Costumi della Chiesa cattolica e costumi dei Manichei

Indice

I Costumi dei Manichei

17.54 - Il sigillo delle mani

Ma ora veniamo a considerare e discutere il sigillo delle mani.

Innanzitutto Cristo ha dimostrato che il vostro rifiuto di uccidere gli animali e di abbattere gli alberi è una grandissima superstizione: giudicando che non abbiamo nessun vincolo giuridico con gli animali e con gli alberi, mandò i demoni in un branco di porci ( Mt 8,31s ) e, maledicendolo, rese sterile l'albero nel quale non aveva trovato frutto. ( Mt 21,18s )

Certamente né i porci né l'albero avevano peccato.

E noi non siamo così folli da ritenere che un albero può a suo capriccio portar frutto o meno.

Né potete voi dire qui che con questi fatti nostro Signore abbia voluto significare altre cose: ciò è a tutti noto.

Ma di certo il Figlio di Dio non avrebbe dovuto dare un segno mediante un omicidio se, come voi dite, è omicidio tagliare un albero o uccidere animali.

Infatti ha tratto segni anche dagli uomini, con i quali siamo uniti come in una società di diritto, ma sanandoli, ( Mt 4,23 ) non uccidendoli.

Agirebbe allo stesso modo con gli animali e con gli alberi, se giudicasse che formiamo con loro la medesima società, come voi l'immaginate.

17.55 - A questo punto mi è sembrato doveroso far intervenire l'autorità, perché non si può discutere con voi dell'anima delle bestie e di quel principio vitale per il quale si dice che gli alberi vivono con ragionamenti sottili.

Ma voi, per non essere schiacciati dalle Scritture, vi riparate dietro ad un certo privilegio per cui dite che sono state falsificate.

Ciò che ho ricordato dell'albero ( Mt 21,18s ) e del branco dei porci ( Mt 8,31s ) non avete mai detto che è stato interpolato dai corruttori.

Tuttavia, considerando quanto tali fatti vi sono avversi, perché non vi venga mai voglia di dire la medesima cosa anche di essi, mi atterrò al mio proposito di chiedere a voi, che promettete sempre la ragione e la verità, in primo luogo qual danno venga all'albero non dico se ne cogli un frutto o una foglia ( atto per cui di certo presso di voi, se qualcuno lo ha compiuto non per imprudenza, ma consapevolmente, senza alcun dubbio sarà condannato come violatore del sigillo ), ma se lo sradichi completamente.

Giacché quell'anima razionale che ritenete essere negli alberi, una volta che l'albero è stato tagliato, è liberata dai lacci - siete voi infatti che lo dite - che lo tenevano in una grande miseria e senza alcuna utilità.

È noto infatti che voi, cioè lo stesso vostro fondatore era solito minacciare la trasformazione dell'uomo in pianta come un grave castigo, anche se non come il più grande.

Ed è mai possibile che l'anima diventi più saggia in un albero che in un uomo?

Esistono invero ragioni ben determinate per non uccidere un uomo, sia colui che con la sua sapienza e virtù può giovare moltissimo agli altri, sia colui che, ammonito dall'esterno da qualcuno o illuminato interiormente da santi pensieri, può giungere alla sapienza.

Che l'anima dell'uomo poi uscirà dal corpo con tanto maggiore beneficio quanto più sapiente ne sarà uscita, ce lo insegna la verità attraverso la ragione più acuta e l'autorità ovunque riconosciuta.

Per questo chi abbatte un albero libera dal suo corpo un'anima che non progrediva affatto in sapienza.

Voi dunque, uomini santi, voi in modo particolare, dico, dovreste abbattere gli alberi e condurre le loro anime liberate da quel vincolo ad uno stato migliore con le preghiere e i salmi.

O forse questo può accadere a proposito di quelle anime che aiutate non con lo spirito, ma che accogliete nel vostro ventre?

17.56 - Del resto, se vi si chiede perché non mandate un apostolo a istruire gli alberi o perché colui che mandate agli uomini non predichi la verità anche agli alberi, siete costretti a confessare con sommo imbarazzo, per quanto giudico, che le anime degli alberi, finché sono negli alberi, non progrediscono sulla via della sapienza.

In tal caso siete indotti a rispondere che in tali corpi le anime non possono percepire i precetti divini.

