Discorsi sul Nuovo Testamento

Indice

Dal Vangelo di Giovanni

Gv 10,1-16: Sul pastore, il mercenario, il ladro

1.1 - La sanità delle membra nell'unità e nella carità
2.2 - L'unità di Cristo e delle membra
3.3 - Cristo la porta. Pietro, nella sua debolezza, è sconosciuto a se stesso
4.4 - Che si esige da Pietro: entrare nell'ovile attraverso la porta
5.5 - Tra le persone che si recano all'ovile: il pastore, il ladro, il mercenario
6.6 - L'unità della Chiesa dall'insieme di Giudei e Gentili
7.7 - I cattivi chierici sono intenti a contraffare la verità del Vangelo, e con il loro esempio inducono i laici a peccare
8.8 - Distorta interpretazione del Vangelo
8.9 - Nella Chiesa i cattivi pastori sono simili ai Farisei. Il pastore: chi mercenario, chi fedele
9.10 - Dio va ricercato fedelmente
9.11 - In che modo sono utili i mercenari. Pochi i pastori, molti i mercenari
10.12 - Mercenario chi fugge. Lupi e briganti i Donatisti
11.13 - Come si coglie uva dalle spine
11.14 - I mercenari che fuggono favoreggiano i malvagi. Ag. non è mercenario
12.15 - Quale rendiconto delle pecore deve dare il pastore

1.1 - La sanità delle membra nell'unità e nella carità

La vostra fede, carissimi, non ignora - e sappiamo che così avete appreso dal Maestro che istruisce dal Cielo, nel quale avete riposto la vostra speranza - che il Signore nostro Gesù Cristo, il quale per noi patì e risuscitò, è il Capo della Chiesa e che la Chiesa è il suo corpo e, nel suo corpo, l'unità delle membra e la compagine della carità è lo stato di perfetta salute.

Chiunque, invece, sia giunto a raffreddarsi nella carità è un membro malato nel corpo di Cristo.

Ma colui che ha già esaltato il nostro Capo ha il potere di rendere la salute alle membra inferme, a condizione, però, che non siano recise da sfrenata empietà, ma si mantengano unite al corpo tanto da ricevere la salute.

Infatti, di un qualsiasi membro che continua ad essere unito al corpo non è perduta la speranza di guarigione; invece quel membro che sia stato reciso né si può curare né si può guarire.

Di conseguenza, poiché egli è il Capo della Chiesa, e la Chiesa è il suo corpo, il Cristo intero è il Capo e il Corpo.

Egli è già risorto. Abbiamo, quindi, il Capo in cielo.

Il nostro Capo intercede per noi.

Il nostro Capo, immune dal peccato e dalla morte, dispone Dio al perdono dei nostri peccati; così che anche noi, risorgendo alla fine dei tempi e trasfigurati per la gloria del cielo, possiamo seguire il nostro Capo.

2.2 - L'unità di Cristo e delle membra

Considerate, perciò, fratelli, l'amore dello stesso nostro Capo.

È già in cielo e si dà pensiero di qui fino a che la Chiesa è quaggiù nella fatica.

Qui Cristo soffre la fame, qui è assetato, qui è nudo, è forestiero, è malato, è in carcere.

Disse che sua è la sofferenza di tutto ciò che travaglia il suo corpo sulla terra; ed alla fine, separando lo stesso suo corpo alla destra e separando alla sinistra gli altri, dai quali al presente viene disprezzato, dirà a quelli che sono alla destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete il regno che è stato preparato per voi dall'origine del mondo.

Con quali meriti? In verità, ho avuto fame e mi avete dato da mangiare e, quanto alle altre opere, si esprime in particolare così come se avesse ricevuto personalmente; al punto che quelli, non comprendendo, devono dire in risposta: Signore, quando ti abbiamo visto affamato, forestiero e in carcere?

Ed egli a loro: Quando lo avete fatto ad uno solo dei miei più piccoli, lo avete fatto a me.

Anche nel nostro corpo, ugualmente, il capo è in alto, i piedi sono sulla terra; tuttavia, in una ressa, in mezzo alla folla, capita che qualcuno ti pesti il piede; non dice forse il capo: Mi calpesti?

