Discorsi sul Nuovo Testamento

Indice

Discorso di Sant'Agostino

Sulle parole dell'Apostolo ai Galati ove Paolo riprende Pietro ( Gal 2,11s )

All'inizio insegnamenti sulle doti del Vescovo

1 - Ben sappiamo, fratelli, che quando vedete in noi la [ perfezione della ] giustizia, voi ne provate gioia: così confidiamo per la certezza che ci viene dalla carità.

È naturale infatti che, quando i fedeli cristiani vedono giusti i loro sacerdoti, si rallegrino d'avere tali pastori e li ricambino allietandoli con la bontà dei propri costumi.

Così abbiamo or ora cantato con una sola voce e un solo cuore rivolti al Signore Dio nostro: I tuoi sacerdoti si vestano di giustizia, e i tuoi santi esulteranno di gioia. ( Sal 132,9 )

Vedendoli adorni di giustizia, godranno di gioia sincera, mossi da amore autentico e scevro di qualsiasi adulazione.

Perché dunque voi, santi di Dio, possiate esultare di gioia, bisogna che noi ci rivestiamo di giustizia e diamo a voi l'esempio in ogni opera buona. ( 2 Tm 3,16; Tt 1,16; Tt 3,1; 2 Ts 3,1 )

Ebbene, se voi volete gioire di noi pregate per noi, ( Eb 13,17-18; 1 Ts 5,25 ) che, come abbiamo cantato, dobbiamo rivestirci di giustizia.

E chi è che dà questa veste se non colui che al figlio minore, al termine del suo vagabondare e correre verso la perdizione, offrì il vestito più bello? ( Lc 15,22 )

Il fatto stesso che la giustizia ci viene presentata come un vestito significa che non proviene da noi.

2 - ( A questo punto nel manoscritto manca un foglio. Un piccolo frammento ci è stato tramandato da Beda ).

Bisogna dunque che il vescovo sia irreprensibile. ( 1 Tm 3,2 )

Chi oserà negarlo? Ma se il vescovo deve essere irreprensibile, sarà forse un bene che il cristiano meriti riprensione?

" Vescovo " è un termine greco, e in latino lo si può rendere con " sovrintendente " o anche " visitatore ".

Noi certo siamo vescovi, ma al pari di voi siamo cristiani.

Noi abbiamo un nome specifico per il fatto che andiamo in visita, ma tutti portiamo quel nome che deriva da " unzione " ( = crisma ).

Se è di tutti l'unzione, di tutti è anche la lotta.

E quanto a noi, per qual motivo verremmo a visitarvi se non fosse in voi del bene, che vogliamo vedere?

3 - … può trovarsi. Se volessimo cose come queste, se precipitando in rovinosa caduta e agendo con temerità osassimo cose simili, di fronte alla lettura di oggi dovremmo certamente provare spavento.

Quando infatti veniva proclamata la lettera dell'apostolo Paolo ai Galati abbiamo tutti udito che, essendo Pietro venuto in Antiochia, io gli resistetti a viso aperto perché meritava riprensione. ( Gal 2,11 )

Pietro meritava riprensione, e io oserò dichiararmi del tutto irreprensibile?

Io, pecora inferma, non temerò un simile vortice, vedendo l'ariete asciugarsi la lana che lo copre?1

Da un tale vortice egli si trasse fuori perché era forte: se vi cadrò io, chi verrà a pescarmi?

Eviterò dunque la corrente di queste acque tumultuose, non mi ci caccerò dentro; non mi ci butterò, anche se fossi sicuro al cento per cento che gli uomini non riuscirebbero a trovare in me nulla che meriti biasimo.

Diversi infatti sono gli occhi di Dio, diversi gli occhi di colui del quale con verità fu detto: Nessun vivente sarà stimato giusto dinanzi a te. ( Sal 143,2 )

E poi, stando alla lettura che abbiamo ascoltato or ora, sappiamo che Pietro fu rimproverato anche dagli uomini.

