figli. ( Es 20,5; Nm 14,18; Dt 5,9; Ger 32,18 ) Dalla legge devi leggere le parole che vuoi, ma così da pensare che ti toccherà ascoltare dalla legge le parole che non vuoi. 16 - Della legge divina o tutto o nulla Giuliano. Tentando dunque di andare contro questa sentenza, asserisca ugualmente che si faccia ciò che è stato ugualmente vietato di fare. La legge di Dio è appunto più facile poterla negare che emendare e, sebbene sia sacrilega la sua negazione, è tuttavia più sacrilega e più assurda la sua correzione. Se infatti di due decreti della legge ne veneri uno e ne esecri l'altro, il decreto che accetti ti costringe ad obbedire contro voglia anche a quello che rifiuti, perché la dignità del primo che ti è caro difende anche il decreto che avversi, ed è assurdissimo che qualcuno creda di venerare i precetti dei quali osa contestare una parte. Per cui si può più conseguentemente negare tutta la legge intera che correggerne una parte. Ma nessuno, se non un empio, tenterà di correggere la legge. Dalle persone dunque religiose e sagge la legge è accettata tutta ed è lodata tutta. Né certamente si turberà qualcuno al vedere che nell'età del Nuovo Testamento è cessato il rito dei vecchi sacrifici. Non è la medesima la condizione delle virtù e delle vittime: altra è la perennità dei precetti e altra la temporaneità dei sacrifici. Tuttavia con la venuta del Cristo, che era prefigurato dalle vittime antiche, le istituzioni precedenti furono adempiute e non condannate. Né infatti se ne predice l'esercizio ai loro tempi, ma con il subentrare della perfezione si acquietarono le promesse legate al compimento delle istituzioni. Agostino. Questo che c'entra? I peccati dei padri ha detto Dio che li avrebbe puniti nei figli, non i sacrifici. E sebbene anche i genitori possano imitare i loro figli cattivi, tuttavia non ha mai detto Dio: Punirò i peccati dei figli nei padri, ma dovunque, e lo ha detto spesso, ha detto sempre: Dei padri nei figli, e qui mostra senza dubbio di perseguitare i vizi della generazione e non i vizi della imitazione. 17 - La giustizia è perenne Giuliano. I precetti invece che riguardano la pietà, la fede, la giustizia, la santità, non solo non sono cessati, ma sono anzi aumentati. E questa legge della giustizia da custodire nei giudizi che abbiamo citato dal Deuteronomio, non si riferisce all'età delle cerimonie, ma alla perennità dei precetti, né scomparve insieme alla circoncisione, ma persevera insieme alla giustizia. Agostino. Ti è già stato detto che questi sono giudizi comandati agli uomini e non sono condizioni pregiudiziali imposte a Dio. In conclusione se un giudice umano dice: Punirò le colpe dei padri nei figli, lo dice ingiustissimamente e contraddice il comando divino. Non per questo tuttavia o è mendace o è ingiusto Dio quando lo dice lui. 18 - Mosè e A. Giuliano. È assodato dunque: se si crede a Mosè, per mezzo del quale parla Dio, più che ad Agostino, per mezzo del quale parla Manicheo, a causa dei peccati dei genitori non si ritengono rei per natura i figli. Agostino. Che io difenda contro di te quella fede che Dottori cattolici santi e chiari, vissuti prima di noi, impararono e insegnarono nella Chiesa cattolica, lo sai anche tu stesso. Ma poiché, se tu osi lacerare quei dottori, non ti sopportano nemmeno i tuoi, per questo hai scelto me come unico bersaglio e, aggreditomi con la calunnia di un falso crimine, speri di persuadere gli altri come se io fossi una persona da sfuggire, perché si sfugga quella fede che vi condanna, se difesa. Te l'ho già detto anche prima: quando per la difesa della fede cattolica ascolto le contumelie degli eretici, le prendo come lodi. Perché ti affanni a predicarci quello che sappiamo? Mosè ha detto la verità, ma tu non dici nulla. Punirò le colpe dei padri nei figli ( Es 20,5; Nm 14,18; Dt 5,9; Ger 32,18 ) non lo afferma un uomo, ma Dio; né che l'uomo lo faccia ha comandato Dio in questo luogo, ma ha indicato che cosa fa lui stesso. 19 - I peccati non passano Giuliano. Ed è assodato che i crimini dei generanti non passano ai posteri, benché nati da loro, così come i crimini dei figli non passano ai genitori, che non hanno potuto davvero essere generati dai loro figli. Dunque non può recare danno all'innocenza la sua natività, così come non può nuocere la natività quando non ha luogo. Agostino. Non puoi tuttavia negare che i genitori possano imitare i loro figli e che Dio non abbia mai detto: Punirò le colpe dei figli nei padri. Quando dunque dice: Dei padri nei figli, non colpisce l'imitazione, ma la generazione. Non nel modo di quell'unico uomo nel quale fu cambiata in peggio la stessa natura umana, e a causa di ciò sorse per l'uomo la necessità anche di morire. Ma tuttavia in qualche modo certe colpe dei padri, chiunque essi siano, sono punite nei figli, non a causa dell'imitazione, bensì della generazione. Per questo non dice: Fino alla terza e quarta imitazione, ma dice: generazione, ( Es 20,5; Nm 14,18; Dt 5,9; Ger 32,18 ) non volendolo voi certamente, ma tuttavia ascoltandolo anche voi, volenti o nolenti. 20 - Il traduciano A. Giuliano. La questione è certamente finita, ma prego non di meno il lettore a seguire il mio prossimo ragionamento. Se esistesse qualcuno che con libertà di parole professasse la tesi che il traduciano Agostino tenta di costruire con il suo modo di argomentare, così cioè da dichiarare guerra alla legge di Dio, da disprezzare senza alcun ritegno la sentenza da noi proferita, da asserire in tutti i modi possibili la falsità di ambedue le norme che Dio ha voluto rispettare, da sgominare la sentenza di cui parliamo dall'uno e dall'altro lato, per quanto fosse in lui, costui avrebbe reputato in modo assoluto che è tanto solita quanto debita la condanna dei genitori per i peccati dei figli e la condanna dei figli per i peccati dei genitori, tuttavia neppure un tizio cosiffatto potrebbe asserire, nemmeno secondo le sue opinioni, la " traduce " del peccato. Per quale ragione? Evidentemente per questa ragione: anche se risultasse falsa la sentenza della legge che testimonia l'impossibilità che siano reciprocamente colpiti tali rapporti di parentela dai crimini delle due parti, tuttavia rimaneva inconcusso che non esiste la " traduce " del peccato. Infatti lo stesso riflusso del reato dai genitori ai figli e dai figli ai genitori provava che non era stata la generazione a fare arrivare ai figli i peccati dei genitori, perché i peccati erano anche ritornati indietro dai figli ai genitori, e qui la causa non poteva essere la generazione. Apparisce dunque a questo punto il risultato che ho ottenuto: è senza dubbio inviolabile l'autorità della legge divina e tale che gli argomenti dell'empietà non la possano distruggere; ma è stato prescritto nella maniera più decisa e più assoluta dalla sua sanzione che è opinione infame e perversione di giustizia, da cui aveva comandato energicamente di guardarsi, se i figli si pronunziassero rei per il peccato dei genitori. E per questo fulmine è saltata in aria la struttura della " traduce ". Tuttavia però la fede che noi custodiamo è protetta da così grandi presìdi di verità, che non la scuote nemmeno un'empietà capace di negare la legge di Dio. Agostino. Cerchi dove spaziare, non copioso per vagabonda loquacità, ma odioso a coloro che, attaccati alla realtà, disprezzano le parole superflue. Sei vinto appunto dagli avversari che hai e ti proponi di vincere gli avversari che non hai. Chi infatti ti dice che sia falsa la norma di cui Dio ha voluto l'osservanza nei giudizi umani: non siano puniti né i figli per i padri, né i padri per i figli, quando già padri e figli hanno le proprie cause pertinenti alla vita privata di ciascuno, che è condotta separatamente? Nessuno si oppone o alla legge o a te che lo dici. Da parte tua non voler fare il sordo contro Dio che dice: Punirò i peccati dei padri nei figli, e che, pur dicendolo assiduamente, non dice mai in nessun luogo che punisce i peccati dei figli nei padri, perché tu intenda che egli è attento non agli imitatori, ma ai genitori. 21 - Io mi acquieto alla legge di Dio Giuliano. Ora dunque il discorso si volga direttamente al nostro interlocutore. Ti acquieti alla legge di Dio - per confessione in questo momento, perché sappiamo del resto che cosa tu faccia con le tue argomentazioni - o resisti? Se ti acquieti, viene meno il contendere; se resisti, viene meno il consentire. Se ti acquieti, è estinta la perfidia dei traduciani; se resisti, è rivelata la perfidia dei manichei. Purché resti fermo che l'opinione vostra e la legge di Dio non vanno in nessun modo d'accordo. Agostino. Io mi acquieto alla legge di Dio, ma non ti acquieti tu. Io non nego che non dev'essere condannato né il figlio per il padre, né il padre per il figlio, quando hanno le loro cause separate; ma tu non vuoi ascoltare nel Levitico: Scompariranno per i peccati dei loro padri, ( Lv 26,39 ) e nel libro dei Numeri: Castiga la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, ( Nm 14,18 ) e in Geremia: Fai subire la pena dell'iniquità dei padri ai loro figli dopo di essi. ( Ger 32,18 ) Queste e altre simili voci tu non le ascolti, a queste e a tali testimonianze della legge tu non ti acquieti, e tuttavia nel parlare e nel rinfacciare ai cattolici i manichei tu non ti quieti. 22 - Dio non sempre fa come comanda a noi di fare Giuliano. A meno che tu non dica che Dio lo ha comandato, sì, ma non fa come ha comandato e anzi fa il contrario di quello che ha comandato di fare. Agostino. Anche questo perché non avverti con quanta insipienza tu lo pensi? Fa Dio infatti qualche volta il contrario di quello che ha comandato di fare. Né occorre che ricordi molti casi, per evitare lungaggini: ecco, dico quello che è noto a tutti. Ha comandato all'uomo la divina Scrittura: Non ti lodi la tua bocca, ( Pr 27,2 ) né tuttavia si deve chiamare arrogante o superbo Dio che non cessa di lodare se stesso innumerevoli volte. E stando alla norma in esame, ho già dimostrato sopra come Dio senza nessuna iniquità abbia fatto uccidere per i peccati dei genitori i loro bambini insieme con essi, benché abbia comandato all'uomo che giudica di non condannare i figli per i peccati dei padri. Se tu avessi l'avvertenza di questi fatti, non diresti quello che dici; o se hai l'avvertenza di questi fatti e dici tuttavia quello che dici, abbi anche l'avvertenza che sono parole vane quelle che tu dici. 23 - Non l'ha potuto dire nemmeno Manicheo Giuliano. Il che di quanta empietà sia, benché apparisca già fortemente alla prima indicazione, tuttavia per la pace della stessa divinità di cui proteggiamo l'equità, vediamo almeno con un leggero esame quale sia la sua natura. A diventare dunque prevaricatore della sua legge Dio stesso c'è costretto dalla necessità delle vicende che lo pressano o dalla sua incapacità? Oppure, poiché non è vera nessuna delle due ipotesi, è costretto Dio dalla sola libidine di delinquere? Ma questo non l'ha potuto dire nemmeno Manicheo, e perciò egli ha immaginato che il vostro dio abbia sofferto un grave combattimento. Agostino. Getti parole, ma sono realtà quelle che ti comprimono. Non è prevaricatore Dio della sua legge, quando come Dio fa in un modo e comanda all'uomo di fare come uomo in un altro modo. 24 - Diverso Dio nel giudicare da quello che è nel legiferare Giuliano. Se dunque né calamità, né incapacità, né libidine incombe su Dio perché prevarichi, com'è possibile che nel giudicare distrugga quella forma di giustizia che ha raccomandato nel legiferare? Com'è possibile anzi che infierisca, non contro cotesta giustizia ma contro la propria maestà? Tanto grande è appunto la potenza dell'equità che essa e riprova coloro che deviano da lei e non viene meno per nessuna autorità di coloro che fuggono da lei. Infine, se vuole che noi facciamo azioni giuste ed egli per conto suo fa ciò che è ingiusto, desidera farci apparire più giusti di quanto è lui stesso, anzi non più giusti di lui, ma giusti noi e lui iniquo? Agostino. Cos'è ciò che dici, o uomo, che dici tante stupidaggini? Quanto più eccelsa, tanto più inscrutabile della giustizia umana è la giustizia divina e tanto più distante la giustizia divina da quella umana. Quale uomo giusto lascia infatti che si perpetri un delitto che ha il potere di impedire? Eppure Dio lascia commettere i delitti, benché egli sia incomparabilmente più giusto di tutti i giusti e incomparabilmente più grande di tutte le potestà sia la sua potestà. Pensa a questo e non voler confrontare tra loro come giudici gli uomini e Dio, del quale non si può mettere in dubbio la giustizia, nemmeno quando fa ciò che sembra ingiusto agli uomini e fa ciò che renderebbe ingiusto l'uomo se lo facesse. 25 - È ingiusto giudicare reo ciascuno dei propri peccati? Giuliano. O forse è giusto senz'altro ciò che fa Dio stesso, imputando agli uni i peccati degli altri, e a noi comanda ciò che è ingiusto: giudicare ciascuno reo dei delitti della sua volontà? Agostino. Leggi quanto ti è stato risposto sopra e impara, se puoi, in che modo i peccati originali si intendano e altrui e nostri. Non altrui per la medesima causa che nostri: altrui infatti perché non li ha commessi ciascuno di noi nella sua vita, ma nostri perché c'era Adamo e in lui siamo stati noi tutti. 26 - Come può essere Dio invidioso o crudele? Giuliano. E donde a Dio o tanta invidia o tanta malignità? È invidia infatti se la ragione per cui ingannò la sua creatura nel comandare fu che essa non tentasse d'imitare per quanto poteva le sue virtù; ma è malignità, anzi è crudeltà, se punisce i mortali per opere ingiuste che essi commettono obbedendo alla sua legge. Agostino. Già sopra ho dimostrato che Dio fa giustamente alcune azioni che se le fa l'uomo le fa ingiustamente. Per esempio, anche delle ingiurie contro di lui Dio si vendica giustamente, ma agli uomini è detto: Non vi fate giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate fare all'ira divina. Sta scritto infatti: A me la vendetta, sono io che ricambierò, dice il Signore. ( Rm 12,19 ) 27 - A che serve la religione? Giuliano. O forse Dio non punisce - e lo fa senza dubbio prudentemente -, ma anche ricompensa i servi ossequienti ai suoi precetti, sebbene questi insegnino l'ingiustizia? E che ha giovato a Dio l'invidia, se anche facendo ingiustizie sono giunti i mortali là dove sarebbero arrivati pur osservando la giustizia? E mentre gli uomini, circuiti da Dio, non perdono nulla della loro felicità, Dio tuttavia si priva della coscienza e insieme dell'onore della benignità e della giustizia. Quanto sarebbe stato più tollerabile sottrarre il collo degli uomini al giogo della professione della religione, piuttosto che orbitarli per vie tanto sconnesse e dannose! Agostino. Vai dietro a te stesso senza dire nulla. Dalla giustizia umana discerni la giustizia divina e vedrai che Dio punisce giustamente i peccati dei padri nei loro figli. Il che tuttavia se lo usurpa l'uomo per sé nel suo giudizio, egli è ingiusto. Perché tu non esorbiti dalla via giusta, quando ascolti che i peccati dei padri sono puniti nei figli, queste due cose devi fare: devi non volere che Dio lo faccia, non devi volere che l'uomo lo faccia, altrimenti resisterai o alle testimonianze divine o alle leggi divine. 28 - La stessa legge divina ci obbliga a negare il peccato originale Giuliano. Quindi, poiché nemmeno dai suoi servi Dio lascia che si commetta nulla di simile a ciò che tu asserisci perpetrato da lui stesso, è palese che tu sei fuggito lontano dall'onore dovuto a Dio non meno che dalla ragione umana. E perciò noi non siamo sedotti dall'errore pelagiano, come dici tu, ma siamo condotti dalla legge di Dio ad asserire che è ingiusto imputare ai figli i crimini dei genitori. Agostino. Non una volta sola, ma più che spesso Dio ha detto che castiga i peccati dei padri nei figli. In quei testi non ha detto certamente che castiga i peccati dei figli nei padri o dei fratelli nei fratelli o degli amici negli amici o dei cittadini nei cittadini o qualcosa di simile, perché sapessimo che quando parla in quel modo è colpita la generazione e non la imitazione; il che potresti intendere anche tu nelle testimonianze divine, se non fossi impedito dall'errore pelagiano. 29 - La del peccato figlia dei manichei, madre degli agostiniani Giuliano. La quale imputazione si deplora che l'abbia partorita prodigalmente in questo periodo la del peccato, figlia dei manichei e madre di voi. Agostino. Tu non ragioni, ma offendi e calunni. Rileggi gli antichi commentatori della parola divina e vedi che, non in questo tempo, bensì molto prima di noi nelle parole dell'Apostolo è stato inteso quello che egli ha detto apertissimamente, cioè le parole: A causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo e per il peccato la morte, e così passò in tutti gli uomini, ( Rm 5,12 ) riguardano la generazione, che la rigenerazione risana, e non riguardano l'imitazione, che voi avete piuttosto partorita in questo tempo. Perciò la tempesta del vostro dogma novizio vi ha dispersi dalla faccia della Chiesa cattolica, come la polvere che il vento disperde dalla faccia della terra. ( Sal 1,4 ) 30 - Il comportamento di Amazia Giuliano. È chiaro quindi che Dio ha comandato ciò che noi asseriamo. E sebbene la genuinità della stessa sentenza, aperta e adatta ad ogni intelligenza, non abbia ammesso in sé il neo di nessuna oscurità, tuttavia, perché tu non prenda a pretesto la tardità del nostro ingegno e non dica che non capiamo quanto è stato comandato, insegniamo come sia stata intesa la legge anche con un'altra testimonianza, non più di un precetto, ma di un'opera compiuta secondo il precetto. Leggiamo nel Quarto Libro dei Re riguardo ad Amazia, figlio di Joas, re di Giuda: Quando il regno fu saldamente nelle sue mani, mise a morte gli ufficiali che avevano assassinato suo padre, ma non uccise i loro figli, secondo la disposizione della legge del Signore, che prescrive: " Non si metteranno a morte i padri per i figli né i figli per i padri ". ( 2 Re 14,5-6 ) Tu vedi in che modo la fede della storia ha presentato la giustizia di quel re nel giudicare. Il quale, sebbene fosse devoto, poiché tuttavia si narra che in alcune situazioni abbia zoppicato moralmente, a conferma del suo giudizio si è aggiunta l'autorità della citazione della legge di Dio. Perché infatti quell'azione non avesse poco peso in considerazione di chi la faceva, si sottolinea che fu compiuta secondo la legge e la disposizione di Dio. Agostino. Questo modo di giudicare Dio ha voluto che fosse quello degli uomini, non il suo, perché egli ha detto: Punirò i peccati dei padri nei figli. ( Dt 5,9 ) Il che fece anche per mezzo di un uomo, quando per mezzo di Gesù di Nun uccise non solo Acar, ma pure i suoi figli, ( Gs 7,24-25 ) o quando per mezzo del medesimo condottiero del suo popolo, non certamente con ingiusta severità, condannò tuttavia allo sterminio insieme ai loro genitori i figli dei Cananei, anche piccoli, che non avevano ancora imitato con i propri costumi i peccati dei loro genitori. ( Gs 6,21; Gs 10,40 ) Non voler dunque moltiplicare loquacemente e vanamente i tuoi scritti, ma attendi diligentemente a tutti gli scritti di Dio, perché ciò che ritieni di avere aperto in una sola parte di essi non lo trovi chiuso contro di te in un'altra parte. 31 - Si deve credere alla legge divina e alla storia sacra Giuliano. A due e a tre testimoni si suole credere anche contro il sangue di un uomo. Quanto più per l'onore di Dio si crederà a due testimoni sacri: alla legge contenuta nel Deuteronomio e alla storia che abbraccia i fatti dei re! In che modo Dio voleva che si facessero i giudizi l'ha prescritto egli stesso, in che modo doveva intendersi ciò che aveva comandato lo attestano i giudizi celebrati secondo la sua legge. E ancora si dubita che non si possa provare con l'autorità delle Scritture la " traduce " del peccato? Sono certamente posizioni contrarie quelle per le quali si stanno combattendo battaglie tanto lunghe: cioè la posizione difesa da voi e l'altra difesa da noi; e così contrarie e incompatibili tra loro che voi combattete con la persecuzione e noi con la discussione, voi con il furore e noi con la ragione. Dunque l'una e l'altra parte concordano sul fatto che i punti della reciproca distanza e ripugnanza sono questi: per i peccati dei genitori si puniscono i figli e per i peccati dei genitori non si puniscono i figli; esiste un crimine naturale e non esiste un crimine naturale; che i peccati dei genitori si imputino ai figli è prescritto dalla legge di Dio e che non si imputino i peccati dei genitori ai figli è prescritto dalla legge di Dio. Che queste opinioni e sentenze che si guerreggiano tra loro non possano essere parimenti vere è manifesto. Infatti anche le regole della discussione erudita indicano che, quando su tesi incerte nascono due opinioni, possono essere entrambe false e non possono essere entrambe vere. Il che può avvenire senz'altro in specie diverse e delle quali si dice che hanno un punto intermedio; non avviene tuttavia nelle opinioni che sono contrarie tra loro, ma mancano di un punto intermedio. Sono regole note ai dialettici, ma spieghiamole con qualche esempio per il lettore inesperto di questa disciplina. Agostino. Cerchi così affannosamente di che riempire i tuoi loquacissimi libri da metterti anche ad insegnare ai loro lettori la dialettica dove non ce n'è bisogno, e non pensi come la Chiesa del Cristo butti via te come dialettico perché ti scorge eretico. Chi non capirebbe infatti che tu lo fai per rendere vana con un discorrere sapiente la croce del Cristo, ( 1 Cor 1,17 ) che a favore di tutti coloro per i quali è morto, compresi tra loro i bambini anche per tua confessione, ha versato il sangue in remissione dei peccati? 32 - Il colorito di Golia Giuliano. Venga per esempio in questione che colorito abbia avuto Golia e uno sostenga che sia stato negro, un altro che sia stato bianco; ( 1 Sam 17,4-5 ) ciascuna di queste due opinioni diverse può essere falsa, ma l'una e l'altra non può essere vera. Non può infatti essere vero che sia stato negro se è stato sempre bianco, o che sia stato bianco se rimase negro in ogni sua età. Dunque queste due opinioni, che non possono essere vere entrambe, nello stesso tempo, possono essere false in questo modo: se il suo colorito non fu né bianco né nero, ma biondo o mediocremente temperato di bianco non compatto e di nero non profondo. È più facile dunque che realtà diverse e contrarie si possano negare alla pari che approvare alla pari. Ma coteste realtà contrarie che non hanno un punto intermedio, come per esempio il bene e il male, il giusto e l'ingiusto, l'innocenza e la reità, come non possono coesistere insieme nello stesso tempo in una sola e medesima realtà, così è necessario che, ammessa l'una, si neghi l'altra: ossia, come un precetto o un consiglio o un aiuto non può essere contemporaneamente giusto e ingiusto, così anche un uomo non può essere contemporaneamente reo e innocente, buono e cattivo. Agostino. Nessuno cerca di che colorito sia stato Golia, ma tu cerchi di che colori avvolgerti da uomo versipelle per insidiare gli altri. Se cotesta dialettica che non ti edifica ma ti gonfia e ti rende buffone perché un po' spaccone, se questa dialettica, dico, secondo la quale uno non può essere contemporaneamente buono e cattivo, si applica alle leggi della discussione cristiana, non può un uomo essere contemporaneamente e buono per natura e cattivo per vizio. Eppure la verità grida che può esserlo, né lo neghi, e contro la tua dialettica sei chiamato a produrti tu stesso come teste, poiché, come la verità impone, di queste due realtà, che non dubiti contrarie tra loro, una l'attribuisci al Creatore dell'uomo e l'altra alla volontà dell'uomo. Arrossisca dunque la tua dialettica e, come tu dalla comunione, così se ne vada anch'essa dalla discussione dei cattolici. Se tu invece vorrai rientrare, e ce lo auguriamo, rimanga fuori la dialettica. 33 - Amasia non poteva giudicare responsabilità occulte Giuliano. Alla causa si applichino degli esempi. Che i peccati dei genitori si imputino ai figli e che i peccati dei genitori non si imputino ai figli sono due tesi contrarie che non si possono approvare entrambe come giuste a parità; ma se è giustizia ritenere rea la prole dei generanti, è necessario che sia un'ingiustizia non ritenere per i medesimi peccati rea la prole. E come è bene comandare giustamente, così è male ordinare qualcosa d'ingiusto. E sebbene una verità evidente diventi più tenue a forza di ragionarci sopra, tuttavia, poiché una causa posta al sicuro giova confermarla anche con i suffragi della legge divina, aggrappiamoci a questo testo, nel quale a chiunque si fermi con mente sana non sarà lasciato di errare per i precipizi delle presenti questioni. Ti acquieti tu dunque, o annunziatore del male naturale, a riconoscere come prescritto dalla legge di Dio che nei peccati dei genitori non siano puniti i figli. Tu riconosci pure che questo precetto non fu inteso da quel popolo diversamente da come se ne difende ora da noi la debita osservanza. E quindi il re Amazia, obbedendo ai precetti di Dio, frenò con lodevole moderazione lo sdegno da lui concepito per l'uccisione di suo padre e, messi a morte gli assassini di suo padre, risparmiò tuttavia i loro figli, non per ignavia, ma per giustizia. È lodato senz'altro Amazia e si dice che in questo si comportò secondo la legge di Dio, si approva la sua obbedienza alla volontà del Signore, ma tuttavia non si tace che fu offuscato da strascichi di idolatria e si nota che non imitò la devozione del suo padre Davide. ( 2 Re 14,6 ) Egli, pur degenerando dalla santità della sua razza, tenne nel giudicare la giustizia voluta dalla legge divina: tanto valeva il rispetto dell'equità manifesta. Quale sia dunque il male che comporta la tua fede soppesalo: a Dio, che noi confessiamo eterno e pio e giusto, tu addebiti una iniquità come quella che non commise né la superbia di un re ammantato di porpora, né il dolore di un orfano. Agostino. Amazia era un uomo al quale non era lecito giudicare di responsabilità occulte che non poteva conoscere. Per questo nel suo giudizio osservò il precetto dato all'uomo di non uccidere i figli per il peccato dei loro genitori. Ma un peccato tanto grande da convertirsi in natura, il peccato che a causa di un solo uomo entrò nel mondo, il peccato senza il quale non nasce nessun uomo, in che modo potrebbero gli uomini presumere di giudicarlo, dal momento che è passato in tutti gli uomini con la morte, così da essere per esso la morte compagna della sua pena fino alla perdizione eterna, meno che dove la divina grazia abbia risanato la generazione con la rigenerazione? Questo peccato dunque appartiene al giudizio di Dio e non al giudizio degli uomini, come molti altri fatti dei quali gli uomini non possono assolutamente giudicare. Perciò altro è il modo che Dio comandò all'uomo nel giudicare genitori e figli che vivono già le proprie vite separatamente, altro è il modo in cui giudicò egli stesso, quando secondo la sua inscrutabile giustizia condannò insieme alla sua stirpe la natura prevaricatrice, che egli conosceva nella sua radice, benché ancora non avesse pullulato nei suoi germogli, con il proposito di liberare da questa condanna quelli che voleva per mezzo di una grazia non meno inscrutabile. Quantunque anche ai figli già viventi separatamente fece scontare i peccati dei padri separatamente viventi. Il che non volle che fosse lecito all'uomo nel giudicare, perché Dio stesso sa per quale ragione giustamente lo faccia quando lo fa; ma l'infermità umana non lo sa. 34 - O sordo, è Dio che dice l'uno e l'altro Giuliano. Ma per premere sul testo: è risultato appunto che l'ingiustizia non può attaccarsi a Dio; è risultato pure che da Dio stesso è stato prescritto che i peccati dei genitori non rechino danno ai figli. La stessa dignità di Dio legislatore assicura senz'altro l'ingiustizia di quello che egli proibisce. Ora, per agire con te in modo alquanto liberale, ti do facoltà di rispondere: delle due opinioni che sopra ho messe faccia a faccia, cioè che si imputino i peccati dei genitori ai figli o non si imputino, quale reputi che si debba ritenere giusta? Se dirai la tua, che vuoi consona pure all'ultimo giudizio, replico se reputi giusta o ingiusta la nostra che è rimasta. Senza dubbio la dichiarerai iniqua. Ma è questa che l'autorità della legge comanda di custodire. Tu vedi dunque che rimane necessariamente una sola di queste tre possibilità: o confessi ingiusta la legge di Dio, anzi accusi d'iniquità Dio stesso attraverso la legge; o ti rifugi nella dottrina dei tuoi maestri e dici che non fu emanata dal tuo Dio la legge data per mezzo di Mosè; o, se non osi proferire nessuna di queste due affermazioni, confessi che la " traduce " del peccato si asserisce contro gli insegnamenti e i precetti della legge. Né infatti è il caso di credere che tu possa delirare così tanto da dire che Dio tiene, sì, la giustizia nei precetti, ma nei giudizi tiene l'iniquità; oppure, almeno secondo il vostro dogma, nei giudizi osserva la giustizia, ma nei precetti insegna l'iniquità. Il che, sebbene lo abbiamo trattato più sopra, ora tuttavia lo abbiamo necessariamente ripetuto. Agostino. Odiosamente ripeti ciò di cui oziosamente parli: hai tempo infatti di rigirare con loquacità sempre le medesime affermazioni che non puoi assicurare con verità, e dire senza " modo " quello che non sei in grado di provare in nessun modo. Vuoi infatti far apparire contrarie fra loro queste due proposizioni: sui figli ricadono i peccati dei padri e per i peccati dei padri non si devono punire i figli, quasi che io dica la prima e Dio dica la seconda. O sordo, è Dio che dice l'una e l'altra, e quindi sono giuste ambedue, perché le dice il Giusto. Ma perché tu capisca che Dio non ha parlato in modo contraddittorio, distingui secondo la diversità delle cause le persone dei giudici: Dio e l'uomo. Così né incolperai Dio, benché punisca nei figli i peccati dei padri, né spingerai l'uomo a giudicare nello stesso modo. Ma tu queste due affermazioni, apparentemente contrarie tra loro, me le obietti con tanta prolissità e perplessità di discussione non per altra ragione che hai molte chiacchiere e poco senno. 35 - Per quale ragione? Giuliano. Ma se dirai che è giusto sia ciò che diciamo noi, sia ciò che dite voi, ossia tanto quello che ha sancito la legge di Dio, quanto quello che ha mentito il manicheo e il traduciano, allora, frenando la potenza dell'evidenza della ragione, ti affrontiamo con più benignità e mitezza. Per quale ragione dunque, se credete buono quello che diciamo e buono quello che dite, avete messo in subbuglio l'Italia intera con tante fazioni? Per quale ragione avete suscitato sedizioni a Roma con truppe mercenarie? Per quale ragione con i soldi dei poveri avete ingrassato quasi per tutta l'Africa torme di cavalli, che poi dietro la guida di Alipio avete destinati a tribuni e centurioni? Per quale ragione con eredità oblate da matrone avete corrotto le autorità secolari per far divampare contro di noi la paglia del furore pubblico? Per quale ragione avete dissipato la quiete delle Chiese? Per quale ragione avete macchiato con empietà di persecuzioni i tempi di un principe religioso, se da noi non si dice nulla di diverso da quello che anche tu sei costretto a confessare come buono? Agostino. Come sono falsi i crimini che rinfacci a noi, così sono falsi i dogmi che inventate voi. Ma dite per quanto potete ogni sorta di male contro di noi, mentendo; noi ci limitiamo a difendere contro di voi la fede cristiana e cattolica. E che bisogno c'è di restituirvi simili maledizioni e non credere piuttosto al Vangelo e godere che per coteste vostre falsissime maledizioni aumenti per noi la ricompensa nei cieli? ( Mt 5,11-12 ) In che modo poi, nella causa che trattiamo adesso, possiamo credere buono e ciò che dite voi e ciò che diciamo noi, se noi diciamo che Dio ha detto: Punirò le colpe dei padri nei loro figli, ( Dt 5,9 ) mentre voi l'ordine dato da Dio al giudice umano di non punire nei figli le colpe dei padri lo lodate in tal modo da accusare come nostra la punizione dei figli dichiarata da Dio e da disapprovarla come falsa e ingiusta: né in questo vi sentite litigiosi e calunniosi, non contro noi ma contro Dio? 36 - Tra i precetti di Dio e i suoi giudizi non ci può essere contraddizione Giuliano. Ma basti che io abbia usato fino a questo punto un linguaggio più che mite. Ora invece lo splendore fiammeggiante della ragione fa vedere che tra cattivi e buoni, tra profani e sacri, tra pii ed empi, tra giusti e iniqui non c'è nessuna comunione, e quindi tra i precetti e i giudizi di Dio non c'è nessuna battaglia, ma è contraddittorio imputare agli uni i peccati degli altri e comandare che i medesimi peccati non siano imputati. Poiché, di queste due posizioni è necessario che, concessa l'una, si rimuova l'altra, ossia se si insegna giusta l'una, si insegni iniqua l'altra. Ma nella legge di Dio è stato prescritto che i peccati dei genitori non si imputino ai figli. ( Dt 24,16 ) Quindi per la medesima autorità il contrario di questo, ossia l'opinione della " traduce ", è stato abbattuto dalle fondamenta insieme con i manichei. Agostino. A me rincresce dire tante volte la verità, a te invece non fa sentire vergogna dire tante volte la falsità. È Dio che dice che egli punisce nei figli i peccati dei padri; che i peccati dei padri non li punisca nei figli lo dice Dio, sì, ma lo dice all'uomo: l'uno e l'altro è da approvarsi, perché l'uno e l'altro lo dice Dio. 37 - Distingui tra giudizi divini e giudizi umani Giuliano. Ho spiegato che noi certamente non difendiamo nulla di diverso da quello che la ragione per prima indica come giustissimo, nulla di diverso da quello che anche Dio in secondo luogo conferma con la sua legge, nulla di diverso da quello che in terzo luogo è stato fatto con lode dall'opera, come asserito da noi e comandato da Dio. È altresì inculcato che la vera giustizia è quella che Dio ha mostrato di gradire anche comandando. E per questo è risultato che la " traduce " manichea non trova nessun ammennicolo né da parte della ragione, né da parte delle testimonianze della legge. Agostino. I manichei dicono che esiste una natura cattiva da sempre senza inizio, e sostengono che da essa viene ogni male. Invece i cattolici, come voi non voleste essere, dicono che la natura umana è stata creata buona, è stata viziata dal peccato, ha bisogno del Cristo come suo medico in tutti gli uomini dai bambini fino ai vecchi, perché per tutti egli morì e tutti quindi morirono. ( 2 Cor 5,14 ) Dunque l'opinione dei manichei è che bisogna separare il male dal bene, così che il male sia fuori dal bene. Noi al contrario, sebbene con l'intelligenza separiamo il male dal bene, né crediamo che sia una qualche sostanza ciò che si dice male, tuttavia non riteniamo che il male debba essere separato da coloro che sono liberati, così che sia al di fuori di loro, ma sappiamo che è da risanare in loro, perché il male non ci sia più. I manichei dicono infatti che il male è una sostanza cattiva, noi diciamo che il male è il vizio di una sostanza buona, senza nessuna sostanza. Quanto ci corra avvertilo e smetti di negare ai bambini, bisognosi di essere guariti, il medico Cristo, perché non rimanga su di loro l'ira di Dio che dice: Punirò le colpe dei padri nei loro figli. ( Dt 5,9 ) Guarda chi lo ha detto: è Dio, non Manicheo. Guarda chi ha detto: A causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti: come infatti tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita nel Cristo; ( 1 Cor 15,21-22 ) è un Apostolo del Cristo, non un discepolo di Manicheo. Guarda colui che ha detto: Noi uomini nasciamo tutti sotto il peccato; è un vescovo cattolico, non Manicheo o Pelagio o un eretico pelagiano. Poiché il peccato di un'opera cattiva lo punisce anche l'uomo, ma il peccato di origine lo punisce solamente Dio, per questo mentre dichiara di punire nei figli i peccati dei padri, Dio tuttavia comanda all'uomo di non condannare anche i figli per i peccati dei padri. Distingui tra giudizi divini e umani e troverai che cotesti due comportamenti non sono contrari tra loro. 38 - Dio non giudica diversamente da come comanda di giudicare Giuliano. Ma perché non esista per caso qualcuno tanto pignolo da volere che gli si dimostri con testimonianze evidenti che Dio non giudica diversamente da come ha comandato di giudicare - il che è di una litigiosità riprovevole -, tuttavia poiché le armi sono a disposizione della verità per ogni sazietà di documentazione, non rincrescerà di produrre a questo proposito i testi più validi. Pieno pertanto di Spirito Santo il profeta Ezechiele parla così: Mi fu rivolta questa parola dal Signore: Figlio dell'uomo, perché andate ripetendo nella terra d'Israele questo proverbio: I padri hanno mangiato l'uva acerba e i denti dei figli si sono allegati? Com'è vero che io vivo, dice Adonai il Signore, non si dirà più questo proverbio in Israele. Perché tutte le anime sono mie: come l'anima del padre, così l'anima del figlio, tutte le anime sono mie. L'anima che pecca, lei ha da morire. Se uno è giusto, se osserva il diritto e la giustizia, non mangia sulle alture, non alza gli occhi agli idoli della casa d'Israele, non disonora la moglie del suo prossimo, non si accosta ad una donna durante il suo stato d'impurità, non opprime nessuno, rende il pegno al debitore, non commette rapine, divide il pane con l'affamato e copre di vesti l'ignudo, non presta ad usura e non esige interesse, desiste dalla iniquità, pronunzia retto giudizio tra un uomo e l'altro, cammina nei miei precetti e osserva le mie leggi con fedeltà, questi è giusto e vivrà, dice Adonai il Signore. Ma se uno ha generato un figlio violento e sanguinario, che commette dei peccati e non cammina nella via del giusto suo padre, mangia sulle montagne, disonora la donna del prossimo, opprime il povero e l'indigente, commette rapine e non restituisce il pegno, volge gli occhi agli idoli e compie cose abominevoli, presta ad usura ed esige gli interessi, costui non vivrà di vita. Poiché ha commesso tutte queste iniquità, costui morirà di morte e dovrà a se stesso la propria morte. Ma se uno ha generato un figlio che, pur vedendo tutti i peccati commessi da suo padre, è timorato e non li imita, non mangia sulle alture e non leva gli occhi agli idoli di Israele, non disonora la donna del prossimo e non opprime nessuno, non trattiene il pegno e non commette rapina, dà il pane all'affamato e copre di vesti l'ignudo, desiste dall'iniquità, non presta ad usura né ad interesse, osserva la giustizia e cammina nei miei precetti, costui non morirà per le iniquità di suo padre, ma vivrà di vita. Suo padre invece, che oppresse e derubò il suo prossimo, che non agì bene in mezzo al mio popolo, morirà per la sua iniquità. Voi dite: Perché il figlio non sconta l'iniquità del padre? Perché il figlio agì secondo giustizia e rettitudine, fu misericordioso, osservò tutti i miei comandamenti e li mise in pratica: per questo vivrà di vita. L'anima che pecca è lei che dovrà morire. Il figlio non sconta l'iniquità del padre, né il padre l'iniquità del figlio. Al giusto sarà accreditata la sua giustizia e al malvagio la sua malvagità. Ma se il malvagio si ritrae da tutti i peccati che ha commessi, osserva tutti i miei comandamenti, agisce con giustizia e rettitudine, vivrà di vita e non morirà. Nessuna delle sue colpe commesse sarà ricordata, ma egli vivrà di vita per la giustizia che ha praticata. Ho forse piacere della morte del malvagio, dice Adonai il Signore, o non piuttosto che desista dalla sua condotta e viva? Ma se il giusto si allontana dalla giustizia e commette l'iniquità secondo tutti gli abomini che commette l'empio, non vivrà. Tutte le opere giuste fatte da lui saranno dimenticate; a causa della prevaricazione in cui è caduto e dei peccati da lui commessi egli morirà. Voi dite: Non è retto il modo di agire del Signore. Ascolta dunque, o casa d'Israele: Non è retta la mia condotta? È la vostra che non è retta. Se il giusto si allontana dalla giustizia per commettere iniquità, morirà a causa del delitto commesso. E se l'iniquo desiste dall'iniquità che ha commessa e agisce con giustizia e rettitudine, egli fa vivere se stesso. Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le sue colpe, egli vivrà di vita e non morirà. Eppure gli Israeliti vanno dicendo: Non è retta la via del Signore. O popolo d'Israele, non è retta la mia via o non piuttosto la vostra? Perciò, o Israeliti, io giudicherò ognuno di voi secondo la sua condotta, dice Adonai il Signore. ( Ez 18,1-30 ) Agostino. Questa è per la bocca del profeta Ezechiele la promessa, che tu non intendi, del nuovo patto, dove Dio discerne i rigenerati dai generati secondo le loro proprie azioni, se sono già nella maggiore età. Quelli infatti di cui dice: L'anima del padre è mia e l'anima del figlio è mia, ( Ez 18,4 ) conducono senza dubbio le loro vite separate. Se al contrario il figlio fosse ancora nei lombi di suo padre, come di Levi è scritto che era nei lombi di Abramo, quando Abramo pagò le decime a Melchisedech, ( Eb 7,9-10 ) allora non si potrebbe dire: L'anima del padre è mia e l'anima del figlio è mia, quando l'anima era certamente una sola. Il Profeta, velando il mistero da svelare a suo tempo, non ha nominato la rigenerazione con la quale ogni figlio dell'uomo passa da Adamo al Cristo, ma quello che non disse allora volle che fosse inteso in questo tempo, nel quale doveva essere tolto il velo a coloro che passano al Cristo. Poiché infatti confessi d'essere cristiano, benché ti dimostri un anticristo macchinando di ottenere che il Cristo sia morto invano, ti chiedo se un uomo che fa tutte le buone opere che il profeta Ezechiele ricorda ripetendole più volte, viva anche se non è stato rigenerato. Se tu dici che vive, a te anticristo contraddice il Cristo e dice: Se non mangiate la mia carne e non bevete il mio sangue, non avrete la vita in voi, ( Gv 6,54 ) il quale cibo e la quale bevanda che spettino ai rigenerati tu sei costretto a riconoscerlo, lo voglia o non lo voglia. Ma, se schiacciato da tanta mole di autorità, risponderai che non vivrà, qualora non sia stato rigenerato colui che avesse fatto tutte quelle buone azioni, rispondi quale sia la causa e vedi che si oppone alla generazione la rigenerazione e non alla imitazione l'imitazione nella contrapposizione che l'Apostolo fa di Adamo dalla parte del peccato al Cristo dalla parte della giustizia. Ma più evidentemente ti mostrerò che quanto hai ricordato dal profeta Ezechiele si riferisce al nuovo patto dove si trova l'eredità dei rigenerati; non ora però; ma quando avrai detto tutto quello che secondo lo stile della tua loquacità intendi dire sulle stesse sue parole. 39 - Dio risponde agli ebrei con la sua autorità di Padre Giuliano. Non ti sembra un facondo assertore dei suoi giudizi Dio, che con tanto numerose espressioni non solo ha giudicato, ma ha pure discusso della presente questione? Prevedendo esattamente gli errori dei nostri tempi, con la tanta luce e abbondanza delle sue parole, ha ottenuto giustamente e provvidenzialmente due risultati: il primo che nessuno fosse turbato da nessuna ambiguità delle questioni; il secondo, che non rimanesse nessuna tavola di salvezza a coloro che si fossero immersi in naufragi volontari. Parla ai Giudei che, vivendo in cattività a causa delle loro scelleratezze, per rimuovere la odiosità della propria prevaricazione andavano dicendo che la cattività era dovuta ai loro padri e non ai loro costumi, e li affronta con la sua autorità di Padre. Perché, dice, andate ripetendo questo proverbio: " I padri hanno mangiato l'uva acerba e i denti dei figli si sono allegati? ". Com'è vero che io vivo, dice Adonai il Signore, non si dirà più questo proverbio in Israele. Perché tutte le anime sono mie: come l'anima del padre così l'anima del figlio, tutte le anime sono mie. L'anima che pecca, lei ha da morire. ( Ez 18,2-4 ) Agostino. Quando afferma: Non si dirà più questo proverbio in Israele, mostra che si soleva dire: I padri hanno mangiato l'uva acerba e i denti dei figli si sono allegati. Né rimprovera che si dicesse, ma promette un tempo in cui non si dirà più. Ma per quale ragione lo dicevano, se non perché sapevano che Dio aveva detto: Punirò le colpe dei padri nei figli? ( Dt 5,9 ) 40 - In quel passo di Ezechiele Dio prometteva il nuovo patto Giuliano. Per proporre a modello e per confermare l'equità del suo giudizio Dio ricorre ad un giuramento e aggiunge all'autorità del suo precetto l'autorità di una sua solenne attestazione. Comprese questo genere letterario l'Apostolo, che agli Ebrei spiegò così: Dio, volendo mostrare agli eredi della promessa l'irrevocabilità della sua decisione, interpose un giuramento, perché grazie a due atti immutabili, nei quali è impossibile che Dio mentisca, noi avessimo un fortissimo incoraggiamento. ( Eb 6,17-18 ) Agostino. E in quel passo si prometteva il nuovo patto. 41 - Il giuramento rende credibili anche gli uomini falsi Giuliano. Da questi due atti dice dunque che si indica l'impossibilità di mentire da parte di Dio: la stessa sua promessa e la sua protesta di adempiere la sua promessa. Non che Dio senza tale protesta sia solito discorrere in maniera debole e dubbia, ma per accreditare la sua verità con strumenti importanti si servì di quel genere di locuzione che rende credibili anche gli uomini soliti a mentire. Con questa ponderatezza dunque Dio ammonisce e prescrive anche nella presente causa e che nessuno del popolo sospetti come vero ciò che asseriscono i traduciani, e che ciascuno conosca che Dio non può giudicare nel modo che detesta: Com'è vero che io sono, dice Adonai il Signore, non si dirà più questo proverbio in Israele. ( Ez 18,3 ) Agostino. Non si dirà più in Israele lo diresti giustamente, se tu guardassi ai veri Israeliti rigenerati, tra i quali non si dirà più quel proverbio. Tra quelli infatti che non sono rigenerati si dice meritatamente, poiché essi non sono Israele, stando a quanto l'Apostolo scrive ai Romani: Non tutti i discendenti d'Israele sono Israele, ( Rm 9,6 ) dove senza dubbio voleva far intendere i figli del nuovo patto, ossia i figli della promessa. Poi seguita: Ma in Isacco ti sarà data una discendenza, cioè non sono considerati figli di Dio i figli della carne, ma come discendenza sono considerati i figli della promessa. ( Rm 9,7-8 ) 42 - Il proverbio di Ezechiele è ancora valido per i manichei Giuliano. Che significa questa predizione: Non si dirà più, mentre fino ad oggi lo si asserisce con i tanto grandi sforzi dei manichei? Ma questa è l'indicazione del testo: nessuno che è del popolo d'Israele o che accoglie l'autorità di questa Scrittura, dopo la mia decisione oserà accreditare qualcosa di simile. Perciò chiunque persiste in quella opinione, né obbedisce a queste Lettere, né sarà annoverato in quello che è il vero Israele. Agostino. Se dunque Dio vuol far capire che dopo la sua affermazione nessuno avrebbe più creduto questo, bisogna cercare per quale ragione prima di essa non fosse riprovevole credere che i peccati dei padri dovevano essere puniti anche nei figli. E se si cerca bene, si troverà che per la generazione inquinata fu detto: Punirò le colpe dei padri nei loro figli. ( Dt 5,9 ) Di qui nasce quel proverbio delle uve acerbe. Ma per la libera rigenerazione fu promesso il nuovo patto, nel quale non lo si dirà più, perché alla eredità dannosa che viene da Adamo si rinunzia mediante la grazia del Cristo, quando si rinunzia a questo secolo, dove è inevitabile che sui figli di Adamo gravi un giogo pesante, non certamente ingiusto, dal giorno della loro nascita dal seno della loro madre fino al giorno della loro sepoltura nel seno della madre comune. ( Sir 40,1 ) Perciò i sacri misteri, anche con la rinunzia dei bambini, indicano sufficientemente che cosa si faccia. 43 - La proprietà divina delle anime Giuliano. Riprovata la falsità di quel proverbio, dopo che ha sancito la sentenza con la promulgazione e con la certificazione divina, si degna pure di palesare la ragione della sua giustizia, la ragione per cui non devono essere gravati i rapporti di parentela dei peccati altrui. Perché tutte le anime, dice, sono mie; come l'anima del padre, così l'anima del figlio, tutte le anime sono mie. L'anima che pecca, lei ha da morire. ( Ez 18,4 ) Per quale ragione dunque fosse giustissima cotesta moderazione della sentenza lo indica pure con la proprietà delle anime. Agostino. Cotesta proprietà delle anime appartiene alle vite separate. Nessuno infatti può rinascere se non è nato. Ma per quale ragione Levi pagò le decime, quando era nei lombi di Abramo, se non perché non era ancora avvenuta nei lombi di Abramo la proprietà delle anime proprie? 44 - Nulla deve al seme l'anima Giuliano. Poiché, dice, l'anima del padre è mia e l'anima del figlio è mia - con la quale testimonianza, come con molte altre, si insegna che non deve nulla ai semi l'anima che Dio rivendica al proprio diritto -, è iniquissimo e stolto, dice, che la mia proprietà, che la mia immagine sia gravata da opere altrui. Agostino. Tu dunque separi la carne dal diritto di Dio, facendogli rivendicare al proprio diritto soltanto l'anima, e ti sei dimenticato che è scritto: Come la donna deriva dall'uomo, così anche l'uomo ha vita dalla donna, ma tutto proviene da Dio? ( 1 Cor 11,12 ) Il che certamente è stato detto o secondo la carne o secondo ambedue, non tuttavia secondo l'anima soltanto. Visto poi che ti piace mettere sulle labbra di Dio le parole: " È iniquissimo e stolto che la mia proprietà, che la mia immagine sia gravata da opere altrui ", perché non cerchi la ragione per cui l'anima sia gravata giustamente dalla carne tratta dai genitori e gravata dalle stesse opere di Dio? Infatti un corpo corruttibile appesantisce l'anima. ( Sap 9,15 ) E penso che tu riconosca come opera di Dio anche il corpo corruttibile. Che cosa dunque ha fatto meritare all'immagine di Dio d'essere appesantita da un corpo corruttibile per essere impedita nella conoscenza della verità, se non esiste nessun peccato originale? Perché non fai dire a Dio anche questo: È iniquissimo e stolto che la mia proprietà, che la mia immagine, per mancanza di fede o per negligenza dei genitori o delle persone tra le quali vive o per qualsiasi necessità, esca dal corpo senza il battesimo e non sia ammessa nel mio regno, né abbia la vita, perché non ha mangiato la mia carne santa né ha bevuto il mio sangue? ( Gv 6,53-54 ) O forse contesterai pure questa sentenza del Cristo e griderai dicendo: Certo che vivrà, anche senza aver mangiato la carne del Cristo e bevuto il suo sangue. Di chi questa voce se non di un anticristo? Va', di' cotesti errori, insegna cotesti errori. Ti ascoltino i cristiani, maschi e femmine. Ti ascoltino gli uomini corrotti di mente, reprobi circa la fede. Ti ascoltino, ti amino, ti onorino, ti pascano, ti vestano, ti abbiglino e seguendoti perduto si perdano anch'essi. Ma il Signore conosce chi sono i suoi, ( 2 Tm 2,19 ) né c'è da disperare neppure di voi, finché la sua pazienza si prodiga per voi. 45 - L'anima è tutta spontaneità Giuliano. All'anima io ho dato tale stato che nessuno le potesse nuocere dall'esterno contro la sua volontà, ma spontaneamente scegliesse da sé il peccato o la giustizia o il premio o il reato. Agostino. Lo si può dire della prima natura dell'uomo, non di questa natura viziata e condannata. Né infatti anche nel paradiso prima del peccato appesantiva l'anima un corpo corruttibile; oppure voi siete a tal punto corrotti di mente da osare di dire anche questo? Se non lo osate, dite come meritò l'immagine di Dio d'essere appesantita da un corpo corruttibile, voi che non volete confessare con la Chiesa cattolica il carattere originale del peccato. 46 - Credo più a Dio che a Manicheo Giuliano. Ti sdegni con me perché credo più a Dio che giura che non a Manicheo che congettura, il quale soprattutto non porta nessuna prova, non dico testimonianze di sana fede, ma almeno argomenti di vigilante ingegno. Tali argomenti, sebbene non si possano mai trovare così validi da poter abbattere le fondamenta della verità, tuttavia apporterebbero almeno sul momento, se si dicessero nel modo adatto, un certo conforto contro la vergogna della stoltezza. Persiste Dio nel fortificare giurando ciò che aveva reso sacro comandando. Prosegue nel rendere piano anche per mezzo di esempi quanto ha sancito e dice che, se esistesse un uomo rispettoso con immacolata devozione di tutte le specie della giustizia e avesse generato costui un figlio che si attaccasse a costumi pestiferi e deviasse dalle orme paterne, non potrebbe giovare a lui per nulla la nobiltà meritata dal padre con tanta cura di giustizia. Inversamente propone il caso del figlio di un padre peccatore, che con miglior consiglio rifugge dalle vie di suo padre, e dichiara che non gli nuoce per nulla l'iniquità del genitore. Mette sulla stessa linea la giustizia e il peccato, asserendo che i vizi dei generanti non camminano con i semi, così come non possono camminare con i semi le virtù, ma che tutte le anime appartengono alla sua giurisdizione: con il che si rivela sacrilego anche il tuo dire che le anime e i corpi dei nascenti sono appannaggio del diritto del diavolo. Agostino. Ti è già stato risposto: è vana la tua verbosità. Tutto l'uomo, cioè l'anima e il corpo, appartiene per la sua sostanza al diritto del Creatore; ma per il vizio, che non è nessuna sostanza, è stato mancipato al diavolo, tuttavia sotto la medesima potestà del Creatore, sotto la quale è costituito lo stesso diavolo. 47 - Non è buona la tua causa Giuliano. Asserita la giustizia del suo giudizio, viene subito ad accusare la vostra opinione in coloro che avevano idee simili: Voi dite: Perché il figlio non sconta l'iniquità del padre? Risponde: Perché l'anima che pecca, è lei che deve morire. Il figlio non sconta l'iniquità del padre, né il padre l'iniquità del figlio. Al giusto sarà accreditata la sua giustizia e al malvagio la sua malvagità. ( Ez 18,19-20 ) Chi di noi avrebbe mai potuto discutere di questo con tanta diligenza con quanta ne ha dissertato Dio per bocca del suo profeta distinguendo, confrontando, ripetendo? Agostino. E tuttavia, benché Dio lo abbia fatto, tu mescoli la tua loquacità alla tanta perspicuità delle sue parole, sapendo che non è buona la tua causa. 48 - Non è possibile che Dio imputi ai nascenti i peccati di altri Giuliano. Ma non contento di avere spiegato soltanto questo, a conferma di tale giustizia prende anche un altro argomento dalle opere della misericordia e dichiara che a quelle stesse persone che hanno peccato di spontanea volontà, se si rifugiano nella penitenza e nell'emendazione, non nuocciono gli errori trascorsi. Dice: Se il malvagio si ritrae dalle iniquità che ha commesse e osserva i comandamenti, nessuna delle colpe commesse sarà ricordata, ma egli vivrà per la giustizia che ha praticata. ( Ez 18,21-22 ) Cioè, essendo io in tal proposito di clemenza da indulgere anche i peccati propri a coloro che se ne sono corretti, com'è possibile che io imputi ai nascenti i peccati altrui? O forse i fatti lasciano pensare che l'innocenza nel momento in cui è creata sia rea presso di me, per il quale essa è nella sua efficenza anche quando si recupera dopo che è stata guastata? Agostino. Altra è la causa dei penitenti, altra la causa dei nascenti. Infatti voi non trovate in nessun modo come dimostrare la giustizia di Dio se egli, pur non trovando nei nascenti nessun peccato, nondimeno li aggrava di un corpo corruttibile e per giunta di tante e di così grandi calamità. Sono realmente innumerevoli i mali che soffrono i bambini: febbre, tosse, scabbia, dolori sparsi in tutte le membra, diarrea, vermi e altri mali da non potersi contare, provenienti dalla carne stessa; poi i moltissimi patimenti degli stessi trattamenti curativi delle malattie, e dall'esterno i colpi delle ferite, le piaghe delle percosse, le incursioni dei demoni. Ma voi, sapienti eretici, per non confessare il peccato originale, siete pronti a riempire il paradiso di tali fiori. Se infatti dite che nel paradiso non ci sarebbero stati questi mali, chiedo per quale ragione essi siano nei bambini, che non hanno, come sostenete voi, nessun peccato in nessun modo. Se invece non vi vergognate di dire che anche cotesti mali sarebbero stati nel paradiso, quali cristiani siate voi che bisogno c'è che lo diciamo noi? 49 - Dio parla di persone adulte Giuliano. Dispiacque ciò ai cultori degli idoli, dispiace anche a voi la nostra fede, che vedete modellata su questa legge. Dissero dunque i profani: Non è retta la via del Signore. Replica: Udite dunque, o popolo d'Israele. Non è retta la mia via o non piuttosto la vostra? Perciò io giudicherò ognuno di voi secondo la sua condotta, dice Adonai il Signore. ( Ez 18,29-30 ) Lo vedi o no da quali testimonianze siamo garantiti? Seguiamo forse indicazioni ambigue? Andiamo forse a caccia di parole vaghe? Difendiamo forse la fede con argomenti deboli o involuti? Noi esecriamo ciò che Dio esecra, noi intendiamo ciò che Dio spiega, noi ragioniamo su ciò che Dio ha discusso, noi crediamo ciò che Dio giura: Il figlio non sconta l'iniquità del padre, né il padre l'iniquità del figlio. Al giusto sarà accreditata la sua giustizia e al malvagio la sua malvagità. ( Ez 18,20 ) In che modo prometta Dio di giudicare riluce: cioè né peseranno sui figli i peccati dei genitori, né sui genitori i peccati dei figli, e per questo anche con le testimonianze delle Scritture risulta ciò di cui non lasciava dubitare la ragione, ossia che Dio tiene nei suoi giudizi la stessa giustizia che ha tenuta nei suoi precetti. Agostino. Da qui almeno cerca di capire che Dio in questo passo ha parlato di quei padri e di quei figli che vivevano già separatamente, ossia dal fatto che dopo aver detto: Il figlio non sconta l'iniquità del padre, né il padre l'iniquità del figlio, ha subito aggiunto: Al giusto sarà accreditata la sua giustizia. È mai possibile infatti in questo secolo dire di un bambino che a lui stesso è accreditata la sua giustizia, dal momento che non può vivere ancora per mezzo della sua propria vita né in modo giusto né in modo iniquo? Quanto dunque patisce di pene nella sua età, per quale merito lo patisce, se non ha tratto nessun merito dai genitori? Poiché il giustissimo Dio non infligge a nessuno pene immeritate, né le lascia infliggere, non si potrebbe nemmeno dire che il bambino patisca i mali presenti per esercitare la virtù, che non c'è ancora affatto in lui. Ebbene, se pensi al secolo futuro che appartiene all'eredità del nuovo patto, anche dei bambini che muoiono nella loro stessa età si dice esattissimamente: Al giusto sarà accreditata la sua giustizia e al malvagio la sua malvagità. Così infatti si distinguerà il generato dal rigenerato: questo vivrà di vita nel regno dove abita la giustizia, quello invece morirà di morte nel castigo dove è tormentata l'iniquità. Ma quale la giustizia del rigenerato se non quella che passa in lui dal Cristo, nel quale tutti riceveranno la vita? E quale l'iniquità del generato se non quella che passa in lui da Adamo, nel quale tutti muoiono? 50 - La non ricaduta dei peccati paterni è uguale per i figli grandi e per i piccoli Giuliano. Ma perché tu eventualmente non voglia illudere gli orecchi dei più semplici con tale cavillo da dire che Dio ha parlato qui di quanti sono di età perfetta, cioè ha detto che i crimini dei genitori non recano danno a quei figli che con la santità delle loro opere hanno reso vano il male naturale, bisogna mostrare che non giova a nulla questa gherminella. A parte che Dio ha prescritto in maniera assoluta che l'iniquità dei genitori non condanni i figli innocenti, ma ciascuno sia chiamato a rispondere delle proprie iniquità - né su questo ha di che dubitare un animo fedele -, tuttavia per maneggiare di nuovo il cadavere della tua opinione, colpito da tanti fulmini della legge, in quale senso crederai tu da intendersi questo pronunziamento di Dio, che cioè i delitti dei genitori non nuocciano ai figli adulti, così come nemmeno ai figli nascenti? Solo forse nel senso che non si lascino nuocere ai figli già grandi di età e operanti la giustizia, mentre i piccoli, prima che abbiano smaltito con la propria giustizia il veleno naturale, sono gravati dalla scelleratezza dei generanti, e così accade ciò che Dio per mezzo del profeta ha negato che sarebbe accaduto? Agostino. Anzi così accade ciò che Dio dice in un altro luogo: Punirò le colpe dei padri nei figli. ( Dt 5,9 ) Poiché infatti egli fa ambedue le dichiarazioni, cioè che i peccati dei padri non toccano i figli e che punisce nei figli i peccati dei padri, non può certo contraddirsi. Perciò coloro che cercano in modo giusto come siano vere ambedue le dichiarazioni, arrivano a capire che una corrisponde alla generazione e l'altra alla rigenerazione. Tu, che perverti il tuo cuore, va' cauto con Dio, [ cave illum ], e non chiamerai cavillo la verità che ascolti. 51 - Soltanto la rigenerazione sottrae i bambini al peccato dei genitori Giuliano. Ma a questo noi ci riferiamo: che ai bambini non nuocciano i peccati dei genitori. Confessa dunque che accade anche quell'altro fatto, il quale ha una pari importanza: il fatto cioè che le giustizie dei genitori giovino ai loro figli e li santifichino; e solo si neghi che giovino ai figli che già in età più grande abbiano infranto con i propri crimini le giustizie natali. E così, poiché l'uno e l'altro fatto è negato da Dio, l'uno è spiegato e inculcato con l'esempio dell'altro - e tu questa negazione, vedendola contraria alle tue ragioni, sostieni che ha mentito nei bambini -, tu confuti con la condizione dei nascenti ambedue le parti della negazione. Quando lo avrai fatto, avrai combinato due mali insieme: l'uno di opporti alla sentenza di Dio, l'altro di asserire che da un giusto nasce un giusto e da un criminoso nasce un criminoso. Agostino. La negazione del profeta io non dico che abbia mentito, ma dico che non è stata capita da te. Egli ha profetato appunto la rigenerazione, che sola dona ai figli di estraniarsi dai peccati dei genitori, peccati che competono al giudizio di Dio e non al giudizio degli uomini. Tu invece, negando che la generazione contragga dai padri il contagio della morte antica, tenti di cancellare la causa stessa della rigenerazione. Sebbene infatti il lavacro della rigenerazione deterga tutto ciò che trova di peccati, tuttavia gli altri peccati potrebbero essere riparati anche con la penitenza, come possono essere riparati in coloro che non è lecito rigenerare di nuovo. Il peccato invece che si contrae con la generazione non si proscioglie se non con la rigenerazione. Il giusto dunque nasce da Dio e non dall'uomo, perché giusto diventa rinascendo e non nascendo, ed è per questo che i giusti sono chiamati anche figli di Dio. Leggi il Vangelo: Non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono generati. ( Gv 1,13 ) Perché tenti di congiungere generi di realtà molto diversi? Gli uomini nascono dalla carne degli uomini, rinascono dallo Spirito di Dio. Che c'è dunque da meravigliarsi se, come dallo Spirito della giustizia l'uomo prende la giustizia, così dalla carne del peccato trae il peccato originale? Né infatti sarebbe venuto a liberarci l'Uomo che è unico nella carne somigliante alla carne del peccato, se la carne di tutti noi non fosse carne del peccato. Poiché dunque di questa grazia cristiana è nemica la vostra eresia, osate voi meravigliarvi ancora e lamentarvi che la Chiesa del Cristo vi detesti? 52 - Non sai quello che tu dici Giuliano. Se poi, non sostenendo lo strepito dei reclami della verità, tenti di fuggire altrove, cadrai in altre reti più forti. Se per esempio dirai: La sentenza del profeta è vera, sì, ma nelle persone più grandi, nelle quali dice che le parentele non sono gravate dalle reciproche colpe; nei bambini mentisce nella parte dove dice che essi non sono rei per le scelleratezze dei genitori, ma non mentisce nell'altra parte dove asserisce che essi non sono avvantaggiati in nessun modo dalle virtù dei genitori, allora darai pubblica e turpissima dimostrazione di libidine non di discutere ma d'inventare, non di dialogo ma di monologo, non infine di uomo sano ma di manicheo insano, se contro l'evidenza della ragione, contro l'onore di Dio, contro gli esempi, contro le testimonianze dei precetti, contro la chiarificazione dei giudizi, reputi che ti sia consentito rifiutare ciò che ti aggrada rifiutare e accettare ciò che ti diletta di accettare. Agostino. La sentenza del profeta non mentisce in nessuna parte; ma tu, non comprendendo quello che predice, per non dire che mentisci, certo però - e lo dico senza intenzione di offenderti - non sai quello che dici. Infatti anche ciò che metti in bocca al Profeta: I figli non sono avvantaggiati in nessun modo dalle virtù dei genitori, c'è moltissima differenza sul modo e sul limite d'intenderlo. Negate forse infatti che i figli siano offerti alla madre Chiesa dalla fede dei genitori per essere rigenerati e ai ministri di Dio per essere battezzati? In che senso dunque i figli non sono avvantaggiati in nessun modo dalle virtù dei genitori? Oserai dire che la fede cristiana non è in nessun modo una virtù? O non sono forse avvantaggiati dal momento che al regno di Dio non sono mandati altrimenti che dalla medesima rigenerazione? Anche negli stessi benefici temporali per quale ragione si dice ad Isacco: Te lo farò per amore di Abramo, tuo padre? ( Gen 26,24 ) Per quale ragione anche Lot, figlio di un fratello di Abramo, è aiutato dai meriti del suo zio, se i figli non sono in nessun modo avvantaggiati dalle virtù dei genitori? ( Gen 14,14-16 ) Per quale ragione infine a causa dei peccati di Salomone è diminuito il regno al suo figlio e per i buoni meriti di Davide non gli è tolto tutto il regno, se i figli non risentono in nessun modo dei peccati dei genitori o non sono in nessun modo avvantaggiati dalle virtù dei genitori? ( 1 Re 11,11-13 ) O uomo linguacciuto e non provveduto, sappi distinguere questi versanti. Qui vedi, se puoi, che cosa sia stato profetato per mezzo di Ezechiele. ( Ez 18,21 ) È infatti allo scoperto che né un padre non rigenerato nuoce al figlio rigenerato per raggiungere la vita eterna, della quale è detto: Vivrà di vita; né un padre rigenerato giova per questo medesimo fine al figlio non rigenerato; né reciprocamente un figlio rigenerato giova al padre non rigenerato o un figlio non rigenerato nuoce al padre rigenerato, con il risultato che uno vivrà di vita e l'altro morirà di morte. Se poi questi versanti non li puoi vedere, per quale ragione non puoi nemmeno tacere? 53 - Con l'estro di Marcione Giuliano. Chi sei tu che, concitato dall'estro di Marcione, irrompi a fare strage di equità? Chi sei tu che sotto la censura della tua lingua, imbrattata ancora dai misteri dei manichei, fai violenza tanto ai giudizi di Dio quanto ai suoi precetti? Nessuno mai lo ha intrapreso, senza averli prima negati. Tu dietro l'iniziativa di Manicheo ardirai spezzare il comandamento di Dio che, insieme alla fede dei Profeti nei loro scritti, hanno sigillato la ragione, l'equità, la pietà, la verità, in una specie di processione di testimoni sacri. Ormai hai perduto e la santità dell'intelligenza e la bellezza della religione, se reputi che da questa sentenza che si trova presso Ezechiele la tua " traduce " o sia aiutata o non sia annientata. Agostino. Spazia una loquacità copiosa di povertà, dove non si discerne la verità o dove anche se si discerne si disprezza la verità, nella quale non c'è copia vanissima di parole, ma copia certissima di fatti. Altro è la dirittura di un uomo veridico, altro è la fraseggiatura elegante di un uomo maledico. Veridico è il profeta con i figli e con i padri che vivono separatamente le loro vite; maledico sei tu, accusando con rabbia pelagiana di essere manichei i cattolici che intendono in modo giusto il profeta. 54 - Il medesimo Dio ha più comportamenti Giuliano. Al malvagio, dice, sarà accreditata la sua malvagità. Io giudicherò ognuno di voi secondo la sua condotta. ( Ez 18,20.30 ) Non moriranno i padri al posto dei figli, né i figli al posto dei genitori. L'anima che pecca, lei ha da morire; poiché tutte le anime sono mie, giudicherò ciascuno secondo le sue colpe. ( Ez 18,4.30 ) Agostino. Il Dio che dice questo è lo stesso Dio che dice: Punirò le colpe dei padri nei loro figli. ( Dt 5,9 ) Se non intenderai in che modo sia vero l'uno e l'altro testo, non credere in nessun modo di avere inteso il profeta veridico, per quanto ti debba sopportare maledico nella tua loquacità. 55 - Non è ingiusto Dio nel punire le colpe dei padri nei figli Giuliano. Ecco a quale luce, a quale popolazione di sentenze, a quale dignità di giudizi e non teme di fare affronto e tenta di arrecare danno la tua " traduce ". Qui non c'è dubbio che tu non senta la vergogna di dire ciò che ormai sembra rimanere per ultimo; ossia rispondere che è vera la sentenza del profeta, anzi di Dio per mezzo del profeta, di dire che è insuperabile la ragione dei saggi, che insegna ingiustissimo imputare ai figli i peccati dei genitori. Agostino. Arrossisci: ingiustissimo sei tu, perché colui che ha detto: Punirò le colpe dei padri nei loro figli, ( Dt 5,9 ) non è ingiusto. 