Nessuno ha calpestato il tuo capo né la tua lingua; è in alto, è al sicuro, non gli è capitato nulla di male; e tuttavia, poiché per il vincolo operato dalla carità è una unità dal capo ai piedi, la lingua non si è distinta da essi, ma ha detto: Tu mi calpesti, sebbene nessuno l'abbia toccata.

Perciò, come la lingua che nessuno tocca dice: Tu mi calpesti, allo stesso modo Cristo capo, che nessuno calpesta, ha detto: Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare.

Ed a quelli che non lo hanno fatto ha detto: Ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare.

E come ha concluso? Così: Quelli andranno nel fuoco eterno, i giusti, invece, nella vita eterna. ( Mt 25,31-46 )

3.3 - Cristo la porta. Pietro, nella sua debolezza, è sconosciuto a se stesso

Perciò, parlando ora il Signore, ha detto di essere il pastore, ha detto di essere la porta.

Là trovi l'una e l'altra cosa; sia: Io sono la porta, sia: Io sono il pastore. ( Gv 10,9-10 )

La porta è nel capo, il pastore nel corpo.

Dice infatti a Pietro, sul quale unicamente stabilisce la Chiesa: Pietro, mi ami?

Risponde questi: Signore, ti amo. Pasci le mie pecore.

E una terza volta: Pietro, mi ami? Pietro si rattristò perché tre volte [ il Signore ] gli rivolse la [ stessa ] domanda, ( Gv 21,15-17 ) quasi che il Signore, che aveva veduto la coscienza del rinnegatore, non vedesse la fede del confessore.

Lo aveva sempre conosciuto e lo conosceva anche quando Pietro non conosceva se stesso.

Non si conosceva davvero allora che disse: Ti seguirò fino a morire, ( Gv 21,22 ) e non sapeva quanto fosse debole.

Come in realtà capita per lo più anche agli infermi: il malato ignora che abbia, ma lo sa il medico; sebbene egli sia a soffrire quella malattia e il medico ne sia esente.

Il medico comunica quello che è nell'altro meglio di come sa rendere il malato quello che ha in se stesso.

Mentre il Signore era il medico, Pietro era allora l'infermo.

Costui affermava di possedere forze che non aveva: il Signore invece, tastandogli la vena del cuore, diceva che lo avrebbe rinnegato tre volte.

E avvenne così come aveva predetto il medico, non secondo la presunzione del malato. ( Lc 22,33-34.55-61 )

Pertanto, dopo la sua risurrezione, il Signore lo interrogò, non in quanto ignorava con quale dedizione dichiarasse di amare Cristo, ma perché una triplice attestazione di amore cancellasse la triplice negazione del timore.

4.4 - Che si esige da Pietro: entrare nell'ovile attraverso la porta

Di conseguenza, il Signore esige questo da Pietro: Pietro, mi ami? ( Gv 21,15 )

Quasi a dire: Che mi offrirai quale prova che mi ami?

In che modo Pietro lo avrebbe dimostrato al Signore che, risuscitato, sale in cielo a sedere alla destra del Padre?

Come a dire: Questo mi darai, questa prova mi offrirai se mi ami: che tu provveda a pascere le mie pecore; che tu entri nell'ovile attraverso la porta, non vi salga da un'altra parte.

Avete ascoltato durante la lettura del Vangelo: Chi entra per la porta è il pastore; ma chi vi sale da un'altra parte è un ladro e un brigante, vuole uccidere e disperdere e rubare. ( Gv 10,1 )

Chi è che entra per la porta? Colui che entra attraverso Cristo.

Chi è costui? Chi imita la passione di Cristo, chi conosce l'umiltà di Cristo; e poiché Dio si è fatto uomo per noi, l'uomo riconosca di non essere Dio ma uomo.

Infatti chi vuol farsi passare per Dio, mentre è uomo, non imita lui, il quale, pur essendo Dio, si fece uomo.

A te, però, non viene detto: Sii qualcosa di meno di quello che sei; riconosciti debole, riconosciti uomo, riconosciti peccatore; riconosci che egli giustifica, riconosci che sei macchiato.

Si riveli nella tua confessione la macchia del tuo cuore e farai parte del gregge di Cristo.

Perché la confessione del peccato invita il medico a risanare; come chi, nella malattia, dice: Sono sano, non chiama il medico.

Non era salito al tempio quel Fariseo come pure il Publicano?

Quello si vantava della sua salute, costui mostrava al medico le sue ferite.

Diceva infatti quello: O Dio, ti ringrazio perché non sono come questo Publicano.