Da un altro lato però siete ancora più imbarazzati, perché affermate che esse odono le nostre voci, comprendono le nostre parole, vedono i corpi e i movimenti dei corpi, infine leggono gli stessi pensieri.

Se queste cose sono vere, perché non possono imparare niente dall'apostolo della luce?

Anzi, perché non possono farlo addirittura molto più facilmente di noi, dal momento che riescono a vedere perfino l'interno della mente?

Così quell'insigne maestro che, come voi dite, ha difficoltà ad insegnare loro con le parole, potrebbe istruirle col pensiero: ne percepirebbero i pensieri nel suo spirito prima ancora che egli parli.

Se invece queste cose sono false, rendetevi conto finalmente in quale errore siete caduti.

17.57 - Se poi non siete voi stessi a cogliere la frutta e a strappare l'erba, ma piuttosto comandate ai vostri uditori di coglierle, di strapparle e di portarvele affinché possiate essere utili non solo a coloro che ve le portano ma anche alle cose portate: a ben considerare, chi lo tollererà?

In primo luogo, perché non c'è nessuna differenza se il delitto lo commetti tu stesso o lo fai commettere ad un altro per te.

Tu dici che non lo vuoi; ma come dunque si viene in soccorso di quella parte divina che si trova nella lattuga e nei porri, se nessuno li coglie e li offre ai santi per purificarli?

In secondo luogo, se passando tu stesso per il campo dove, a titolo di amicizia, hai la facoltà di cogliere quello che ti piace, vedrai un corvo che sta per gettarsi su un fico, che cosa farai?

Non ti sembra, stando alla vostra credenza, che il fico stesso parli con te e ti scongiuri pietosamente affinché tu stesso lo colga e lo seppellisca nel tuo santo ventre, dove si purificherà e risusciterà, piuttosto che quel corvo, divoratolo, lo mescoli al suo nefasto corpo, dove sarà imprigionato e tormentato e assumerà altre forme?

Se ciò è vero, che cosa di più crudele? Se è falso, che cosa di più stolto?

Se infrangerete il sigillo, che cosa di più contrario alla vostra disciplina?

E se lo rispetterete, che cosa di più ostile di voi ad una parte di Dio?

17.58 - Ma ciò proviene dalla vostra falsa e vana credenza; è provato infatti che in voi c'è una sicura e manifesta crudeltà che scaturisce da questo stesso errore.

Immaginiamo che un uomo, con il corpo disfatto a causa della malattia ed estenuato per il cammino, giaccia sulla via esangue e appena capace di proferire qualche parola.

Ritenendo utile per ristorare il proprio corpo che gli sia data una pera, prega te che gli passi accanto di venirgli incontro e ti scongiura affinché dal vicino albero ( cosa che non è vietata da nessuna legge umana e da nessuna vera legge ) afferri un frutto per lui, altrimenti di lì a poco morirà se non lo farai.

Tu, uomo cristiano e santo, tu passerai e lascerai quest'uomo così sofferente e supplichevole, piuttosto che far piangere l'albero cogliendone un frutto ed essere condannato alle pene manichee come violatore del sigillo.

Che razza di comportamento e di singolare innocenza!

17.59 - E ora, quanto all'uccisione degli animali, esaminerò ciò che mi turba: anche su questo oggetto si possono dire molte cose del medesimo tipo di quelle precedenti.

Infatti, che danno farà all'anima del lupo chi avrà ucciso il lupo, dal momento che anche il lupo, finché vive, sarà sempre un lupo e non obbedirà a nessuno che gli raccomanderà di trattenersi un po' dal sangue delle pecore e, una volta morto, la sua anima che, secondo voi, è razionale, è liberata dal vincolo del corpo?

Eppure voi vietate questa uccisione ai vostri ascoltatori, perché vi sembra più grave di quella degli alberi.

In questo caso mi attengo assai alle vostre impressioni, naturalmente alle impressioni sensibili.

Vediamo infatti e sentiamo dai loro gridi che anche gli animali muoiono con dolore, cosa di cui in verità l'uomo non tiene conto nella bestia con la quale, appunto perché priva di anima razionale, non è legato da nessuna relazione sociale.

Ma esamino come i vostri stessi sensi vedono gli alberi, e li trovo del tutto ciechi.

Tralasciando infatti che il legno con nessun movimento manifesta la sensazione del dolore, che cosa di più evidente che l'albero è in ottima condizione quando germoglia, quando si copre di foglie, quando fiorisce ed è ricco di frutti?