56 - Un reato volontario ha contaminato tutti i semi umani Giuliano. Né ti vergogni di credere a questo: che per un reato di volontà siano contaminati i semi di tutti gli uomini. Ma tuttavia credi che soltanto nel crimine di Adamo non valga questa giustizia, che i peccati dei genitori non si imputino ai figli, e che il suo peccato sia l'unico ad essere imputato a tutti. Di fronte alla quale affermazione non so che cosa fare prima di tutto: ridere, come esigono queste singolari stramberie? Ma la perdita di molti che voi ingannate, aspetta commiserazione e lacrime. Mi farò mordere dunque da una grande tristezza? Ma le " magie " delle tue argomentazioni impongono lo sberleffo ad un animo per quanto mesto. Agostino. Di' ciò che ti senti di dire, o egregio correttore, per la cui autorità si deve ritenere corruttore Ambrogio, del quale il tuo maestro Pelagio ha dichiarato che nemmeno un nemico osò riprendere la fede e la purissima intellezione delle Scritture. Riprendilo tu: sei infatti nemico della croce del Cristo più forte e più potente che se tu fossi nemico di Ambrogio; sei più audace nell'odiare la grazia di Dio che se tu odiassi quell'uomo di Dio. Riprendilo, dico, e irridilo scatenandoti, deploralo contristandoti: sei infatti capace con grande forza di eloquenza di piegare a urbanità la tua vanità e di trasfigurare in compatimento il tuo accanimento. Di' dunque che errò mostruosamente, che farneticò infelicemente quel famoso personaggio ad affermare che la discordia tra la concupiscenza della carne e la concupiscenza dello spirito a causa della prevaricazione del primo uomo si convertì in natura. Chi nasce infatti senza di essa da quando gli uomini cominciarono a nascere, nascendo cioè dalla carne del peccato? Ma tu, acutissimo uomo, non credendo che quel peccato sia stato tale e tanto da poter mutare allora in questo male la stessa natura e da farla meritevole di condanna assieme alla stirpe per il merito di un'indicibile apostasia, tu ciò che tutti gli uomini sobri sentono come un male e giudicano come un male, tu, ebbro del dogma pelagiano, asserisci che è un bene. Con mirabile facondia infatti tu sai ornare di lodi quella libidine che i santi accusano con gemiti, e assolutamente tale e quale esiste al presente, una libidine cioè che si insinua in coloro che non vogliono e provoca a battaglia i cuori casti, la sai collocare nei parchi del paradiso, anche se nessuno vi avesse peccato, come un albero formoso e delizioso. Arrossisci, o beatitudine dei pelagiani, e vedi dove fuggire, poiché i casti fuggono da te. 57 - Nelle medesime righe neghi ciò che hai affermato Giuliano. Chi potrà infatti, se questo secolo avrà un qualche avvenire, credere alle documentazioni letterarie che sia esistito un uomo capace di credere e di giurare che non è naturale ciò che è naturale, che non è proprio della generazione ciò che è proprio della generazione, che non appartiene alla condizione dei genitori ciò che appartiene ad alcuni non per altra ragione che sono diventati genitori? Reputo che la generazione futura giudicherà invenzioni queste affermazioni più che opinioni sostenute da alcuni mortali. Queste sono le " nuotate ", le nausee, i vomiti che soffre la nazione e la fede di voi che dite: Non possono i peccati dei genitori discendere ai figli per natura, perché non si lega ai semi un fatto dell'arbitrio; ma il peccato di Adamo, che fu concepito dalla volontà, passa per natura in tutti gli uomini, perché questo fatto dell'arbitrio fu collegato ai semi. Ancora: Dio non condanna i figli per i peccati dei genitori, perché sarebbe somma ingiustizia; ma Dio condanna i posteri di Adamo per il peccato dei genitori, senza che questa condanna si possa giustificare con nessuna giustizia. Infine: non appartiene alla condizione della generazione il fatto che diventino genitori coloro che sono coniugati: il che non per altro appartenne ad Adamo se non perché generò secondo la legge del coniugio. Tutto questo è governare una rotta o è nuotare? Questo è vogare o avere le nausee del mal di mare? Questo è mangiare cibo solido o vomitare in continuazione? Con i medesimi discorsi affermi ciò che hai negato, nelle medesime righe neghi ciò che hai affermato, e ti arrabbi perché noi non ci acquietiamo ad un uomo che, rotto da un grave morbo, non può ritenere quello che ingerisce. Agostino. Lungi da noi il dire che Dio non punisce nei figli i peccati degli altri padri, quando la divina Scrittura tante volte e nominatamente attesta per quali peccati paterni e su quali figli sia trascorsa la vendetta, fino a notare che la vendetta di un certo peccato grave del re Acab Dio, perdonando il padre, la differì al suo figlio. ( 1 Re 21,29 ) Ma quale sia il modo e quale sia la forma e la misura della giustizia divina, secondo cui sono puniti nei figli i peccati degli altri padri, chi lo può indagare? Per questo Dio riservò a sé tali giudizi, ma proibì all'uomo che giudica di punire così. Ma l'apostasia del primo uomo, nel quale era somma e non impedita da nessun vizio la libertà della sua propria volontà, fu un peccato tanto grande che per la rovina di esso la natura umana crollò tutta intera. Lo sta a indicare la tanta miseria del genere umano, la quale dai primi lamenti dei bambini che vagiscono fino agli estremi ansiti di coloro che spirano è così nota a tutti che quanti la negano si prendono con tanto orribile e incredibile cecità una parte maggiore della miseria umana. Così come fate voi, che ancora non temete di dire che Adamo fu fatto mortale in tal modo da esser destinato a morire sia che peccasse, sia che non peccasse, anche dopo il processo palestinese, dove Pelagio stesso condannò voi perché lo dicevate. Ma continua come ti piace e incrimina di essere manichei gli stessi e tanti vescovi palestinesi. Grida che Pelagio cedette per un momento ai manichei per non essere condannato da loro. Riempi il paradiso dei pomi della libidine, e tanti e così grandi mali che vediamo sofferti dai bambini, come se non fossero dolori penali, ma odori primaverili, diffondili su quei prati felici! E irridimi come un nuotante, mentre tu perisci in queste profondità che ti sommergono. Irridimi come uno che è preso dalla nausea e dal vomito, mentre tu giaci morto e puzzi d'inquieta loquacità come di una putredine verminosa. Accusami come se affermassi ciò che ho negato e negassi ciò che ho affermato, mentre sei tu piuttosto ad avere fatto questo, come ho dimostrato nel tuo volume precedente; e che io non l'abbia fatto possono avvedersene i lettori e trovare con quanta falsità hai detto che l'ho fatto io. Di' che io sono rotto da un grave morbo e non posso ritenere ciò che ingerisco, mentre tu hai perduto completamente lo spirito della vita e non sei in grado nemmeno d'ingerire i cibi che ti sono messi in bocca. 58 - Conflittualità non necessaria Giuliano. Vedi certamente anche tu stesso che non è una situazione degna di conflittualità. Tuttavia, per venire in soccorso delle menti incaute che a conforto della loro coscienza ferita abbracciano le opinioni più grossolane e più ligie ai cattivi costumi, ti interroghiamo se un reperto di tanta stoltezza l'abbia tu trovato in occasione di un qualche passo delle Scritture. Se dirai: A causa di un uomo solo il peccato è entrato nel mondo, ( Rm 5,12 ) ti ammoniamo a rileggere il precedente " libello " della presente opera. Se te lo ricorderai, non potrai usurpare questa testimonianza dell'Apostolo. Agostino. Noi piuttosto ammoniamo te a leggere lo stesso Apostolo e a vedere che quelle sue poche parole di cui trattiamo sono tanto manifeste contro di te da avere tu tentato invano, non con un " libello ", ma addirittura con un lunghissimo e loquacissimo libro, non di convertirle ma di pervertirle nella vostra eretica sentenza; non di chiarirle ma di oscurarle. 59 - Nel rito battesimale non si menziona la generazione infetta Giuliano. Se poi dirai che una sola è la forma del battesimo con la quale si consacrano uomini di età diversa, confesserai, anche se io taccio, che ivi non si fa nessuna menzione né della generazione infetta, né della carne diabolica, né di Adamo. Tuttavia a questo intendiamo rispondere pienamente a suo tempo, sebbene non abbia attinenza con la " traduce ". Agostino. Ove comincerai a rispondere, che cosa apparirà ivi di te se non l'eretico che sei solito apparire? 60 - Almeno un solo testo Giuliano. Una sola dunque contro tanta dignità di testi, contro la manifesta giustizia, contro l'evidenza della ragione, almeno una sola sentenza della legge tirala fuori, per dimostrare con essa che sei stato ingannato. E aggiungo questo perché, anche se ci fosse una sentenza che per ambiguità di parole si ritenesse dimostrativa di qualcosa di simile, tuttavia si sarebbe costretti dallo splendore e dal magistero delle altre sentenze a spiegarla così come si addice alla giustizia. Agostino. Testimonianze divine certe e non ambigue si portano contro di voi, come già da noi ne sono state portate molte; ( Dt 5,9 ) ma poiché esse accusano le vostre tenebre, non sembrano luminose a voi e contro di esse, quelle che siano, se sono moleste a voi per i raggi della loro luce, voi chiudete il cuore, perché non sia fugata da esso la notte dell'errore. 61 - La tua opinione è la nostra fede Giuliano. Ma ora, visto che nemmeno una esigua occasione si trova per questa opinione nelle sante Scritture e viceversa la fede che noi custodiamo è protetta dalle sue ragioni, non meno che da esempi e da testimonianze, sei pervaso da una ostinazione assolutamente funesta tu che ritieni con danno della legge, con danno della ragione, con danno della prudenza, con danno della giustizia, che si debba annuire ai sogni dei manichei. Agostino. Con danno della legge tu non ascolti: Punirò le colpe dei padri nei loro figli. ( Dt 5,9 ) Con danno della ragione tu non vedi che i mali patiti dai bambini, i quali non fecero in questa vita peccati propri in nessun modo, non hanno presso Dio cause giuste se non nei peccati della origine. Con danno della prudenza tu non ti trattieni dal proferire o dal difendere contro l'antichissimo fondamento della fede cattolica un dogma novizio per cui si nega il peccato originale. Con danno della giustizia tu sei così iniquo da non temere di rinfacciare il contagio della peste manichea a tanti personaggi santi, figli e padri della Chiesa del Cristo, discepoli e dottori che vissero prima di noi, e alla stessa Chiesa cattolica, madre di tutti. 62 - Adamo e gli altri genitori Giuliano. Attento tuttavia alla nostra argomentazione in questo senso. Anche se tu potessi provare che il peccato di Adamo è imputato ai figli, consentiresti tuttavia che i crimini degli altri genitori non nuocciono alla loro prole. Agostino. Chi può consentire a questo errore, se non chi non crede a Dio che dice: Punirò le colpe dei padri nei loro figli? 63 - Il peccato di un solo genitore Giuliano. Era manifesto che non la generazione, ma un'altra qualsiasi causa faceva sembrare, presso tuttavia un giudice iniquo, soggetti i figli al peccato di un solo generante. Agostino. Apertissimamente tu dici iniquo Dio, il quale dice apertissimamente che punirà nei figli i peccati dei padri. 64 - Tutta la fecondità è inquinata Giuliano. E avveniva che come l'estimazione del giudice era macchiata dalla condanna d'innocenti, così lo stato della generazione era giustificato dagli esempi degli altri genitori. Se infatti la causa del " tramite ", se la causa del crimine si fosse fermata nell'operazione della fecondità, questa condizione inquinerebbe tutta la fecondità. Agostino. Punirò le colpe dei padri nei loro figli: ( Dt 5,9 ) Dio lo grida. Poiché dunque egli è verace, tu esci dall'orbita della verità. 65 - Gli altri padri e il padre Adamo Giuliano. Ma poiché di una generazione non diversa appariva tuttavia diverso lo stato, riluceva in modo assoluto che anche in quel coniugio, al cui reato aveva partecipato la sua prole, la generazione non era stata viziata. Agostino. Sebbene non sia diversa la generazione quando da morituri nascono morituri, tuttavia l'affermazione dell'Apostolo: Il corpo è morto a causa del peccato, ( Rm 8,10 ) non si riferisce agli altri padri, ma a quel padre che peccò con tanta empietà quanta noi non possiamo misurare ed estimare. Ma quanto grande l'abbia giudicata Dio lo abbiamo appreso da testimonianze abbastanza valide, cioè sia dalla divina Scrittura, sia dalla stessa miseria del genere umano, quanto grande a causa del peccato di lui la scorgiamo resa alla sua propaggine per giudizio certamente non ingiusto di Dio noi che, essendo cristiani, non ammettiamo che anche nel paradiso, se nessuno avesse peccato, sarebbe stata presente, non dico la morte eterna e dell'anima e del corpo, ma nemmeno la morte temporale del corpo, né i tanti e così grandi mali che i bambini vediamo soffrire. Nel caso invece degli altri padri, anche se fanno molti peccati, poiché tuttavia peccano e con un'anima inferma e in un corpo corruttibile che appesantisce l'anima, due sono le osservazioni da fare: i loro peccati non rendono moritura la natura umana; i loro peccati sono puniti nei figli con un castigo molto diverso e molto minore, per occulto e giusto giudizio di colui che dispone tutto con misura e calcolo e peso, ( Sap 11,21 ) e dice non bugiardamente: Punirò le colpe dei padri nei loro figli. ( Dt 5,9 ) 66 - È certa la non esistenza della del peccato Giuliano. Che dunque si è fatto? Evidentemente che la non esistenza della " traduce " del peccato è tanto certa che, se anche insegnassi la punizione dei figli a causa del peccato di Adamo, risulterebbe tuttavia che i peccati non possono essere innati e che il crimine non può camminare con il seme, atteso che ciò non avviene per tua confessione in ogni fecondità, e che quindi i vizi, anche se si trasmettessero alle persone, non si mescolerebbero tuttavia alle concezioni. Ma ora, poiché tra me e te c'è consenso che il peccato dei genitori non poté passare ai figli se non per vizio e reato della generazione, e poiché d'altra parte tra ragione, esempi e legge c'è consenso nell'escludere che lo stato della generazione abbia potuto in alcun modo essere viziato, come confermi tu stesso, concedendo che all'infuori del caso di quei due genitori i peccati degli altri genitori non passano ai figli, la conclusione più invitta è questa: né la fecondità dei primi uomini è stata corrotta dal diavolo, né è possibile a nessun peccato coesistere con la nascita. Agostino. Non questo ti si dice; da te stesso ti dici ciò che noi non diciamo. Anche i peccati degli altri padri sono puniti nei figli per giustizia divina e non per giustizia umana. Dio infatti sa quando e come farlo giustissimamente. L'uomo invece non lo sa e deve giudicare secondo la propria cognizione. Può infatti sapere quando giudica - sebbene anche questo non sempre - un fatto di una qualsiasi persona, ma donde viene a conoscere i vincoli e la qualità dei vincoli in cui è intricata la natura, dalla quale la persona è sorta come natura di una natura? Ma che quell'unico peccato, per cui la natura umana fu mutata in necessità di morte basti alla condanna, anche se non esiste nessun altro peccato, nel caso che l'obbligazione della generazione non sia sciolta dalla rigenerazione: questo noi diciamo, anche se voi non lo volete udire; questo voi non lo vincete con la verità, anche se persistete a combatterlo con la loquacità. 67 - Tornate alla pietra solida della Cattolica Giuliano. Si chiede dunque a noi per quale ragione non consentiamo all'esistenza del peccato naturale. Rispondiamo: perché non ha nessuna verosimiglianza e tanto meno nessuna verità, perché non ha nessun colore di giustizia e di pietà, e perché fa sembrare che il diavolo sia il creatore degli uomini. Agostino. Lo fa sembrare certamente, ma a voi, non a coloro che sanno discernere il vizio dalla natura, benché il vizio sia nella natura. Leggi l'Epistola agli Ebrei e vedi che il cibo solido è per coloro che hanno i sensi esercitati a separare il bene dal male, e voi non li avete. ( Eb 5,14 ) Perciò quando noi diciamo: L'uomo nasce con il vizio, voi reputate che diciamo il diavolo creatore dell'uomo, così ciechi o litigiosi da non sapere o da non voler attendere nemmeno ai vizi corporali con i quali nascono alcuni: e se di questi vizi si chiedono a voi i meriti, non trovate dove rifugiarvi se non in un precipizio, finché non volete tornare alla pietra solida della Cattolica. 68 - Il peccato originale rende iniquo Dio Giuliano. Perché affigge a Dio giudice un crimine di iniquità. Agostino. Questo lo fate voi, perché è iniquo il grave giogo che pesa sui bambini, se non esiste nessun peccato originale. 69 - Voi sopprimete il libero arbitrio Giuliano. Perché infrange e distrugge il libero arbitrio, che è il principalissimo presidio di protezione della Chiesa del Cristo contro i diversi errori. Agostino. A sopprimere il libero arbitrio siete voi, perché gli negate la grazia di Dio che lo restituisca o lo aiuti. 70 - Capaci di virtù, perché giustificabili da Dio Giuliano. Dicendo che tutti gli uomini sono tanto incapaci di qualsiasi virtù da essere ripieni di antichi crimini nelle stesse viscere materne. Agostino. In che modo diremmo che gli uomini sono giustificati dalla grazia, cioè fatti giusti, se negassimo che siano capaci della virtù? 71 - La forza del peccato originale Giuliano. Delle quali scelleratezze tuttavia blateri che la forza è non solo quella di respingere l'innocenza naturale, ma anche quella di costringere l'uomo poi per tutto il seguito della vita ad ogni sorta di vizi. Agostino. Per la grazia di Dio si attenua, per la grazia di Dio finisce la nostra necessità: nulla ha da fare qui la vostra loquacità. 72 - La legge del peccato vige in tutti Giuliano. La quale legge del peccato tu giuri che rimase ed ebbe vigore anche nei Profeti e negli Apostoli, già illustri per grande splendore di costumi e di prodigi, e pur dopo quella grazia dei misteri del Cristo, grazia che tu reputi di aiutare con tutte queste infamie del tuo dogma. Agostino. Quella tua pupilla della libidine, ossia la concupiscenza della carne che combatte contro la concupiscenza dello spirito, i Profeti e gli Apostoli la espugnavano con sincerità, perché non la decantavano. 73 - Altre ragioni contro il peccato originale Giuliano. Perché soffoca gli sforzi di ogni specie di onestà, perché consola e aumenta l'oscenità dei costumi con infamia per le opere di Dio, cioè per la natura umana; perché tutti i comandamenti della legge li abbandona in balìa del reato della impossibilità, ossia in balìa della iniquità. Agostino. Colui che dice: Non quello che voglio, io faccio, ma quello che detesto, ( Rm 7,15 ) la possibilità della sua perfezione la ripone nella grazia di Dio contro di voi e non confida nella propria forza, per non essere vano come voi. 74 - Un'altra ragione Giuliano. Perché non ha meno turpitudine che empietà, quando per le supreme testimonianze della sua asserzione si abbraccia al pudore dei genitali. Agostino. Non ci abbracciamo al pudore dei genitali, ma piuttosto riconosciamo da dove venga questo pudore, cosa che voi non volete riconoscere. Ascoltiamo infatti la manifestissima testimonianza della Scrittura, ( Gen 2,25 ) di fronte alla quale voi fate i sordi, mentre dovreste fare i muti. Chi infatti, ascoltando che quei primi uomini erano nudi e non ne provavano vergogna, potrebbe non vedere la causa che dopo il peccato li fece vergognare d'essere nudi e li sollecitò a coprire con cinture di fortuna le membra di cui si vergognavano? ( Gen 3,7 ) Ma si è trovato un uomo che tale libidine, da combattere per non peccare e vergognosa anche per gli svergognati, è capace di ammetterla anche nel paradiso e anche se nessuno vi avesse peccato; un uomo capace di non vergognarsi nemmeno di così grande e tanto sacrilega mostruosità nel dire coteste nefandezze. Ti prego, se cotesta libidine, come sembra, ti mette dentro soltanto la molestia di resisterle, ma non produce nessuna volontà, per quale ragione pensi che le si debba pagare un così grande tributo di lode, benché falsa? 75 - Un altro perché Giuliano. E perché, al posto di attestazioni sacre, si gonfia di incriminazioni di Dio. Agostino. Non è forse dunque un'attestazione sacra quella che dice: Il corpo è morto a causa del peccato? ( Rm 8,10 ) Ed è una incriminazione di Dio e non una lode quella che dice: Darà la vita anche ai vostri corpi mortali? ( Rm 8,11 ) Penso che a dirlo non sia stato un incriminatore di Dio, ma un predicatore di Dio, pieno dello stesso Dio. E qui egli indica che Adamo non fu fatto tale e quale dite voi, così da dover morire sia che peccasse, sia che non peccasse. 76 - Il perché dei precetti divini Giuliano. Perché nei precetti di Dio ribadisce che c'è una prepotenza tirannica. Agostino. Il precetto di Dio non è tirannico, ma per osservarlo bisogna pregare Dio stesso: questo non volete voi, perché confidate nella vostra forza. 77 - Il perché dei giudizi divini Giuliano. Nei giudizi di Dio una iniquità barbara. Agostino. Poiché non è iniquo il giudizio di Dio, per questo nella miseria del genere umano che comincia dai pianti dei bambini bisogna riconoscere il peccato originale. 78 - Il perché dei giuramenti divini Giuliano. Nei giuramenti di Dio afferma che ci sia una falsità punica. Agostino. Che forse quando Dio dice: Punirò le colpe dei padri nei loro figli, ( Dt 5,9 ) parla in punico? 79 - I sogni manichei Giuliano. Perché si basa, invece che su discussioni e su sillogismi, unicamente sui sogni e sul furore di Manicheo. Agostino. Non era Manicheo, né sognava, né era preso da furore sia colui che disse: Siamo stati anche noi per natura figli dell'ira, come tutti gli uomini, ( Ef 2,3 ) sia colui che disse: Noi uomini nasciamo tutti sotto il peccato, perché è viziata la stessa nostra origine. 80 - Ho detto tutte le cause Giuliano. Queste sono dunque le cause che ci accendono ad impugnare il male naturale, le cause che ci fanno disdegnare e disprezzare le consorterie dei perduti. Agostino. Il pio consenso di tanti e così grandi Dottori cattolici non lo diresti in nessun modo una consorteria di perduti, se perduto non fossi tu. 81 - Non ci atterriscono Giuliano. Le quali consorterie con il fragore di tutto il mondo non ci atterriscono niente di più che se udissimo una risuonante selva di amaro lupino messa in subbuglio da porci immondi o da venti irruenti. Agostino. La Chiesa cattolica, diffusa in tutto l'orbe, la Chiesa che ebbe prudentemente orrore delle vostre facce, non è una selva di lupini, ma volle essere sicura dai morsi lupini. 82 - Quello che crediamo Giuliano. Dunque noi crediamo che Dio è giusto e pio e verace, e riteniamo quindi che la sua legge non abbia comandato nulla d'impossibile, che le sue testimonianze non confermino nulla di falso, che i suoi giudizi non pronunzino nulla d'ingiusto; ma crediamo che Dio stesso è il creatore degli uomini, e li crea esenti da qualsiasi crimine, pieni certamente d'innocenza naturale e capaci di virtù volontarie. Agostino. Qual è dunque la ragione per cui Dio non ammette alla sua vita la sua immagine, se non è stata insufflata, se non è stata esorcizzata, se non è stata battezzata? È così che si rende la mercede all'innocenza? O piuttosto il reato, contratto per la generazione e non rimesso per la rigenerazione, è giustamente punito con la negazione della vita e con la morte conseguente? L'Apostolo appunto non detesterebbe gli estranei alla vita di Dio, ( Ef 4,18 ) se non ci fosse in questo nessuna pena. 83 - O credere o capire Giuliano. A questo punto si deve scegliere per forza tra due possibilità: o credere che Dio sia tale e quale lo immagina il traduciano Manicheo o capire che tu, con quanti cedono alla sentenza della " traduce ", sei tale e quale a colui che l'onorato Dio combatte. Ma non può esser Dio come lo sogna Manicheo, bensì è pio, giusto e vero, come lo venera tutta la santa Scrittura, tutta la legge e la nostra fede. Quindi il tuo dogma è cosiffatto che, come si accetta con ingiuria di Dio, così si distrugge con onore di Dio. Agostino. Se sentite che Dio è pio, perché allontanate empiamente dai bambini il Salvatore, ossia Gesù? Se sentite che Dio è giusto, perché credete che il giogo grave sopra i bambini sia senza i meriti di nessun peccato? Se sentite che Dio è verace, perché non gli credete quando dice: Punirò le colpe dei padri nei loro figli? ( Dt 5,9 ) 84 - Gli appigli di una causa ormai morta Giuliano. È tempo che passiamo ad altro; ma la dignità della causa reclama da noi che manteniamo fede a quanto crediamo di avere omesso nel libro precedente. Il che per verità forse il prudente lettore lo riterrà superfluo; tuttavia, poiché è risaputo che una causa ormai morta si attacca anche a leggeri appigli, vale la pena di togliere le consolazioni a coloro ai quali hai tolto le fortificazioni. Agostino. Poiché hai cominciato a passare ad altro, dobbiamo dimostrare quello che promettemmo già precedentemente: cioè che la profezia di Ezechiele, dove si dice che i peccati dei padri non sono puniti nei figli, come i peccati dei figli non sono puniti nei padri, appartiene al preannunzio della rivelazione del nuovo patto. Dice infatti qualcosa di simile anche il profeta Geremia ed ivi illustra la ragione per cui lo si dice. Tra l'altro infatti Geremia dice: Ritorna, o vergine d'Israele; ritorna alle tue città, tu che piangi. Fino a quando andrai vagando, o figlia ribelle? Il Signore ha creato per la salvezza una nuova piantagione e in questa salvezza gli uomini circoleranno. Il Signore dice: Nella terra di Giuda e nelle sue città, quando metterò fine alla sua schiavitù, s'inneggerà ancora: Benedetto il Signore sopra il suo monte giusto e santo. Vi abiteranno insieme Giuda e tutte le sue città, gli agricoltori e i pastori. Poiché inebrierò ogni anima assetata e sazierò ogni anima affamata. A questo punto mi sono destato e ho guardato; il mio sonno mi parve soave. Ecco verranno giorni, dice il Signore, nei quali seminerò la casa d'Israele e la casa di Giuda con semenza di uomini e di bestiame. Allora, come vegliai su di essi per sradicare e demolire, così veglierò su di essi per edificare e piantare, dice il Signore. In quei giorni non diranno: " I padri mangiarono l'uva acerba e i denti si allegarono ai figli ". Ma morirà ognuno per la propria iniquità e i denti si allegheranno a chi mangerà l'uva acerba. ( Ger 31,21-30 ) È chiaro che ciò si riferisce ai giorni della nuova piantagione, della quale parlava nel dire questo. E con la semenza di uomini e di bestiame, che Dio ha promesso di seminare, egli ci fa riconoscere in senso spirituale coloro che governano e coloro che sono governati. Ma poiché era inveterata nel cuore del popolo la persuasione che nel vecchio patto era scritto: Punirò le colpe dei padri nei loro figli, ( Dt 5,9 ) perché nessuno pensasse che la Scrittura di Dio si contraddice, per indicare più apertamente che una norma spettava a un patto antico e l'altra norma al patto nuovo, ha subito soggiunto: Ecco verranno giorni, dice il Signore, nei quali con la casa d'Israele e con la casa di Giuda concluderò un'alleanza nuova. Non come l'alleanza che conclusi con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dal paese dell'Egitto. ( Ger 31,31-32 ) Al patto antico appartiene dunque la generazione e al nuovo patto invece la rigenerazione. Quindi nel patto antico le colpe dei padri sono punite nei figli, nel patto nuovo invece, sciolto il vincolo della generazione in virtù della rigenerazione, non si dice: I padri mangiarono l'uva acerba e i denti si allegarono ai figli; ma si dice: I denti si allegheranno a chi mangerà l'uva acerba, ( Ez 18,2; Ger 31,29 ) perché, non per il peccato di suo padre, ma per il suo peccato, se l'ha commesso, ciascuno morirà. Viceversa tu non hai mostrato come la profezia che dice: Il figlio non sconta l'iniquità del padre, ( Ger 31,30 ) si concili con la Scrittura dove si legge: Punirò le colpe dei padri nei loro figli. Queste affermazioni rimarranno appunto contrarie tra loro, se ognuna delle due non sarà singolarmente riferita ai singoli " testamenti ", come ha mostrato evidentissimamente il profeta Geremia. 85 - Il peccato non entrò per mezzo della generazione Giuliano. Giunti dunque che fummo alla sentenza dell'apostolo Paolo, che il traduciano era stato solito mettere in vendita agli esperti delle Scritture: A causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo, ( Rm 5,12 ) mostrai innanzi tutto con la testimonianza del medesimo testo che i traduciani erano stati rimossi dalla soglia di quel passo, quando il Maestro delle genti, riandando all'antichità del peccato, aveva collocato a custodia della generazione come fortissima guardia del corpo un numero definito, per prevenire che dicendo il peccato entrato nel mondo a causa di un solo uomo non aveva inteso riferirsi per nulla alla generazione, la quale non potrebbe esserci se non per mezzo di due. E sottolineai che era stata fatta la distinzione tra la commistione e il peccato dei progenitori dicendosi che il peccato era entrato, sì, nel mondo, ma mediante quel numero che non poteva convenire ai feti. E in tutto il " libello " si è provato sufficientemente che in quel passo non è stata indicata la " natura " del peccato, bensì la forma di un peccato che consisteva nella imitazione da parte dei prevaricatori succedutisi posteriormente e non di un peccato ricevuto per generazione. Ma poiché nell'Epistola agli Ebrei troviamo detto dei Giudei: Sono nati da un uomo solo e per giunta già segnato dalla morte, ( Eb 11,12 ) cioè da Abramo, e poiché anche sopra nella medesima Epistola si legge a proposito del Cristo: Colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da uno solo, ( Eb 2,11 ) perché il traduciano non arraffi qualcuno di questi testi o simili, caso mai se ne possano trovare, e non argomenti che è andato perduto qualcosa del peso della nostra risposta, nella quale abbiamo affermato che è stato detto uno solo l'uomo per cui passò il peccato proprio per non fare intendere la generazione, dopo aver trovato che in questa Epistola la generazione è stata indicata con il nome di un solo uomo, ho creduto di dover ritornare sull'argomento. Prego dunque il lettore a stare attento: in più modi si distruggerà infatti questa obiezione. Pertanto nel passo dove viene ricordato Abramo, è inserita anche sua moglie Sara. Ecco appunto il testo come giace: Per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava. Per fede soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando in tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio. Per fede anche Sara, sebbene già sterile, ricevette la capacità di concepire il seme, benché fuori di età, avendo ritenuto fedele colui che lo aveva promesso. Per questo, da un solo uomo e per giunta già segnato dalla morte nacquero numerosi come le stelle del cielo e come la sabbia che è nella spiaggia del mare. ( Eb 11,8-12 ) Dopo averli dunque ricordati ambedue, Abramo e Sara, e dopo aver detto che essa era sterile per legge di vecchiaia, ma aveva ricevuto per fede la capacità di concepire il seme, ha con sicurezza soggiunto che da un solo uomo sarebbero nati popoli così numerosi da esser paragonati alla moltitudine degli astri. Che dunque si mettesse in evidenza la copula dei genitori lo impose tanto la testimonianza dei fedeli, quanto la verità della storia. Che invece nell'esaltare la moltitudine propagatasi da quegli stessi due non si nominassero entrambi, ma si nominasse l'uomo soltanto, lo persuase a farlo l'arte dell'elogio. Voleva mostrare appunto quanto grandi meriti avesse avuto quella fede così certa, dicendo che per virtù di Dio si sarebbe propagata una moltitudine innumerevole e giudicando più adeguato alla esaltazione dell'opera di Dio dirla procreata da uno solo invece che da due, tanto più che nella maggiorazione della lode fatta nell'ultima parte del discorso non veniva a perderci nulla la storia, che aveva già assicurata sopra facendo menzione di ambedue i coniugi. Agostino. Non so che cosa capisca chi non capisce che tu non dici nulla. Avevi detto che l'Apostolo disse: A causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo, ( Rm 5,12 ) perché quell'uomo offrì a tutti gli altri l'esempio di peccare. Hai scritto: Se in quel testo volesse far intendere la generazione, direbbe: A causa di due; non: " A causa di uno solo ". Mentre piuttosto, se volesse far intendere l'esempio, direbbe: A causa di una sola; non: A causa di uno solo, perché risulta che Eva offrì l'esempio di peccare anche allo stesso suo marito. Ma poiché con la generazione entrò nel mondo un peccato che si doveva risanare soltanto con la rigenerazione, per questo disse: A causa di un solo uomo. Come infatti l'esempio del peccato umano cominciò dalla donna, così la generazione cominciò dall'uomo; la concezione appunto che spetta alla donna è preceduta senza dubbio di nessuno dalla inseminazione che spetta all'uomo. Ma ecco che è stata trovata una testimonianza evidentissima o da te stesso o da un altro che forse l'ha obiettata, dove senza nessuna ambiguità si dicono nati da uno solo innumerevoli uomini, che per nascere hanno avuto certamente due genitori, un uomo e una donna. Ma è stato detto: da uno solo nel modo più giusto a causa dell'esordio della generazione che viene dal seme dell'uomo. Successivamente nel proporre lodevoli esempi di fede cominciò dallo stesso Abele e dopo aver ricordato Abramo arrivò a Sara. Aveva evidentemente oltrepassato Abramo e parlava della sua moglie, e tuttavia, quando si venne a commemorare la generazione di un immenso popolo, ritornò ad Abramo, perché egli generò i figli che Sara partorì. Se tu ci avessi riflettuto, come avresti dovuto, non bestemmieresti contro il fedele predicatore della fede che scrisse quell'Epistola e non lo diresti persuaso dall'arte dell'elogio. Persuaso a che? A mentire forse, asserendo nati da uno solo quelli che sono nati da due? Evidentemente giudicando ciò più adeguato all'esaltazione dell'opera di Dio, come stimi tu. Sbagli di grosso: non piace a Dio una falsa lode. Tu, sì, sei solito offrirla volentieri alla libidine, ma molto dispiace alla verità la falsità. Infatti anche con la stessa libidine per quale ragione tu faccia non il lodatore, ma l'adulatore non lo so. Forse ti amerà di più per questo? Ti illudi assolutamente: essa non ama l'uomo, ma senz'altro lo stimola ad amare ciò che non deve amare. Se poi è un parlare non mendace ma verace che in un qualsiasi modo di parlare si dicano nati da uno solo, quelli che sono nati da due, perché mai pensi che dove è stato scritto: A causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo, non si sia potuto insinuare la generazione per il fatto che essa avviene per mezzo di due e non di uno solo? Lo sanno tutti: genera o principalmente o primieramente l'uomo che semina; la donna invece o non genera ma partorisce o, se anche lo stesso parto si può giustamente chiamare generazione, la donna concepisce prima dall'uomo generante e poi genera il feto che aveva concepito. Per questo, l'Apostolo, volendo far intendere entrato nel mondo con la generazione il peccato che il Cristo avrebbe lavato con la rigenerazione, ha detto: A causa di un solo uomo, perché fu l'uomo che allora generò o primieramente o principalmente. Soprattutto perché, come abbiamo già detto e tu hai bisogno di sentirlo ripetere, se lo dicesse per l'inizio dell'esempio, direbbe: A causa di una sola, perché da Eva partì nel genere umano il primo esempio di peccato, e preferirebbe omettere Adamo, sapendo che egli seguì l'esempio della donna, così da peccare anch'egli imitando lei. 86 - Il contesto è diverso Giuliano. Dunque nella Lettera agli Ebrei, dove il discorso verte sulla generazione, si dice che molti nacquero da uno solo; nella Lettera ai Romani invece, dove l'Apostolo parla del peccato, egli afferma che il peccato entrò a causa di un solo uomo, e con questo numero ha insegnato assolutissimamente che non ha pensato per nulla alla generazione. Agostino. Parlare così contro l'evidenza dei fatti non è, come pensi tu, una lodevole eloquenza, ma una incredibile impudenza. 