Si sentiva superiore all'altro. Quindi, se quel Publicano fosse immune da colpa, il Fariseo lo guarderebbe di mal'occhio, perché non avrebbe su chi elevarsi.

Come, allora, si era recato al tempio uno così invidioso?

Non era certamente senza colpa e, pur dicendosi irreprensibile, non si allontanò risanato.

L'altro, invece, ad occhi bassi, non osando sollevarli al cielo, si batteva il petto, dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore.

E che dice il Signore? In verità vi dico che il Publicano si allontanò dal tempio giustificato, a differenza del Fariseo; perché chiunque si esalta sarà umiliato; e chi si umilia sarà esaltato. ( Lc 18 )

Perciò chi si esalta vuol salire all'ovile da un'altra parte; chi invece si umilia entra nell'ovile per la porta.

Per questo ha detto di lui: entra; dell'altro: sale.

Chi sale, voi vedete, è chi aspira alle altezze, non entra, ma cade.

Colui che si abbassa per entrare attraverso la porta, non cade, ma è il pastore.

5.5 - Tra le persone che si recano all'ovile: il pastore, il ladro, il mercenario 

Di tre persone ha parlato il Signore, e le dobbiamo rintracciare nel Vangelo: il pastore, il mercenario e il ladro.

Credo che durante la lettura abbiate notate che ha presentato l'identità del pastore, l'identità del mercenario, l'identità del ladro.

Ha detto che il pastore dà la sua vita per le pecore ed entra per la porta.

Ha detto che il ladro e il brigante salgono da un'altra parte.

Ha detto che il mercenario fugge nel caso veda il lupo o anche il ladro, perché non gli importa delle pecore; è mercenario infatti, non pastore.

L'uno sale da un'altra parte, perché è ladro; l'altro, nel vedere che vogliono portare via le pecore, ha paura e fugge, perché è mercenario, perché non gli importa delle pecore; è infatti mercenario.

Se abbiamo individuato queste tre persone, la Santità vostra scopre e chi amare, e chi tollerare, e chi evitare.

Il pastore va amato, il mercenario va tollerato, il ladro va evitato.

Nella Chiesa vi sono alcuni - ne parla l'Apostolo - i quali predicano il Vangelo all'occasione, ricercando dagli uomini vantaggi personali, ( Fil 1,21 ) sia in denaro, sia in onori, e persino la lode umana.

Volendo in qualunque modo ricevere ricompensa, evangelizzano e non tanto in vista di colui al quale annunziano il Vangelo, quanto del loro proprio interesse.

Ma chi viene a conoscere la salvezza da uno che non la possiede, se avrà creduto a colui che quello annunzia, e non avrà riposta la speranza in quello per mezzo del quale gli viene annunziata la salvezza, chi annunzia ne subirà danno, chi riceve l'annunzio darà un guadagno.

L'asserzione di Cristo contro i Farisei è rivolta anche contro i cattivi pastori da parte della Chiesa.

6.6 - L'unità della Chiesa dall'insieme di Giudei e Gentili

Hai presente il Signore che dice ai Farisei: Siedono sulla cattedra di Mosè. ( Mt 23,2 )

Non indicava soltanto loro il Signore; quasi a rinviare veramente i credenti in Cristo alla scuola dei Giudei, perché apprendessero come si possa raggiungere il regno dei cieli.

Non è venuto per questo il Signore: al fine di istituire la Chiesa, e separare come grani dalla paglia gli stessi Giudei nella rettitudine della fede, della speranza e dell'amore, e di fare dei circoncisi un muro al quale si congiungesse un altro muro, di Gentili, e di se stesso la pietra angolare alla convergenza dei due muri correnti in direzioni contrarie?

Perciò non ha detto pure il Signore che di questi due popoli se ne sarebbe formato uno solo?

Ed ho anche altre pecore che non sono di questo ovile?

Ma si riferiva ai Giudei: Anche queste - dice - io devo condurre perché si faccia un solo ovile ed un solo pastore. ( Gv 10,16 )

Per questo due erano le barche da dove aveva chiamato i discepoli.

Stavano pure a significare i due popoli quando gettarono le reti e tirarono su un gran peso e tale quantità di pesci che le reti quasi si rompevano: E riempirono - dice - tutte e due le barche. ( Lc 5,7 )

Le due barche erano figura dell'unica Chiesa, costituita, però, dai due popoli, unita in Cristo, sebbene derivante da direzioni opposte.