L'animo del cristiano dev'essere pertanto alieno da ogni temerità né mai permettersi di presentare la propria vita come talmente perfetta che nessun uomo può trovarvi colpe da riprendere.

Se c'è qualcosa che merita riprensione, mi riprenda anche l'uomo; mi riprenda con tutta libertà, e, se prenderò in mala parte la riprensione, mi riprenda due volte.

Quanto a Pietro tuttavia, egli accettò di buon animo l'intervento del suo riprensore e per questo gli fu sufficiente una sola riprensione.

Non diede, come Cristo, l'esempio di un'assoluta perfezione, ma certo diede un esempio di perfetta umiltà.

Di buon animo infatti accettò il rimprovero di uno che non gli era superiore nell'apostolato ma inferiore.

Ci perdoni l'apostolo Paolo se diciamo che fu agevole fare quel che fece lui, mentre è difficile fare quel che fece Pietro.

Viviamo in mezzo alle vicende umane e siamo circondati da quotidiani cambiamenti; ebbene, spesso ho incontrato persone che sapevano riprendere gli altri; non so se ho incontrato mai qualcuno che accettasse la riprensione con serenità d'animo.

Paolo dunque agì con grande schiettezza, Pietro con virtù ancor più ammirevole.

Quanto poi a sincerità, io non saprei dire se ne occorra di più per accorgersi della colpa altrui che non per riconoscere di buon grado la propria.

4 - La narrazione di Pietro rimproverato [ da Paolo ] sconcerta alcuni lettori: li sconcerta e li induce a discutere.

Non si devono biasimare se a ciò li induce non la presunzione di sé ma l'amore per Pietro.

Costoro non credono che Pietro sia stato realmente ripreso.

Pensano che si tratti di una finzione, di una messa in scena dinanzi agli occhi della gente.

Dicono: " Una cosa accadeva nella realtà, un'altra se ne faceva apparire agli occhi del popolo ".

O uomo, a te fa paura la colpa di uno di questi due apostoli, e vuoi che io non mi spaventi per la doppiezza di entrambi?

Per amore di Pietro tu non credi che poté essere ripreso [ da Paolo ]: l'amore per Pietro ti impedisce di credere che sia stato veramente ripreso; quanto a me invece, l'amore per Pietro e per Paolo mi porta a credere che egli sia stato ripreso.

Trattandosi di apostoli, mi rifiuto di credere che una cosa abbiano compiuta in occulto e un'altra ne abbiano presentata al popolo.

Ecco, noi siamo vescovi e, per quanto ci consentono le nostre forze, seguiamo le orme degli apostoli.

Ebbene, io mi rifiuto di credere che a noi sia lecito trattarvi con inganno.

Se una cosa si fa in segreto e un'altra se ne presenta al popolo, quale santità sarà esente da timori?

Noi non vogliamo né ingannarvi né essere da voi ingannati.

Se infatti voi credete che noi vi inganniamo e noi crediamo che voi ci ingannate, dove va a finire la carità che tutto crede?

Lo dice [ l'apostolo ]: La carità tutto crede. ( 1 Cor 13,7 )

Crede perché possa essere in noi, non perché possiamo falsificarla.

5 - " Ma rispondi: Cosa aveva Paolo da riprendere in Pietro? ".

Che cosa se non ciò che egli stesso ha detto e scritto?

Perché se ne conservasse il ricordo egli compose una lettera e la consegnò ai posteri perché fosse letta nella Chiesa.

Se non credo a ciò che è scritto in quella lettera, cosa crederò con assoluta certezza fra quanto è scritto nei libri divini?

È una lettera apostolica, una lettera canonica; è una lettera di quel Paolo che lavorò più di tutti gli altri apostoli, non lui solo però ma la grazia di Dio che era con lui. ( 1 Cor 15,10 )

È dunque una lettera della grazia di Dio; e, se teniamo presente chi fosse colui che parlava per bocca dell'Apostolo, è una lettera di Cristo in persona.