87 - La mia remissività Giuliano. Dove poi si dice nei riguardi del Cristo: Colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da uno solo, ( Eb 2,11 ) si può intendere non di Adamo, ma di Dio, per virtù del quale è stato fatto il Cristo secondo la carne ed è stato fatto tutto il genere umano. Quindi a demolire il concetto dell'Apostolo, quando disse che il peccato entrò nel mondo a causa di un solo uomo, non può dare nessun aiuto importante la somiglianza di altre parole. Rimanga tuttavia ben fisso nell'animo del prudente lettore quello che segue, perché intenda che io mi sono comportato finora con molta più remissività di quanto occorresse. Concediamo pure che moltissime testimonianze insegnino che la generazione, impossibile se non per mezzo di due, tuttavia solitamente si dica compiuta anche per mezzo di uno solo. Ma l'opinione della " traduce " non ne trarrà nessun vantaggio. Per quale ragione? Evidentemente perché altre sono le affermazioni che si fanno in senso " abusivo " e altre le affermazioni che si fanno in senso proprio. Le affermazioni proprie distribuiscono dunque senza danno le loro appellazioni. Alle affermazioni che si fanno invece per usurpazione non si lascia che rechino i pregiudizi delle loro definizioni alle realtà principali, ossia proprie. Tutto questo avviene senza colpa, quando per abuso diamo vocaboli alieni a realtà sulle quali non c'è nessuna ragione di dubitare. Agostino. Ma tu sei disposto a suscitare il dubbio anche su realtà evidenti che siano contro di te. 88 - Inizio della generazione fu Adamo Giuliano. Ma quando contro l'opinione di tutti si presenta una realtà con un vocabolario il cui suono le presta ogni garanzia, si pecca gravemente se, avendo alla mano il suo nome proprio, si indica con il nome abusivo di una appellazione mendicata. Quando dunque si parla dei feti, poiché nessuno dubita che ogni nato abbia due genitori e poiché questo fatto non ha bisogno di testimonianza, non scomoderà alla intellezione se dico che un tizio è stato generato da uno solo: questo mio modo di dire non indurrà nessuno a pensare che sia potuto nascere o senza padre o senza madre. Agostino. Certamente ogni nato ha due genitori, ma perché nasca, l'uomo lo genera seminandolo e la donna lo partorisce mettendolo alla luce. Dal che è ben chiaro a chi sia da attribuire la generazione o principalmente o primieramente, perché tu smetta di effondere le nebbie della loquacità su realtà che stanno nella luce. Ma chi mai si esprime così da dire che un tizio è stato generato da uno solo? Chiunque sente parlare di generazione non pensa se non al padre, e soltanto il padre genera l'uomo seminandolo. Ma si è soliti dire con ragione che sono stati generati da uno solo due o tre dei quali si potrebbe pensare che non abbiano il medesimo padre. Quando invece bisogna riferirsi al padre e alla madre, chi mai si dice nato da uno solo se non bugiardamente? Se per esempio è manifesto che due camminarono o agirono assieme, dici forse senza mentire che a camminare o ad agire fu uno solo, per la ragione manifesta che erano in due? La tua menzogna non sarà tanto più sfacciata quanto più spalancata? È vero, si usa anche il numero singolare al posto del plurale nel linguaggio figurato, come nelle piaghe che percossero l'Egitto si dice rana e locusta al singolare, mentre furono molte. ( Sal 78,45-46; Sal 105,34 ) Se invece si dicesse una sola rana o una sola locusta, chi dubiterebbe che questa bugia sciocca sia tanto più sciocca, quanto più chiara è quella verità? Smetti dunque di vendere cotesti fumi a gente ignorantissima di questi problemi. Che il peccato entrò nel mondo a causa di un solo uomo capiscilo non come lo dici tu, ma come lo dice l'Apostolo. Il peccato appunto entrò nel mondo a causa di un solo uomo, ( Rm 5,12 ) non precedente agli altri con l'esempio - questo si direbbe della donna -, ma generante gli altri come principio, perché per primo seminò ciò che Eva concepì e perché egli stesso generò ciò che Eva partorì. Allo stesso modo è scritto: Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, ( Mt 1,2 ) e questa locuzione persevera per tutte le successive generazioni. Né è stato detto: Abramo e Sara generarono Isacco; o: Isacco e Rebecca generarono Giacobbe. E quando fu necessario nominare le madri, l'Evangelista non afferma: Giuda e Tamar generarono Fares e Zara, ma afferma: Giuda generò da Tamar, ( Mt 1,3 ) e dovunque aggiunse anche le madri, attribuì tuttavia la generazione ai padri, non dicendo: Costui e costei generarono lui, ma dicendo: Egli generò lui da lei. Da questo devi capire che quegli innumerevoli popoli si dicono generati da un solo Abramo nel senso che li generò da Sara egli soltanto. È detto perciò: A causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo, ( Rm 5,12 ) per far capire in quel caso l'inizio della generazione che parte dall'uomo, e non l'esempio per l'imitazione, che nel genere umano entrò nel mondo a causa di una sola, piuttosto che a causa di uno solo. 89 - Il peccato originale non si finge, ma si dimostra Giuliano. Quando poi si tratta del peccato che contro l'opinione di tutti e contro ogni ragione si finge innato. Agostino. Non contro l'opinione di tutti, né contro ogni ragione si finge il peccato originale, ma si dimostra contro il vostro errore con la testimonianza della Scrittura e con la testimonianza della stessa miseria del genere umano. 90 - Con proprietà e con molta improprietà Giuliano. Anche di questo peccato si dice con proprietà che è passato a causa di uno solo, se costui diede l'esempio di peccare; ma si dice con molta improprietà, se costui " ingenerò " nei discendenti quel peccato, perché allora non poté passare se non per mezzo di due. Agostino. Anzi: entrò a causa di uno solo, perché da lui fu seminato ciò che la donna partorì; in lei invece ebbe la precedenza l'esempio che Adamo seguì. 91 - Quel numero "uno" abusivamente inteso Giuliano. Abbia dichiarato l'Apostolo che il peccato passò, ma per mezzo di uno solo; abbia indicato la verità che ciò appartiene in senso proprio all'esempio: con intollerabile impudenza agisce il traduciano quando dice che quel numero, abusivamente impiegato, arriva fino a lui. Agostino. Che senso ha che tu così spesso con un nome nuovo, usato calunniosamente, pensi di fare sì che si abbandoni la verità dell'antichissimo dogma cattolico per lo spavento che incute la novità del nome? Che cosa non si può deridere in questa maniera? Ma vanamente, non urbanamente. L'Apostolo infatti dice: A causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo e per il peccato la morte, e così passò in tutti gli uomini. ( Rm 5,12 ) Queste parole le accettiamo noi e voi. Se dunque siamo " traduciani " noi per il peccato che dalla generazione è stato tradotto a passare in tutti gli uomini, traduciani siete voi per il peccato che fingete essere stato tradotto dalla imitazione a passare in tutti gli uomini, e per primo è apparso traduciano l'Apostolo, il quale, sia che abbia sentito com'è chiaro che ha sentito, sia che abbia sentito ciò che gli attribuite voi erroneamente, tuttavia, dicendo che il peccato entrò nel mondo a causa di un solo uomo e dicendo che passò in tutti gli uomini, diede l'occasione a questo nome della " traduce ". Se viceversa il nome della " traduce " non conviene a queste parole dove si dice che a causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo e passò in tutti gli uomini, allora né a noi questo nome, né a voi, né all'Apostolo conviene, ma dirlo, rinfacciarlo, ripeterlo in modo continuo e odioso ben conviene chiaramente alla vostra " inezia ". 92 - Gli argomenti devono essere affidabili Giuliano. Poiché infatti è una mostruosità inaudita che qualcuno, lasciando le parole proprie, tenti con parole abusive e ambigue d'inventare un dogma anche tollerabile, tuttavia nuovo, è infinitamente più orribile che Agostino cerchi di confermare affermazioni oscene e incriminatrici della giustizia di Dio con sentenze così ancipiti da confessare che in senso proprio suonano contro di lui e in senso precario suonano a favore di lui. Chi mai tra gli eruditi si fiderebbe di un argomento che, portato in giudizio, fosse valutato dal suo avversario come uno schiavo nato in casa e da lui fosse considerato come uno schiavo fuggitivo e rubato? Agostino. Sul tema delle parole abusive e proprie fai tali ragionamenti da disprezzare i pochi che ti capiscono e ti trovano delirante, e da scegliere che ai molti che non ti capiscono sembri che tu dica qualcosa, mentre non dici nulla. Meglio dunque faccio io ad abbandonarti ai pochi dotti che anche senza la mia dimostrazione capiscono facilissimamente che non dici nulla, piuttosto che confutarti facendo ragionamenti che molti non capiscono, sebbene veri. Ma tuttavia nel testo: A causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo, ( Rm 5,12 ) per l'autore della generazione e perciò forma del futuro, e per l'autore della rigenerazione, le parole non sono abusive, ma proprie. 93 - È vero che nacquero da un solo uomo Giuliano. L'affermazione dunque posta nell'Epistola agli Ebrei: Da uno solo tutti gli uomini, la esige la lode di Dio, dopo tuttavia la menzione dei genitori. L'affermazione invece che si fa del Cristo: Colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da uno solo ( Eb 2,11 ) è stata riferita a Dio. Agostino. Ancora di più dopo la menzione dei genitori - soprattutto perché aveva già oltrepassato il padre e stava parlando della madre - non doveva tralasciarsi la madre stessa, ma si sarebbe dovuto dire: Nacquero da due, riguardo a coloro che non erano nati da uno solo, bensì da due, perché la lode di Dio fosse vera e non falsa. Se non che è vero pure che nacquero da uno solo, né ciò è stato detto in senso abusivo, ma in senso proprio, per il padre, autore del seme, e non per accrescere con una menzogna la lode di Dio, come stimi tu. Dire appunto: L'ha fatto un uomo, riguardo a ciò che hanno fatto due o più uomini, può essere una locuzione figurata. Ma se qualcuno dice fatto da uno solo ciò che è stato fatto da due, se l'autore del fatto non è uno solo di quei due, o inganna o s'inganna, come abbiamo già detto sopra della locusta e della rana. 94 - S. Paolo non è alleato dei manichei Giuliano. Così infatti scrive l'Apostolo ai Corinzi: Come infatti la donna deriva dall'uomo, anche l'uomo ha la vita dalla donna, ma tutto proviene da Dio. ( 1 Cor 11,12 ) In terzo luogo poi la ragione indica che, se pur mancasse l'uno e l'altro argomento che milita a nostro favore, tuttavia quella sentenza con la quale Paolo tocca la questione dell'entrata del peccato in questo mondo a causa di un solo uomo, non ha stipulato nessuna alleanza con i manichei. Agostino. Tu piuttosto dicendo questo mostri di essere alleato dei manichei. Che alleanza infatti ci può essere tra l'Apostolo e Manicheo, se l'Apostolo dice: Il corpo è morto a causa del peccato, ( Rm 8,10 ) e ciò sbaraglia la vostra eresia, mentre Manicheo dice: Il corpo è immutabilmente cattivo per la natura del male coeterna al bene? Parimente, se nel passo dove è detto che il corpo è morto a causa del peccato l'Apostolo dice: Colui che risuscitò il Cristo dai morti, darà la vita anche ai vostri corpi mortali, ( Rm 8,11 ) mentre Manicheo dice che i corpi di carne non appartengono alla creazione del Dio buono, ma alla natura del male, né che il Cristo fu risuscitato dai morti, ma non morì? Voi dunque, che non siete manichei, ma che non siete nemmeno voi sani a causa di una peste diversa, dite in che modo il corpo sia morto per il peccato, voi che asserite entrata nel mondo la morte del corpo non per il peccato di quell'uomo, ma per legge di natura. 95 - I corpi umani non sarebbero nati nel paradiso nelle condizioni attuali Giuliano. E con questo resta inconcussa la nostra risposta: in quell'uomo unico non è stata additata dall'Apostolo la natura viziata e corrotta dalla generazione, ma solamente la volontà viziosa di coloro che peccano, rimanendo integra la natura. Agostino. È mai possibile che voi siate così ciechi o che accechiate gli uomini con le vostre caliginose discussioni da osare di negare che nascano corpi viziosi? Forse i corpi non appartengono alla natura umana? O forse, come dicono i manichei - alla cui demenza quanto aiuto diate, certo inconsapevolmente, non volete tuttavia avvertire e pensare -, l'anima buona è tenuta mescolata ai corpi dalla gente delle tenebre? Dite dunque i meriti dei corpi viziosi, voi che dite che i bambini non traggono dai genitori nessun peccato. Ecco, i manichei dicono: A tal punto questa carne mortale appartiene non alla fabbrica di Dio, ma a quella della gente delle tenebre, che anche i corpi degli uomini, che voi presentate come fatti ad immagine di Dio, non solo nascono corruttibili e soggetti alla condizione della morte, ma spesso anche viziosi. Che cosa risponderà ai manichei la vostra eresia se non che la natura umana, sebbene sotto Dio creatore e artefice, è tuttavia tale che, anche se nessuno avesse peccato, i corpi degli uomini sarebbero nati anche nel paradiso nelle medesime condizioni di ora? O voce abominevole e riprovevole! Noi invece, poiché non diciamo che nel paradiso sarebbero nati corpi umani, non solo corruttibili e costretti dalla necessità della morte, ma molti di essi per una svariatissima viziosità anche languidi, distorti, deformi, senza nessun peccato precedente da parte dei genitori, e poiché coloro che lo dicono noi li giudichiamo degnissimi di anatema, noi, ripeto, non attribuiamo cotesti mali alla natura quale fu costruita fino dall'inizio, ma alla natura umana viziata successivamente per merito della iniquità, così da distruggere e voi e i manichei con l'inconcussa e antica stabilità della fede cattolica. 96 - Il libro che A. destinò a Valerio Giuliano. Ma ritorniamo a quel libro che Agostino destinò a Valerio e nel quale si propose di esaminare e di confutare soltanto alcune sentenze da uno solo dei miei libri. Per la verità nel primo " libello " della presente opera ero arrivato fino alle parole di Agostino dove, manifestando l'impudenza con la quale tentava di schivare l'odiosità di quella opinione di manicheismo, per non sembrare di attribuire al diavolo la creazione dell'uomo, ha dichiarato che Dio è l'autore dei mali e che egli crea la sostanza umana di tal merito che riceve un reato prima di ricevere l'uso di ragione ed è collocata nel regno del diavolo dalle mani del suo Creatore. Agostino. Chi discerne la natura dal vizio, non dice ciò che dici tu; chi legge con intelligenza ciò che dico, non pensa che io dica quel che non dico. 97 - Non c'è un terzo genere di vasi Giuliano. Dio è un vasaio, dice Agostino, che fabbrica vasi d'ira e di perdizione. ( Rm 9,22 ) Agostino. Per quanto poco tu capisca in che modo Dio dalla medesima pasta faccia un vaso per l'onore e uno per il disonore, ( Rm 9,21 ) tuttavia li fa così da non fare un terzo genere di vasi che non siano né per l'onore né per il disonore, quali voi volete che siano i bambini e ritenete che per l'immagine di Dio non è un disonore non entrare nel regno di Dio. Lo stesso regno infatti lo amate così poco da credere che il non esservi ammessi non sia nemmeno leggera ma nessuna pena. 98 - Dio prevede la condanna di coloro che si allontanano dalla fede Giuliano. Ma tali vasi non sono costretti alla perdizione da un processo di libera volontà, bensì dal potere del loro plasmatore. Agostino. Non di tutti gli uomini puoi dire che Dio li costringa alla perdizione, ma di quelli che sono già stati rigenerati come suoi figli, facendo vivere coloro di cui prevede l'allontanarsi dalla fede, mentre potrebbe rapirli da questa vita prima che la malvagità li cambi. 99 - Dogma mostruoso Giuliano. E questa così grande scelleratezza di un dogma mostruoso ha tentato Agostino di corroborarla con le sentenze dell'apostolo Paolo, che io ho esposto in tutto il loro contesto, e ho dimostrato che il profeta Isaia, dal quale risultava preso il paragone del vasaio, difende pienissimamente la causa della giustizia di Dio. Agostino. Che cosa hai dimostrato a coloro che leggono e intendono se non il tuo tentativo, tuttavia vano, di pervertire le parole dell'Apostolo con una eccessiva loquacità? 100 - Il secondo libro Giuliano. Il secondo libro poi l'ho composto tutto con il commento dell'Apostolo in opposizione agli argomenti di Agostino, nella misura della facoltà che mi è stata fornita dalla verità. E adesso ritorniamo dunque a seguire l'ordine del suo libro. Agostino. Il secondo libro l'hai composto tutto non con il commento dell'Apostolo, ma con un vano combattimento contro di lui sotto la " professione " del commento, fornendoti le parole da dire la vanità e non la verità. 101 - Chi è pelagiano e chi non lo è Giuliano. Quindi dopo aver obiettato un capitolo della breve prefazione della mia precedente opera per confutarlo e dopo avere introdotto il discorso sul suo Dio, " figulo " dei peccatori, se la prende con me, e con quanta logica e coerenza e verità lo faccia siano i suoi stessi ragionamenti a renderlo di pubblica ragione: Non pertanto, come parli tu ingannando te e gli altri, se qualcuno dice che negli uomini esiste il libero arbitrio o che Dio è il creatore di coloro che nascono, è chiamato celestiano o pelagiano: coteste medesime affermazioni le fa appunto anche la fede cattolica. Ma se qualcuno dice che per onorare rettamente Dio, senza bisogno dell'aiuto di lui stesso, c'è negli uomini il libero arbitrio, e chiunque dice che Dio è il creatore dei nascenti, ma in tale modo da negare che egli sia il redentore dei bambini dal potere del diavolo, costui è chiamato celestiano e pelagiano. Che dunque ci sia negli uomini il libero arbitrio e che Dio sia il creatore dei nascenti lo diciamo gli uni e gli altri: non è per questo che siete celestiani e pelagiani. Che invece ciascuno sia libero di fare il bene senza l'aiuto di Dio e che i bambini non siano liberati dal potere delle tenebre e trasferiti così nel regno di Dio, ( Col 1,13 ) questo siete voi a dirlo e per questo siete celestiani e pelagiani. Che tu veramente nuoti nella palude della tua empietà e della tua paura l'ho mostrato frequentemente, né risulta che un lettore prudente avrà dubbi a questo proposito. Agostino. Che tu non possa nemmeno nuotare, ma che affoghi, lo sanno gli altri che ti sanno eretico, perché nel medesimo naufragio tu hai perduto anche la sensibilità. 102 - Fuori dalla nostra società si cade tra i manichei Giuliano. E perciò nel primo libro ho fatto palese, con la utilizzazione anche di quegli scritti che avevi mandato a Bonifacio, e che io non avevo mentito scrivendo che quanti si siano sottratti per odio alla nostra società cadono negli abissi dei manichei, neganti il libero arbitrio e la creazione divina degli uomini; e che tu di quanto avevi tentato di respingere ti sei subito appropriato con dichiarazioni assolute. Ma tuttavia confessa tutto questo anche la tua risposta che ho riferita adesso. Hai detto infatti che fede cattolica è quella che crede nel libero arbitrio e in Dio creatore dei nascenti. Ambedue queste tesi tra tutti gli eretici è certo che le negano i manichei assieme a voi. Agostino. Da voi piuttosto sono aiutati i manichei - e non lo volete vedere -, i quali attribuiscono i tanti e tanto grandi mali che costatiamo patiti dai bambini non ai meriti dei peccati, ma alla gente delle tenebre. Voi infatti non avete dove rifugiarvi, quando vi domandano donde derivino cotesti mali. Poiché noi invece riferiamo tutti questi mali al libero arbitrio umano, dal quale la natura umana è stata viziata, dopo che era stata istituita buona, i manichei sono vinti assieme a voi dalla verità cattolica. 103 - Poni fine alla lotta con il silenzio Giuliano. Ma poiché della fede cattolica, di cui hai perduto la solida sostanza, assumi il nome soltanto come un leggero mantello, vuoi che noi crediamo ritenuto anche da te ciò che confessano i cattolici, cioè e l'esistenza negli uomini del libero arbitrio e la creazione da parte di Dio di coloro che nascono. Ma se questo è stato dichiarato da te con semplicità e con sincerità, poni fine tu alla lotta con il silenzio, ritorni la fama degli accusatori a noi che ti abbiamo rinfacciato ciò che hai distrutto con sicura negazione. A questa sentenza aggiungi questa dichiarazione soltanto: se si troverà una setta, se si troverà una discussione che tenti con qualche argomento di demolire questa duplice confessione da te riconosciuta cattolica, dichiara o che non è tua o che non sarà ulteriormente difesa da te. Se poi ti aggrada difendere anche con una ricca discussione le verità che sei pronto a dire d'aver negato, esponi le definizioni del libero arbitrio e cingi i suoi confini con distinzioni assolute, come se fossero i suoi limiti. Agostino. Voi, nemici e difensori del libero arbitrio, lo soffocate nel difenderlo, perché non volete che sia riportato ai suoi limiti dalla bontà del suo onnipotente e vero difensore. 104 - Alle opere di Dio non convengono opere viziose Giuliano. Asserisci inoltre che Dio è il creatore di tali uomini quali convengono alle mani e alla giustizia di lui! Agostino. O nuovi e stolti eretici! Se alle mani di Dio non convengono opere viziose, oserete sottrarre alle mani di Dio alcuni corpi umani che vedete nascere spesso viziosi? Per quale ragione dunque non confessate con la verità cattolica che è stata viziata dall'arbitrio dell'uomo, che peccò nei primordi, la natura, dalla quale Dio fa ciò che conviene non solo ad un artefice buono, ma anche ad un giudice giusto, perché i manichei non vi costringano ad attribuire i corpi umani ad un artefice maligno e ingiusto? 105 - Ti fingi cattolico Giuliano. Dei quali doveri nulla certamente è stato fatto da te; ma, dopo aver risposto che confessano il libero arbitrio i cattolici, nel cui numero fingi di essere, avanzasti subito una dichiarazione che togliesse via quanto sembrava che tu avessi concesso. Dichiari infatti: Ma se qualcuno dice che per onorare rettamente Dio c'è negli uomini il libero arbitrio senza l'aiuto di lui stesso, costui è chiamato pelagiano. E ugualmente: Diciamo che negli uomini c'è il libero arbitrio. Voi dite però che è libero ciascuno a compiere il bene. Agostino. Se in quel testo tu avessi aggiunto: Gli eretici dicono, benché io non abbia detto queste parole, non ti saresti allontanato tuttavia dalla mia sentenza. È vero infatti che gli eretici dicono, ossia che voi stessi dite che ciascuno è libero a compiere il bene senza l'aiuto di Dio. Ma la ragione per cui non ho letto in quel testo le parole: Senza l'aiuto di Dio, che in questa sentenza anche tu hai riferito poco prima come parole mie, lo attribuisco, finché posso, piuttosto che a te ad un codice mendoso. Di' dunque il resto. 106 - Noi non escludiamo totalmente l'aiuto di Dio Giuliano. Nel dichiarare infatti che noi diciamo che per esercitare il retto culto di Dio è sufficiente a ciascuno, senza l'aiuto di Dio stesso, la libertà dell'arbitrio, mentisci assolutamente. Poiché il culto di Dio si intende infatti in molti modi: e nella custodia dei comandamenti, nella esecrazione dei vizi, nella semplicità della condotta e nell'ordine dei misteri e nella profondità dei dogmi, che la fede cristiana acquisisce sulla Trinità o sulla risurrezione e su altre simili verità, com'è possibile che noi diciamo in confuso che senza l'aiuto di Dio il libero arbitrio è sufficiente all'esercizio del culto di Dio, quando leggiamo nel Vangelo che il Signore dice: Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenute nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te? ( Mt 11,25-26 ) Certamente la libertà dell'arbitrio non avrebbe potuto trovare da sé tutte queste verità contenute tanto nei dogmi quanto nei misteri, sebbene e che non si onorassero gli idoli e che non si disprezzasse Dio, che era noto come creatore del mondo stesso, lo avrebbe potuto insegnare la ragione naturale, come attesta il Maestro delle Genti. ( Rm 1,20 ) Non dunque ciò che fingi tu diciamo o noi o qualcuno dei sapienti, ma noi affermiamo che è creato da Dio con il libero arbitrio ed è aiutato con innumerevoli specie di grazie divine l'uomo, perché gli sia possibile o l'osservare o il trasgredire i comandamenti di Dio. E questo è dove noi difendiamo la presenza del libero arbitrio: di fronte a Dio che in modi tanto numerosi asserisce la sua benignità, cioè comandando, benedicendo, santificando, coercendo, provocando, illuminando, ognuno, che usa già della ragione, ha libera disponibilità o di osservare o di disprezzare la volontà di Dio. Agostino. Tanti dici i modi in cui Dio ci aiuta, cioè comandando, benedicendo, santificando, coercendo, provocando, illuminando e non dici: Donandoci la carità, mentre l'apostolo Giovanni dice: La carità è da Dio. ( 1 Gv 4,7 ) Per ciò dice altresì: Quale grande carità ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! ( 1 Gv 3,1 ) In questa carità, che è data al cuore umano dallo spirito e non dalla lettera, si intende anche quel potere del quale nel suo Vangelo egli stesso dice: Ha dato a costoro il potere di diventare figli di Dio. ( Gv 1,12 ) Questo potere voi dite che proviene all'uomo dall'uomo in forza del libero arbitrio, avendo voi lo spirito di questo mondo e non lo spirito che viene da Dio: e per questo voi ignorate i doni che Dio ci ha donato. ( 1 Cor 2,12 ) Questa è la ragione per cui non avete né la pace con la Chiesa, dalla quale siete usciti, né la carità che non riconoscete come dono di Dio, né la fede, perché siete eretici. Infatti è scritto: Pace ai fratelli e carità e fede, non dall'umano libero arbitrio, ma da parte di Dio Padre e di Gesù Cristo Signore. ( Ef 6,23 ) Se riconosci in queste parole il dogma apostolico, riconosci anche nelle tue parole di essere eretico. 107 - La libertà umana dimostra l'equità divina Giuliano. Non dunque senza l'aiuto di Dio noi crediamo idoneo il libero arbitrio a tale culto di Dio quale lo rendono gli iniziati con i misteri, ma confessiamo che la libertà dell'arbitrio è una ricca testimonianza dell'equità divina, così da insegnare che, quando dovremo comparire dinanzi al tribunale del Cristo e ciascuno avrà da ricevere quello che gli spetta per la vita vissuta nel corpo, secondo il bene o il male che ha fatto, non giudicherà in nulla ingiustamente Dio, che non imputa a nessuno se non il peccato dal quale colui che per esso è punito avrebbe anche potuto stare lontano. Agostino. Fai bene a suggerirmi che cosa devo dire contro di te. Certamente, come dice l'Apostolo, tutti dobbiamo comparire al tribunale del Cristo, perché ciascuno riceva secondo il bene o il male che ha fatto nella sua vita corporale. ( 2 Cor 5,10 ) Escluderai forse da questa universalità i bambini? Di' dunque che cosa di buono abbiano fatto nel corpo con il proprio libero arbitrio perché ricevano il regno di Dio, che è un bene così grande; oppure che cosa abbiano fatto di male con la propria volontà quei bambini che saranno esclusi da questa vita di Dio. Che se, com'è inevitabile, confesserai che gli uni riceveranno la vita nel Cristo senza nessuna di quelle opere della libera volontà che ciascuno compie per mezzo del corpo, per quale ragione non confessi che gli altri ricevono la morte in Adamo, giacché sai che Adamo è la controfigura del Cristo futuro? O forse, chiusi gli occhi, aprirai la bocca per dire che agli uni ha giovato lo spirito della giustizia nel quale sono rinati e agli altri non ha nociuto la carne del peccato nella quale sono nati? Chi oserà dirlo all'infuori di voi? Quanto poi agli uomini di età adulta, quando ascoltano o leggono che ciascuno riceverà secondo le opere compiute nel corpo, non devono confidare nella forza della propria volontà, ma piuttosto pregare perché il Signore prepari a loro una tale volontà da non cadere nella tentazione. Infatti la volontà viene preparata dal Signore, ( Pr 8,35 ) e lo stesso Signore dice: Pregate per non cadere in tentazione, ( Mt 26,41 ) e l'Apostolo dichiara: Noi preghiamo Dio che non facciate alcun male. ( 2 Cor 13,7 ) 108 - Rendimi le mie parole Giuliano. La tua prima sentenza dunque per la sua oscurità non gioverà a nulla, la seconda poi, con la quale ripeti che ammetti, sì, il libero arbitrio, non tuttavia così da credere che ognuno sia libero a fare il bene, ha messo a nudo tutte le tue viscere. Agostino. Mi costringi ormai ad attribuire a te ciò che poc'anzi attribuivo ad un codice. Ecco infatti che ripeti la mia sentenza senza completarla con le parole mie che sono molto necessarie e a voi contrarie. Io ho detto infatti: " Non è libero ognuno a fare il bene senza l'aiuto di Dio ". Tu invece dici che io ammetto, sì, il libero arbitrio, non " tuttavia così da credere che ognuno sia libero a fare il bene ", né aggiungi ciò che ho aggiunto io: " Senza l'aiuto di Dio ". Non ti accuso di essere ladro, chiedo civilmente la restituzione di ciò che mi è stato tolto: rendimi le mie parole e non varranno nulla le tue. 109 - Dimostra di non negare il libero arbitrio Giuliano. Ecco infatti, come facemmo nel primo libro, così adesso noi ti costringiamo pressantemente a dimostrare come tu non abbia negato il libero arbitrio. Ma stia fisso nel nostro lettore questo punto: tu hai confessato il libero arbitrio e predichi ai cattolici che Dio è il creatore dei nascenti: due verità che nessuno negò mai all'infuori di Manicheo. Ma, pur avendo ammesso noi entrambi di comune accordo queste verità, però né per te né per il tuo dogma rimane salda la libertà dell'arbitrio: allora si conclude in modo assoluto che tu e il tuo dogma non ritenete nulla della fede cattolica. Interrogo dunque quale sia la forza o quale la definizione del libero arbitrio. Certamente nessun cambiamento di elementi naturali è in potere del libero arbitrio. Nessuno infatti mutò mai in sé le funzioni dei sensi, così per esempio da cogliere le voci con le narici o gli odori con gli orecchi; nessuno cambiò la proprietà del suo sesso; nessuno poté passare nella forma di un altro animale; nessuno con il libero arbitrio poté sostituire ai peli del suo corpo le pellicce innate di altri corpi; nessuno rivendicò a sé secondo il suo gusto o la qualità o la quantità del corpo. Con questi esempi possiamo divagare attraverso tutti gli aspetti che riguardano questa condizione. Passiamo dunque dagli elementi naturali all'esame delle realtà esterne. Chi ebbe mai nel diritto della sua volontà la fecondità dei campi, chi la prosperità delle navigazioni, chi la nobiltà e la ricchezza, chi la sicurezza della stessa nobiltà, così da confessare di avere effettuato la conquista o di questi o di simili risultati con la volontà libera dall'intervento di Dio? Gli eventi naturali sono dunque portati sempre da leggi immutabili, gli aspetti esterni invece dalle incertezze dei casi. Dove sta quindi il libero arbitrio, per il quale gli uomini trascendono le bestie, per il quale sono stati fatti ad immagine di Dio, al quale soltanto si attiene la giustizia dell'esame divino? In che consiste, dico, questo libero arbitrio, il quale, com'è certamente negato dai manichei, così anche per tua confessione è certamente ammesso dai cattolici? Indubbiamente esso sta nella possibilità dell'uomo o di buttare la sua volontà in un crimine senza nessuna costrizione inevitabile di elementi naturali o di trattenere la sua volontà dal crimine. Agostino. Trattenere la volontà dal crimine è lo stesso e nient'altro di diverso dal non cadere in tentazione. Ma se questo lo avessimo nel potere della nostra volontà, non saremmo ammoniti a domandarlo al Signore con la preghiera. A chi dunque è detto: Evita il male, ( Sal 37,27 ) è detto evidentemente di trattenere dal crimine la sua volontà. E tuttavia l'Apostolo, pur potendo giustamente dire: Vi comando di non fare nessun male, scrive: Noi preghiamo Dio che non facciate alcun male. ( 2 Cor 13,7 ) Ecco perché ho detto - e non come mi fai dire tu -: " Nessuno è libero a fare il bene senza l'aiuto di Dio ". Questo aiuto appunto l'Apostolo pregava per i fedeli e non toglieva alla natura dell'uomo il libero arbitrio. O uomini esaltati e gonfiati, non vogliate confidare nella vostra forza: sottomettetevi a Dio e, per trattenere dal crimine la vostra volontà e non cadere in tentazione, pregate. Né pensate di non cadere in tentazione quando con forte volontà trattenete la concupiscenza della carne da qualche cattiva azione. Voi ignorate le furberie del tentatore: cadete in una tentazione ancora maggiore, se attribuite quel successo alla vostra volontà senza l'aiuto di Dio. Vorrei proprio che tu ci spiegassi in quale senso hai detto che " gli aspetti esterni " degli eventi umani buoni o cattivi, come la ricchezza o la povertà e tutte le altre condizioni, " sono portati dalle incertezze dei casi ". Anche queste circostanze infatti la fede cattolica le sottrae talmente al potere umano da attribuirle al potere divino. Ma lo dico, perché temo per voi che abbiate forse aggiunto al vostro errore anche la negazione che alla provvidenza divina appartengano tutte le sofferenze che soffrono gli uomini, tutte le loro acquisizioni, tanto nei loro corpi quanto nelle circostanze esterne, e che quindi tutti i mali che patiscono anche i bambini voi li attribuiate alle incertezze dei casi, così da tentare di alienare tutti questi aspetti dal giudizio di Dio, senza la cui volontà, come dice il Signore stesso, nemmeno un passero cade a terra. Voi vedete la vostra eresia naufragare in questa miseria dei bambini, che sotto il giusto Dio non esisterebbe affatto se non l'avesse meritata la natura umana, viziata e condannata dalla grandezza del primo peccato. ( Mt 10,29 ) 110 - La libertà di ora non è più la libertà di allora Giuliano. E perché questa verità assoluta sia illuminata con pochi esempi, il libero arbitrio sta nel fatto che sia tanto libero ad un uomo voler fare un sacrilegio quanto non volerlo, tanto libero voler perpetrare un parricidio quanto non volerlo, tanto libero commettere un adulterio quanto non volerlo, tanto possibile rendere vera testimonianza quanto falsa testimonianza, tanto libero obbedire al comando di Dio quanto obbedire alla persuasione del diavolo. Agostino. Dici la verità: questo è il libero arbitrio e assolutamente tale lo ricevé Adamo; ma il libero arbitrio che fu dato dal Creatore e fu viziato dall'ingannatore, dev'essere certamente risanato dal Salvatore. Questo voi non lo volete confessare con la Chiesa e per questo siete eretici. O uomo che non rifletti dove tu sia e nei giorni cattivi gongoli come un cieco quasi tu fossi in giorni buoni! Quando il libero arbitrio era tale e quale lo descrivi tu, l'uomo non era ancora diventato quella vanità che rende i suoi giorni come un'ombra passeggera. ( Sal 144,4 ) Non è infatti vanità Dio, a somiglianza del quale era stato fatto, somiglianza che in forza della grazia va adesso rinnovandosi di giorno in giorno. Non si diceva ancora: Nella colpa sono stato generato. ( Sal 51,7 ) Non si diceva ancora: Chi è mondo da macchia? Nemmeno un bambino che ha la vita di un giorno solo sopra la terra. ( Gb 14,4-5 ) Non si diceva infine: Non quello che voglio, io faccio, ma quello che detesto, ( Rm 7,15 ) e: Io so che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene: c'è in me infatti il desiderio del bene, ma non la capacità di farlo. ( Rm 7,18 ) Vedo nelle mie membra un'altra legge che muove guerra alla legge della mia mente. ( Rm 7,23 ) Questo male in Adamo, quando fu creato nella rettitudine, non c'era, perché non c'era ancora la natura umana depravata. Adamo aveva un Rettore che egli abbandonò con il libero arbitrio, non cercava un Liberatore per mezzo del quale diventare libero dal vizio. Pur ammesso infatti, come dite voi, che le parole: Non quello che voglio, io faccio ( Rm 7,19 ) e le altre simili siano proprie dell'uomo non ancora vivente sotto la grazia del Cristo, anche per questo dunque convincetevi che il Cristo trovò gli uomini di tanto inferma volontà a compiere il bene e che la natura umana non può riparare l'infermità del libero arbitrio a fare il bene se non in forza della grazia del Cristo. E per questo è vero quello che ho detto: " Nessuno è libero a fare il bene senza l'aiuto di Dio ". E tu hai sottratto le parole: " Senza l'aiuto di Dio ", proprio perché ti si aprisse un campo dove più loquacemente che eloquentemente ti potessi lanciare in tante affermazioni con le quali non dilettare chi legge, ma piuttosto ostacolare, per quanto ti è possibile, chi vuole capire. Sottomettetevi a Dio per essere corretti. Nessuno è libero di compiere il bene senza l'aiuto di Dio. Perché sollevate in alto la volontà umana per precipitare in basso? Pregate piuttosto, perché non cadiate in tentazione. 111 - In certi casi è più difficile peccare che non peccare Giuliano. La ragione poi per cui negli esempi di sopra ho messo il semplice volere più che la sua effettuazione è che un parricidio, un sacrilegio, un adulterio e comportamenti simili è più facile evitarli che farli. Non sempre infatti alla cattiva volontà arride l'opportunità di perpetrare quello che vuole. Viceversa l'astenersi da questi delitti costituisce una quiete somma. A meno che da voi si dica fatica questo stesso non voler faticare. Tralascio le testimonianze della Scrittura santa, sia riportate dai Profeti, dagli Evangelisti, dagli Apostoli, sia esposte da commentatori illustri per sana dottrina cattolica: Giovanni, Basilio, Teodoro e simili, che molto maggiore definiscono la fatica di commettere i crimini della fatica di evitarli. Agostino. Magari tu ritenessi la fede di costoro! Non negheresti nei bambini il peccato originale. 