Ma questo per lo più e in modo particolare lo deve alla potatura.

Se sentisse il ferro così come voi pretendete, colpito da tante e così grandi ferite, morirebbe invece di riprendere vigore, germogliando dalle parti ferite con così sicura esuberanza.

17.60 - Ma, tuttavia, perché giudicate un sacrilegio più grande uccidere gli animali che tagliare le piante, dal momento che per voi queste hanno un'anima più pura di quella delle carni?

Avviene, voi dite, una certa compensazione quando una parte dei frutti presi dalla terra è offerta agli eletti e ai santi perché sia purificata.

Questa credenza è stata già resa vana in precedenza, chiarendo a sufficienza, per quanto suppongo, come nessun argomento può provare l'esistenza di una quantità maggiore della parte buona nei frutti che nelle carni.

Ma se uno si guadagna la vita vendendo carni, e spende tutto il guadagno di tale occupazione per comperare gli alimenti ai vostri eletti, procurandone a questi santi più dell'agricoltore e del contadino, in nome della medesima compensazione non griderà che gli è lecito uccidere gli animali?

Ma, dite voi, c'è un'altra segretissima ragione: all'uomo abile infatti non manca mai qualche espediente a danno di coloro che ignorano quanto si nasconde nella natura.

I principi celesti, che sono stati presi dalla progenie delle tenebre e fatti prigionieri, dite voi, sono stati collocati dal Creatore del mondo in questi luoghi terrestri, per cui ciascuno di essi possiede in terra propri animali provenienti dal loro genere e dalla loro stirpe.

Essi considerano colpevoli i distruttori degli animali e non permettono loro di uscire da questo mondo, e li opprimono con tutte le pene e i tormenti possibili.

Quale ignorante non temerà queste cose e, poiché non vede niente in tanta oscurità, non finirà col credere che la cosa sta così come si dice?

Ma io non abbandonerò il mio proposito e Dio mi aiuterà a respingere con una verità ben chiara queste oscure menzogne.

17.61 - Vi chiedo infatti se gli animali che vivono sulla terra e nell'acqua provengono da quella stirpe di principi per via di generazione e per opera di accoppiamento, quando l'origine dei nascenti si fa risalire a quei feti abortivi?

Se è così, vi chiedo, dico io, se non sia un sacrilegio uccidere le api, le rane e molti altri animali che nascono senza accoppiamento.

Voi dite che è un sacrilegio. Non è dunque per una parentela con non so quali principi che vietate ai vostri ascoltatori di uccidere gli animali.

Oppure, se voi dite che esiste una parentela generale tra tutti i corpi, senza dubbio anche l'abbattimento degli alberi rientrerà nella categoria delle offese ai principi; tuttavia voi non ordinate ai vostri ascoltatori di risparmiarli.

Si ritorna dunque a quell'argomento senza valore secondo cui i reati compiuti dai vostri uditori sugli alberi sono espiati mediante i frutti che portano alla vostra chiesa.

In questo modo infatti si vuole significare che coloro che nel mercato fanno a pezzi gli animali e ne vendono le carni, se sono vostri uditori e destinano i loro guadagni a procurarsi i frutti, possono affrontare quella strage quotidiana e la colpa che ne risulta sarà cancellata nelle vostre mense.

17.62 - Qualora poi diciate che, come per la frutta e le verdure, si sarebbe dovuto portare la carne agli eletti affinché questa uccisione meritasse il perdono e che, siccome ciò non è possibile perché gli eletti non mangiano carne, si era dovuto vietare agli uditori di uccidere gli animali, che cosa risponderete a proposito delle spine e delle erbe inutili che gli agricoltori distruggono strappandole ai campi nel ripulirli e delle quali non possono offrirvi alcun cibo?

Come potrà ottenere il perdono una così grande devastazione da cui non proviene alcun alimento per i santi?

O, per caso, ogni peccato compiuto a beneficio della produzione delle verdure e della frutta voi lo perdonate con il mangiare qualche cosa delle stesse verdure e frutta?

E che, se dunque le locuste, i topi e i sorci devastano i campi, come spesso avviene, essi saranno uccisi impunemente da un agricoltore vostro uditore che pecca con il pretesto di incrementare la produzione delle messi?