Hanno tale significato anche le due mogli, che ebbero in Giacobbe un solo marito, Lia e Rachele. ( Gen 29 )

Anche i due ciechi che sedevano sul ciglio della strada, ai quali il Signore rese la vista, significano queste due barche. ( Mt 20,30-34 )

E se volgerete l'attenzione alle Scritture, troverete l'allusione a due Chiese che non sono due, ma una.

Ha questo potere infatti la pietra angolare: fare delle due una Chiesa.

Ha questo potere quel pastore: fare dei due greggi un solo gregge.

Pertanto il Signore sarà il maestro della Chiesa, avrà la sua scuola indipendentemente dai Giudei, come già vediamo; doveva forse mandare dai Giudei a istruirsi quanti credevano in lui?

Ma con il nome di Farisei e di Scribi prefigurò alcuni che sarebbero stati nella sua Chiesa, i quali direbbero e non farebbero; quanto a sé, invece, era figurato nella persona di Mosè.

Giacché Mosè rappresentava la persona di lui, per questo si poneva davanti un velo quando parlava al popolo; poiché, per tutti il tempo che quelli, nella legge, si abbandonavano ai godimenti carnali ed ai piaceri e desideravano un regno terreno, sul loro volto era posto un velo perché nelle Scritture non vedessero il Cristo.

Lacerato infatti il velo dopo che il Signore subì la passione, si rivelarono i segreti del tempio.

Per questo, mentre pendeva dalla croce, si squarciò il velo del tempio dall'alto in basso; ( Mt 27,51 ) e infatti dice chiaramente l'apostolo Paolo: Ma quando ti sarai convertito a Cristo, il velo sarà tolto.

Chi, invece, non si sarà convertito a Cristo, sebbene legga Mosè, un velo è posto sul cuore di lui, ( 2 Cor 3,16 ) come dice l'Apostolo.

Volendo poi lasciare prevedere che ce ne sarebbero stati di tali nella sua Chiesa, che affermò il Signore?

Sulla cattedra di Mosè siedono gli scribi e i Farisei; quello che dicono, fatelo, ma quello che fanno, non fatelo. ( 2 Cor 3,15 )

7.7 - I cattivi chierici sono intenti a contraffare la verità del Vangelo, e con il loro esempio inducono i laici a peccare

Quando i cattivi chierici ascoltano quell'asserzione diretta contro di loro, hanno intenzione di alterarne il senso; giacché ho saputo che alcuni vogliono dare tutt'altra interpretazione a questo avvertimento.

Forse che - se fosse loro concesso - non la cancellerebbero dal Vangelo?

Poiché, in verità, non la possono cancellare, si danno da fare a distorcerla.

Ma interviene la grazia e la misericordia del Signore a impedirli; infatti con la sua verità ha cinto a difesa tutte le sue affermazioni e ne ha regolato il peso; in modo che se uno qualunque abbia intenzione di mutilare il testo di qualche parte o di persuadere, deviando con la lettura o l'interpretazione, colui che ha buon senso, congiunga alla Scrittura ciò che è stato tolto dalla Scrittura, quindi legga quel che precede o quel che segue e troverà il senso di ciò che quello voleva si intendesse falsamente.

Allora, che ritenete che dicano costoro dei quali si dice: Quello che dicono, fatelo?

È fuor di dubbio infatti che si parla ai laici.

Infatti, il laico che vuole vivere rettamente, quando avrà osservato un chierico degenere, che dice a se stesso?

Il Signore ha detto: Quello che essi dicono, fatelo; ma non fate quello che essi fanno. ( 2 Cor 3,15 )

Voglio battere la via del Signore, non imitare la cattiva condotta di costui.

Da lui ascolterò non le sue stesse parole, ma quelle di Dio.

Voglio obbedire a Dio, quello assecondi pure la sua avidità.

Perché, se avrò voluto difendermi presso Dio, così da dire: Signore, ho notato quel tuo chierico di cattiva condotta, e, per questo, sono vissuto male, non mi è stato detto forse: Servo malvagio, non avevi udito da me: Quello che essi dicono, fatelo; ma non fate quello che essi fanno?

Ma il laico degenere, infedele, che non fa parte del gregge di Cristo, che è tollerato come la paglia sull'aia, che dirà a se stesso quando la parola di Dio si farà sentire a convincerlo di colpa?