112 - La volontà attratta dalla soavità liberale dell'amore Giuliano. Per ora, limitandomi alle esigenze della presente questione, insisto nel dire che il libero arbitrio né è stato dato per altro, né si può intendere se non in questo: nessuno sia rapito né alla giustizia né alla iniquità da una volontà prigioniera. Agostino. Certamente di chi, per la legge che vede nelle sue membra far guerra alla legge della sua mente e farlo schiavo della legge del peccato, grida: Io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio, ( Rm 7,15 ) devi dire tu senza dubbio come non venga rapito al male da una volontà prigioniera. Per parlare infatti provvisoriamente a modo vostro, se costui geme sotto una cattiva abitudine, non trovandosi ancora costituito, come dite voi, sotto la grazia del Cristo, costui ha o non ha il libero arbitrio della volontà? Se lo ha, per quale ragione non fa il bene che vuole, ma compie il male che odia? Se poi non lo ha, perché non si trova ancora sotto la grazia del Cristo, ecco io dico di nuovo ciò che ho già detto e vedo doversi dire spesso a voi: Nessuno se non per la grazia del Cristo può avere l'arbitrio della volontà libero a fare il bene che vuole e a non fare il male che odia; non perché la sua volontà sia rapita come prigioniera al bene e al male, ma perché, liberata dalla prigionia, sia attratta al suo Liberatore dalla soavità liberale dell'amore e non dall'amarezza servile del timore. 113 - Vedi di non passare dalla declamazione alla lamentazione Giuliano. Sono certamente dolci gli incitamenti dei vizi, e sono anche amari spesso i tormenti delle pene inventati dai persecutori, ma e gli incitamenti dei vizi li sferza la censura della onestà e i tormenti delle pene li assorbe la grandezza della pazienza. Agostino. Stai declamando in mezzo a quelli che confidano nella loro forza. ( Sal 49,7 ) Attendi a te, perché non si levino i tuoi clamori in mezzo a quelli che saranno tormentati per la loro superbia. 114 - Anche le nostre virtù fruiscono della grazia di Dio Giuliano. Ma tuttavia nemmeno delle virtù è gravoso il possesso, il quale, fuori da quella specie di regno che è la buona coscienza, fruisce della promessa sublimità della beatitudine eterna. Sono tuttavia presenti gli aiuti della grazia di Dio, che dalla parte della virtù non mancano mai alla volontà. Della quale grazia di Dio sebbene siano innumerevoli le specie, tuttavia esse entrano in gioco sempre con tale moderazione da non espellere mai dal suo posto il libero arbitrio, ma da offrirgli sostegni a cui appoggiarsi, finché voglia avvalersene, senza tuttavia opprimere l'animo che sia riluttante. Da questo dipende appunto che, come gli uni ascendono dai vizi alle virtù, così altri ricadono dalle virtù nei vizi. Agostino. Donde è possibile che gli aiuti della grazia di Dio espellano dal suo posto il libero arbitrio, se essi piuttosto lo liberano perché ritorni al suo posto, dopo che da esso lo hanno cacciato i vizi e dopo che lo ha soggiogato la nequizia? Ma quando si chiede a voi quali siano cotesti aiuti della grazia di Dio, tirate fuori quelli che hai ricordati sopra: " Dio aiuta comandando, benedicendo, santificando, coercendo, provocando, illuminando ". Sono azioni che secondo le Scritture vengono fatte tutte anche per mezzo degli uomini. Infatti anche gli uomini comandano e benedicono e santificano con i sacramenti divini e coerciscono correggendo e provocano esortando e illuminano istruendo. Tuttavia né chi pianta né chi irriga vale qualcosa, bensì Dio che fa crescere. ( 1 Cor 3,7 ) La crescita poi è che ciascuno obbedisca ai precetti di Dio: il che non avviene, quando veramente avviene, se non in forza della carità. Per questo è nella carità che la Chiesa per edificarsi fa crescere il proprio corpo. ( Ef 4,16 ) Cotesta carità la dona Dio solamente, perché la carità è da Dio. ( 1 Gv 4,7 ) Questa carità voi non la volete nominare tra gli aiuti della grazia che ricordate, per non concedere che lo stesso nostro obbedire a Dio è sua grazia. Pensate appunto che in tal modo si toglie l'arbitrio della volontà, mentre nessuno può obbedire se non per mezzo della volontà. Ma - e voi non lo volete - la volontà viene preparata dal Signore, ( Pr 8,35 ) non con parole risuonanti al di fuori, bensì nel modo in cui, pregando la regina Ester ed essendo esaudita, Dio convertì il re Assuero e volse in dolcezza il suo sdegno. ( Est 15,11 ) Come infatti Dio fece questo in maniera divina e occulta nel cuore di un uomo, così Dio in noi suscita il volere e l'operare secondo i suoi benevoli disegni. ( Fil 2,13 ) 115 - Con l'aiuto della grazia di Dio è possibile alla volontà umana fare il bene Giuliano. In che modo tu dunque confessi il libero arbitrio, al quale dici possibile una scelta soltanto, cioè fare il male, ma non possibile allontanarsi dal male e fare il bene? ( Sal 34,15 ) Agostino. Dico che è possibile alla volontà dell'uomo allontanarsi dal male e fare il bene, ma a quella volontà che Dio aiuta gratuitamente e non alla volontà che Giuliano gonfia ingratamente. 116 - Dio rende possibili le azioni che comanda Giuliano. Taccio per ora con che rabbia tu frema contro tutta la legge, che credi avere prescritto ai mortali azioni delle quali non vedeva nessuna facoltà presso i mortali. Agostino. Non è vero quello che dici. Dio comanda azioni che si possono fare, ma egli stesso dà di farle a coloro che così le possono fare e le fanno; e imperando ammonisce coloro che non le possono fare di chiedere a lui di poterle fare. E poiché non tutte le azioni sono fatte da ognuno dei santi, sa Dio come provvedere alla loro umiltà. Essi dicono quotidianamente: Rimetti a noi i nostri debiti, ( Mt 6,12 ) e Dio li aiuta a praticare l'obbedienza, così che ci sia anche qualche venialità a cui elargire il perdono. 117 - Bestia bimembre il tuo uomo Giuliano. Ma domando in compagnia di quali poeti sei andato a sbattere in tale Ippocrène da fingere non certo poetando ma bestemmiando, una bestia bimembre, di cui formare il corpo con la necessità del male e ricoprire soltanto la faccia con il nome della libertà. Agostino. Ti dipingi da te stesso quello che ti piace, e ti va di rivoltare fantasmi vacui con cuore vacuo. Per quale ragione infatti metti a disposizione della volontà buona i sussidi della grazia, mentre la volontà cattiva è cattiva o continua ad essere cattiva, perché non si avvale di nessun sussidio? Forse che qui la tua bilancia, che tenti di tenere in equilibrio perfetto con uguali pesi da una parte e dall'altra, perché la volontà quanto è libera al male altrettanto sia libera anche al bene, abbassandosi da una parte mostra che tu stai delirando? 118 - Se liberata, libera anche per il bene, la nostra volontà Giuliano. Così ragioni infatti anche in quell'opera che mandasti a Roma: La volontà che è libera nei mali, non è libera nei beni. Agostino. Per quale ragione non aggiunti quello che hai letto in quel mio testo: Se non è stata liberata? O perché il Signore, quando parlava dei frutti dei tralci, ossia delle buone azioni, afferma: Senza di me non potete fare nulla, ( Gv 15,5 ) se non perché nessuno è libero a fare il bene se non lo libera lui stesso? 119 - Definizione della cecità Giuliano. E in quell'opera dici celestiano chi pensa che ognuno sia libero a fare il bene, e dunque libertà dici quella che non può fare altro che il male. Trova, se puoi, un'altra definizione di ciò che non è libertà e difendi allora questa tua libertà. Se avevi perduto talmente il buon senso da non vedere la definizione della libertà nella sua concretezza, non avresti dovuto capire almeno dal suo contrario quale sia l'essenza della libertà? Immagina infatti di aver potuto dubitare ugualmente che cosa fosse ciò che si dice la vista degli occhi e di definirla in questo modo: La vista è o avere gli occhi cavati dalle orbite o non poter scorgere nulla, quando è il tempo di vedere, per impedimenti di qualsiasi genere. E questa definizione pensala adatta alla vista, ma pòrtati a spiegare il suo contrario, cioè la cecità. A questo punto, trovando che in un animale dotato per natura della vista degli occhi la cecità non è se non avere le occhiaie vuote o avere l'ostruzione di un umore denso che tolga la facoltà di vedere, ti ricrederesti senza dubbio e ti accorgeresti che una sola definizione non può adattarsi a realtà contrarie. Quindi, se la cecità non si può definire se non come privazione della vista negli occhi di un animale nel tempo in cui dovrebbe vedere, renderesti anche la definizione della vista negando gli elementi con i quali avevi esposto la cecità: cioè la vista altro non è che la congrua possibilità di vedere in condizioni opportune con occhi né cavati né serrati. Se tu riluttassi ostinatamente a tale dimostrazione, non otterresti altro che questo: o gli uditori penserebbero che tu con vergognosa pervicacia resisti alla tua coscienza, o, se ti prendessero come assolutamente sincero con te stesso, giudicherebbero che tu hai gli occhi della mente cavati fuori non meno di colui che tu avevi definito vedente. Agostino. Io non voglio che tu definisca la cecità, ma che tu la finisca con la tua cecità e tu veda che il Cristo non avrebbe potuto giustamente dire: Senza di me non potete fare nulla, ( Gv 15,5 ) se gli uomini avessero potuto essere liberi a fare il bene senza la grazia del Cristo. 120 - Loquacità intricata su libero e non libero Giuliano. Così dunque, per applicare l'esempio alla causa, avresti potuto capire, almeno dalla definizione del non libero, che cosa avresti dovuto chiamare libero. Sebbene infatti l'intelligenza si fosse offuscata nel definire il libero arbitrio, così da giudicare tu che si possa dire libero ciò che tra due contrari aderisce solo ad uno di essi, avresti dovuto osservare che non si può spiegare altrimenti l'essere schiavo, cioè il non essere libero, se non come l'essere rivendicato in dominio di una tra due parti contrarie, e quindi si deve dare nome alla libertà negando la cattività: se ciò che non era libero si costringeva ad aderire ad una sola delle due parti contrarie, al suo opposto, ossia al libero, non si lasciava di essere assegnato a nessuna delle due parti. Agostino. Perché complichi le idee chiare con una loquacità intricata? Al male è libero chi compie il male di sua volontà o con il fare o con il dire o anche solo con il pensare, ma questo chi degli uomini non lo può fare nell'età più grande? Al bene invece è libero chi compie il bene per mezzo della sua volontà buona, anch'egli o con il fare o con il dire o anche solo con il pensare: ma questo nessuno degli uomini lo può senza la grazia di Dio. Se dici che qualcuno lo può, contraddici colui che disse: Senza di me non potete fare nulla; ( Gv 15,5 ) contraddici pure colui che disse: Non che da noi stessi siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi, ma la nostra capacità viene da Dio. ( 2 Cor 3,5 ) Penso che la capacità di pensare, che l'Apostolo non si riconosceva da se stesso ma da Dio, la riferisse al bene e non al male. Ma dal buon pensare viene il buon parlare e il buon operare. Quindi chi non è capace da sé di pensare qualcosa di buono, logicamente non è idoneo da sé nemmeno a parlare bene e nemmeno a operare bene, ma, se è sotto la grazia, la capacità gli viene da Dio. Tanto che è scritto: Non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi; ( Mt 10,20 ) e: Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio. ( Rm 8,14 ) Guardando a questi testi io ho detto che nessuno senza l'aiuto di Dio è libero a fare il bene. Tu temendo questi testi hai detto che io ho detto che nessuno è libero a fare il bene e hai soppresso le parole - da me aggiunte -: " Senza l'aiuto di Dio ". Perciò non dubito che tu ti sappia già vinto, ma con prolisso vaniloquio cerchi di non apparire vinto, definendo la volontà libera in tal modo da non poter essere libera se non potendo fare l'uno e l'altro, ossia agire bene e agire male. E con questo ti è necessario togliere la libertà a Dio, che può avere soltanto la volontà buona, ma non può avere la volontà cattiva. 121 - La più misera resistenza Giuliano. Poiché questa è la situazione e poiché su questo punto tu fai la più misera resistenza, è incerto che cosa convenga di più pensare di te: se difendi il falso contro la tua coscienza o se credi vero ciò che è falso, e quindi è incerto se tu abbia perduto gli occhi della ragione, mentre è certo che hai perduto gli occhi della fede. Agostino. Ti consoli forse d'esser stato vinto per il fatto che puoi offendere? 122 - I risultati ottenuti Giuliano. Ma per riassumere i risultati ottenuti: il libero arbitrio, che dalla parte del male è aiutato dalle voluttà dei vizi o dalle suggestioni del diavolo, e dalla parte del bene invece dai dogmi delle virtù e dalle varie specie della grazia divina, non può sussistere altrimenti se non si toglie da esso la necessità sia della giustizia, sia del peccato. Agostino. Se tra le specie della grazia divina voi metteste la dilezione, che non viene da noi ma da Dio, che apertissimamente leggete data da Dio ai suoi figli, senza la quale nessuno vive piamente e con la quale nessuno vive se non piamente, senza la quale non è buona la volontà di nessuno e con la quale non è se non buona la volontà di ognuno, veramente difendereste il libero arbitrio e non lo gonfiereste. Quanto poi alla necessità, se dici quella che opprime ognuno che non vuole, essa non esiste per la giustizia, perché nessuno è giusto senza volerlo essere, ma la grazia di Dio lo fa passare da non volente a volente. Quanto invece alla necessità del peccato, se nessuno peccasse involontariamente, non sarebbe scritto: Sigillasti i miei peccati in un sacchetto e notasti se qualcosa commisi contro la mia volontà. ( Gb 14,17 ) 123 - Pregiudizi al posto di giudizi Giuliano. Ma la verità del libero arbitrio la confessano i cattolici, la negano invece i traduciani insieme ai manichei, loro maestri. Agostino. Cotesti sono pregiudizi e non giudizi. Vorrei che tu potessi giudicare; pregiudicare invece quale canaglia non lo può fare? 124 - Un falso timore e una fine vera Giuliano. Noi dunque abbiamo detto la verità, poiché quanti restano ingannati da voi, per non essere chiamati eretici diventano manichei, e per la paura di una falsa infamia incorrono in un vero crimine, alla maniera di quelle fiere che vengono circondate di penne per farle entrare nelle reti: così un falso timore le consegna ad una fine vera. Diciamo poi che Dio è il creatore dei nascenti in questo modo: poiché certamente il Dio dei cattolici, che è quello vero, non può fare nulla di male, in nessun modo si può credere per la dignità dello stesso operatore che gli uomini fatti da lui escano dalle sue mani iniqui e rei prima dell'uso della volontà. Le quali verità, negandone voi una, le compromettete ambedue. Tu affermi di credere, sì, che Dio è il creatore, ma di uomini cattivi, e con questo sconfessi il tuo dogma negando di asserire che creatore degli uomini sia il diavolo. Agostino. Tutto ciò che negli uomini, i quali nascono con il vizio, appartiene a Dio creatore, è buono; perché anche ciò che è giusto è buono. Ma Dio è autore delle nature e non dei vizi. Vieni ormai al sodo e vediamo che cosa sei pronto a dire a questo proposito: in che modo i bambini non sono strappati al potere delle tenebre, quando per mezzo dei sacramenti della Chiesa sono trasferiti nel regno del Cristo. Per quanti siano infatti i panni della tua molteplice loquacità nei quali ti avvolgi, quando arriverai a questo punto, apparirai un eretico nudo. 125 - Tali uomini quali Dio non può fare Giuliano. Poiché infatti ascrivi all'opera di Dio tali uomini quali egli non può fare, mostri che nulla di quello che avevi detto fatto da Dio appartiene a Dio. Agostino. Gli uomini non li può fare se non Dio. Tu piuttosto di' come i bambini non vengano strappati al potere delle tenebre, quando sono rigenerati per mezzo dei sacramenti divini. 126 - Più benevolo con il diavolo che con Dio Giuliano. Sul quale argomento, benché sia stato trattato più diffusamente nel primo libro, tuttavia anche qui almeno brevemente esprimiamo quale sia la tua sentenza. Temi di assegnare all'opera del diavolo una qualche sostanza, ma non temi di addossare a Dio, non dico un qualche crimine, bensì un grande crimine. Trova più rispetto presso di te la natura della carne umana che la giustizia di Dio. Quasi fosse infatti qualcosa di grande, hai temuto così tanto di assegnare al diavolo la sostanza dell'uomo, e, quasi non fosse nulla di grande, hai addebitato alla giustizia e alla santità di Dio l'infusione nell'uomo di una scelleratezza. Come se tra le due affermazioni, ma ambedue false, assegnare alle opere del diavolo la carne non fosse stato più tollerabile che assegnare alle opere di Dio l'iniquità. Agostino. Siete voi piuttosto a bestemmiare la giustizia di Dio, dicendo che sotto la sua onnipotenza i bambini soffrono mali così grandi senza " mali " meriti. Ma di' ormai in che modo separate i bambini da coloro che Dio libera dal potere delle tenebre per trasferirli nel regno del suo Figlio diletto. ( Col 1,13 ) 127 - Qualcosa di più tetro dei sacramenti manichei Giuliano. Come infatti qui hai detto che i bambini sono formati da Dio rei e in potere del diavolo, così nelle ultime parti del tuo libro hai vomitato qualcosa di più tetro di quanto sono tetri i sacramenti dei manichei, dicendo che Dio crea i cattivi così come pasce e nutre i cattivi. ( Is 45,7 ) Agostino. Quando arriverai alle medesime parti del mio libro, ivi apparirà in che senso sia stato detto ciò che qui obietti. Adesso di' ormai, per favore, come non siano liberati dal potere delle tenebre i bambini, quando vengono rigenerati e trasferiti nel regno del Cristo. 128 - "Io creo i mali" Giuliano. Dio dunque crea il male! Agostino. Tu non capisci in che senso Dio dica presso il Profeta: Io creo i mali. ( Is 45,7 ) 129 - Dio punisce ciò che fa lui stesso Giuliano. E si puniscono gli innocenti per quello che fa Dio! Agostino. Né sono innocenti per la loro origine, né si puniscono per quello che fa Dio. 130 - Per giustizia, non per malizia Giuliano. E sono posseduti dal diavolo, perché è Dio che li fa possedere dal diavolo! Agostino. Anche l'Apostolo consegnò un tale a satana, ma per giustizia, non per malizia. ( 1 Cor 5,5 ) Anche Dio abbandonò alcuni in balìa di una intelligenza depravata, ( Rm 1,18 ) e speriamo che non vi siate compresi pure voi. 131 - Origine viziata Giuliano. E Dio imputa agli uomini un crimine delle sue mani. Agostino. Non è un crimine delle mani di Dio quello che i bambini contraggono dalla loro origine viziata. 132 - Dio complice del diavolo Giuliano. E il crimine che il diavolo persuase, Dio teneramente, diligentemente, perseverantemente lo plasma e lo protegge e lo custodisce e lo forma. Agostino. Dio non forma il crimine che il diavolo persuase, ma Dio forma bene ciò che egli forma dalla natura che il diavolo viziò. 133 - Dio rimedia al male della generazione con la rigenerazione Giuliano. E Dio reclama un frutto di bontà dall'uomo nel quale ha ingenerato il male! Agostino. Dio non ha ingenerato il male, ma il male che la generazione viziata ha ingenerato, Dio lo purga con la rigenerazione. 134 - Altro che un giusto Signore! Giuliano. E con tutta la legge poi Dio mentisce dicendo di essere un giusto Signore! Agostino. Tu mentisci! Negando che i figli di Adamo abbiano un peccato degno di un grave giogo, ( Sir 40,1 ) che cosa tenti di dimostrare tu se non che Dio sia ingiusto? 135 - Si chiama ancora Dio? Giuliano. E chi è capace di tanti crimini si chiama ancora Dio? Agostino. Proprio perché Dio non è capace in nessun modo di crimini, per questo non è capace nemmeno del crimine che gli addebitate voi: che senza il merito di nessun peccato originale i bambini patiscano tanti e tanto grandi mali, o facendo Dio stesso questo o permettendolo. 136 - Proprio dei cattolici, proprio dei manichei Giuliano. Dei manichei sparirà il ricordo con il loro strepito, perché rimane in eterno il Signore, che erige per il giudizio il suo trono e giudicherà il mondo con giustizia. ( Sal 9,7-9 ) Nessun crimine c'è in Dio. Egli quindi non crea i cattivi. Perché, se fossero cattivi per natura, Dio non li potrebbe creare. E da questo, com'è proprio dei cattolici confessare Dio creatore dei buoni, così è proprio dei manichei credere che Dio sia creatore dei cattivi. Agostino. Se voi non foste sordi contro le parole divine dove si dice: Giudicherà il mondo con giustizia, imparereste a riconoscere l'equità di Dio anche nelle pene dei bambini. Per natura infatti sono buoni, perché li crea Dio; ma per un vizio sono cattivi, e da questo vizio Dio li risana. Nella quale sentenza cattolica non sparisce il ricordo dei manichei soltanto, ma anche il ricordo dei pelagiani con lo strepito della loro loquacità. 137 - Precedenti Giuliano. Ma vediamo anche il seguito. Agostino. Ecco, passi già alle altre parole del mio libro e contro ciò che dalle precedenti parole io ti avevo proposto quasi per una tua confutazione non dici nulla. Infatti per pressarvi con l'autorità dell'Apostolo io ho detto che voi dite che i bambini non sono liberati dal potere delle tenebre e non sono così trasferiti nel regno di Dio. ( Col 1,13 ) Contro la quale mia accusa non dicendo nulla, tu veramente, come ho già detto sopra, apparisci un eretico nudo. Ma io non ho faticato nello spogliarti, perché tu contro la fede apostolica dell'antichissima madre Chiesa non hai osato coprirti con nessun panno vaniloquo di parole tue. 138 - Un testo riassuntivo di A. Giuliano. Ascolta dunque brevemente di che cosa si tratti nella presente questione. I cattolici dicono che la natura umana, fatta buona dal Dio buono, suo creatore, ma viziata dal peccato, ha bisogno del medico Cristo. I manichei dicono che la natura umana non sia stata fatta buona da Dio e viziata dal peccato, ma dicono che l'uomo è stato creato dal principe delle tenebre eterne con la mescolanza di due nature, una buona e una cattiva, esistenti da sempre. I celestiani e i pelagiani dicono che la natura umana è stata fatta buona dal Dio buono, ma nei bambini nascenti l'asseriscono talmente sana che essi non hanno la necessità a quell'età della medicina del Cristo. Riconosci dunque nel dogma tuo il nome tuo e smetti di rinfacciare ai cattolici che ti confutano e un dogma e un nome estranei ad essi. Infatti la verità redarguisce gli uni e gli altri: e i manichei e voi. Dice infatti ai manichei: " Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina? Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola. Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi ". ( Mt 19,4-6 ) In tal modo appunto indica Dio e come creatore degli uomini e come unitore dei coniugi, contro i manichei che negano ambedue queste verità. A voi dice d'altra parte: " Il Figlio dell'uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto ". ( Lc 19,10 ) Ma voi, egregi cristiani, vogliate rispondere al Cristo: Se tu sei venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto, non sei venuto per i piccoli, perché essi non erano perduti e sono nati salvi. Vattene ai grandi. Contro di te adoperiamo in prescrizione le tue stesse parole: " Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati " ( Mt 9,12 ) Così avviene che Manicheo, il quale dice che all'uomo si è mescolata una natura cattiva, voglia che il Cristo liberi da essa almeno l'anima buona, e tu al contrario sostieni che nei piccoli, poiché sono salvi nel corpo, non c'è nulla che il Cristo abbia da liberare. E in tal modo Manicheo vitupera, sì, detestabilmente la natura umana, ma tu la lodi crudelmente. Tutti coloro infatti che crederanno a te lodatore, non offriranno i loro bambini al Salvatore. Anche nella mia prima opera ho commentato che tu nulla fai di più che farti capire poco. Agostino. Sono capito in modo pieno, lo voglia tu o non lo voglia; ma tu che non hai nulla di pronto da dire contro i miei argomenti vuoi che non sia capito ciò che io ho detto di verissimo e di saldissimo. Del resto la realtà stessa ha indicato che tu non hai potuto confutare le mie tesi. 139 - Ti affatichi e non puoi confutarmi Giuliano. E ho dimostrato che i tuoi commenti quasi nella loro maggioranza ci si affatica più a capirli che a vincerli. Agostino. E tu ti affatichi e - quello che è peggio per te - sei vinto. Tuttavia non ti affatichi per capirmi - il che puoi facilissimamente -, ma ti affatichi per confutarmi: il che non lo puoi. 140 - Approfitti della dimenticanza dei lettori Giuliano. Ma se lo volessi fare punto per punto, apparirò e superfluo nel ripetere i medesimi discorsi e lungo nel tenere dietro a tutte le discussioni. Agostino. Ecco come agisci, perché il lettore si allontani un bel po' da quanto ho detto e giudichi che tu abbia risposto, mentre dimentica i punti che ti eri proposto con l'apparente intenzione di confutarli. 141 - Il metodo che seguirò Giuliano. Pertanto, sebbene tutti gli scritti pubblicati da te contro di noi si affrettino ad un fine soltanto, cioè a persuadere che esistano mali naturali, o che il diavolo sia creatore degli uomini o che Dio sia creatore di crimini, reputo tuttavia che gioverà alquanto alla preoccupazione della brevità se da parti diverse raggrupperò insieme soprattutto quegli argomenti con i quali ti sembra di difendere tutta la tua opinione, mentre te ne servi per nasconderti, e se prima aiuterò i tuoi argomenti con una esposizione, perché apparisca a che cosa mirino, e se poi li abbatterò, non sparsi ma raccolti, non involuti ma svelati. Agostino. Per la tua ammirevole preoccupazione di brevità rendi otto libri ad uno solo dei miei, che non smonti nemmeno con tanta prolissità di chiacchiere. Di' ora, se puoi, come non siate costretti a dire al Cristo, se non con le parole, certamente con gli stessi vostri perversi sentimenti: Se sei venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto, non sei venuto per i piccoli, perché questi non erano perduti e sono nati salvi. Vattene ai grandi. Contro di te adoperiamo in prescrizione le tue stesse parole: " Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati ". Rispondi a queste parole. Perché tenti di avvolgere e di occultare la verità con falsi discorsi? 142 - Un altro testo di A. riportato da G. Giuliano. Pertanto nelle ultime parti del tuo libro, dopo aver detto: Dio crea i cattivi, così come nutre e pasce i cattivi aggiungi: Perché quello che assegna ad essi creandoli appartiene alla bontà della natura e l'incremento che dà ad essi pascendoli e nutrendoli è un buon aiuto che presta non certo alla loro malizia, bensì alla medesima loro buona natura, creata da lui buono. Il loro essere uomini è un bene di natura e di questo bene è autore Dio; invece il loro nascere con il peccato, destinati a perire se non rinascono, appartiene al seme che è stato maledetto fin da principio, per il vizio di quell'antica disobbedienza. ( Sap 12,11 ) Del quale vizio tuttavia si serve bene il plasmatore anche dei vasi d'ira, per far conoscere la ricchezza della sua gloria verso i vasi di misericordia, perché qualcuno non lo attribuisca ai suoi meriti se è liberato per grazia, pur appartenendo alla medesima massa, ma " chi si vanta, si vanti nel Signore ". ( 1 Cor 1,31 ) Costui, allontanandosi da questa fede, non vuole ammettere che i nascenti siano sotto il diavolo, perché i bambini non si portino al Cristo per essere liberati dal potere delle tenebre ed essere trasferiti nel regno di lui. ( Col 1,13 ) E così mette sotto accusa la Chiesa diffusa in tutto l'orbe, nella quale dappertutto tutti i piccoli battezzandi non per altro fine sono insufflati se non perché sia buttato fuori da loro il principe del mondo. Ugualmente nel seguito parlando della libidine, senza la quale non si può avere l'unione dei coniugi, libidine che noi difendiamo come naturale e come pertinente all'opera di Dio, non come un qualche grande bene, ma come sensibilità dei corpi fatti da Dio, libidine che tu in tanto numerosi scritti cerchi di asserire inserita nelle viscere umane dal diavolo, collocando il tuo dogma nella sua vergogna; parlando dunque della stessa libidine, come frequentemente, anche nell'ultima parte del tuo libro, ne parli così: Perciò anche l'onesta unione dei coniugi non la condanniamo per la vergognosa libidine dei corpi. L'unione infatti ci potrebbe essere, anche se precedentemente non fosse stato commesso nessun peccato, e di essa non arrossirebbero i coniugati; la libidine invece sorse dopo il peccato, e si sentirono costretti a velarla per vergogna. ( Gen 3,7 ) Da qui è rimasta successivamente ai coniugati, anche se usano di questo male in modo buono e lecito, l'abitudine di evitare in tale operazione lo sguardo umano, e così confessano che bisogna vergognarsi di tale operazione, mentre nessuno deve vergognarsi di ciò che è buono. Quindi chi per la mortificante libidine si unisce lecitamente, usa bene di un male; chi viceversa si unisce illecitamente, usa male di un male. Agostino. Per quale ragione la mia sentenza è stata interrotta e dopo l'omissione di alcune righe è stato aggiunto, come se fosse il seguito: Quindi chi per la mortificante libidine ecc., ma sono state omesse le mie parole dove è detto: In tal modo si insinuano queste due verità: e la bontà della lodevole congiunzione per generare figli, e la malvagità della umiliante libidine, per cui coloro che sono generati devono esser rigenerati per non essere condannati? Per quale ragione sottrai coteste mie parole di mezzo alla mia sentenza e dopo averle sottratte soggiungi altre mie parole, come se fossero quelle che seguono? Cos'è questo che fai? Per quale ragione lo fai? È poco che tu trascuri quei punti del mio medesimo libro che ti eri proposto di confutare per ordine e passi ad altri punti, con il risultato che l'ordine si turba e dalla memoria del lettore cade quanto era stato proposto da te. Per giunta anche le parole che inserisci disordinatamente come ti è piaciuto, non le ripeti con fedeltà tutte e integre, ma tagli dove vuoi, togli quanto vuoi, congiungi come vuoi. Ma fa' tutto quello che vuoi: tanto apparirai vinto e stravinto come non vuoi. 143 - I riferimenti di G. non sono precisi Giuliano. Riceve infatti il nome di male più correttamente che di bene ciò di cui si vergognano e i cattivi e i buoni, e facciamo meglio a credere all'Apostolo quando scrive: " Nella mia carne non abita il bene ", ( Rm 7,18 ) piuttosto che credere a Giuliano, il quale dice che è un bene la concupiscenza. Agostino. Non era una grande fatica completare dal mio libro anche questa sentenza. Io infatti ho detto: Piuttosto che credere a Giuliano quando dice che la concupiscenza è un bene: della quale, se se ne vergogna, riconosce che è un male; se poi non se ne vergogna, aggiunge l'impudenza, che è un male anche peggiore. Ma non so per quale ragione tu non abbia riferito queste parole, potendo ugualmente non rispondere ad esse, come alle altre che hai riferito per confutarle e poi non hai voluto nemmeno più toccarle. 144 - Difficilmente intelligibili le tue parole Giuliano. E poco dopo continui: Poiché la natura umana, che nasce dal matrimonio o dall'adulterio, è opera di Dio. La quale natura se fosse un male non si dovrebbe generare; se non avesse un male, non si dovrebbe rigenerare, e per ridurre le due verità ad un solo e medesimo vocabolo: se la natura umana fosse un male, non si dovrebbe salvare; se nella natura umana non ci fosse nessun male, non si dovrebbe salvare. Chi dunque nega che la natura umana sia un bene, nega il Creatore buono che l'ha creata; chi poi nega la presenza in lei di un male, nega il misericordioso Salvatore a lei che è stata viziata. Pertanto negli uomini che nascono né sono da scusare gli adultèri per il bene che attraverso di essi è stato creato dal Creatore buono, né sono da accusare i matrimoni per il male che in essi dev'essere sanato dal Salvatore misericordioso. Nei riguardi di queste tante parole che ho riportato dai tuoi scritti, poiché in esse avevi sofferto un grande danno nel pensiero per il tentativo di farti apparire acuto nel dire qualcosa, occorre che nel ripeterle facciamo delle distinzioni, sia per la nostra abitudine di non agire mai con inganno, sia per la sicurezza della verità, poiché sono difficilmente intelligibili le tue parole dai tuoi ragionamenti. Dei manichei hai detto dunque che biasimano la natura della carne e asseriscono che l'uomo fu fatto con il mescolamento di due nature, una buona e una cattiva. Di noi poi che chiami eretici, affermi che diciamo: la natura umana, creata dal Dio buono, è buona, come testimonianza del suo autore, e nei bambini è talmente sana da non essere necessaria a loro la medicina del Cristo. Di te dici poi che affermi: certamente buona fu creata dal Dio buono la natura di Adamo all'inizio, ma tuttavia fu viziata dal peccato e ha bisogno perciò della medicina del Cristo. In verità nel primo libro della presente opera, accostando le opinioni delle due parti, ho dimostrato come non ci sia nessuna distanza tra la vostra fede e la " profanità " dei manichei, essendo appunto manifesto che la vostra fede è nata dai manichei. Risultò dalla mia dimostrazione che tu per paura fai coppia con Gioviniano, ma per amore fai coppia assolutamente con Manicheo. Questo dunque dev'essere discusso anche nella presente situazione, ma distinguo prima la nostra dottrina e dopo la vostra. Di noi hai detto dunque la verità dicendo che noi diciamo la natura umana creata buona dal Dio buono: ma fin qui è dottrina nostra. Una parte infatti che completa la nostra sentenza o non l'hai vista o l'hai soppressa, e hai messo invece un'altra parte che non è nostra e l'hai presa dalla tua dottrina. Ma noi non diciamo soltanto che la natura dell'uomo fu creata buona da Dio in Adamo, bensì diciamo che in tutti i bambini è creata buona da quel Dio che fu l'autore del primo uomo, ed è per questo che asseriamo Dio creatore di tutti gli uomini. Agostino. Che altro infatti diciamo anche noi del Signore Dio, creatore di tutti gli uomini? Ma voi negate - e questo sia lungi da noi! - che Dio sia necessario ai bambini come salvatore, asserendo che la loro natura è tanto buona da dire voi che non c'è in essa nessun male per cui abbia bisogno del medico Cristo. A questo rispondi tu, confuta prima ciò che ti eri proposto di confutare. Mostra per quale ragione si essufflino i bambini da battezzare. Oppure contesta che si debbano essufflare, ndo guerra apertissima all'antichissima Chiesa universale. Su questo agisci, qui insisti, contro questa fortezza scaglia, se puoi, qualcosa che la faccia crollare. Perché fuggi sotto le pelli della tua loquacità? Perché spargi vanissimi fumi per far dimenticare al lettore questi problemi, così coperti e oscurati da te, e fargli pensare che tu dici qualcosa, mentre non sei capace di rispondere un bel niente? 