Di certo qui siete in imbarazzo; infatti o concedete ai vostri uditori la possibilità di uccidere gli animali, cosa che il vostro fondatore non volle concedere, oppure proibite loro l'agricoltura che egli concesse.

Tuttavia voi spesso osate anche dire che un usuraio è più innocente del contadino, tanto è vero che preferite i meloni agli uomini.

Così, pur di risparmiare i meloni, giudicate cosa migliore che un uomo sia mandato in rovina da un usuraio.

È proprio questa la giustizia che voi desiderate e onorate, o non è piuttosto un inganno da condannare e detestare?

È questa qui la memorabile compassione o non è piuttosto un'esecrabile disumanità?

17.63 - Perché non vi astenete voi stessi dal fare strage di animali nei pidocchi, nelle pulci e nelle cimici?

Voi credete che sia una grande giustificazione dire che sono sozzure dei nostri corpi.

In primo luogo dir ciò delle pulci e delle cimici è apertamente falso.

Chi non sa infatti che questi insetti non provengono dal nostro corpo?

In secondo luogo, se voi detestate sommamente l'accoppiamento, cosa che fate ben vedere, perché non vi sembrano più puri gli animali che nascono dalla nostra carne senza accoppiamento?

Sebbene infatti successivamente si riproducono per accoppiamento, tuttavia all'inizio non nascono dal nostro corpo per via di accoppiamento.

Ora in verità, se tutto ciò che nasce dai corpi viventi è da ritenersi assolutamente impuro, molto di più è da considerarsi tale ciò che trae origine dai corpi morti.

Si uccide dunque più impunemente un sorcio, un serpe o uno scorpione, i quali, come siamo soliti udire specialmente da voi, nascono da cadaveri umani.

Ma lasciamo le cose oscure ed incerte. Senza dubbio è più diffusa la diceria che fa nascere le api dai cadaveri dei buoi;2 perciò esse si uccidono impunemente.

Ma se anche questo fatto è incerto, quasi nessuno dubita che gli scarabei nascano dal letame, che plasmano a forma di palla e ricoprono di terra.3

Questi ed altri animali ancora, che sarebbe lungo trattare, di certo voi li dovete giudicare più impuri dei vostri pidocchi.

E tuttavia vi sembra sacrilegio uccidere quelli, e una cosa da stolti risparmiare questi, a meno che per caso non li disprezziate perché sono animali piccoli.

In verità, se è così, che un animale deve essere tanto più disprezzato quanto più è piccolo, è necessario che preferiate il cammello all'uomo.

17.64 - E qui viene a proposito quella gradazione che spesso mi ha turbato, quando ero vostro uditore.

Non c'è infatti nessuna ragione di uccidere una pulce per la piccolezza del suo corpo e neppure una mosca che nasce dalle fave.

E se uccidete questa, perché non anche la mosca di poco più grande, ma il cui feto nasce di certo più piccolo di essa?

Segue altresì che si distruggerà impunemente anche l'ape, la cui larva è della stessa grandezza di quella della mosca.

Quindi si passerà al figlio della locusta e alla locusta, al figlio del topo e al topo.

E per non farla lunga, non vedete che con questa gradazione si arriva fino all'elefante, di modo che, se uno non giudica peccato uccidere la pulce a causa della piccolezza del suo corpo, deve assolutamente ammettere che si può uccidere senza colpa questo enorme animale?

Ma io penso che si è detto a sufficienza anche a proposito di questo genere di sciocchezze.

18.65 - Il sigillo del seno

Resta il sigillo del seno, a proposito del quale la vostra castità è molto dubbia.

Infatti proibite non l'accoppiamento, ma, come molto tempo fa ha detto l'Apostolo, ( 1 Tm 4,3 ) proprio il matrimonio, che è la sola onesta giustificazione dell'accoppiamento.

Al riguardo non dubito che voi griderete e mi renderete odioso col dire che raccomandate e lodate in modo particolare la castità perfetta, ma che non per questo proibite il matrimonio.

Ai vostri uditori, che occupano tra voi il secondo grado, infatti è consentito di prendere moglie e di tenerla con sé.

Ma dopo che avrete dette queste cose a gran voce e con grande sdegno, vi rivolgerò più benevolmente questa domanda: non siete voi a ritenere che generare i figli, per cui le anime si legano alla carne, è un peccato più grave dello stesso accoppiamento?