Via di qui: che mi vai dicendo? Gli stessi vescovi, gli stessi chierici non lo fanno ed esigi che lo faccia io?

Va cercandosi non un avvocato per una causa ingiusta, ma un compagno per la pena.

Chiunque sia il degenere, che avrà voluto imitare, non lo avrà difensore nel giorno del giudizio.

Così come il diavolo in tutti quelli che trae a sé non seduce coloro con i quali regnare, ma coloro con i quali essere condannato; parimenti tutti coloro che seguono l'esempio dei cattivi, si procurano compagni per l'inferno, non difensori per il regno dei cieli.

8.8 - Distorta interpretazione del Vangelo

In che modo allora costoro deformano questa asserzione quando si dice a quelli di cattiva condotta: Giustamente è stato detto dal Signore: Quello che dicono, fatelo; ma non fate quello che essi fanno.

Rispondono: È stato detto giustamente.

Vi è stato detto infatti di fare quello che noi diciamo, ma di non fare quello che noi facciamo.

Noi infatti abbiamo il sacrificio, a voi non è concesso.

Notate la malizia degli uomini: che posso dire? Dei mercenari.

In verità, se fossero pastori, non direbbero di tali cose.

Pertanto il Signore, per chiudere loro la bocca, ha proseguito dicendo: Sulla cattedra di Mosè siedono gli scribi e i farisei; quello che dicono, fatelo; ma non fate quello che essi fanno: dicono infatti e non fanno.

Che se ne deduce quindi, fratelli? Se [ il Signore ] parlasse dell'offerta del sacrificio, direbbe: dicono e non fanno?

Lo fanno realmente il sacrificio, fanno l'offerta a Dio.

Cos'è che dicono e non fanno? Ascolta quel che segue: Legano infatti pesanti e intollerabili fardelli e l'impongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono toccarli neppure con un dito. ( Mt 23,2-4 )

In modo esplicito ha biasimato, ha descritto, ha reso di pubblica ragione.

Ma quelli, nella volontà di contraffare in tal modo l'asserzione, rivelano che nella Chiesa non hanno altre finalità che i vantaggi personali; neppure il Vangelo hanno letto; infatti, ammesso che solo questa pagina non fosse da loro conosciuta, ma avessero letto per intero il Vangelo, non avrebbero mai l'ardire di parlare così.

8.9 - Nella Chiesa i cattivi pastori sono simili ai Farisei. Il pastore: chi mercenario, chi fedele

Ma tendete a maggior chiarezza nell'osservare perché la Chiesa ha di questi tali.

Che nessuno ci dica: Ha parlato propriamente dei Farisei, ha parlato degli scribi, ha parlato dei Giudei, giacché non ne ha tali la Chiesa.

Chi sono allora tutti quelli dei quali dice il Signore: Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli?

Ed ha aggiunto: Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome; nel tuo nome non abbiamo mangiato e bevuto?

È forse nel nome di Cristo che i Giudei fanno di queste cose?

È certamente chiaro per tutti che si riferisce a coloro che sono chiamati Cristiani.

Ma che segue? Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi tutti che commettete ingiustizie. ( Mt 7,21-23 )

Ascolta l'Apostolo che si lamenta di questi tali.

Dice che alcuni annunziano il Vangelo per amore, altri per opportunità; di questi dice: Annunziano il Vangelo per fini non retti. ( Fil 1,17 )

L'opera in sé è giusta, ma gli operatori mancano di rettitudine.

Ciò che annunziano è conforme al vero, ma gli annunziatori non sono onesti.

Per quale ragione chi annunzia può non essere retto? Perché nella Chiesa ricerca altro che non è Dio.

Se cercasse Dio, sarebbe fedele, perché l'anima ha in Dio il marito legittimo.

Chiunque chiede a Dio altro da Dio, non ricerca Dio in castità.

Fate attenzione, fratelli, se una moglie ama il marito perché è ricco, non è casta.

Non ama infatti il marito, ma l'oro del marito.

Invece, se ama il marito, lo ama anche nudo, anche povero lo ama.

Così, se lo ama per il fatto che è ricco, che sarà se ( date le vicende umane ) viene proscritto e, d'un tratto, debba restare indigente?

Probabilmente lo abbandona, perché ciò che amava non era il marito, ma i beni di lui.