145 - Parole antitetiche tra loro Giuliano. Non solo dunque hai rimosso questa parte della nostra sentenza dalla nostra dichiarazione, ma le hai anche sostituito una tua parte, la quale al primo incontro avrebbe qualcosa di odioso, ma tuttavia svanirebbe dopo che fosse stata discussa. Hai riferito infatti che noi diciamo che la natura, creata buona dal Dio buono, è però così sana da non avere necessità della medicina del Cristo. Cerca dunque d'intuire quanta penuria di verità ti affligga, se anche nelle stesse parole che si dicono antitetiche non ti vergogni di commettere un furto tanto evidente. Infatti dopo aver posto precedentemente le parole: " Natura buona ", hai soggiunto poi: " È così sana ". Forse antitetico di buono è sano? Certamente quando diciamo buono, non gli opponiamo in senso proprio nient'altro che cattivo; se poi la causa richiede che diciamo sano, gli collochiamo di fronte debole o malato. Cosicché se è sano, non si dice certamente debole; se è debole, non si dice sano. Quando invece diciamo: Questo è buono, non gli opponiamo come contrario il nome di sano, ma il vocabolo di cattivo. Tu dunque avresti dovuto dire che noi definiamo la natura degli uomini creata buona da Dio, ma che essa è nei bambini talmente buona da non richiedere nessun correttore del suo stato creaturale. Oppure se preferivi indicare le cose che erano buone con un vocabolo improprio, cioè di cose sane, avresti significato tutto con un modo di parlare consono. Adesso invece tu, come una piccola murena, affondi tra i sassi delle definizioni. Poiché infatti la verità ti aveva spinto a confessare che noi diciamo la natura degli uomini creata buona dal Dio buono, e poiché in quella parte della nostra sentenza vedevi molta ragionevolezza e nessuna odiosità, passasti subito ad altre parole, soggiungendo che noi però sosteniamo la natura umana tanto sana da credere che non le sia necessaria la medicina del Cristo. Se cadi in tutto questo per imperizia, sei stupidissimo; se invece lo fai per furberia, ti fai trovare maliziosissimo. Agostino. Quando ti saresti ridotto a fare questi discorsi se non perché non avevi che dire? Noi infatti non avremmo dovuto dire, come pensi tu, la natura umana " talmente sana " dopo averla detta " buona ", per non opporre tra loro termini che non sono veramente antitetici. Il che se volessi dimostrare con quanta imperizia tu lo dica, indugerei a somiglianza di te su argomenti non necessari. Togli di mezzo le discussioni superflue, che non gioverebbero minimamente a te nemmeno se fossero vere, e di', se puoi, come voi non neghiate ai bambini il medico Cristo. Appena infatti comincerai a dirlo, ivi apparirà la ragione per cui queste disquisizioni, benché vane e non pertinenti alla questione ora trattata, hai creduto tuttavia di doverle interporre qui. 146 - Soprattutto i bambini Giuliano. Eccomi infatti a rispondere brevemente: tanto poco neghiamo ai bambini, che sappiamo innocenti, la medicina del Cristo, da confessare che soprattutto essi ne hanno bisogno in più grande copia. Nascono infatti così esili e deboli che non solo non possono alimentarsi di propria iniziativa, ma non possono nemmeno implorare l'aiuto dei genitori, e sono esposti a così tante disgrazie che è per loro esiziale anche un latte troppo denso e spesso il sonno delle allattatrici. Agostino. Ecco perché tu stordisci la memoria del lettore frammettendo disquisizioni superflue. Voi non negate ai bambini la necessità del medico Cristo per i mali del corpo, dalla cui debolezza sono viziati di invalidità o privati della vita, e negate a loro la necessità del medico Cristo per il peccato che li sottomette al potere del diavolo, per essere liberati dal quale sono essufflati nel battesimo. Questa obiezione, facendo finta di doverla confutare, te la sei posta unicamente perché non ti si rimproverasse d'aver avuto paura di essa, ma poi non hai tentato di confutarla, perché i tuoi giavellotti da quel fondamento fermissimo e quasi adamantino sarebbero piuttosto rimbalzati contro di te a ucciderti. Per questo hai inserito la disquisizione superflua sui termini antitetici, perché il lettore, dimentico di quella obiezione invitta, ti lasciasse respirare nelle tue vanissime digressioni, per quante ne inserivi, come uno che risponde qualcosa e non dice nulla. Così appunto hai tirato fuori la fralezza del corpo infantile, esposta a molte disgrazie, quasi che o in essa i bambini sarebbero tormentati, o oppressi dalla sua grave debolezza, o, in quella loro età, potrebbe accadere ad essi qualcosa di male, se la natura umana fosse durata come era stata creata. " Ostendi ", se puoi, per quale ragione la Chiesa del Cristo essuffli i bambini battezzandi, o contendi, se puoi, che essi non sono da essufflare, o taci, se non puoi; anzi taci, poiché non puoi. 147 - La medicina del Cristo è necessaria a tutti i mortali Giuliano. Secondo la condizione del corpo mortale incorrono e nelle tribolazioni delle infermità e nelle pene dei dolori e nei pericoli delle malattie. Non solo dunque ai bambini confessiamo necessaria la medicina del Cristo, dal quale sono stati anche creati, ma necessaria altresì alla natura di tutti i mortali. Agostino. Dunque voi credete che anche nel paradiso ci sarebbero stati tutti cotesti mali, se nessuno avesse peccato, e pensate la morte degli uomini nel paradiso come la morte delle bestie, perché credete comune a tutti nel paradiso la mortalità dei corpi. O miseri! Se pensaste con senso cristiano alla beatitudine di quel posto, credereste che nel paradiso non sarebbero morte nemmeno le bestie, come esse non sarebbero state feroci; ma, sottomesse agli uomini con ammirabile mansuetudine, non avrebbero cercato il pasto con morti alterne, bensì avrebbero consumato con gli uomini gli alimenti vegetali comuni, come è scritto. ( Gen 1,29-30 ) Oppure se le bestie le dissolveva un'estrema vecchiaia, perché nel paradiso solamente la natura umana possedesse la vita eterna, per quale ragione non credere che sul punto di morire fossero tolte dal paradiso o ne uscissero al primo sentore della morte imminente, perché la morte non avvenisse per nessun vivente nel luogo di quella vita? Infatti nemmeno gli stessi uomini che avevano peccato avrebbero potuto morire, se per il merito della iniquità non fossero usciti fuori dall'abitazione di tanta felicità. 148 - Le infermità scompariranno con la risurrezione dei corpi dei giusti Giuliano. Le infermità della natura, come si attenuano nella vita presente con diversi generi di rimedi, così anche spariranno completamente con l'avvento della risurrezione, tuttavia nei corpi dei giusti. Agostino. Tra questi giusti tu poni anche i bambini che non hanno fatto nulla né di bene né di male con la propria volontà o dai giusti separi i bambini che tuttavia non separi dalla felice risurrezione della carne? Per quale ragione dunque hai eccepito per i corpi dei giusti nei quali questi mali spariscono con l'avvento della risurrezione? Se poi i bambini per la giustizia del secondo uomo, che è l'autore della rigenerazione, si considerano giusti, perché non considerarli ingiusti per il peccato del primo uomo, che è l'autore della generazione? 149 - L'equivoco è colpa tua Giuliano. Ecco dunque in quanti mali noi confessiamo necessaria alla natura umana la medicina del Cristo. Ma so che tu sei pronto a gridare che noi cavilliamo con te. Non infatti questa medicina con la quale si soccorrono i corpi, ma con il nome di medicina tu hai significato la grazia del Cristo, che tu affermavi negata da noi. Al che si può rispondere che l'equivoco è colpa tua, che non hai voluto indicare con i nomi propri la realtà che volevi far intendere. Ma poiché almeno in ritardo si è capito di quale medicina tu parlassi, la cui negazione ci avevi confusamente rinfacciato mentendo, rispondiamo anche a questo che hai tirato fuori nel secondo libro, come abbiamo già protestato nella prima opera: noi confessiamo la grazia del Cristo, ossia il battesimo, da quando il Cristo ne istituì il rito, talmente necessario a tutte le età in genere, che colpiamo di anatema eterno chiunque neghi la sua utilità anche ai bambini. Agostino. Di medicina trattiamo: con il quale nome volle il Cristo che si chiamasse la sua grazia nel passo dove disse di se stesso: Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati 194. ( Mt 9,12 ) Voi dite invece che la grazia del Cristo non è necessaria ai bambini perché siano risanati, ma solamente perché siano adottati nel regno di Dio. Non credere dunque di aver risposto dove vedi che non puoi rispondere. 150 - Al nome di medicina hai sostituito il nome di grazia Giuliano. Poiché è questo che noi inculchiamo con limpida professione, reo convinto di pubblica falsità sei tu, che scrivi difesa da noi la natura degli uomini come tanto buona da negare noi a lei così sana negli infanti la necessità della medicina del Cristo. Agostino. Ho detto il vero: appunto la medicina della grazia cristiana, che non si conferisce se non ai cristiani e non invece a tutti gli uomini anche infedeli, e non inoltre ai cagnolini e ai porcellini, ai pesciolini e ai vermiciattoli e a qualsiasi genere di qualsiasi sorta di animali, voi la negate senza dubbio ai bambini, che sostenete certamente generati senza nessun reato di origine che è riparato dalla rigenerazione. Per questo tu, avendo adesso patito grandi angustie, le hai tolto il nome di medicina e l'hai sostituito con il nome di grazia, perché la grazia la potete dire necessaria ai bambini a causa dell'adozione, mentre non potete dire necessaria la medicina attraverso i sacramenti del Cristo ai bambini, ai quali osate promettere la salvezza eterna, anche se non diventano cristiani. Voi volete appunto che il Cristo non sia Gesù per i bambini, ed egli si chiama Gesù per testimonianza dell'angelo e per testimonianza del Vangelo, perché salva il suo popolo, non dalle malattie e dalle lesioni della carne, dalle quali egli sana ognuno tra gli uomini e qualunque volatile e rettile, ma dai suoi peccati. ( Mt 1,21 ) 151 - Con il battesimo Dio rinnova e adotta i bambini Giuliano. La quale grazia tuttavia, poiché si dice anche medicina, fatta salva la legge della giustizia, fa buoni gli altri da cattivi, ma i bambini, che Dio crea buoni quando li crea, li rende migliori rinnovandoli e adottandoli. Agostino. Dunque ciò che afferma Gesù stesso: Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati, ( Mt 9,12 ) per quanto si attiene alla medicina che il Cristo somministra solamente ai cristiani, è falso nei bambini, perché voi e li dite sani e per evitare l'impopolarità dite che ad essi è necessaria la medicina cristiana. In che modo poi il Cristo rinnova i bambini che, recentissimi dalla nascita, trova nuovi, se essi non contraggono nulla del vecchiume del peccato? O sei forse pronto a dire che in qualche caso si rinnova anche ciò che non è vecchio, mentre nell'Epistola agli Ebrei leggi: Dicendo alleanza nuova, ha dichiarato invecchiata la prima? ( Eb 8,13 ) Di' dunque in che siano vecchi i neonati, che dici sani dal vecchiume del peccato. E tuttavia per evitare l'indignazione dei veri cristiani, fingi che i bambini siano rinnovati dal Cristo. Infine, altro è l'essere sanati, altro è l'essere rinnovati: per coloro che devono essere risanati è necessario chi li curi, per coloro che devono essere rinnovati è necessario chi li restauri. È quindi manifesto che la vostra eresia nega assolutamente ai bambini la medicina cristiana. 152 - Buona la natura di Adamo, non buona quella dei suoi discendenti Giuliano. Ecco dunque appianato che noi non neghiamo l'utilità della grazia del Cristo ai bambini. Della controversia quindi che cosa è rimasto per cui il traduciano ci sospetti di errore, se non evidentemente il fatto che non acconsentiamo che la natura di Adamo fu fatta buona, sì, ma la natura di tutti gli altri uomini è stata fatta cattiva? Questo veramente non solo professo che non lo acconsentiamo, ma anche che lo impugniamo e con forza estrema. Rimosse perciò le reti puerilmente intrecciate delle tue immaginazioni, rimosse le volgari manìe con le quali sussurravi che noi neghiamo alle culle la grazia del Cristo, affrontiamoci su questo punto dov'è la sostanza del contendere. Nell'ordine dunque che ho promesso - poiché ho già difeso le nostre tesi - esaminiamo le tesi di Manicheo, al quale fingevi di opporti, e le tesi vostre. Agostino. Le vostre tesi non le hai difese, ma hai dimostrato che non si possono difendere. 153 - Manicheo dice che l'uomo fu creato dal Principe delle tenebre Giuliano. Manicheo dunque dice che l'uomo fu creato dal principe delle tenebre, cioè dall'autore del male, con la mescolanza di due nature: buona e cattiva. Tu che dici? Certo dal Dio buono, ma da lui tutti gli uomini sono creati cattivi. Agostino. Nell'uomo nato c'è e la natura, di cui non neghi il bene, e di questo bene noi lodiamo come creatore Dio; e c'è il vizio, di cui tu non neghi il male, se confessi, almeno pressato, che ai bambini è necessario il medico Cristo, poiché non puoi negare che di se stesso abbia detto il medesimo Cristo: Non sono i sani che hanno bisogno del medico. ( Mt 9,12 ) 154 - Dio fa buona la natura umana in ogni nascente Giuliano. Fra te e Manicheo non c'è pertanto nessun dissenso sulla qualità della natura, ma solamente sull'autore. Questo male infatti che tu reputi a Dio, riconoscendolo creatore dei bambini, Manicheo l'ha reputato al principe delle tenebre, giudicandolo creatore della natura umana. Di stabilire quindi un'alleanza tra voi non ve lo impedì un grande ostacolo. Subito tuttavia spiegherò che, sebbene presso gli uni e gli altri non appariscano in nessun modo vestigia di verità, tuttavia le tesi di Manicheo sono tra loro più coerenti delle tue. Noi d'altra parte che cosa diciamo? Senza dubbio diciamo quello che contraddice gli uni e gli altri di voi: cioè né dal Dio buono è stata fatta cattiva la natura umana, né dal principe delle tenebre è stata creata o mescolata un'altra natura; ma l'unico Dio, autore di tutte le cose, non solo fece buona la natura degli uomini la prima volta, ma la fa buona anche in ognuno che nasce. Alla quale natura tuttavia noi professiamo che l'aiuto del suo creatore, com'è utile in molti modi, così è anche necessario. Quantunque altra è la considerazione delle cose create e altra è la considerazione delle cose donate, né qui è in gioco una stima dell'opera al di sopra della stima dell'operatore. Ambedue quindi, tu e Manicheo, firmate parimente il male naturale, cioè entrambi ugualmente dite cattiva la natura degli uomini: ma lui più coerentemente, tu più fraudolentemente. A questo male infatti, che alla pari stimate immesso dal diavolo dentro le viscere umane, Manicheo non sottrae la natura di nessun uomo; tu invece, per sembrare che ti distanzi un poco, che poi è nulla, tenti di esimere da quel male due soli uomini. Non dici tuttavia che le loro persone furono libere dal peccato, ma - progresso di un ingegno più erudito! - dici che in esse non fu naturale quel male, che tuttavia persuadi diventato naturale per causa loro. Così, perché la frode non rimanesse impunita almeno qui, il furto che avevi fatto al tuo maestro lo ha castigato l'aggiunta di una stoltezza. Infatti credere naturale quello che confessi proveniente dalla volontà è un'invenzione di una mente non dico inerudita, ma ubriaca. Ma di questo tratteremo altrove, per ora insistiamo su questo tasto. Afferma dunque Manicheo che esiste il male naturale e tu annuisci; dice che i peccati nascono e tu ci acconsenti; dice cattiva la natura degli uomini e tu confermi anche questo; dice che è cattiva la natura di tutti assolutamente gli uomini e qui ti opponi chiedendo che venga eccettuata quella prima coppia dei due uomini, non certo per rivendicarli dal reato, ché anzi li affermi inventori del male naturale. Questo, anche se te lo potessimo indulgere noi, non te lo concederà tuttavia il tuo maestro. Egli anzi, anche con le " ferule ", punirà il tuo tardo ingegno. Così ti sarà necessario o cedere all'autorità o abbandonare del tutto le sue scuole. Ma da ultimo Manicheo conclude e dice che di una natura cattiva non può essere buono il creatore e quindi del principe delle tenebre, ossia del diavolo, è opera l'uomo, che voi entrambi confessate " naturaliter " cattivo. Agostino. La natura umana, creata buona dal Dio buono, fu talmente viziata dal grande peccato della disobbedienza che anche la posterità trasse da quel peccato il merito e il supplizio della morte. A questa posterità tuttavia il Dio buono non nega la sua buona arte. Questo insegna la fede cattolica e contro di voi e contro i manichei. Ma voi, che negate questa fede, pensate, per favore, un momento al paradiso. Vi va bene forse che in esso poniamo uomini casti e donne caste che lottino contro la libidine, donne gravide che soffrano di nausea, di fastidio, di pallore; altre donne che abortiscano feti immaturi, altre che gemano e urlino nel parto; tutti gli stessi neonati che piangano, che sorridano tardivamente, che ancora più tardivamente parlino e lo facciano balbettando; poi siano portati a scuola perché imparino le lettere gridando sotto le fruste, le sferze, le verghe, in una varietà di punizioni distribuite secondo la varietà delle inclinazioni; inoltre innumerevoli malattie e incursioni di demoni, e morsi di fiere che ne strazino alcuni e ne divorino altri, e poi i sani che sono nutriti sotto incerte vicende dalla misera sollecitudine dei genitori; e che anche nel paradiso esistano pure le orfanezze e i lutti e i rimpianti di persone care perdute, con intima angoscia del cuore? Sarebbe lungo elencare tutti i mali di cui abbonda questa vita: né sono tuttavia, cotesti mali, peccati di nessun genere. Se dunque questi mali sarebbero dovuti esistere nel paradiso, senza che un precedente peccato li avesse fatti meritare, cercate pure a quali uditori predicare coteste opinioni grottesche: non certo a fedeli, ma a derisori. Sicuramente se un paradiso siffatto si dipingesse, nessuno lo chiamerebbe paradiso, nemmeno se vi vedesse scritto sopra questo nome, né direbbe che ha sbagliato l'artista, ma riconoscerebbe prontamente il caricaturista. Tuttavia però di coloro che vi conoscono nessuno si meraviglierebbe, se al titolo si aggiungesse il vostro nome e si scrivesse: Il paradiso dei pelagiani! Se viceversa arrossite di questo - né infatti c'è da pensare davvero che sia rimasto in voi qualche vestigio di pudore, se non arrossite di questo -, mutate finalmente, vi prego, la vostra perversa sentenza e vogliate credere che la natura umana fu mutata in queste miserie da quel grande peccato, e che in nessun modo avrebbero potuto esistere cotesti mali nel paradiso. Questa fu la ragione per cui dal paradiso uscirono i due, dei quali anche la discendenza sarebbe stata degna di subire quei mali, passando in tutti l'infezione del peccato insieme alla istituzione del castigo. Questo dogma cattolico difende la giustizia di Dio, perché essa non avrebbe voluto che la vita dei mortali fosse penale, se non lo avesse meritato, e sbaraglia tanto voi quanto i manichei. Voi certo, perché attribuite al paradiso una infelicità orribile per la presenza di quei mali. I manichei poi, perché asseriscono l'infelicità della natura del loro Dio - e quindi che altro se non l'infelicità del loro Dio? - per la presenza in lui di quei mali. Perciò non mi devo preoccupare che tu mi opponga il maestro Manicheo a castigare con le " ferule " il mio tardo ingegno; ma ti prego di preoccuparti tu di essere istruito con le " ferule ", secondo l'indicibile e orrenda assurdità del vostro errore, anche se tu nascessi tra i popoli del paradiso. Se di questa deformissima assurdità avete insieme a noi l'orrore che dovete, donde viene, vi prego, anche cotesta miseria dei bambini, la quale non viene certamente dalla natura del male fantasticata dai manichei? Viene solamente da quel grande peccato, superiore ad ogni nostra estimazione, che viziò talmente la natura umana e la implicò nelle pene più giuste che da essa dovette nascere non solo la corruttibilità dei corpi, assoggettata a tante dolorose vicende, ma anche la tardità degli ingegni, esposta alle " ferule " e ad altre percosse. Altra conseguenza fu che questo secolo maligno corresse attraverso giorni cattivi fino al suo termine in modo che anche ai santi, benché strappati per divina indulgenza dall'eterno supplizio, ricevuto il pegno della incorruttibile salvezza, fosse comandato tuttavia di tollerare le pene di questa vita nel loro buon uso con il premio della pazienza, piuttosto che meritare di essere esenti da esse, anche dopo la remissione dei peccati. 155 - A quale porto dirigi la tua nave? Giuliano. Ma tu insorgi con tutto te stesso contro questa conclusione e, dopo essere salito sulla medesima nave con Manicheo ed avere corso con lui nel medesimo vento, quando avevi fatto ormai tutta la traversata, hai pensato tuttavia di dover attraccare ad un'altra sponda. Ma faccia più tollerabile l'esitazione, sebbene tardiva, il piacere di una utilità immediata. A quale porto dirigi dunque la tua nave? Tu rispondi: Io dico che Dio è buono, sì, e che tuttavia il medesimo Dio è creatore di uomini cattivi. O fuga dal pericolo finita sugli scogli, questo tuo aver voluto riversare tutto lo scarico di Manicheo su colui che avevi ritenuto Dio! Agostino. Neghi tu forse che anche negli uomini cattivi sia un bene la natura e dell'anima e del corpo? Di questo bene è creatore Dio. Questo bene Manicheo lo chiama un male, e a questo bene, che chiama un male, assegna un creatore " malo ". Non risparmia infatti nemmeno l'anima, ma, come dice essere propria della carne una sua qualche anima, così la natura dell'anima coeterna al Dio buono la dice tanto cattiva da non poter assolutamente essere buona; ma ammette nel medesimo uomo una seconda anima buona, non fatta da Dio, bensì sostanza e natura di Dio, imprigionata nelle miserie di questo mescolamento, non per qualche sua colpa, ma per mala necessità di Dio. Tutta però questa struttura, che è l'uomo, e la dice una realtà cattiva e la dice opera di un autore cattivo. Vedi o no quanto sia diverso dal nostro il suo modo di pensare e come perciò sia insanissima ed empia la sua insipienza? Ma tu che credi che per questo gli uomini non possano nascere cattivi, perché a crearli è il Dio buono, sostieni, se puoi, che nemmeno i corpi possano nascere viziosi, perché anch'essi li crea un Dio integro; sostieni infine che, come non nascono cattivi gli uomini, perché li crea il Dio buono, così non nascono né tardi d'ingegno, né fatui, perché li crea il Dio sapiente. O non è un male la fatuità, quando la Scrittura dice che un fatuo è da compiangere più di un morto? ( Sir 22,10 ) Come dunque voi non dite con noi autore della fatuità Dio, sebbene tuttavia confessiate che con Dio creatore nascono uomini fatui, così noi non diciamo autore della malizia Dio, e tuttavia per l'obbligazione del peccato originale possiamo giustamente dire che gli uomini nascono cattivi con nessun altro creatore all'infuori di Dio, perché è solo lui che crea gli uomini. 156 - Più conseguenziale di te e Manicheo Giuliano. Risplende assolutamente quindi che l'opinione di Manicheo ha una maggiore conseguenzialità: se qualcosa fosse creato cattivo per natura, indicherebbe simile ad esso il suo autore. Agostino. Quali altri potrebbero pensare così all'infuori degli eretici pelagiani? Dunque poiché l'uomo è creato mortale, non per punizione secondo te, ma per natura, mostra il suo autore mortale a somiglianza di lui e, allo scopo che la tua fatuità arrossisca almeno agli occhi dei fatui, poiché un uomo è creato fatuo per natura, mostra che il suo autore è fatuo a somiglianza di lui! 157 - Anche il peccato originale Giuliano. Ma prescrive la verità che in primo luogo non si possa dire male, ossia peccato, ciò che è quello che lo costringe ad essere la sua natura, e che il peccato altro non è che l'esorbitare della volontà libera dal sentiero della giustizia. Agostino. Ma anche questo peccato originale trae origine dalla volontà di colui che peccò, e così non esiste nessun peccato se non per volontà. 158 - La natura, se rimane come Dio l'ha creata, è senza peccato Giuliano. Da questi presidi è difesa la natura innocente di tutte le creature, la quale, se rimane com'è stata creata, si dimostra non soggetta a nessun crimine. Agostino. Ma non è rimasta come fu creata e per questo si mostra soggetta ad un crimine, e al suo crimine come ereditario ha fatto soggetta la sua stirpe, la quale è tuttavia buona anch'essa, in quanto viene creata da Dio. 159 - Ogni creatura è buona Giuliano. Il male quindi naturale non è possibile, e perciò nessuna creatura è rea per natura, né è " malo " il suo autore. Risulta appunto che il male non ha consistenza di natura; ma come ogni creatura è buona in quanto viene creata, così anche Dio, creatore di nature buone, si prova buono in tutte le sue opere, senza essere macchiato da nessun crimine di una sua opera. Perciò tutto quello che aveva introdotto Manicheo è stato spazzato via da quest'unica ragione dei cattolici. Agostino. In questo dici la verità: Assolutamente ogni creatura è buona in quanto viene creata, e quindi, come questo, così anche ciò che segue lo diciamo gli uni e gli altri, poiché Dio, autore di nature buone, si prova buono in tutto, senza essere macchiato da nessun crimine di una sua opera. Tutto questo infatti si connette con la proposizione: Ogni creatura è buona in quanto viene creata. E quindi anche l'uomo è buono in quanto viene creato; ma non è buono in quanto viene generato da una origine viziata, e perciò dev'essere rigenerato. 160 - Ritorsione Giuliano. Ma tuttavia Manicheo, benché colpito a morte dal fulmine di una verità tanto perspicua, sembra respirare un poco, quando si paragona a te. A lui infatti crolla tutta la struttura del suo dogma, solo perché ne traballa il fondamento; a te invece vacillano tre parti, come a lui una sola. E perciò vedi se qualcosa del tuo edificio possa stare in piedi. Manete dunque, reputando naturale il peccato, che non può essere se non volontario, pose le fondamenta nel vuoto. Ma le altre sue affermazioni le pose con conseguenza logica nel suo sistema, dicendo che è un male la natura poiché è naturale il peccato, e che non è buono l'autore di una realtà cattiva, e che perciò tutto il genere umano è da attribuire al principe delle tenebre. Il che sarebbe potuto stare tutto certamente, se la verità non avesse svuotato la sua prima affermazione, insegnando cioè che il peccato come opera di volontà libera non si può dire naturale e nulla che sia stato imposto dalla natura può essere peccato. Agostino. Contro di te può essere similmente intrecciato cotesto ragionamento. Poiché non sei così fatuo da negare che nascano complessioni fatue, cioè uomini fatui, ascolta dunque quanto tu abbia aiutato con la tua fatuità la demenza di Manicheo. Dice infatti, istruito da te stesso, che è fatua la natura poiché è naturale la fatuità, come tu hai detto che è un male la natura, perché è naturale il peccato. Poi egli aggiunge: ma l'autore di una creatura fatua non è sapiente, come tu hai detto: Ma l'autore di una creatura cattiva non è buono. Infine egli conclude: Perciò il genere degli uomini fatui è da attribuire al principe delle tenebre, così infatti anche tu hai concluso dicendo: Perciò tutto il genere umano è da attribuire al principe delle tenebre. Ecco Manicheo ti ha vinto con la tua bocca, ti ha scannato con la tua spada. Che pensi di fare? Non c'è niente infatti che può aiutare te contro di lui, anzi ti opprime e ti trafigge ancora di più, quello che aggiungi, dicendo: Il che sarebbe potuto stare tutto certamente, se la verità non avesse svuotato la sua prima affermazione, insegnando cioè che il peccato come opera di volontà libera non si può dire naturale e nulla che sia stato imposto dalla natura può essere peccato. In che ti aiuta questo e come non ti soffoca sempre di più? Puoi forse dire che la fatuità non possa essere naturale? Sta dunque contro di te ciò che in simile ragionamento Manicheo pose al primo posto, perché la fatuità è naturale. E su questa specie di fondamento hai reputato costruite con conseguenzialità tutte le altre sue affermazioni fino al colmo dove dice che tal genere di uomini è da attribuire al principe delle tenebre. Ma noi demoliamo quel primo fondamento di Manicheo, dicendo che la fatuità è naturale nel senso che nascono uomini fatui a causa di un vizio accidentale, che rende inevitabile una simile origine, non perché la natura umana sia stata primitivamente istituita in maniera corrotta, come vaneggia Manicheo. Perciò anche quello che egli aggiunge come conseguenza dicendo che è fatua la medesima natura, noi concediamo che è vero per il vizio con il quale un uomo è nato fatuo, non per l'opera che c'è in lui da parte del Creatore buono. Infatti è nato fatuo per l'accidentalità di un vizio, ma è stato creato uomo per l'operatività di Dio. Della sua aggiunta successiva, che non è sapiente l'autore di una creatura fatua, intendendo l'uomo nella stessa creatura, diciamo che non è logica. Di quell'uomo appunto che è nato fatuo noi diciamo autore Dio, sebbene non diciamo Dio autore della stessa fatuità. La quale fatuità non è una natura e una sostanza, che non nasce se non per creazione di Dio, ma è un vizio della medesima natura, accaduto per permissione di Dio. Che poi Dio permetta questo con giusto giudizio non ne dubitiamo certamente. In questo modo distruggiamo e i manichei, cattivi costruttori della propria rovina, e i pelagiani, fatui coadiutori dei manichei. 161 - Il cuneo della ragione Giuliano. Dunque il cuneo della ragione con l'abbattimento della prima definizione ha gettato a terra le conclusioni di Manicheo. Che speri allora di te, che hai vacillanti tre affermazioni, come egli una sola? Per primo dici infatti che è naturale il peccato; secondo, che è buono Dio, il quale crea, infonde ed estende i mali, ossia i peccati; terzo, che un fatto della volontà è stato mischiato con i semi. Dunque questi tre singoli capi delle tue affermazioni vacillano in se stessi: vacillano, dico anzi svaniranno come funi di sabbia prima di comporsi. Un'affermazione dunque, quella cioè che dice naturale il peccato, giace già direttamente distrutta in Manicheo. Le altre due affermazioni, che sono proprie della vostra opinione, sono cadute con la rovina ripetuta, ma puntuale, dello stesso Manicheo. Se egli infatti non è riuscito a dimostrare né con la natura cattiva, né con il principe delle tenebre che gli uomini nascono rei, quanto più stolti siete voi che per dimostrare i crimini dei nascenti avete aggiunto l'accusa di Dio! Perciò, come una natura non può essere peccato, e questo fulmine ha squarciato il dogma di Manicheo, così di ritorno ciò che è peccato non può essere naturale. Un'opera infatti della volontà non si converte in una condizione della sostanza: ciò che tu credi avvenuto. Ma molto più consta che il Dio buono non crea mai i cattivi. Si è fatto chiaro pertanto che non può esistere un peccato in un nascente creato da Dio. Agostino. Tanto consta che il Dio buono non crea i cattivi, quanto consta che il Dio sapiente non crea i fatui. Se infatti dici: Il Dio sapiente crea i fatui, ti si risponderà: Perché dunque il Dio buono non crea anche i cattivi? Fatto attento alla ricerca della causa per cui nascano i fatui, che tuttavia Dio crea come uomini, ivi troverai forse il vizio di origine, tu che non vuoi confessare il peccato originale. Oppure sei pronto a dire che, senza nessun precedente peccato da parte di nessuno, in quella felicità del paradiso sarebbero potuti nascere anche i fatui, incapaci di essere istruiti, non dico con le " ferule ", ma nemmeno con i bastoni? Se non lo dici, perché questa assurdità non trascenda ogni fatuità, di' per quale merito l'immagine di Dio nasca con tanta deformità di mente che per nessun irrobustimento di età, per nessuna prolissità di tempo, per nessuna fatica di studi, per nessuna sollecitudine di maestri, per nessuna quantità di punizioni fisiche, può arrivare, non dico alla sapienza, ma nemmeno ad una qualsiasi utile nozione, tu che non vuoi credere che il Dio giusto mandò via dal paradiso, cioè dalla sede della felicità, la natura umana, viziata e condannata, per due ragioni: perché nel paradiso non avvenisse nessuna morte, né quella temporale del corpo, né quella eterna di tutto l'uomo; e perché questi mali degli animi e dei corpi, tanto numerosi e gravi, che vediamo nel genere umano e che dovevano nascere dalla radice depravata e punita e dalla massa perduta, non nascessero nella patria di quella beatitudine, ma piuttosto in queste terre assegnate alla miseria dei mortali, giustissimamente inflitta, perseguitando il reato coloro che nascono e non recedendo da coloro che rinascono il lavoro tormentoso fino alla morte del corpo. 162 - La mia risposta vale anche per il futuro Giuliano. Il problema è chiaro e già sufficientemente risolto nella prima opera. Ma poiché tu hai voluto essere tanto perfido da tentare di fare una qualche distinzione fra te e Manicheo, mi è necessario adesso insistere sulla causa, perché sia chiaro che è stato risposto non solo alle tue affermazioni precedenti, ma anche a qualche altra che tu tentassi d'introdurre in seguito. Noi pertanto diciamo che l'opera di Dio è talmente buona in chi nasce, che gli elementi naturali della sua sostanza non hanno bisogno di un emendatore. Poiché chi giudica che avrebbe dovuto essere fatto diversamente ciò che confessa fatto da Dio, riprende senza dubbio Dio, che confessa artefice di una creatura da correggere con altra forma. Agostino. Taci, per favore: non sai quello che dici. Alcuni sono nati con gli orifizi chiusi, e sono stati aperti a loro dai medici. Presso di noi viveva un certo Acazio, nato tra i suoi da distinta famiglia. Diceva di essere nato con gli occhi chiusi; ma poiché, sani all'interno, non si aprivano per l'aderenza delle palpebre tra loro, un medico avrebbe voluto aprirli con un ferro e non lo permise la sua religiosa madre, ma essa l'ottenne con un impiastro eucaristico, quando era già un ragazzo di quasi cinque o più anni, per cui raccontava che se ne ricordava abbastanza. Ometto il famoso cieco nato del Vangelo, al quale rese la luce degli occhi lo stesso artefice, che non gliel'aveva data perché fossero esaltate le sue meraviglie. Ivi infatti non si tace la ragione per cui era nato cieco: cioè non per un peccato suo o dei suoi genitori, ma perché si manifestassero in lui le opere di Dio. ( Gv 9,1-3 ) Interroga del resto i medici e ti dicano a quanti essi vengano in aiuto, se possono, perché i vizi innati dei corpi non rimangano o anche perché non uccidano i nati. Alcuni infatti nascono con gli orifizi inferiori chiusi, come altri nascono con le labbra serrate, e sono certamente vizi che, se rimangono, non li lasciano sopravvivere. Né infatti quando l'arte della medicina soccorre queste persone, si correggono le opere di Dio come se fossero colpevoli. Quale verace cultore di Dio ignora che quei tali dovevano nascere come sono nati? Ma anche questo rientra nelle tribolazioni del genere umano in mezzo alle quali si vivono questi giorni cattivi, pieni, per giusto giudizio di Dio, di fatiche, di dolori, di timori, di pericoli. E tutti questi mali lungi da noi affermare che fossero in quella felicità del paradiso, ed essi quindi non sono pullulati se non dalla radice del peccato. E che? Le stesse intelligenze, se si lasciano come sono nate, né si coltivano con accurate dottrine mediante un gran lavoro di docenti e di discenti, non apparisce in che stato rimarranno? Ma riempite voi il vostro paradiso di uomini nati viziosi di corpo e di animo, negando voi il peccato originale con occhi infelicemente chiusi e con bocca impudentemente aperta. 163 - I benefici divini sono utili e necessari a tutti Giuliano. Salvata pertanto la bontà e la moderata lode che si deve alle nature, anche dei nascenti, noi diciamo che le aggiunte dei benefici divini sono utili e necessarie a tutte le età in genere, in modo tuttavia che non si attribuisca a nessuno né la virtù né il vizio senza la sua propria volontà. Agostino. A nessuno si attribuisce la virtù senza la propria volontà, ma la volontà viene preparata dal Signore, ( Pr 8,35 ) come la volontà del re Assuero, e per questo risultato pregò Ester. ( Est 5,11 ) 164 - Perché tutti i battezzandi vengono essufflati? Giuliano. Quantunque anche in questo la clemenza di Dio si manifesta più generosa in quanto santifica i bambini incoscienti, e ciò torna appunto a lode della misericordia. Che infatti la colpa non li inquini incoscienti rientra nelle leggi dell'equità. Agostino. Se non li inquina nessuna colpa, per quale ragione non sono santificati tutti? E per quale ragione tutti coloro che sono santificati, vengono essufflati? 165 - L'ho fatto già Giuliano. Ma io dico di quelle virtù che acquistiamo con l'uso della ragione già perfetta. Perciò avverto il lettore di stare attento alle nostre conclusioni, essendo necessario questo avvertimento anche qui, come lo è stato frequentemente. Il lettore infatti vedrà che i traduciani non differiscono in nulla dai manichei, così da non obiettare a noi in veste di argomenti se non gli argomenti che sono contenuti nei libri dei manichei. L'ho fatto anche nel quarto libro della mia prima opera. Agostino. E ti ho risposto con il mio sesto libro. 