Dice infatti: Volete forse esperimentare [ la potenza di ] colui che parla in me, Cristo? ( 2 Cor 13,3 )

Ascolta e temi! Egli parla di esperimentare, non di " inventare ".

E se questo ti sembra poco, ascolta come colui che ciò asserisce chiama a testimone anche Dio.

Quasi prevedendo che ci sarebbero stati in seguito espositori [ d'avviso contrario ], così cominciò a descrivere quel che voleva inculcare.

Disse: Riguardo alle cose che vi scrivo, ecco [ giuro ] dinanzi a Dio che non c'è menzogna in me. ( Gal 1,20 )

Dirà dunque una falsità chiamando Dio a testimone, quando nella Scrittura è detto che, anche se non s'invoca direttamente Dio, la bocca che mente uccide, non il corpo, ma l'anima? ( Sap 1,11 )

Ti prego: non amare Pietro al segno da uccidere Paolo.

Ti prego: non consentire che per amore di Pietro venga ucciso nell'anima Paolo, dal momento che nel corpo sono stati uccisi per Cristo tutti e due.

Tu però insisti con le tue domande e mi chiedi: " Ma cos'è che Paolo ebbe a biasimare in Pietro? ".

Ti ripeto la risposta di prima: " Paolo biasimò in Pietro ciò che egli dice e scrive di aver biasimato ".

Invocando Dio a testimone Paolo narra d'aver rimproverato qualcosa a Pietro.

Perché lo vieni a chiedere a me? C'è una sua lettera che tutti leggiamo: richiamala anche tu alla memoria insieme con me.

Dice: Venuto Pietro in Antiochia, io gli resistetti a viso aperto perché meritava riprensione.

Infatti prima che arrivassero i fratelli della parte di Giacomo egli prendeva i pasti insieme con i pagani; dopo il loro arrivo invece si separò dalla loro mensa per timore di coloro che provenivano dalla circoncisione.

Agendo con simulazione s'accodarono a lui anche altri giudei, al segno che lo stesso Barnaba si lasciò indurre a simulare come loro. ( Gal 2,11-13 )

Ecco, hai udito ciò che Paolo rimproverò a Pietro; ma noi vogliamo esporre ulteriormente il fatto.

Farò questo confidando nell'aiuto del Signore, affinché tu comprenda; e lo farò non solo a tuo vantaggio, ma anche a vantaggio di quanti ascolteranno e me e te.

6 - I riti sacri del giudaismo, come la circoncisione, il riposo sabbatico, il divieto di alcune vivande e cose del genere, furono dati da Dio: sono scritti nella legge, sono disposizioni divine ordinate a prefigurare i tempi futuri.

Questi riti non erano sullo stesso piano dei detestabili sacrilegi del paganesimo, non li si doveva paragonare ai sacrifici idolatrici, non erano in alcun modo un culto prestato agli idoli.

Erano precetti che Dio aveva dato al suo popolo per mezzo di Mosè, e questo Dio era il Dio unico, il Dio vero, il Dio che aveva detto: Io sono colui che sono. ( Es 3,14 )

Ad un certo momento però giunse la pienezza dei tempi e allora Dio mandò il suo Figlio, fatto da donna, fatto sotto la legge, ( Gal 4,4 ) tant'è vero che fu circonciso. ( Lc 2,21 )

Da donna, sì, ma vergine.

Difatti se col nome " donna " non si chiamasse, nel consueto parlare ebraico, anche la vergine, nemmeno Eva agli inizi sarebbe stata creata nella forma di donna. ( Gen 2,22 )

Comunque quando giunse la pienezza dei tempi Dio mandò il suo Figlio, fatto da donna ( lui ad opera del quale era stata fatta la donna ), fatto sotto la legge ( lui ad opera del quale era stata data la legge ), per redimere coloro che erano sotto la legge e noi ricevessimo l'adozione a figli. ( Gal 4,4-5 )

Da allora, essendo venuta la luce, le ombre cominciarono a non essere più necessarie; ma, sebbene non necessarie, non per questo esse divennero riprovevoli com'era invece il culto sacrilego dei pagani.