Non siete voi che solevate raccomandarci di fare attenzione, per quanto è possibile, al tempo nel quale la donna, dopo le mestruazioni, fosse atta a concepire e durante questo tempo di astenerci dall'accoppiamento perché l'anima non si mescolasse con la carne?

Da ciò segue che, secondo il vostro pensiero, la moglie va presa non per la procreazione dei figli, ma per saziare la libidine.

Ma le nozze, come proclamano le stesse tavole nuziali, uniscono l'uomo e la donna per la procreazione dei figli.

Chi pertanto dice che è peccato più grave procreare i figli che accoppiarsi, proibisce senz'altro le nozze e fa della donna non la moglie, ma la meretrice, che, per certe compensazioni che ne riceve, si congiunge all'uomo per soddisfare la sua libidine.

Dove c'è una moglie, infatti c'è matrimonio; invece non c'è matrimonio dove si cerca di impedire che ci sia la madre e dunque la moglie.

Perciò voi vietate le nozze, e di questa colpa, che un giorno lo Spirito Santo predisse di voi, non vi difendete con nessun argomento.

18.66 - Ora, poiché vi adoperate energicamente perché l'anima non si leghi alla carne mediante l'accoppiamento e asserite con forza che, mediante il cibo dei santi, essa si libera dai semi, non confermate, o miseri, ciò che la gente sospetta?

Perché mai, a proposito del frumento, delle fave, delle lenticchie e di altri semi, quando ve ne nutrite si deve credere che volete liberare l'anima e non lo si deve credere a proposito dei semi degli animali?

Voi infatti, mentre dite che è immonda la carne stessa di un animale morto perché non ha l'anima, questo invece non lo potete dire anche a proposito del seme di un vivente: in esso, secondo voi, è imprigionata l'anima che apparirà nella prole, e in esso, come voi confessate, fu coinvolta l'anima dello stesso Mani.

E siccome i vostri uditori non possono offrirvi tali semi per purificarli, chi non sospetta che tra voi stessi avvenga una occulta purificazione, che tenete loro nascosta perché non vi abbandonino?

Che se non la fate, e voglia il cielo che non lo facciate, vedete tuttavia a quale grande sospetto si espone la vostra superstizione e quanto sia inopportuno da parte vostra sdegnarsi contro uomini che credono ad una cosa che procede dalla vostra professione, con la quale proclamate di liberare le anime dai corpi e dai sensi mediante il cibo e le bevande?

Su questo punto non voglio attardarmi più a lungo: anche voi vedete che è una grande occasione per attaccarvi.

Ma poiché anche l'argomento è tale che la parola preferisce fuggirlo anziché incalzarlo, e tutto il mio discorso attesta il mio proposito di non esagerare affatto ma di esporre nudamente i fatti e le ragioni, passiamo ad altro.

19.67 - La dottrina e la pratica dei Manichei sono false e perverse

Ormai appare abbastanza chiaro quali sono i vostri tre sigilli.

Tali sono i vostri costumi, tale il fine dei vostri meravigliosi precetti: in essi non c'è nulla di certo, nulla di stabile, nulla di ragionevole, nulla di irreprensibile, ma tutto è incerto, anzi tutto assolutamente falso, tutto ripugnante, tutto abominevole, tutto assurdo.

In conclusione, in questi vostri costumi si trovano peccati tanto grandi e tanto gravi che se un uomo di una certa capacità volesse accusarli tutti, potrebbe consacrare a ciascuno almeno un libro.

Se dunque li rispettaste e metteste in pratica la vostra dottrina, non ci sarebbe nessuno più inetto, più stolto, più ignorante di voi.

Dal momento poi che lodate ed insegnate queste cose senza metterle in pratica, che si può dire o trovare di più falso o di più insidioso o di più perverso di voi?

19.68 - L'esperienza manichea di Agostino

Per nove anni interi vi ho ascoltato con grande attenzione e assiduità : non sono riuscito a conoscere neppure uno degli eletti che, secondo i vostri precetti, non sia stato sorpreso in peccato o che di certo non si sia esposto al sospetto.

Se ne sono trovati molti che usavano il vino e le carni, molti che si lavavano nei bagni. Ma queste cose le sentivamo dire.

È stato assodato che alcuni hanno sedotto donne altrui, così che non ne potrei assolutamente dubitare.

Ma supponiamo che anche questa sia più una diceria che la verità; il fatto è che ho visto io stesso, non da solo ma con altri, alcuni dei quali si sono già liberati di quella superstizione ed altri mi auguro ancora che se ne liberino.