166 - La spia di una preghiera Giuliano. Ma poiché dopo l'edizione di quei libri, per la preghiera tua, o beatissimo padre Floro, fu trovata presso Costantinopoli una lettera di Manicheo e fu spedita in queste parti, vale la pena d'inserirne qui alcuni brani, perché tutti capiscano donde discendano questi argomenti a favore della " traduce ". Agostino. Come fai a dire che per la preghiera di una persona fu trovata e spedita una lettera, se Dio non opera nei cuori degli uomini gli atti della volontà? Certamente l'uomo che trovò la lettera, la cercò con la volontà, o cercava con la volontà qualcosa nel luogo dove poté trovare la lettera, o a persone che parlavano di tali argomenti chi possedeva la lettera disse di averla presso di sé, di poterla mostrare e consegnare a chi la volesse, e questi la spedì volontariamente in queste parti; e in qualsiasi altro modo la lettera sia stata rinvenuta e spedita, certamente ciò avvenne per la volontà di una o più persone. E tuttavia tu dici che ciò avvenne per la preghiera di Floro. Tu dunque, che il libero arbitrio non lo difendi per farlo capire, ma lo innalzi per farlo perire precipitandolo, per quale ragione non confessi che Dio, senza nessuna imposizione risuonante all'esterno, con ispirazione occulta, prepara e suscita le volontà degli uomini a compiere efficacissimamente ciò che egli vuole? 167 - Ho già discusso della concupiscenza Giuliano. E sebbene in quella prima piccola opera io in difesa della concupiscenza o voluttà della carne, che si chiama anche libidine e che è stata inserita nei sessi per la virilità della propagazione, abbia già discusso, dentro il limite d'insegnare che essa è tra gli strumenti del corpo la sola che sia stata data in dotazione ugualmente agli animali ragionevoli e agli animali irragionevoli, e che fa parte dell'opera di Dio, il quale ha onorato nei sensi la nostra carne, tuttavia, poiché Agostino insiste su di essa con forza e dice che è cattiva, cioè che è un peccato naturale e la madre di tutti i peccati, tentando di persuaderlo soprattutto dal pudore che essa solleva, e poiché irride me che arrossisco di nominarla direttamente. Agostino. La concupiscenza della carne, per la quale la carne ha desideri contrari allo spirito e si chiama anche libidine, io dico che è cattiva e che adesso in questa carne è da frenare e da attenuare con una buona abitudine, e che nella vita eterna dovrà invece essere guarita completamente, e non separata da noi, quasi fosse stata aggiunta o mescolata a noi mediante una qualche sostanza cattiva, come vaneggiano i manichei. Ma, qualunque sia il tuo modo di sentire su di essa, che tu la potessi collocare nel paradiso tale e quale è adesso, capace di sollecitare ad azioni illecite i cuori delle persone anche caste, coniugate o continenti, e da sopraffarli, se non le si resiste con una volontà più robusta del solito, non lo crederei, se non lo trovassi in cotesti tuoi libri pieni zeppi di vana e di insana loquacità. 168 - Prima contro Manicheo, ora contro A. Giuliano. Per questo anch'io, dopo che negli scritti precedenti ho difeso la qualità della concupiscenza dalla bocca di Manicheo con le dovute distinzioni, anche ora brevemente la vendicherò dal tradimento dei suoi accusatori, i quali tuttavia confessano di servire ad essa contro voglia. Agostino. Voi potete servire coerentemente la libidine che lodate. Noi invece l'accusiamo e con l'aiuto del Signore la combattiamo e la vinciamo. 169 - Giovane G.! Giuliano. Ecco allora, vecchio Agostino, ciò che contengono i tuoi libri: La libidine è sorta dopo il peccato e i progenitori furono costretti dalla vergogna a velarla. Agostino. Ecco allora, giovane Giuliano ciò che contengono i tuoi libri: l'evidenza che tu non trovi che dire contro i miei libri e cerchi calunnie da scagliare addosso a noi loquacemente e vanamente. 170 - Testi di A. sulla concupiscenza Giuliano. E ugualmente: Chi per la mortificante libidine pratica lecitamente l'unione, usa bene di un male; chi viceversa la pratica illecitamente, usa male di un male. Riceve infatti il nome di male più correttamente che di bene ciò di cui si vergognano sia i cattivi che i buoni, e facciamo meglio a credere all'Apostolo che scrive: " Io so che nella mia carne non abita il bene ". E altrove: La libidine non è un bene delle nozze, ma un'oscenità per coloro che peccano, una necessità per coloro che generano, l'ardore della sfrenatezza, il pudore delle nozze. E inoltre: In ciò che quelli fecero successivamente per la propagazione sta il bene del connubio; in ciò che invece coprirono antecedentemente per vergogna sta il male della concupiscenza, il quale evita qualsiasi sguardo e cerca per pudore di occultarsi. O altre affermazioni simili sono state proferite dalla tua memoria più che dal tuo ingegno, e sei solito farne uso per questo tema. Manicheo dunque si è tormentato a comporre teorie che reputava acute; tu invece sei rimasto deluso nel reputare che potesse rimanere nascosto ciò che avevi letto e ritenuto. Agostino. Chi c'è infatti che conosca anche solo superficialmente il dogma dei manichei e gli sfugga la loro affermazione che la concupiscenza della carne è cattiva? Ma non sta qui la caratteristica del loro dogma. Che altro dice infatti anche colui che dice: La carne ha desideri contrari allo spirito e lo spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste? ( Gal 5,17 ) Che altro anche colui che dice: Se uno ama il mondo, non c'è in lui l'amore del Padre; perché tutto quello che è nel mondo, è concupiscenza della carne e concupiscenza degli occhi e ambizione del secolo: non viene dal Padre, ma dal mondo? ( 1 Gv 2,15-16 ) Che dunque sia cattiva la concupiscenza della carne i manichei non lo dicono per un proprio dogma, e coloro che non sono ciechi vedono che lo dicono anche gli Apostoli. Ma la sentenza propria e velenosa dei manichei è quella che aiutate con il vostro errore voi, i quali, nei riguardi della concupiscenza della carne, alle cui sollecitazioni a perpetrare azioni illecite si oppone, vogliate o non vogliate, la castità, negate che essa sia accaduta per il peccato alla natura che Dio creò buona. E in questo modo fate sì che i manichei, nei riguardi di quella concupiscenza di cui essi per la lotta dei casti e per la testimonianza degli Apostoli dimostrano la malvagità, concludano che essa non come qualità cattiva da sanare, ma come sostanza cattiva da separare, non sia un'accidentalità accaduta alla natura buona, ma sia stata mescolata alla natura buona come una sostanza anch'essa, derivata dalla gente delle tenebre e da una sostanza cattiva coeterna a Dio. Ma continuate e ordite calunnie contro di noi con la peste dei manichei, che voi aiutate tanto da renderli invitti, a meno che anche voi con essi non siate vinti da quella verità cattolica che è veramente invitta. 171 - Vostra sorella Menoch Giuliano. Ascolta quindi ora e riconosci che cosa il tuo genitore scriva ad una sua figlia, vostra sorella. Agostino. Ingiurie sono coteste, né urbane, ma vane. 172 - Le favole di Manicheo Giuliano. Mani, apostolo di Gesù Cristo, alla figlia Menoch. Grazia e salvezza a te sia donata dal nostro Dio, che è veramente il vero Dio, ed egli illumini la tua mente e ti riveli la sua giustizia, perché tu sei frutto di stirpe divina. E poco dopo: Per mezzo dei quali sei stata resa splendida anche tu, riconoscendo in quale condizione fossi precedentemente e da quale genere di anime fossi emanata, un genere confuso di tutti i corpi e di tutti i sapori e composto di specie varie. Infatti come le anime sono generate dalle anime, così il vaso del corpo è plasmato dalla natura del corpo. Dunque " quello che nasce dalla carne è carne, e quello che nasce dallo spirito è spirito ". ( Gv 3,6 ) Intendi per spirito l'anima: l'anima dall'anima, la carne dalla carne. Agostino. Se ti dirò che ignoro del tutto cotesta lettera di Manicheo, non mi crederai affatto, sebbene io dica la verità, e contenderai contro di me con vana loquacità, come sei solito. Ma se Manicheo ha detto questo, che c'è di strano che egli si sia demolito da sé? Se infatti l'anima si comporta allo stesso modo della carne dell'uomo, anche l'anima dell'uomo nasce: e quella buona e quella cattiva. Infatti dicono follemente che in ogni singolo uomo ci sono contemporaneamente due anime, una cattiva e una buona, emananti dai loro principi diversi. Se l'anima dunque nasce quando nasce la carne, certamente né l'anima cattiva è coeterna a Dio, né l'anima buona è stata prodotta dall'eterno Padre contro i principi delle tenebre, come sproposita la setta di Manicheo. Ma qualunque sia il modo in cui Manicheo fa nascere le anime, che interessa a noi, dai quali è risaputo e ritenuto che le parole del Signore: Quello che nasce dalla carne è carne, e quello che nasce dallo spirito è spirito, ( Gv 3,6 ) non si avverano quando un uomo nasce da un uomo, bensì quando rinasce dallo Spirito di Dio? Non altro infatti consente d'intendere quel passo evangelico tutto intero. Cerca dunque altrove a chi tu possa vendere queste favole di Manicheo e mostra piuttosto, per le osservazioni che ho fatto più sopra, come tu non sia un aiutante dei manichei. 173 - Manicheo dileggia la carne Giuliano. Conosci appunto come Manicheo confermi nel modo più esplicito la " traduce " delle anime e quale testimonianza adoperi per dileggiare la carne, precisamente il testo che voi vi rigirate in bocca: Quello che nasce dalla carne è carne, quello che nasce dallo spirito è spirito. ( Gv 3,6 ) Agostino. Ho già detto in che modo intendiamo noi coteste parole evangeliche, poiché esse non indicano la generazione, ma la rigenerazione. Tu di', se puoi, come tu non aiuti le parole sacrileghe di Manicheo sulla concupiscenza della carne, che tu neghi discendere per propagazione nella nostra natura dalla natura del primo uomo, viziata a causa della prevaricazione, e così dai motivo a Manicheo di attribuirla giustissimamente alla gente delle tenebre, coeterna a Dio. Con molta insipienza appunto e con molta impudenza si nega da te il male che fa concupire la carne contro lo spirito e contro il quale combattono le loro guerre interiori di casti. 174 - Propria del manicheismo è la delle anime Giuliano. Perciò non solo dicendo, ma anche ripetendolo inculca che proprio del suo dogma è ritenere la " traduce " delle anime, e cerca di provarla pure con la similitudine dei corpi generanti: Come le anime, dice, sono generate dalle anime, così il vaso del corpo viene plasmato della natura, e come la carne della carne, così l'anima dall'anima. Ma procediamo oltre. Dice: Come dunque autore delle anime è Dio, così autore dei corpi è per mezzo della concupiscenza il diavolo. La concupiscenza della donna è come la pania del diavolo con la quale egli va a caccia, non di anime, ma di corpi. Agostino. Manicheo avrebbe potuto dire che il diavolo non va a caccia dei corpi, ma delle anime: i corpi infatti li fa appartenere alla natura della gente delle tenebre, dalla quale viene anche il diavolo. Perciò, a stare a Manicheo, si direbbe che il diavolo va a caccia non dei corpi, che sono suoi, ma delle anime buone che non sono sue. La nostra fede invece conosce creatore e delle anime e dei corpi il Dio buono. 175 - Due sostanze invece di una sola sostanza e di un vizio della sostanza Giuliano. Sia per mezzo della vista, sia per mezzo del tatto, sia per mezzo dell'udito, sia per mezzo dell'odorato, sia per mezzo del gusto. Togli insomma la radice di questa stirpe maligna e subito contemplerai te stessa divenuta spirituale. " Radice infatti di tutti i mali - dice la Scrittura - è la concupiscenza ". ( 1 Tm 6,10 ) Tu vedi con quale spirito e per quale ragione il dogma manicheo incalzi la concupiscenza della carne, dicendo che essa è la legge del peccato, tolta la quale dai corpi, la sua figlia alla quale scrive si vedrebbe diventata spirituale. La qual opinione con quali parole dell'Apostolo tenti di confermarla ascoltiamolo: , perché è figlia della concupiscenza, e perché è figlio dell'anima. ( Gal 5,17 ) Agostino. Nelle parole dell'Apostolo, Manicheo intende due sostanze, l'una buona e l'altra cattiva; non una buona sostanza e un vizio della sostanza buona: vizio contratto per generazione dal peccato del primo uomo e sanabile per rigenerazione dalla giustizia del secondo uomo. La quale verità come invittissimo giavellotto lancia con forza la fede cattolica e contro i manichei e contro voi, e vi abbatte entrambi. 176 - La concupiscenza non è una sostanza cattiva Giuliano. Tu capisci che nel dogma di Manicheo sono stati messi a nudo i midolli dei quali si nutre la vostra fede. Ma ecco che egli prende ad accusare noi, cioè i cattolici: Perciò vedi quanto sono stolti coloro che dicono che è stato creato dal Dio buono questo vaso, che sono certi essere generato dallo spirito della concupiscenza. Agostino. Su questo punto siamo accusati dai manichei e noi e voi insieme, perché il vaso della carne lo diciamo gli uni e gli altri creato dal Dio buono. Lo spirito invece della concupiscenza i manichei dicono che è una sostanza cattiva, non un vizio di una sostanza buona, per cui la carne concupisce contro lo spirito: il che noi lo diciamo per riprovare i manichei, e voi lo negate per aiutarli. Poiché infatti dimostrano, anche contro la vostra opposizione, che la concupiscenza per cui la carne concupisce contro lo spirito è un male, se essa non è, come voi ritenete, un vizio di una sostanza buona, si penserà che sia una sostanza cattiva: e questo è il dogma dei manichei, nemico con l'aiuto vostro della fede cattolica. 177 - Abbiamo scoperto la fonte Giuliano. Con animo svogliato compiono il coito, con segreti pudori si comportano allora, odiando la luce perché non siano manifestate le loro opere. E in riferimento a ciò l'Apostolo dice: " Non è della volontà ", ( Rm 9,16 ) sottintendendo il coito. Infatti se è bene quello che facciamo, non è della carne, perché " sono note le opere della carne: fornicazione ", ( Gal 5,19 ) ecc. Se è male quello che facciamo, non è dell'anima, perché " dello Spirito è frutto la pace e la gioia ". ( Gal 5,22 ) Inoltre anche ai Romani l'Apostolo grida: " Io non compio il bene che voglio, ma opero il male di cui inorridisco ". ( Rm 7,19 ) Voi vedete la voce di un'anima contumace, la voce che difende la libertà dell'anima contro la concupiscenza. Gli doleva infatti che il peccato, cioè il diavolo, operasse in lui ogni concupiscenza. L'autorità della legge indica il male della concupiscenza, poiché vitupera tutti i suoi usi, che la carne ammira e loda: per l'anima è infatti soave ogni amarezza della concupiscenza, perché se ne nutre e si rinforza. Inoltre l'animo di chi si astiene da ogni soddisfazione della concupiscenza vigila, si arricchisce e si sviluppa, mentre per lo sfogo della concupiscenza è solito deprimersi. Capisci o no che abbiamo scoperto, benché in ritardo, la fonte non solo del tuo modo di pensare, ma anche del tuo modo di parlare? Con tanto amore ti abbracci infatti al tuo maestro da seguirne fedelmente non solo le vie, ma anche le orme. Il che tu lo asserisci in tutti gli scritti, come ne fanno fede anche i libri dedicati da te al nome di Marcellino e questi indirizzati da te a Valerio: cioè che codesta concupiscenza della carne, che tu chiami anche " pudenda ", è stata mescolata ai corpi umani dal diavolo. Agostino. Tu infatti con quale impudenza neghi che sia " pudenda " la concupiscenza, contro la quale mi meraviglio che tu combatta sinceramente, atteso che la lodi allegramente? Ma quando ti univi alla tua moglie, sebbene bramassi l'uso della voluttà concessa, pur non temendo di nulla, tuttavia cercavi arrossendo un luogo segreto. Perciò se la felicità degli uomini nel paradiso perseverava, o cotesta tua cliente non vi esisteva assolutamente, o non vi compiva contro il comando della volontà nessuno dei suoi movimenti, ai quali doversi opporre per assicurare la congrua onestà a quella felicità. Ma poiché nelle lodi della concupiscenza ti sei tanto spinto da sostenere che nel paradiso sarebbe esistita la libidine tale e quale la sentiamo adesso sollecitare i cuori dei casti che la contrastano, chi non vedrebbe che non per sapienza, non per eloquenza, ma per impudenza mi resisti, perché da un perverso pudore ti è impedito di confessarti sconfitto? Riguardo dunque alla concupiscenza della carne, né la diciamo una sostanza di natura cattiva, come dicono i manichei; né ogni suo uso è riprovato da noi, come dai manichei; né d'altra parte la diciamo buona, come dicono i pelagiani; né il suo movimento contro lo spirito è lodato da noi, come dai pelagiani. Ma noi diciamo che la concupiscenza è un vizio di una sostanza buona: il quale vizio per la prevaricazione del primo uomo si è convertito in nostra natura, come dicono i cristiani cattolici; e di questo male noi approviamo, com'è approvato dai cristiani cattolici, l'uso lecito e onesto per procreare figli. Così superiamo ed evitiamo sia i manichei che i pelagiani. Gli errori degli uni e degli altri si differenziano così da dimostrarsi l'errore che apparisce minore come l'aiutante dell'errore che apparisce maggiore. I pelagiani infatti, negando che sia un vizio di una sostanza buona la concupiscenza, che con sufficiente evidenza appare cattiva, aiutano i manichei, che il vizio stesso lo dicono una sostanza cattiva, coeterna alla sostanza del Dio buono. 178 - Sei cattolico tu, non lo è Ambrogio Giuliano. Che la concupiscenza è figlia del peccato, e madre degli altri peccati, che di essa si lamenta l'apostolo Paolo quando dice: Io so che il bene non abita nella mia carne; ( Rm 7,18 ) e: Non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto; ( Rm 7,15 ) il che è sempre stato spiegato dai cattolici così da essere riferito non all'infamia della natura, bensì alla malizia della consuetudine. Agostino. Ma così sei cattolico tu e non è cattolico Ambrogio! Non fino a questo punto da osare di pensarlo sono svaniti per il contagio della vostra vanità tutti quegli uomini che avete potuto ingannare. Perciò stammi a sentire un momento. Che esiste negli uomini la discordia tra la carne e lo spirito, della quale è scritto: Io so che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene: c'è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo, ( Rm 7,18 ) ecc. e per la quale è resa la testimonianza ancora molto più esplicita: La carne ha desideri contrari allo spirito e lo spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste ( Gal 5,17 ), non dubitiamo né noi, né voi, né i manichei. Ma donde venga cotesta discordia nell'unità dell'uomo c'è dissenso e su questo dissenso si pronunziano tre sentenze: la prima nostra, la seconda vostra, la terza dei manichei. Ma perché non sembri a voi che noi diciamo arrogantemente o fallacemente cattolica la nostra sentenza, a pronunciarla sia Ambrogio, la cui fede e purissima intellezione delle Scritture, secondo l'elogio che ne fa lo stesso vostro Pelagio, nemmeno un nemico ha mai osato criticarle. Ambrogio dunque dice che questa discordia tra la carne e lo spirito è accaduta alla nostra natura per la prevaricazione del primo uomo; voi invece dite che viene dalla forza della consuetudine, e i manichei dalla mescolanza di due nature coeterne, cioè del bene e del male. Potrei già dire che scelga quella che vuole di queste tre sentenze chi vuol rimanere cattolico. Non ho infatti da temere che chiunque rifugga dai manichei anteponga voi ad Ambrogio. Ma la vostra sentenza, la quale attribuisce alla forza della consuetudine lo svilupparsi di questo male della concupiscenza, la giudica falsissima chi vede che nessuno nasce senza questo male della concupiscenza. Appena uno infatti comincerà ad usare della ragione, se desidererà la castità, sente subito la concupiscenza della carne, che prima era rimasta sopita per l'età, ora svegliarsi e muovere guerra, e allora o vinto si lascia trascinare da essa o per non cadere nel suo assenso combatte, se è pio, contro di essa con l'aiuto del Signore. Se non volete accettare questo, perché vi accanite contro di me? Aizzate tra loro i manichei e Ambrogio, e nello spettacolo di questo duello, se siete cattolici, scegliete per chi parteggiare. Penso che tra voi si dia per vincitore Ambrogio. Ma poiché voi non siete cattolici, anche così noi ce ne stiamo sicuri a guardare: e su voi e sui manichei vince senza dubbio Ambrogio. 179 - Tutti i santi sono macchiati dalla concupiscenza Giuliano. Tuttavia argomentando e usurpando testimonianze delle Scritture tu confermi che di questa concupiscenza, che chiami legge del peccato, Paolo e tutti i santi si sono e macchiati e rammaricati. Agostino. Non si macchiano di questo male della concupiscenza i santi, che risultano essere o essere stati fortissimi oppositori di questo male; ma di essere macchiati in modo irreparabile da questo male temano piuttosto i suoi impudentissimi lodatori. 180 - Quanto accordo c'è tra te e Manicheo! Giuliano. Che dice Manicheo? Attraverso la concupiscenza autore dei corpi è il diavolo: con questa il diavolo dà la caccia ai corpi, non alle anime. Togli la radice della maligna stirpe e diventerai spirituale. È di essa che l'Apostolo grida ai Romani: " Io non compio il bene che voglio, ma opero il male di cui inorridisco ". ( Rm 7,19 ) Chiama altresì stolti noi, perché diciamo che appartiene a Dio questo vaso del corpo, che confessiamo generato attraverso la concupiscenza. Tu vedi dunque quanto accordo ci sia tra te e Manicheo nell'attacco contro di noi: tu combatti con le sue parole, tu ti appoggi ai suoi argomenti, e dici che noi mentiamo nel dire che non solo sei stato suo discepolo, come scrivi tu stesso, ma che lo sei. E tuttavia in questo egli è più prudente, perché, avendo creduto che questa concupiscenza della carne sia stata immessa dal diavolo, ha concluso che si deve confessare non appartenente all'operazione di Dio tutto ciò che apparisce introdotto attraverso la concupiscenza diabolica. Agostino. Contro tutto questo vale la nostra precedente risposta e insieme ad essa le altre precedenti. Le legga chi vorrà. 181 - Il diavolo rivendica a sé l'uomo come frutto della sua radice Giuliano. Tu invece sei più ebete. Pur dicendo l'uomo un frutto della concupiscenza diabolica, lo ascrivi tuttavia alle opere di Dio. Non come se da cattivo fosse stato fatto buono; ma cattivo e prodotto da una radice cattiva, egli ha tuttavia un creatore buono, benché il diavolo lo rivendichi a sé come un frutto della sua radice. Agostino. È un bene l'uomo, anche un qualsiasi uomo che da maggiorenne sia un uomo cattivo. L'essere infatti uomo cattivo non gli toglie di essere un bene, poiché è un uomo: della sua natura, ossia di questo bene, è autore Dio, quali che siano i mali o dell'origine che contrae o della volontà che aggiunge. Non sono infatti sostanze e nature i vizi che deve sanare quello stesso salvatore dal quale come creatore fu creata la natura, viziata poi dai medesimi vizi. Questa è la verità che rovina e i manichei e voi, che non duellate con me, ma con Ambrogio, opposto da me ai manichei in questo duello, dove vince e loro stessi e voi. 182 - L'esorcismo battesimale ti confuta Giuliano. Infatti, secondo i tuoi ragionamenti, il diavolo ha il diritto di cogliere come frutti del suo albero tutti coloro che sono nati dalla concupiscenza. Bestemmi quindi alla stessa maniera di Manicheo per noi che rivendichiamo alla creazione di Dio la concupiscenza della carne. Agostino. Se tu fossi voluto arrivare alla causa per la quale i bambini battezzandi e si insufflano e si purificano con l'esorcismo, allora appariresti apertissimamente come un nuovo eretico, non solo ai cristiani cattolici eruditi, ma anche ai cattolici cristiani ignoranti. Ma poiché tu ti sei proposto, sì, dal mio libro quel punto, come se avessi l'intenzione di confutarlo, e tuttavia hai temuto tanto di affrontarlo da evitare l'argomento con fallace loquacità e da coprire con il tuo molto dire ciò che hai taciuto, io ti replico l'Apostolo, lo voglia tu o non lo voglia, e te lo presento nell'atto di dire di Dio Padre: È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto. ( Col 1,13 ) Da questo testo eccettuate i bambini, se potete, e abbiate il coraggio di dire che essi vengono trasferiti, sì, nel regno del Cristo per la rigenerazione, ma non liberati dal potere delle tenebre. Ma tuttavia preparatevi a ricevere sulle vostre facce con merito grandissimo le medesime essufflazioni che si usano nella Chiesa del Cristo e per i grandi e per i piccoli. Con tali essufflazioni appunto meritate voi di essere essufflati quali sono le essufflazioni che apertissimamente provano la verità di ciò che voi negate. 183 - Superbia della libidine Giuliano. Ma il tuo passo, al quale accennai in un'opera precedente, dove dici: Qualche volta la libidine non fa, benché l'animo voglia, mentre altre volte fa anche se l'animo non vuole, e accusi questa superbia della libidine, per la quale essa si commuove contro la volontà dell'animo, è stato spiegato non solo dai modi di sentire di Manicheo, ma anche dai suoi modi di parlare. Infatti dopo aver rimproverato a noi di dire fatti da Dio gli uomini, che noi confessiamo seminati dalla voluttà di coloro che si uniscono, dice: Stolti! Dicono creato da Dio ciò che sono certi essere generato dalla concupiscenza, quando compiono il coito contro la volontà dell'animo. Agostino. Ma non capisce Manicheo che anche da un male dell'uomo può Dio creare un bene, e che l'uomo stesso con la pudicizia coniugale usa bene di un male, mentre al medesimo male egli si oppone, quando lo alletta a deplorevole turpitudine. Ma tu, che neghi che la libidine sia il male che è, per quale ragione le resisti, per non vivere turpemente, e per quale ragione, se le acconsenti, è inevitabile che tu viva turpemente? 184 - La concupiscenza cerca di occultarsi Giuliano. Quello poi che tu hai messo: Il male della concupiscenza evita qualsiasi sguardo e cerca per pudore di occultarsi, lo dice anche Manicheo così: Con segreti pudori agiscono allora odiando la luce, perché non siano manifestate le loro opere. Agostino. Come Manicheo non sa che cosa di buono si faccia attraverso il male della concupiscenza carnale, così pure tu non sai per quale male il pudore cerchi il segreto, anche nella operazione buona delle nozze. 185 - Coincidenze e differenze Giuliano. Rispetto poi a queste tue parole dove affermi: Chi per la concupiscenza pratica lecitamente l'unione, usa bene di un male, per ricordare di credere piuttosto all'Apostolo, il quale ha detto: Non il bene abita nella sua carne, e questo non-bene, cioè questo male abitante nella carne dell'Apostolo, vuoi farlo apparire come la concupiscenza della carne, ( Rm 7,18 ) Manicheo l'ha messo non diversamente da te. Infatti, dopo aver detto: Perché non siano manifestate le loro opere, continua: E in riferimento a ciò l'Apostolo grida ai Romani: " Io non compio il bene che voglio, ma opero il male di cui inorridisco ". ( Rm 7,19 ) Gli doleva infatti che il peccato, cioè il diavolo, operasse in lui ogni concupiscenza. L'autorità legittima denuncia il male della concupiscenza, poiché vitupera tutti i suoi usi che la carne ammira e loda. Agostino. Vitupera forse ogni uso della concupiscenza carnale l'Apostolo che scrive: Se prendi moglie non pecchi, e se una ragazza prende marito non pecca 233? ( 1 Cor 7,28 ) Manicheo dunque non sa quel che dice. Ma nemmeno tu capisci come parli, reputando che l'Apostolo abbia inteso altro di diverso dalla concupiscenza della carne, della quale un altro Apostolo dice che non viene dal Padre, ma dal mondo. Dalla quale libidine per la prevaricazione del primo uomo discende che la carne concupisca contro lo spirito un uomo cattolico dotto e dottore e lo imparò e lo insegnò nella Cattolica. ( 1 Gv 2,16 ) 186 - Nelle tue opinioni nulla di originale Giuliano. Quanto poi alla tua affermazione, stimata da te molto valida a tenere le distanze tra te e Manicheo, che la natura fu fatta buona, sì, ma soltanto nei primi uomini, e che successivamente fu tutta sovvertita a causa della concupiscenza, anche Manicheo ha ragionato così. Dice: Vale la pena di avvertire che la prima anima, emanata dal Dio della luce, ricevé questa struttura corporea, perché la governasse con il suo freno. Arrivò il comandamento e rivisse il peccato, che sembrava imprigionato; il diavolo trovò le sue occasioni, insinuò nell'anima la materia della concupiscenza e per mezzo di essa la uccise. È certamente santa la legge, ma santa per un'anima santa, e il comandamento è giusto e buono, ma per un'anima giusta e buona. Così pure nella lettera a Patrizio : Quasi dal fiore della prima sostanza lo dice fatto migliore di quelli che seguirono. Non è dunque una gran cosa e non fa guadagnare nulla alla tua difesa l'aver pensato di escludere dall'incriminazione della natura umana Adamo, del cui stato tratteremo presto più ampiamente. Qui basti aver mostrato che nelle tue opinioni non si trova nulla di originale, ma tutto ormai è logoro per il rimestamento di Manicheo. Agostino. Manicheo dice che non solo l'uomo, ma anche il mondo intero con tutte le cose che gli appartengono è costituito dalla mescolanza di due nature coeterne, cioè dalla mescolanza della sostanza del bene e della sostanza del male, così da attribuire senza dubbio al Dio buono come a suo artefice la stessa macchina del mondo, benché dalla mescolanza del bene e del male. Dice però che gli animali e tutti gli esseri che nascono dalla terra e l'uomo stesso sono opere di una mente maligna, che Manicheo attribuisce alla gente delle tenebre. Per questo afferma che " la prima anima emanò dal Dio della luce e ricevé questa struttura corporea, perché la governasse con il suo freno ". Infatti non lo dice dell'uomo, ma dell'anima buona, che come parte e natura di Dio pensa mescolata con il mondo intero e con tutte le cose che sono in esso. Nell'uomo poi l'anima buona è ingannata a causa della concupiscenza. La quale concupiscenza - e bisogna sottolinearlo spesso - Manicheo vuole che sia non un vizio di una sostanza buona, ma una sostanza cattiva. Di sostanza cattiva non dice che sia stato immune Adamo, ma egli ebbe meno della sostanza cattiva e molto più della sostanza della luce. Vedi o no quanto a questa demenza, che dice corruttibile la natura di Dio e la corrompe mescolandola con una natura cattiva, sia avversa la fede cattolica, la quale tutti i mali del genere umano, di cui vediamo inflitta anche ai bambini una parte non piccola, e la stessa concupiscenza che porta la carne a concupire contro lo spirito, tutti questi mali, dico, di cui voi riempite il paradiso, ma il vostro paradiso, dice che non vengono se non da una natura buona e ben costituita dal Dio buono, ma viziata dalla volontà propria e dalla prevaricazione del primo uomo? Il che negando, che cosa ottenete voi se non che tutti questi mali, che non volete far provenire nei bambini da un peccato della natura buona, siano attribuiti alla mescolanza di una natura cattiva, come la tira fuori il rabbioso errore dei manichei? Voi vedete dunque, benché non vi vada di vedere, che gli insani e perduti manichei devono essere vinti con voi, perché non vincano, aiutandoli voi. Anzi, aiutandoci il Signore, sono già stati vinti insieme a voi. 187 - Affermazioni di Manicheo che si direbbero di A. Giuliano. Persiste Manicheo nell'inveire contro di noi e aggiunge: Quanto poi a coloro che, contro i libri evangelici e apostolici, da essi leggiucchiati invano, hanno osato chiamare un bene cotesta concupiscenza, osserva che i loro santi hanno dormito talvolta con le loro figlie, talvolta hanno praticato più donne, e concubine e mogli. Né si accorgono di questo passo dell'Apostolo: " Quale rapporto ci può essere tra la luce e le tenebre, tra un fedele e un infedele, tra il Cristo e Belial? ". ( 2 Cor 6,14-15 ) Vanno errando in balia della nube della concupiscenza e gustano così del suo veleno da crederla pazzamente una concessione di Dio quando la esercitano, come se ignorassero che l'Apostolo dice: " Di quanto viene fatto da costoro in segreto è turpe perfino parlare ". ( Ef 5,12 ) Vedi appunto come tortura il tema del pudore e come pensa che esso valga moltissimo contro di noi, che non osiamo chiamare un male ciò che tuttavia confessiamo doversi velare per pudore. Nessun vestimento dunque hai tessuto per coprire la vergogna del tuo dogma, a parte i panni con i quali sei cresciuto nella eredità del tuo genitore e maestro. Insiste quindi nell'ergersi contro di noi e apostrofandoci dice: O via, difensore della concupiscenza, narra con aperto discorso i suoi frutti e le sue opere. Ecco inversamente da lei io non temo la luce, che lei paventa, che lei odia. " Chiunque infatti agisce male, odia la luce e non si espone alla luce, perché non siano svelate le sue opere ". ( Gv 3,20 ) Vedi o non vedi che origine del male è la concupiscenza, per la quale le misere anime obbediscono alla libidine, non spontaneamente, essendo questa l'unica azione che compiamo con animo nolente? Da qui viene ciò che dici anche tu: Come mai infatti è in nostro potere muovere le labbra, la lingua, le mani, flettere il dorso, la cervice, i fianchi per le opportune operazioni e, quando si viene invece a seminare i figli, le membra create per questa attività non obbediscono, ma si aspetta che le metta in movimento una libidine quasi autonoma, che a volte non lo fa pur volendolo l'animo e a volte lo fa anche se l'animo non lo vuole? Tu hai enumerato appunto tutti gli uffici delle membra e, mentre le lodi di servire al comando della volontà, dici che la faccenda della libidine è la sola che noi compiamo con animo nolente. Che dice Manicheo? Vedi o non vedi - dice - che origine del male è la concupiscenza, per la quale le misere anime obbediscono alla libidine non spontaneamente, essendo questa l'unica azione che noi compiamo con animo nolente? Ma vediamo cos'altro aggiunga. Inoltre ogni peccato è fuori del corpo, perché è attuale; ma chi commette fornicazione, pecca contro il proprio corpo. ( 1 Cor 6,18 ) Ogni peccato infatti è inesistente prima di essere fatto, e dopo che è stato fatto rimane solo il ricordo della sua azione e non rimane la stessa azione. Il male invece della concupiscenza, essendo naturale, esiste prima di essere fatto, cresce quando si fa, si vede e rimane dopo che è stato fatto. Per quale ragione dunque litighi con noi, perché ti chiamiamo manicheo, dal momento che né si ritiene negli scritti di lui altro da quello che dici tu, né altro nei tuoi scritti da quello che vuole persuadere lui? Quello che corre sulle labbra del popolo, ma versatovi da voi, è contenuto nella medesima lettera di Manicheo. Cioè: Se non esiste peccato naturale, perché si battezzano i bambini, che consta non aver commesso nulla di male da sé? Ma la ragione per cui ho detto che quell'argomento svolazza sulle lingue di molti è che come argomento popolare è stato compreso anche da tutti i meno intelligenti: tu del resto nei tuoi libri riponi tutta la speranza su di esso. Questo stesso argomento lo presenta dunque il tuo precettore in questo modo: Li devo interrogare così: Se ogni male è attuale, per quale ragione uno prima di fare il male riceve la purificazione dell'acqua, se non ha fatto nessun male da sé? Oppure, se non lo ha fatto ancora e ha bisogno di essere purificato, è lecito additare come polloni di una stirpe naturalmente cattiva quegli stessi ai quali la demenza non lascia intendere né quello che dicono, né di chi lo affermano. Senti in che modo ci insulta? Dementi ci chiama, neppure capaci d'intendere quello che diciamo o quello che affermiamo, perché neghiamo la propagazione di una stirpe cattiva e pur battezziamo con acqua purificante anche coloro che non hanno commesso nessun male, cioè i bambini. Ho posto qui appunto molti testi dalle sentenze di costui. Ma se il titolo non indicasse la figlia Menoch e Manicheo, che si autodenomina apostolo del Cristo, questi testi prometterebbero assolutamente te come loro autore. Poiché dunque non dici nient'altro da quello che hai imparato alla scuola di Mani, reputi di dover essere ritenuto nella estimazione dei cattolici diversamente da colui dal quale hai bevuto i sacramenti di tali dogmi? Agostino. Hai finito una buona volta le citazioni che pensasti di dover fare contro di noi da una lettera di Manicheo, che ti rallegri di aver trovato con l'aiuto delle preghiere del tuo collega Floro. In essa Manicheo accusa certamente la concupiscenza della carne, per la quale la carne concupisce contro lo spirito, ma giudica Manicheo di doverla obiettare ai cattolici, come se essi dicano che la concupiscenza è buona, perché difendono la bontà delle nozze con la sanità della dottrina del Signore e degli Apostoli. Quando mai infatti potrebbe Manicheo distinguere il male della concupiscenza carnale dalla bontà del matrimonio, se la Lettera agli Ebrei dice che il cibo solido è solo per coloro che hanno le facoltà esercitate a separare il bene dal male? ( Eb 5,14 ) Ma tu sei caduto pari pari inevitabilmente tra le zanne di Manicheo, tu così grande lodatore della concupiscenza della carne da collocarla pure nel paradiso, cioè in un luogo di tanta beatitudine, non come la concupiscenza avrebbe potuto esistere là se vi fosse dovuta essere, ma assolutamente tale e quale esiste adesso. Cioè gli abitanti di quel luogo godrebbero di una pace così beata da combattere dentro di sé una guerra intestina contro gli assalti della concupiscenza per non cadere nei consensi di un coito illecito o disonesto. Questo male non può esistere nel paradiso, all'infuori forse che in quello dipinto, del quale abbiamo parlato sopra e che portasse la soprascritta: Paradiso dei pelagiani. Dove, sebbene non potesse essere espressa dall'arte di nessun pittore la concupiscenza stessa sollecitante con occulti sobbalzi i cuori casti, potrebbero essere tuttavia dipinte femmine gravide, che per fastidio respingono i cibi utili e con strano diletto appetiscono i cibi nocivi, femmine sofferenti di nausee, di vomito, di pallore; femmine che talvolta buttano via per aborto feti immaturi; femmine che anche nello stesso parto protestano la loro miseria con la pena che ricevé la madre Eva; dove la pittura, sebbene priva di suoni, imiterebbe tuttavia al possibile le facce di femmine tristi, gementi, urlanti, e gli stessi neonati tutti piangenti, per la sorte comune dei nascenti e per la varietà delle diverse pene, e molti di essi in seguito anche sotto le nerbate dei maestri. A chiunque ignaro si mettesse a guardare questa pittura e leggesse il titolo e ne chiedesse la causa, sarebbe evidentemente resa questa buona ragione, ma da voi: Tale sarebbe stata assolutamente la condizione del genere umano anche nel paradiso, perché tale è qui dove ugualmente i feti umani non contraggono nessun peccato di origine. Costui se acconsentisse, diventerebbe pelagiano; se invece non volesse acquietarsi a questa risibile insipienza, sarebbe accusato da voi come manicheo. Ma a questa polemica, o Ambrogio, santo antistite di Dio, dotto nella Chiesa e dottore della Chiesa, a costoro di' che la concupiscenza, che porta la carne a concupire contro lo spirito e con la quale Manicheo, senza sapere quello che dice, tende trappole agli inesperti, non viene dalla mescolanza di una natura diversa, com'egli fantastica, ma è accaduta alla nostra natura buona, creata dal Dio buono, per la prevaricazione del primo uomo. Ma voi probabilmente con impudentissima pervicacia scegliete di prestare aiuti all'impurissimo Manicheo, piuttosto che acquietarvi al santo Ambrogio. Fate come vi piace, ma neppure con il vostro aiuto godrà Manicheo, perché con la fede cattolica, nel nome del Cristo e nella sua forza Ambrogio vince gli uni e gli altri. Se infatti codesta concupiscenza fosse tale da non precedere e da non eccedere con il suo turbamento carnale la volontà dell'uomo, ma ne seguisse sempre l'arbitrio, certamente né Manicheo troverebbe che cosa riprendere giustamente in essa, né alcuno di noi sosterrebbe che i coniugati non l'avrebbero potuta avere nel paradiso, né Ambrogio direbbe che noi l'abbiamo tratta dalla prevaricazione del primo uomo, perché non la vedrebbe concupire contro lo spirito. Al contrario, poiché adesso è tale da concupire contro lo spirito, anche quando non riesce a vincere contro la resistenza dello spirito, poiché ciò non potrebbe essere nel paradiso dei beati che godono di quella grande pace, poiché non è lecito credere che Dio sia corruttibile per la mescolanza di una natura cattiva, resta che la fede di Ambrogio nel contagio del primo peccato vinca e voi e i manichei. 