Al giudeo pertanto non si poteva dire: " Avendo creduto in Cristo, non praticare più la circoncisione " allo stesso modo come al pagano convertito al Cristianesimo si doveva dire: " Avendo creduto in Cristo, non sacrificare più agli idoli ".

Se infatti confronti le due cose, cioè i sacrifici dei pagani e le pratiche rituali dei giudei, gli uni non furono mai necessari, anzi sempre perniciosi; i secondi invece, in un primo tempo necessari, in seguito divennero superflui a chi aderiva al Vangelo provenendo dal giudaismo, non però nocivi.

Dopo la venuta di Cristo, comunque, le pratiche religiose dei giudei non erano più necessarie: esse stesse infatti avevano preannunziato colui che le avrebbe rese inutili; e quindi bisognava farle cessare, ma con rispetto, non rigettarle con disprezzo.

Stando così le cose, l'apostolo Paolo, incaricato di annunziare il Vangelo soprattutto ai pagani, ( Gal 2,2.9 ) con estrema premura e zelo doveva badare a che i riti della religione giudaica non fossero di ostacolo alla salvezza dei pagani.

Seguendo dunque la voce di Cristo ( 2 Cor 13,3 ) e docile all'ispirazione e alla rivelazione di Dio, stabilì la norma per cui in quel tempo, giunta ormai la novità del Vangelo, nessun giudeo fosse impedito di praticare quei riti e nessun pagano vi fosse obbligato.

Si doveva toglier via con prontezza quella specie di onoranze funebri - chiamiamole così - praticate dai padri.

Essendo ormai divenute come corpi senz'anima - l'anima era la loro funzione profetica! -, bisognava seppellirle, ma con grande rispetto.

Comunque, dato che ormai erano cose sorpassate e morte, giudicò doveroso non imporle in alcun modo sul collo dei pagani.

7 - Vogliate ora considerare attentamente cosa ci fosse di peccaminoso in quei riti sacri, al segno che Pietro meritasse la riprensione; e sorreggete le capacità della nostra mente, forse non in grado di dirimere e risolvere un problema così grave da suscitare tensione fra gli stessi apostoli.

Aiutateci, ve ne scongiuro.

È vero che molte di queste cose voi le avete già udite, ma fate conto di essere nuovi e ascoltate ciò che più vi interessa ascoltare, mentre io ve ne parlerò stando in piedi adeguandomi alla vostra debolezza.

Certamente la nostra esposizione potrà apparirvi come una nuova presentazione del problema.

In realtà, colui che poc'anzi, cioè prima che riferissi il racconto [ di Paolo ] illustrando ciò che mi stava a cuore, intendeva rivolgermi la domanda: " Cosa aveva Paolo da rimproverare a Pietro? ", dopo aver ascoltato quel racconto dev'essere diventato meno intransigente; tuttavia non può non chiedermi: " Se in quel tempo a quanti provenivano dal giudaismo non si imponeva l'obbligo di astenersi dalle pratiche legali né a quanti provenivano dal paganesimo l'obbligo di osservarle, dato che Pietro era appunto giudeo, come si fa a dire che Paolo abbia fatto bene a rimproverarlo? ".

Vi dirò, fratelli, ciò che lasciano intendere le parole prese come suonano.

Paolo non rimproverò a Piero il fatto che personalmente si atteneva alle pratiche legali del giudaismo, ma il fatto che ad esse obbligava i gentili.

In effetti, se un giudeo passato alla fede cristiana avesse voluto osservare quelle pratiche, nessuno glielo proibiva; se invece vi si rifiutava, nessuno glielo imponeva.