Abbiamo dunque visto in un quadrivio di Cartagine, in una piazza assai famosa, non uno ma più di tre eletti insieme adescare non so quali donne che passavano, in modo così sfacciato da superare in impudicizia e sfrontatezza gli individui più triviali.

E si vedeva chiaramente che la cosa veniva da una vecchia consuetudine e che essi tra loro vivevano così: siccome poi nessuno era imbarazzato dalla presenza del compagno, il fatto indicava che certamente tutti o quasi tutti erano affetti dalla medesima turpitudine.

In effetti essi non abitavano in una sola casa, ma in luoghi diversi e probabilmente erano venuti insieme dal luogo dove si era tenuta un'adunanza generale.

Noi, grandemente turbati, ci siamo anche grandemente lamentati.

Ma, infine, chi pensò che l'affronto doveva essere punito non dico con l'allontanamento dalla chiesa, ma almeno con un severo rimprovero, proporzionato alla gravità della colpa?

19.69 - Questa era la sola scusa della loro impunità: poiché era il tempo in cui la legge pubblica vietava i loro ritrovi, temevano che i puniti rivelassero il segreto.

Per quale motivo allora annunciano che saranno sottoposti ad una perpetua persecuzione in questo mondo e vogliono essere considerati quaggiù la parte più eletta, per cui inferiscono che questo mondo li odia? ( Gv 15,18 )

Per quale motivo allora affermano che la verità va cercata presso di loro, essendo stato dichiarato, circa la promessa dello Spirito Santo Paraclito, che questo mondo non può riceverlo? ( Gv 14,7 )

Non è questa la sede per discutere di questo argomento.

Ma sicuramente, se la persecuzione contro di voi sarà perpetua, fino alla fine del mondo, perpetua sarà anche la vostra dissolutezza e il contagio di tanta turpitudine resterà impunito finché temerete di danneggiare coloro che se ne rendono colpevoli.

19.70 - La medesima cosa ci fu risposta anche quando riferimmo ai capi stessi della setta le lamentele manifestateci da una donna.

Mentre si trovava in riunione con altre donne, confidando nella santità di costoro, entrarono parecchi eletti e uno di loro spense la lucerna.

Non si sa da chi di loro sia stata concupita nel buio e sarebbe stata costretta alla scelleratezza, se non fosse scappata grazie alle grida.

Questa nefandezza, che è ben nota anche a noi, non si immagina da quale grande consuetudine sia venuta?

E ciò accadde in quella notte nella quale presso di voi si celebra la veglia di una festa.

Ma, a dire il vero, anche se non vi fosse nessun timore di tradimento, chi avrebbe potuto denunciare al vescovo il colpevole che si era comportato così per non essere riconosciuto?

Come se coloro che erano convenuti insieme in quel luogo non fossero tutti coinvolti nella medesima colpa!

La lucerna spenta infatti era piaciuta a tutti, perché si divertivano in modo sfacciato.

19.71 - Quante porte poi non si aprivano ai sospetti, quando li trovavamo ora invidiosi, ora avari, ora avidissimi di cibi raffinati, ora impegnati in continui litigi, ora pronti ad agitarsi vivacemente per piccole cose?

Di certo non pensavamo che potessero astenersi da ciò di cui facevano professione di astinenza quando trovavano luoghi nascosti e tenebrosi.

Ce ne erano due tra costoro di ottima reputazione, di bell'ingegno e che primeggiavano nelle loro dispute, i quali erano a noi legati di più e in modo più familiare degli altri.

Uno di costoro, che si era attaccato a noi più strettamente anche a causa dei suoi studi liberali, dicono che ora sia presbitero laggiù.

Essi erano tra loro molto invidiosi e l'uno rimproverava all'altro, non già con una pubblica accusa ma con parole e sussurri proferiti presso chiunque gli capitasse, di aver fatto violenza alla moglie di un uditore.

L'altro, per giustificarsi, incolpava davanti a noi della stessa spudoratezza un altro eletto che, in quanto amico fidatissimo, abitava presso il suddetto uditore.

E poiché questi, entrando improvvisamente, lo aveva sorpreso con la donna, egli diceva che il suo nemico e rivale aveva consigliato alla donna e all'adultero di lanciare contro di lui quella calunnia affinché, se egli svelasse qualcosa, non fosse creduto.