188 - La tua squisita scaltrezza Giuliano. Ci rimane da esaminare quella tua sentenza che tu, dopo avere promesso di restringerla in un solo articolo, l'hai sintetizzata brevemente e, non lo dobbiamo negare, con una certa acutezza così: La natura umana, se fosse un male, non dovrebbe essere generata; se non avesse un male, non dovrebbe essere rigenerata, e per esprimere le due verità con un solo vocabolo: la natura umana se fosse un male, non sarebbe da salvare; se nella natura umana non ci fosse nulla di male, non sarebbe da salvare. In questo passo non ti dobbiamo defraudare della lode dovuta al tuo ingegno: secondo infatti la tua ragione non si sarebbe potuto assolutamente dire meglio. Ma tuttavia la natura delle cose non consente nessun vantaggio alla tua squisita scaltrezza. Davvero duro è per te recalcitrare al pungolo. Qualsiasi argomento infatti tu inventi, non meno del ghiaccio si scioglierà accanto al fuoco della verità. Attendi inoltre a quello che noi replichiamo per ora. Tu hai concluso in questo modo: Certamente la natura umana se fosse un male, non sarebbe da salvare. Siamo d'accordo, hai detto assolutamente la verità: Se fosse un male, non sarebbe da salvare, perché una cosa cattiva e cattiva per natura, né meriterebbe la salvezza, né l'accoglierebbe. Per quale ragione non l'accoglierebbe? Perché non potrebbe diventare diversa da quella che era stata fatta. Non la meriterebbe poi, perché nulla c'era in essa che la clemenza di Dio si degnasse di liberare. Quando poi diciamo: Se fosse - e non lo può essere certamente -, non concediamo la possibilità del contrario che abbiamo negata, ma siamo soliti esprimere così l'eliminazione di una delle due opinioni assurde. Per esempio: se questo o quello fosse vero, seguirebbe senza dubbio una conseguenza; di modo che se non fosse possibile quello che seguirebbe, tanto più si negherebbe anche ciò che si era ipotizzato per la sua eliminazione. Già ripetutamente dunque abbiamo dimostrato che non può esistere alcun male per natura, ma adesso tuttavia senza pregiudizio di cotesta acquisizione approviamo la parte della tua sentenza dove hai detto: La natura umana se fosse un male, non sarebbe da salvare. Hai collocato la salvezza nel battesimo e hai ragionato logicamente che, se dicessero il vero i manichei, i quali dicono cattiva la natura, vaneggerebbero i cristiani, i quali credono di dover applicare il rimedio ad una natura cattiva. Quindi chi conferma cattiva la natura degli uomini, è costretto a negare la grazia; il che ritorna indietro così: chi conferma la grazia, è inevitabile che lodi la natura degli uomini, per la cui salvezza capisce che è stata provveduta la grazia. Agostino. Non è vero quello che dici: inganni o ti inganni. Infatti non chi conferma " mala " la natura degli uomini, ma chi conferma che essa è un male, ossia non chi conferma che essa è male, ma chi conferma che essa è un male, è costretto a negare la grazia. Infatti dov'è " mala ", ivi ha più bisogno della grazia. Una natura è appunto un uomo " malo ", perché l'uomo è senza dubbio una natura, e così natura è una donna , perché la donna è senz'altro una natura. In che modo dunque è costretto a negare la grazia chi dice questo, quando la grazia viene in soccorso delle nature cattive, cioè degli uomini cattivi, perché cessino di essere cattivi? Ma in un senso diciamo: Quest'uomo è " malo ", e in un altro senso: Quest'uomo è un male. La prima affermazione può essere vera, la seconda non può essere vera. Come se diciamo: Quest'uomo è vizioso, può esser vero; se invece dicessimo: Quest'uomo è un vizio, non potrebbe essere vero. Quindi non volere errare né indurre gli uomini in errore e cerca di capire che io ho detto: La natura umana se fosse un male, non dovrebbe essere generata; se non avesse un male, non dovrebbe essere rigenerata, come se dicessi: La natura umana se fosse un vizio, non dovrebbe essere generata; se non avesse un vizio, non dovrebbe essere rigenerata. Ugualmente dove in seguito ho sintetizzato ambedue le verità con un solo vocabolo e ho detto: La natura umana se fosse un male, non sarebbe da salvare; se in essa non ci fosse nulla di male, non sarebbe da salvare, come se dicessi: La natura umana se fosse un vizio, non sarebbe da salvare; se in essa non ci fosse nulla di un vizio, non sarebbe da salvare. Ecco ho reso più piane le mie parole, non perché tu trovassi che dire contro di esse, ma perché si capisse che tu non hai potuto trovare che dire. 189 - Chi loda la natura umana, non per questo nega la grazia divina Giuliano. Che cosa dunque si concluda da qui avvertilo: la negazione della grazia si accompagna alla lode della natura umana. Anzi queste quattro verità stanno tanto collegate tra loro che non se ne può ritenere l'una senza l'altra, ma l'infamia della natura genera la negazione della grazia e la lode della grazia genera l'esaltazione della natura; queste verità infatti possono reciprocarsi sotto ogni verso. Hai detto bene dunque: La natura umana se fosse un male, non sarebbe da salvare. Ambedue queste verità le dicono infatti i manichei, cioè che è cattiva la natura della carne e che non può essere salvata per mezzo della grazia, né lo deve. Agostino. Ma i manichei dicono cattiva la natura della carne così da dire che essa è un male, non che ha un male, perché stimano che il vizio non sia un accidente della sostanza, ma sia una sostanza per se stesso. 190 - Non hai affermato se non quello che avevi negato Giuliano. Ma dopo queste parole tu avanzi la sentenza che ti è cara e dici: Se poi nella natura umana non ci fosse nulla di male, non sarebbe da salvare. Chi dice dunque che essa non è un bene, nega a questa creatura il Creatore buono; chi nega invece che in essa ci sia un male, rifiuta a questa creatura viziata il Salvatore misericordioso. Qui stia perciò attento il lettore: vedrà che non hai detto nient'altro che quanto avevi negato da dirsi: hai dichiarato infatti che c'è " naturalmente " un male nella natura che avevi detto non essere " naturalmente mala ". Agostino. Non avevo detto che la natura non è " mala ", ma che non è un " male ". Cioè per usare un linguaggio più piano: non avevo detto che non è stata viziata, ma che non è un vizio. Rileggi e intendi. 191 - Il male, congenito o no, rende l'uomo e in lui rende la sua natura Giuliano. Ma per natura " mala " non si può capire se non quella che ha congenito un male. Agostino. O che sia congenito il male, come la fatuità dell'ingegno, o che sia assunto con la volontà come l'omicidio, può dirsi un uomo " malo " una natura " mala ", perché anche un uomo è natura; come un cavallo " malo " può dirsi anche un animale " malo ", perché anche un cavallo è un animale. 192 - Non è lo stesso avere un male ed essere un male Giuliano. E per fare una conclusione breve e pura: se il male è presente in una natura così che il male nasca da essa con gli stessi semi, essa si dimostra senza dubbio una natura " mala ". Agostino. Anche se si dimostra una natura " mala ", non è tuttavia un male, perché anche se si dimostra viziata, non è tuttavia un vizio. 193 - Cosí è svanita la tua conclusione Giuliano. Ma se si scagiona dai mali e si sostiene che è buona, non può il male né nascere da essa, né essere presente in essa " naturalmente ". Così è svanita la tua conclusione, perché la sentenza che hai messo al secondo posto non ha distinto, ma ha raddoppiato la prima. Agostino. Non segue immediatamente che si scagioni dai mali, se si sostiene che è buona. La medesima natura appunto ed è buona in quanto natura, ed è cattiva se è viziata: tuttavia nessuna natura è assolutamente un male. Non è quindi svanita la mia conclusione dove ho detto: La natura umana se fosse un male, non sarebbe da salvare; se in essa non ci fosse nulla di male, non sarebbe da salvare. Ma se vuoi dire la verità, di' piuttosto che è svanita la tua argomentazione con la quale hai voluto confutare la mia conclusione. 194 - Dev'essere salvata perché ha un vizio, non dev'essere salvata perché non è un vizio Giuliano. La natura umana - dichiari - se fosse un male, non sarebbe da salvare; se in essa non ci fosse nulla di male, non sarebbe da salvare. Che altro hai dimostrato se non che una medesima natura si debba salvare per la medesima ragione per cui avevi negato che si debba salvare? Agostino. È da salvare perché è " mala ", non perché è un male; se invece fosse un male, non sarebbe da salvare. Non è infatti " mala " perché è un male, ma perché ha un male; come è viziosa non perché è un vizio, ma perché ha un vizio. Perché dunque è viziosa è da salvare: se invece la stessa natura, ossia la stessa sostanza, fosse un vizio, non sarebbe da salvare. In che modo dunque io avrei detto che una medesima natura si deve salvare per la medesima ragione per cui avevo negato che si debba salvare, dal momento che altro è avere un vizio, altro essere un vizio? È dunque da salvare perché ha un vizio, non perché è un vizio; se invece fosse un vizio non sarebbe da salvare. Tu vedi come questo tuo non tacere non sia un rispondere, dal momento che tu vedi di non aver dato nessuna risposta e di non aver voluto tuttavia tacere. 195 - Precisazioni Giuliano. E in questo sei tornato indietro fino al punto di riproporre con la tua argomentazione Manicheo che avevi disprezzato nella tua professione. Infatti dicendo: Se fosse " mala ", non sarebbe da salvare avevi vestito la divisa del combattente; soggiungendo invece: Se in essa non ci fosse nulla di male, non sarebbe da salvare, hai insegnato che tu militi fedelmente per lui stesso. Poiché dunque è apparso che la tua sentenza ha il medesimo contenuto della sentenza di Manicheo, ossia che la natura umana è " mala ", dicendo egli e tu alla pari che in essa è presente un male, e poiché tu hai dichiarato che una natura " mala " non è da salvare, il risultato ottenuto in modo assolutissimo è che la vostra fede a schiere congiunte combatte tanto contro la natura quanto contro la grazia. Agostino. Forse, perché muti le mie parole per dare l'impressione di avere risposto qualcosa, rendi per questo difficile o impossibile ai lettori ricordare con la mente o almeno ritornare a leggere in questo tuo stesso libro poco avanti e vedere che cosa io abbia detto là dove tu stesso hai messo le mie parole esattamente come sono state dette da me? Io infatti non ho detto: Se fosse " mala ", non sarebbe da salvare, essendo da salvare proprio perché cessi di essere " mala ". Ma io ho detto: Se fosse un male, non sarebbe da salvare. Avendo appunto un vizio è: eliminato il quale, senza dubbio si salva. Non è un vizio per se stessa, altrimenti si eliminerebbe lei stessa quando si eliminasse il vizio. Quando invece dalla salvezza èeliminato il vizio, che altro è salvato in questo modo se non la natura? Quando pertanto si dice che è sanato il vizio, non è salvato il vizio stesso, ma è salvata la natura nella quale il vizio era presente. Se la natura fosse un vizio, essa non sarebbe salvata dalla sanità, ma piuttosto spacciata dalla sanità. Anzi in questo modo nessuna sanità si potrebbe ottenere. Poiché se si ottenesse la sanità, rimarrebbe la natura risanata, dopo che fosse eliminato il vizio per cui non era sana; se invece la natura fosse un vizio, essa non si sanerebbe certamente, eliminato il vizio, ma si eliminerebbe la stessa natura. E perciò non se fosse mala " la natura umana non sarebbe da salvare, ma se fosse un male, ossia se fosse un vizio; se in essa non ci fosse nulla di male, ossia se non fosse " mala " per un vizio, non sarebbe da salvare. Ecco quello che io ho detto. Mutando tu le mie parole, non voler fare spazio, non alle tue risposte, ma alle tue proteste. 196 - Non si può lodare la grazia senza lodare la bontà della natura Giuliano. E segue che nessuno può lodare la grazia del Cristo all'infuori di chi abbia lodato nella natura l'opera buona del Creatore. Agostino. In questo hai detto il vero, e la ragione per cui anche in una natura " mala " è lodevole l'opera del Creatore è che anche la natura " mala " è un bene in quanto è natura; e perché questo bene sia liberato dal male è necessaria la grazia. 197 - G. grande tutore dei bambini! Giuliano. Certamente la questione non verte qui sulle scelte degli uomini adulti, ma solamente sulla qualità dei nascenti, nei quali si esamina lo stato di natura. Questa natura pertanto, senza nessun mescolamento della propria volontà tu l'asserisci tuttavia con Manicheo rea, condannata, piena di mali, cioè di crimini, e noi senza delitto, senza il male del peccato, la difendiamo innocente e capace di virtù. Agostino. Riconosciamo te, riconosciamo il grande tutore che non lasci al Salvatore di soccorrere i bambini che pur dici di proteggere. Se poi glielo lasci, di' per favore, quando si battezzano, salvi nel corpo, da che male, da che vizio, sotto quale aspetto vengano salvati. Ma che cosa potrai rispondere tu, o uomo, che ti fai un tuo paradiso e non arrossisci di riempirlo delle pene immeritate dei bambini? 198 - La natura del bambino naturaliter iniqua Giuliano. Questa natura dunque tu l'accusi come criminosa, viziosa e condannata per la sua volontà o per la condizione della natività? Se per la propria volontà, così da dire cioè che quei bambini hanno peccato con le loro scelte volontarie, nasce certamente un'opinione mostruosa, ma tuttavia si nega la " traduce " del peccato: il bambino infatti non ha ricevuto da altri quello che ha potuto commettere da sé. Se al contrario sortisce tanti mali non dalla sua azione, ma dalla condizione della sua natività, la natura del bambino si dimostra " naturaliter " iniqua. Agostino. Né per la loro volontà io accuso la natura dei bambini: nessuno infatti nasce perché lo vuole; né per la condizione della loro natività: io accuso il fatto che nascono miseri, non il fatto che nascono. Nascerebbe infatti pure nel paradiso la natura umana, feconda per la benedizione di Dio, anche se nessuno avesse peccato, fino a che non si compisse il numero dei santi preconosciuto da Dio. Ma quei bambini nel paradiso non piangerebbero, né sarebbero muti, né incapaci temporaneamente dell'uso di ragione, né giacerebbero deboli e inerti senza l'uso delle membra, né sarebbero afflitti dalle malattie, né lesi dalle bestie, né uccisi dai veleni, né feriti da qualche incidente, né privati di nessun senso o di nessuna parte del corpo, né vessati dai demoni, né domati dalle percosse nel loro ascendere verso la puerizia o sottoposti a fatiche; né alcuno di essi nascerebbe con indole tanto vana e ottusa da non essere corretto né con le buone né con le cattive; ma, fatta eccezione per la quantità del loro corpo, attesa la mancanza di capienza degli uteri materni, sarebbero generati assolutamente tali quale fu fatto Adamo. Ma attualmente essi né sarebbero quelli che vediamo, né soffrirebbero tali mali, se la natura umana non fosse stata mutata e condannata in queste miserie per quel grande peccato. Essi dunque non si trovano così per condizione di natività, ma per contagio di peccato e per condizione di castigo. 199 - Ha tanto male dentro di sé Giuliano. In che dunque differite tu e Manicheo sul giudizio della natura? Su questo tu rispondi: egli la confessa cattiva. Tu dunque, se dissenti in ciò dichiara che essa è buona, ed è rimossa la polemica: sarai preso subito dalle reti della verità per la salvezza. Ma tu reclami. Sentiamo dunque che cosa partorisca tu, o Aristotele dei Punici. Tu affermi: Ha tanto male dentro di sé da essere posseduta dal diavolo e da meritare l'incendio eterno. Agostino. Ma tu che neghi che sia posseduta dal diavolo, neghi senza dubbio che sia liberata dal potere delle tenebre, quando per la rigenerazione è trasferita nel regno del Cristo, e accusi l'universale Chiesa cattolica di un grande crimine di lesa maestà. Infatti dalle leggi di questo mondo non si ritiene reo di altro crimine chiunque essuffli, benché non viva, un'immagine tuttavia dell'imperatore. Ma nell'esorcismo i bambini sono essufflati prima di essere battezzati: sono quindi essufflate le immagini vive, non di un qualsiasi re, ma di Dio. Ma anzi si essuffla piuttosto il diavolo, che tiene il bambino, reo per il contagio del peccato, perché, messo fuori il diavolo, il bambino sia trasferito al Cristo. ( Gv 12,31 ) Si essuffli pertanto la demenza di Giuliano, perché non si dica rea di delitto di lesa maestà la Chiesa nel mondare e nell'essufflare i bambini. Se al contrario il bambino non è liberato dal potere delle tenebre e rimane in esse, perché mai ti meravigli se dovrà stare con il diavolo nel fuoco eterno chi non si lascia entrare nel regno di Dio? Oppure, perché i pelagiani ai bambini non battezzati preparano fuori dal regno di Dio non so quale luogo di quiete e di vita eterna, per questo sarà falsa la sentenza del Cristo: Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo; ma chi non crederà sarà condannato? ( Mc 16,16 ) Chi poi nega che i bambini credano per la bocca di coloro che li portano, neghi altresì che essi ricevano il battesimo, per il fatto che nelle mani di coloro che li portano mostrano segni di riluttanza. 200 - Non è poi tanto cattiva! Giuliano. Ma non è tanto cattiva se nessuno la può accusare all'infuori di Manicheo. Agostino. Fu dunque Manicheo a dire: Nasciamo tutti sotto il peccato, essendo nel vizio la stessa nostra nascita? Ma poiché questo lo ha detto un cattolico, dotto e dottore, che cosa sei tu se non un eretico, ingannato e ingannatore? 201 - Con le parole l'assolvo, con i giudizi la condanno Giuliano. Io tuttavia, dichiara costui, non sono manicheo, perché assolvo la natura umana con le parole e la condanno con i giudizi. Agostino. Sei tu che la condanni con un giudizio e per giunta con un giudizio iniquo, perché vuoi che essa soffra mali tanto grandi senza un merito " malo ". 202 - Ma è proprio vero? Giuliano. Che cosa quindi accuserò qui in primo luogo: la sua impudenza nel mentire, la sua libidine nel contraddire o la sua profanità nel credere ad opinioni tanto perverse? Capisco tuttavia che noi dobbiamo fare uso delle parole del Profeta: Beati noi, o Israele, perché ciò che piace a Dio ci è stato rivelato. ( Bar 4,4 ) Agostino. Ma è proprio vero che a voi sia noto ciò che piace a Dio? O insulso, che senza nessun contagio di peccato siano oppressi i bambini da un grave giogo piace a Dio? Traggono dunque il contagio da quel primo e grande peccato: il che non volendo voi confessare, che cosa fate se non attribuire a Dio un giudizio ingiusto? 203 - Non c'è nessun altro male all'infuori del peccato Giuliano. Ma la censura dei lettori supplirà al mestiere delle invettive. Noi procediamo oltre. Certamente non c'è nelle realtà nessun altro male che sia veramente male all'infuori del male che chiamiamo peccato. Agostino. Se non sono mali anche i castighi dei peccati, non hai in che modo difendere che Dio abbia detto la verità quando disse che crea i mali, ( Is 45,7 ) perché non bisogna dire che Dio crea i peccati. 204 - Non c'è male se non il merito cattivo Giuliano. E dal peccato viene generato in ognuno il male naturale, come dici tu. Non c'è quindi nessun altro vero male che il merito " malo ". Agostino. Non solamente il merito " malo ", ma anche la pena che si rende al merito " malo " è un male. Non è vero infatti che sia veramente un male il peccato e non sia veramente un male la pena del peccato. Se dunque non ci fosse nei bambini nessun merito " malo " derivante dalla origine, ogni male che patiscono sarebbe ingiusto. E perciò cotesti mali non ci potrebbero essere nel paradiso, perché non ci sarebbe in esso nessun merito " malo ", permanendo l'obbedienza felice. Conseguentemente, poiché nei bambini ci sono qui i mali che non ci sarebbero lì, hanno i bambini anche il merito " malo ", che non avrebbero se non " originaliter ". 205 - Vergògnati! Giuliano. Se dunque da una parte Manicheo dica cattiva la natura non per altro se non perché la giudica di merito cattivo, al quale reputa doversi infliggere i castighi, e se d'altra parte tu confermi che nella natura umana è presente un male, né altro male che quello di Manicheo, ossia la concupiscenza della carne, che tu predichi infusa dal diavolo e che dici di merito così " malo " da ostinarti a condannarla ai tormenti eterni, senza dubbio non diversamente da Manicheo tu pronunzi pessima e condannata la natura umana. Agostino. Vergògnati ormai. La concupiscenza della carne non viene dal Padre, ma dal mondo, cioè dagli uomini, i cui feti hanno riempito il mondo. Ma i manichei attribuiscono la concupiscenza alla gente delle tenebre, e li aiutate voi che non volete che a causa della prevaricazione del primo uomo, secondo la fede ambrosiana, ossia cattolica, questo male della concupiscenza si sia convertito in natura per noi. 206 - Negare il Creatore o il Salvatore? Giuliano. Vediamo dunque in che modo converga qua anche la seconda parte della tua sentenza. Hai detto infatti: Chi dice che la natura umana non è un bene, nega a questa creatura il Creatore buono; chi nega invece che in essa ci sia un male, rifiuta a questa creatura viziata il Salvatore misericordioso. Se dunque, come tu sei stato costretto a confessare, chi nega che la natura sia un bene, nega altresì il suo Creatore buono, cioè Dio, e se essere una natura " mala " altro non è che avere " naturaliter " un merito " malo ", alla nostra verità dà un appoggio anche la vostra confessione: voi cioè negate che Dio sia il creatore buono degli uomini, dei quali giurate essere " mala " la natura e per i suoi vizi e per le sue pene. Agostino. La natura umana, sebbene sia " mala " perché è stata viziata, non è tuttavia un male perché è una natura. Nessuna natura infatti è un male in quanto è natura, ma è assolutamente un bene, senza il quale bene non può esistere nessun male, perché nessun vizio può esistere se non in una qualche natura, sebbene possa esserci la natura senza il vizio: o perché non è stata mai viziata, o perché è stata risanata. Il che se i manichei lo capissero, non sarebbero assolutamente manichei, perché lo sono introducendo due nature dalle parti contrarie del bene e del male. Se dunque vedi quale differenza ci sia tra noi e i manichei, taci; se non lo vedi, taci. 207 - Neghiamo che la natura sia un male e abbia un male Giuliano. Noi non rifiutiamo dunque il Salvatore alla natura, che difendiamo per la dignità del suo Creatore; ma neghiamo che essa sia un male per non farci manichei e neghiamo che sia presente in lei un male per non essere ugualmente manichei, pur mutando le parole. Agostino. Voi siete contro i manichei in modo assoluto quando dite che la natura non è cattiva, ma siete pelagiani quando dite che non c'è in lei un male, e suffragate inconsapevolmente i manichei dicendo che il male, manifestamente presente in lei, non proviene dalla prevaricazione del primo uomo, in modo che i manichei concludano che c'è un'altra sostanza e natura del male. 208 - Viziarsi è proprio della persona e non della natura Giuliano. Viziarsi poi, in ciascuno che già per suo arbitrio compie il bene o il male, noi lo diciamo merito della persona e non della natura. E quindi asseriamo che mediante la grazia del Cristo si risana la persona medesima, che può essere viziata, poiché non si indica ferita se non la medesima persona che si insegna sanata. Agostino. Certamente voi, che rifiutate ai bambini il Salvatore, siete da essufflare come i bambini, se ciò si credesse utile a strapparvi dal potere delle tenebre e a trasferirvi nel regno del Cristo. 209 - Il battesimo toglie il reato della concupiscenza cattiva, non la concupiscenza naturale Giuliano. Nei battezzati poi non si toglie la concupiscenza della carne che è naturale, ma si toglie il reato della " mala " concupiscenza. Agostino. L'apostolo Giovanni ha detto che la concupiscenza della carne non viene dal Padre, ma dal mondo, ( 1 Gv 2,16 ) e in questo modo la fa intendere cattiva. Tu al contrario dici che ha il reato non la concupiscenza della carne, che è naturale, ma la concupiscenza " mala ". Per te appunto, nemmeno quando si concupisce la fornicazione, è " mala " la concupiscenza della carne, perché, come dici tu, fa un cattivo uso di un bene chi fa tale uso della concupiscenza. È dunque sempre un bene la concupiscenza per se stessa, come vuoi tu, sia che uno concupisca con essa il matrimonio o concupisca un adulterio; perché se concupisce il matrimonio fa uso buono di un bene, se concupisce l'adulterio fa cattivo uso di un bene. Combatti quindi con l'apostolo Giovanni e non con me: non consenti infatti con lui che dice " mala " la concupiscenza dicendo che non proviene dal Padre ma dal mondo, finché dici che la concupiscenza della carne è buona, anche quando con essa si concupisce il male, e che quindi non è mai " mala ". Ma credimi: non c'è nessun cristiano che non preferisca consentire con l'apostolo Giovanni piuttosto che con te. 210 - Non c'è peccato nella natura Giuliano. E perciò tanto con la testimonianza del Creatore del genere umano quanto con la testimonianza del Redentore si prova che non c'è nessun peccato [ nella natura ]. Agostino. Perché dici troppo sconsideratamente che non c'è nessun peccato nella natura, come se un peccato possa assolutamente esistere anche fuori da una natura, pur quando non è stato contratto per l'origine, ma commesso con la volontà? Il peccato appunto, sia di un angelo, sia di un uomo, è manifesto che sussiste o nell'angelo o nell'uomo. Ma chi potrebbe essere così fuori dalla realtà da negare che l'uomo o l'angelo sia una natura? Cos'è ugualmente ciò di cui parli ad occhi chiusi? Cos'è, ti prego, ciò che dici: Né è peccato la concupiscenza? Non ti accorgi di ragionare così contro l'Apostolo? Egli infatti ha dichiarato in maniera assolutamente sufficiente che la concupiscenza è peccato, dove affermò: Io non ho conosciuto il peccato se non per la legge, né avrei conosciuto la concupiscenza, se la legge non avesse detto: Non desiderare. ( Rm 7,7 ) Che si può dire di più chiaro di questa testimonianza, che cosa di più vano della tua sentenza? 211 - Nemica della giustizia di Dio è la " traduce " Giuliano. E per ripetere i risultati ottenuti: ho dimostrato con l'attestazione tanto dei precetti di Dio, quanto dei suoi giudizi, che è nemica della giustizia di Dio l'opinione della " traduce ". Agostino. Piuttosto è stato dimostrato e con la testimonianza delle Scritture e con le stesse disgrazie dei bambini, le quali non potrebbero esistere se non nel vostro paradiso, che nemici della giustizia di Dio siete voi perché, negando il peccato originale, ritenete che abbia ingiustamente imposto un grave giogo sui figli di Adamo dal giorno della loro nascita dal seno materno. ( Sir 40,1 ) 212 - La concupiscenza della carne è una dote naturale Giuliano. Che poi la concupiscenza della carne, data da Dio creatore dei corpi in dote naturale per rendere possibile ai sessi l'opera della fecondità, non sia accusata che da Manicheo l'ho insegnato con l'inserzione dei suoi scritti. Agostino. Che voi aiutiate i manichei ad attribuire alla gente delle tenebre, coeterna a Dio, la concupiscenza della carne, che la Scrittura divina definisce cattiva, perché a causa appunto di essa la carne concupisce contro lo spirito, ( Gal 5,17 ) mentre non volete che essa appartenga al peccato originale, e per giunta osate collocarla nel paradiso di Dio, lo abbiamo dimostrato con documenti evidentissimi e di autorità divina e di sobria ragione. 213 - Pelagio d'accordo con Ambrogio Giuliano. Ho dimostrato pure che a favore della " traduce " non avete presso di voi altri argomenti che quelli forniti da Manicheo. Agostino. Che non sia Manicheo Ambrogio, il quale, invittissimo nella fede cattolica, sbaragliò e i manichei e voi; il quale disse che la discordia tra la carne e lo spirito, dove la carne, in forza della tua protetta, concupisce contro lo spirito, si è convertita nella nostra natura a causa della prevaricazione del primo uomo, sei costretto a confessarlo, convinto e contorto anche dalla testimonianza del tuo " principe ", che loda il medesimo vescovo. 214 - Quello che abbiamo detto guiderà i lettori Giuliano. Che poi tu sia negatore del libero arbitrio e della creazione divina dei nascenti l'ho reso patente con l'esame della tua sentenza. Agostino. Che io non sia negatore del libero arbitrio, che tu fai precipitare esaltandolo e che tu inganni confidando nella tua forza, ma che io sia piuttosto difensore del libero arbitrio confessando la grazia di Dio, lo proclamano innumerevoli testimonianze sacre. E che noi non neghiamo Dio creatore dei nascenti, ma che voi neghiate Dio salvatore dei nascenti, lo indicheranno ai lettori le dichiarazioni che noi da entrambe le parti abbiamo fatte. 215 - In qual senso noi dichiariamo cattiva la natura umana Giuliano. Che poi la natura sia pronunziata da voi " mala " l'ho convinto con la spiegazione di quella sentenza che tu avevi promesso di concludere con un solo vocabolo. Agostino. Io ho dimostrato che la natura umana non è un male, ma che ha in sé un male, insegnando la prima di queste verità con la sostanza della medesima natura e con la creazione di quella sostanza da parte di Dio; insegnando la seconda verità con la miseria della medesima natura e con la salvezza dalla medesima miseria da parte di Dio. Che tu invece non abbia potuto demolire il mio ragionamento, anche se non ti avessi risposto, lo potrebbe trovare un lettore diligente e intelligente. 216 - Di Manicheo tu avversi il nome soltanto Giuliano. E perciò confido che anche ai più tardi d'intelligenza o a coloro che sono stati ingannati dal tuo favoritismo sia limpido che tu di Manicheo avversi il nome soltanto e per il resto insieme ai seguaci della " traduce " aderisci con fede piena ai suoi dogmi, non meno sporchi che stolti. Agostino. Diverso e del tutto contrario a come pensi tu è ciò che dici limpido anche ai più tardi. Infatti questo piuttosto è limpido anche ai più tardi, se non riterranno gravoso dedicare un'attenta cura a leggere gli scritti di ambedue: che io ho dimostrato non solo di essere nemico dell'errore dei manichei e di aver rovesciato con l'aiuto del Dio della verità i loro scellerati dogmi, ma altresì che voi aiutate così tanto l'insania dei manichei che essi si glorierebbero di essere assolutamente invitti, se dalla fede cattolica, che noi difendiamo per la misericordia di Dio, non venissero vinti, non per mezzo di voi o da voi, ma piuttosto insieme a voi. Ho dimostrato poi che la ragione per cui tu hai scelto me solo da ingiuriare tanto più odiosamente quanto più frequentemente con il nome dei manichei e con il loro crimine, è che hai ritenuto di potere in tal modo senza suscitare avversione, con l'orrore del nome nefando e non con la verità del crimine imputato, distruggere la fondatissima fede cattolica, che vi accusa, e la moltitudine notissima dei suoi chiari e santi difensori, i quali impararono e insegnarono le medesime verità che noi imparammo e insegniamo. Ma il fermo fondamento di Dio rimane in piedi: il Signore infatti conosce i suoi. ( 2 Tm 2,19 ) Per le parole però del mio libro, che ti eri proposto facendo finta di confutarle, in che modo, dopo averne tastate appena alcune pochissime, quasi a simulare una qualsiasi battaglia, tutte le altre, molto più numerose, tu le abbia evitate, effusa e diffusa su di esse la tua nebulosa loquacità, provvisoriamente, perché sarebbe lungo dimostrarlo qui, rimetto al lettore, perché lo avverta e lo trovi da se stesso.