Se invece ama sinceramente il marito, da povero, lo ama ancora di più, perché all'amore si unisce la compassione.

9.10 - Dio va ricercato fedelmente

Eppure, fratelli, il nostro Dio non può essere mai povero.

È ricco, egli ha fatto tutte le cose, il cielo e la terra, il mare e gli angeli.

Egli ha fatto tutto ciò che vediamo; nel cielo, tutto ciò che non vediamo.

Pur tuttavia non dobbiamo amare le ricchezze, ma lui che le ha fatte.

Infatti, egli non ha promesso altro che sé.

Ho trovato qualcosa di assai prezioso; anche questo ti darà.

È bella la terra, il cielo e gli angeli, ma è più bello colui che ha fatto queste cose.

Perciò coloro che annunziano Dio sono gli amanti di Dio, quelli che annunziano Dio per Dio attendono a pascolare le pecore, ma non sono mercenari.

Tale purezza esigeva dall'anima il Signore nostro Gesù Cristo, quando diceva a Pietro: Pietro, mi ami?

Che vuol dire: mi ami? Sei puro? Non è adultero il tuo cuore?

Nella Chiesa non cerchi i tuoi interessi, ma i miei?

Perciò, se tale sei e mi ami, pasci le mie pecore. ( Gv 21,15 )

Infatti non sarai mercenario, ma pastore.

9.11 - In che modo sono utili i mercenari. Pochi i pastori, molti i mercenari

Al contrario, quelli di cui si lamenta l'Apostolo non recavano l'annunzio con purezza.

Ma che dice? Che infatti? Purché in ogni maniera, sia per ipocrisia, sia con sincerità, Cristo venga annunziato. ( Fil 1,18 )

Ha permesso che ci siano dei mercenari. Il pastore annunzia Cristo sinceramente, il mercenario annunzia Cristo per ipocrisia, ricercando altro.

Tuttavia, e quello annunzia Cristo e l'altro annunzia Cristo.

Ascolta la voce di Paolo pastore: Sia per ipocrisia, sia con sincerità, Cristo venga annunziato.

Egli stesso pastore ha voluto avere il mercenario.

Operano infatti dove possono, sono utili per quanto possono.

Ma quando l'Apostolo, affinché i deboli seguissero le sue vie, aveva bisogno di incaricare per altre esigenze: Vi ho mandato - dice - Timoteo, egli vi richiamerà alla memoria le mie vie. ( 1 Cor 4,17 )

E che intese dire? Vi ho mandato come pastore uno che vi richiamasse alla memoria le mie vie; cioè, proprio colui che si adegua al mio modo di procedere.

E, nell'inviare il pastore, che affermò? Infatti non ho nessuno di uguale sentire che con sincera affezione sia sollecito del vostro bene.

Non aveva molti altri con lui? Ma che cosa segue?

Tutti cercano i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo; ( Fil 2,20-21 ) cioè: Io ho voluto mandarvi un pastore.

I mercenari sono veramente molti: ma non era opportuno che inviasse un mercenario.

E trovò appena un pastore tra i molti mercenari, perché i pastori sono pochi, i mercenari molti.

Ma che è detto dei mercenari? In verità vi dico che hanno già ricevuto la loro ricompensa. ( Mt 6,2 )

Del pastore, invece, che afferma l'Apostolo? Chiunque invece si manterrà puro da cose di tal genere, sarà un vaso destinato ad uso nobile ed utile al Signore, sempre disponibile per ogni opera buona. ( 2 Tm 2,21 )

Non, disponibile per alcune opere e non disponibile per altre; ma disponibile per ogni opera buona.

Dei pastori ho detto queste cose.

10.12 - Mercenario chi fugge. Lupi e briganti i Donatisti

Ma abbiamo già parlato dei mercenari: Il mercenario, quando vede che il lupo aggredisce le pecore, fugge. ( Gv 10,12 )

Questo ha detto il Signore. Perché fugge? Perché non gli importa delle pecore.

Perciò il mercenario è utile finché non vede il lupo, fino a quando non vede il ladro o il brigante, ma, appena vedutili, fugge.

E chi è dei mercenari che fugge dalla Chiesa quando vede il lupo e il brigante?

Ce ne sono in abbondanza di lupi, sono assai numerosi i briganti.

Proprio quelli che salgono da un'altra parte.