Sebbene non fosse ben certa la tentata violenza alla donna, noi tuttavia eravamo tormentati e sopportavamo con molta molestia che l'odio tra quei due, i migliori che lì si trovassero, si manifestasse così aspro, inducendoci ad avanzare altre congetture.

19.72 - Infine, molto spesso abbiamo incontrato nei teatri alcuni eletti gravi per età e, all'apparenza, anche per i costumi, in compagnia di un vecchio presbitero.

Non parlo dei giovani, che abitualmente sorprendevamo in rissa a proposito di attori e di conduttori di cocchi, fatto che non è di poco conto circa il modo in cui possono comportarsi di nascosto, dal momento che non sono capaci di vincere la cupidigia che li espone agli occhi dei loro uditori, facendoli arrossire e obbligandoli a fuggire via.

E in verità la grande scelleratezza di quel santo, alle cui discussioni prendevamo parte nel quartiere dei venditori di fichi, sarebbe mai venuta alla luce se non avesse resa quella vergine consacrata non soltanto una donna, ma una donna incinta?

Ma la crescita del ventre non consentì a questo male segreto ed incredibile di restare nascosto.

La cosa fu riferita dalla madre al giovane fratello; questi, sebbene fortemente addolorato, tuttavia, in nome della religione, fu dissuaso dal ricorrere alla pubblica accusa.

Tuttavia ottenne che il santo fosse cacciato dalla chiesa; nessuno infatti avrebbe potuto tollerare questo scandalo.

E perché la cosa non restasse assolutamente impunita, decise, con l'aiuto dei suoi amici, di annientare l'uomo con pugni e calci.

Ma, mentre lo colpivano senza pietà, egli, facendo appello all'autorità di Mani perché lo risparmiassero, gridava che Adamo, il primo eroe, aveva peccato e dopo il peccato era diventato più santo. ( Sap 9,2-9; Sap 10,2 )

19.73 - Tale è appunto l'opinione che avete di Adamo ed Eva.

La favola è lunga, ma io ne toccherò ciò che al momento è sufficiente.

Adamo, secondo voi, è stato generato dai suoi genitori, quei principi abortivi delle tenebre, in modo che la sua anima contenesse una grandissima quantità di luce e una piccolissima quantità della stirpe avversa.

Pur vivendo santamente per la sovrabbondanza di bene, tuttavia fu eccitato da quella parte avversa in modo che si piegò all'accoppiamento; così cadde e peccò, ma dopo visse più santamente.

Qui mi dolgo non tanto di quest'uomo dissoluto che, sotto la veste di un uomo eletto e santo, per l'empia turpitudine condusse la famiglia di un altro a tanto disonore e infamia.

Non questo vi rimprovero; poniamo che sia stata opera di un uomo assolutamente perverso piuttosto che della vostra consuetudine, e infatti di così grande scelleratezza non voi, ma lui rimprovero.

Però non so come tutti voi possiate sopportare e tollerare che, sebbene diciate che l'anima è una parte di Dio, tuttavia asserite che la sua sovrabbondanza e fertilità siano state superate da un'esigua mescolanza del male.

Chi infatti, credendo questo e spinto dalla libidine, non ricorrerà a tale pretesto piuttosto che frenare e reprimere la libidine?

20.74 - L'episodio di Roma

Che altro dirò dei vostri costumi? Ho riferito scelleratezze che ho conosciuto io stesso, quando ero nella città dove furono commesse.

Ciò che invece è accaduto a Roma durante la mia assenza, sarebbe lungo da raccontare per intero. Io tuttavia lo dirò in breve.

Il fatto sollevò tanto rumore che non fu possibile nasconderlo a coloro che erano assenti.

E più tardi, essendo io a Roma, riscontrai che tutto ciò che avevo udito era vero, quantunque quegli che era stato presente e me lo aveva riferito mi fosse tanto intimo e caro per probità che io non potevo minimamente dubitarne.

Dunque uno dei vostri uditori, che quanto alla famosa astinenza non era inferiore in niente agli eletti e che, essendo anche stato educato nelle arti liberali, voleva e soleva difendere con la forza della parola la vostra setta, sopportava con grandissima molestia che, nel mezzo delle dispute, gli opponessero spesso i costumi assolutamente dissoluti di eletti che vagabondavano e vivevano in modo perverso, conducendo dappertutto pessima vita.