Non entrano per Cristo, perché non sono umili.

Essendo superbi, salgono, cioè si esaltano e vogliono portar via le pecore.

In che modo salgono, notatelo. Noi - essi dicono - partecipiamo la santità, noi giustifichiamo, noi facciamo i giusti.

Ecco come salgono. Ma chi si esalta sarà umiliato. ( Lc 14,11 )

Il Signore Dio nostro ha il potere di umiliarli.

Il lupo, invece, è il diavolo; sta in agguato per trarre in errore, come lo sono quelli che lo seguono; giacché è stato detto che, rivestiti appunto di pelli di pecore, dentro, invece, sono lupi rapaci. ( Mt 7,15 )

Se un mercenario avrà notato errori nel discorso di alcuno, oppure che quello ha un modo di pensare a rovina della propria anima, o anche che commette qualcosa d'infame e di turpe e, nondimeno, perché gli sembra una persona di una certa importanza nella Chiesa, ne spera vantaggi, è mercenario.

E quando vede l'uomo perire nel peccato, lo vede seguire il lupo, lo vede addentato alla gola, trascinato alla morte, non gli dice: Tu commetti peccato; non lo ammonisce per non perdere i propri vantaggi.

Questo, dunque, vuol dire: Quando avrà veduto il lupo, fuggirà; non gli dice: Tu ti comporti da scellerato.

Questa non è una fuga del corpo, ma dell'anima.

Quello che vedi immobile nel corpo, fugge con l'animo quando vede il peccatore e non gli dice: Tu commetti peccato, quando non gli è pure complice.

11.13 - Come si coglie uva dalle spine

Fratelli miei, forse non capita a volte che salga un sacerdote o un vescovo e, da un luogo più alto, altro non dica ma solo che non si rubino le cose altrui, non si facciano frodi, non si commettano delitti?

Non possono parlare diversamente quelli che siedono sulla cattedra di Mosè ed è la cattedra medesima che parla di quelle cose, non essi.

Che vuol dire allora: Si raccolgono forse uva dalle spine o fichi dai rovi? e: Ogni albero si riconosce dai frutti? ( Mt 7,16 )

Il Fariseo può dire cose buone? Il Fariseo è spina; come colgo uva dalla spina?

Perché tu, Signore, hai detto: Quello che essi dicono, fatelo; ma quello che essi fanno, non fatelo.

Mi comandi di spiccare uva dalle spine mentre avevi detto: Colgono uva dalle spine?

Ti risponde il Signore: Non ti ho comandato di cogliere uva dalle spine; ma guarda, osserva bene se, per caso, com'è solito accadere, la vite, diramandosi sul terreno all'intorno, non sia rimasta impigliata nelle spine.

Giacché una volta l'abbiamo scoperto, fratelli miei; una vite è appoggiata ad un roveto.

Trovandovi una siepe spinosa allunga i suoi tralci inserendoli tra gli spini e, tra le spine, pende un grappolo; ma chi vede il grappolo, lo coglie, non però dalle spine, ma dalla vite che è avviluppata dalle spine.

Similmente, quindi, quelli sono irti di spine, ma sedendo sulla cattedra di Mosè, li avvolge la vite e, verso di loro, pendono i grappoli, cioè le parole buone, i buoni precetti.

Quanto a te, cogli l'uva, non ti punge la spina quando cogli: Quello che vi dicono, fatelo; ma quello che essi fanno, non fatelo.

Perciò, perché tu colga l'uva e non resti attaccato alle spine: Quello che essi dicono, fatelo; ma quello che essi fanno, non fatelo.

Le opere loro sono le spine, le loro parole l'uva, ma dalla vite, cioè dalla cattedra di Mosè.

11.14 - I mercenari che fuggono favoreggiano i malvagi. Ag. non è mercenario

Fuggono perciò questi quando vedono il lupo, quando vedono il brigante.

Ma avevo già preso a spiegare; costoro, dalla cattedra, altro non possono dire che: Operate il bene, non giurate il falso, non frodate, non ingannate alcuno.

A volte, invece, hanno una condotta tale da giungere a consultare il vescovo sul modo d'impadronirsi di una villa che altri ha in proprietà, e pretendono da lui stesso un suggerimento.

Talora tocca a noi, lo diciamo per esperienza; non lo crederemmo infatti.

Molti pretendono da noi consigli perversi, suggerimenti a mentire, a raggirare; ritenendo che ne abbiamo piacere.

Ma nel nome di Cristo, se il Signore ci permette di parlarne, nessuno di tal fatta ci ha guadagnati a sé ed ha ottenuto da noi quello che voleva.

Perché, se lo vuole colui che ci ha chiamati, siamo pastori, non mercenari.

Ma che afferma l'Apostolo? A me poco importa di venir giudicato da voi o da un tribunale umano, anzi, io neppure giudico me stesso.

Non sono infatti consapevole di colpa alcuna; però non per questo sono giustificato.

Ma chi mi giudica è il Signore. ( 1 Cor 4,3-4 )

Non per il fatto che voi la lodate, la mia coscienza è buona.

Che lodate, infatti, ciò che non vedete? Sia a lodare colui che vede: egli corregga pure, se vede in essa qualcosa che dispiace ai suoi occhi.

Certo anche noi non diciamo di essere di rettitudine perfetta; ma ci battiamo il petto, e diciamo a Dio: Soccorrimi perché non cada in peccato.

Tuttavia ritengo - parlo infatti alla sua presenza - che cerco da voi niente altro che la vostra salvezza; e stiamo di solito a gemere in mezzo ai peccati dei vostri fratelli, e mi faccio violenza e mi tormento interiormente, e talora li tratteniamo con parole di biasimo, anzi, non è mai che evitiamo di correggerli.

Sono testimoni tutti quelli che ricordano ciò che dico: quante volte sono da noi rimproverati i fratelli che cadono in peccato e con quanta severità essi sono corretti.

12.15 - Quale rendiconto delle pecore deve dare il pastore

Ora tratto il nostro rendiconto con la Santità vostra.

Nel nome di Cristo siete il popolo di Dio, siete il popolo cattolico, siete le membra di Cristo; non siete separati dall'unità.

Siete in comunione con le membra degli Apostoli, siete in comunione con le memorie dei santi martiri diffusi per tutta la terra e siete riservati alla nostra cura perché diamo un rendiconto buono di voi.

Ma voi conoscete qual è tutta la nostra condotta.

Signore, tu sai perché ho parlato, tu sai che non ho taciuto, tu sai con quale disposizione di animo ho parlato, tu sai perché ho pianto davanti a te quando parlavo e non ero ascoltato.

Questa è la nostra relazione che ritengo completa.

Ce ne ha dato la certezza lo Spirito Santo per mezzo del profeta Ezechiele.

Voi conoscete appunto la lettura che tratta della sentinella: Figlio dell'uomo - afferma - io ti ho costituito sentinella per gli Israeliti; se io dico all'empio: Empio, tu morirai, e tu non avrai parlato; vale a dire, per questo infatti mi rivolgo a te, perché tu parli, se tu non avrai avvertito, verrà la spada e lo porterà via, quello cioè di cui ho minacciato il peccatore; egli, l'empio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte chiederò conto alla sentinella.

Perché? Perché non ha parlato. Se invece la sentinella avrà veduto giungere la spada e avrà suonato la tromba perché si metta in salvo; e l'empio non vi avrà badato; cioè non si sarà convertito per non incorrere nella condanna che Dio minaccia: Giungerà la spada e porterà via qualcuno; egli, l'empio, è morto per la sua iniquità; tu, invece - afferma - hai svincolato dalla responsabilità l'anima tua. ( Ez 33,7-9 )

Ed in quel passo del Vangelo che altro dice al servo?

Quello infatti diceva: Signore, sapevo che tu sei un uomo severo e duro, che mieti dove non hai seminato, e raccogli dove non hai sparso; e nel timore andai, e nascosi il tuo talento sotterra; ecco, prendi ciò che è tuo.

E quello disse: Servo malvagio e infingardo, ancor più perché sapevi che io sono severo e duro, che mieto dove non ho seminato, e raccolgo dove non ho sparso, proprio questa mia avarizia ti doveva rendere avvertito che io cerco il profitto del mio denaro.

Da parte tua bisognava dare il mio denaro ai banchieri ed io, al ritorno, avrei riscosso con gli interessi ciò che è mio. ( Lc 19,20-23 )

Ha detto forse: Dovevi dare e dovevi riscuotere?

Consegue, fratelli, che noi diamo; verrà colui che deve riscuotere.

Pregate perché ci trovi pronti.

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