Desiderava pertanto, se fosse stato possibile, raccogliere nella propria casa e mantenere a sue spese tutti coloro che erano disposti a vivere secondo quei precetti.

Il suo disprezzo per il denaro infatti era pari, in fatto di grandezza, alla quantità che ne possedeva.

Si lamentava però che tanti suoi sforzi fossero ostacolati dalla dissolutezza dei vescovi, del cui aiuto aveva bisogno per portare a termine la sua iniziativa.

In quel tempo era vostro vescovo un uomo in verità, come io stesso sperimentai, rozzo ed incolto ma, non so come, la cui durezza sembrava più severa nel custodire i buoni costumi.

Il citato uditore ferma quest'uomo a lungo desiderato e finalmente presente e gli espone la sua volontà: quegli loda e approva, accettando di abitare per primo nella sua casa.

Dopo questo fatto, in quel luogo si raccolsero tutti gli eletti che si poterono trovare a Roma.

Propose loro una regola di vita tratta dalla lettera di Mani: a molti sembrò intollerabile e se ne andarono; quanti restarono, ed erano in buon numero, lo fecero tuttavia per pudore.

Si cominciò così a vivere come si era convenuto e come prescriveva una così grande autorità.

Nel frattempo l'uditore sollecitava energicamente tutti ad osservare tutti i doveri, senza però obbligare nessuno a ciò di cui non avesse fatto esperienza egli stesso.

Tuttavia ben presto scoppiarono frequentissime risse fra gli eletti: si rimproveravano reciprocamente le loro scelleratezze.

Egli ascoltava tutte queste cose gemendo e faceva in modo che nelle loro dispute essi mettessero a nudo se stessi senza alcuna prudenza: rivelavano così cose nefande ed immani.

In tal modo si scoprì che uomini fossero, essi che comunque, fra tutti gli altri, avevano ritenuto di doversi sottoporre al rigore dei loro precetti.

Ormai degli altri che cosa non sospettare o piuttosto quale giudizio non si doveva dare?

Ma procediamo. Coloro che erano restati sotto il giogo alla fine si misero a mormorare che non potevano sostenere quei precetti; pertanto si ribellarono.

L'uditore sosteneva la sua causa con un brevissimo dilemma: o si devono osservare tutti i precetti oppure deve essere giudicato assolutamente folle colui che aveva imposto tali precetti ad una condizione che nessuno poteva soddisfare.

Tuttavia, e infatti non poteva essere diversamente, lo strepito sfrenatissimo dei più ebbe la meglio sull'opinione di uno solo.

Dopo di ciò lo stesso vescovo si ritirò, anzi se ne fuggì via con grande disonore.

Si è risaputo poi che questo vescovo, agendo contro la regola, si faceva portare di nascosto cibi ricercati, che furono più di una volta scoperti, in cambio di abbondante denaro che prendeva dal proprio sacchetto diligentemente nascosto.

20.75 - Se voi dite che queste cose sono false, vi opponete a cose troppo manifeste e ben note.

Ma voglia il cielo che lo diciate.

Essendo infatti codeste cose manifeste e facilmente conoscibili da parte di coloro che le vogliano sapere, si comprende quanto siano soliti dire cose vere coloro che negheranno che sono vere.

Ma voi vi servite di altre difese che io non disapprovo.

Infatti dite o che alcuni rispettano i vostri precetti, ed essi pertanto non devono essere coinvolti nelle colpe altrui, oppure che non bisogna affatto cercare che uomini siano quelli che professano la vostra setta, ma quale sia la professione stessa.

Io non rifiuto né l'una né l'altra delle due risposte, sebbene sia per voi impossibile mostrarci i fedeli che osservano i precetti e purificare la vostra eresia da tante e così grandi banalità e scelleratezze.

Tuttavia vi domanderò in modo assai risoluto perché perseguitate con le vostre maledizioni i cristiani cattolici vedendo tra loro alcuni vivere corrottamente, quando, a proposito dei vostri uomini, o rifiutate impudentemente ogni discussione o più impudentemente ancora non la rifiutate e pretendete che si ammetta che sono tanti in un così piccolo numero ad osservare fedelmente i vostri precetti, mentre escludete che si possa ammettere la medesima cosa per una così grande moltitudine dei cattolici?

Indice

2 Varr., De re rust. 3, 6, 14
3 Plin., Nat. hist. 11, 34, 98