Quanto invece ai pagani passati alla fede, chi di loro si sarebbe mai fatto circoncidere se avesse saputo che la cosa non era necessaria per la salvezza?

Probabilmente gli stessi giudei con difficoltà si sarebbero fatti circoncidere, a meno che ciò non avessero subìto da bambini.

A questo punto forse qualcuno si domanderà in che senso possa parlarsi di " costrizione " esercitata sui pagani perché osservassero le pratiche del giudaismo, ( Gal 2,14 ) a proposito della quale abbiamo detto che Pietro fu ripreso da Paolo.

Che senso ha quel " costringere "? Li si teneva per caso a viva forza o magari li si legava per circonciderli?

Certamente no. Cos'era dunque quel " costringere "?

Come dobbiamo immaginarcelo, se non come un dir loro: " Non potrete salvarvi se non osserverete quelle prescrizioni legali che osservano i giudei "?

Dato che essi volevano conseguire la salvezza, ponendo innanzi a loro questa clausola, cioè dicendo loro che diversamente non si sarebbero potuti salvare, essi, sia pur contro voglia, erano forzati ad accettare le suddette pratiche, non perché le gradissero ma perché desideravano raggiungere la salvezza.

8 - Gli apostoli dunque seguirono la via della moderazione, che fu poi sancita dal Concilio: non vietare [ quelle pratiche ] ai giudei, non costringervi i pagani.

Fu una questione che scosse e turbò l'animo di molti, tanto che si dovette indire un'assemblea a Gerusalemme.

Riuniti tutti gli apostoli e gli anziani della Chiesa, cioè i presbiteri, i predicatori del Vangelo e i responsabili delle comunità, con decisione unanime - ispirata certamente dal Signore - si stabilì che quelle osservanze non fossero proibite ai giudei né imposte come obbligatorie ai pagani. ( At 15,6-31 )

Ciò è narrato dagli Atti degli Apostoli, e molti di voi certamente lo ricordano; chi poi non lo ricordasse vada a leggerlo.

Tale deliberazione era quanto mai moderata, ortodossa e prudente.

Se infatti avessero prescritto di rigettare subito quelle istituzioni così come si condannavano i sacrifici idolatrici, si sarebbe potuto pensare che il dio che aveva dato quei precetti non fosse il vero Dio.

Quanto dunque a Paolo, egli rimproverò a Pietro non il fatto che personalmente si atteneva a quelle osservanze, ma il voler costringere i pagani a praticarle.

E come li costringeva? Schierandosi, sia pure simulatamente, con quanti dicevano che i pagani non si sarebbero salvati se non avessero osservato le norme rituali giudaiche.

Anche questo è scritto negli Atti degli Apostoli, dove si narra: Vennero ad Antiochia dalla comunità di Giacomo, cioè da Gerusalemme, alcuni giudei che, sebbene avessero abbracciato la fede di Cristo, dicevano ai fratelli provenienti dal paganesimo: " Se non osservate le prescrizioni della legge non vi potete in alcun modo salvare ". ( At 15,1 )

Ecco la costrizione: sostenere che senza quelle pratiche non si sarebbero potuti salvare.

9 - Contro una tale dottrina Paolo lottò sempre con lo zelo più ardente: ad ogni costo voleva rimuovere quella pietra terribilmente pesante e far sì che i miseri pagani finalmente uscissero fuori dall'[ oppressione ], come Lazzaro dalla tomba. ( Gv 11,38-41 )

Se infatti egli se la fosse presa contro le pratiche in quanto tali e non contro l'obbligo di osservarle per forza, avrebbe condannato anche se stesso.

Anch'egli infatti si fece praticare quei segni, e più tardi, quando si trovava a Gerusalemme, celebrò dei riti giudaici insieme con altri giudei nel tempio.

Egli osservava quei riti in quanto nato dal giudaismo, ma non intendeva costringere i pagani a fare altrettanto.

Era infatti figlio di giudei quel Paolo, evangelizzatore dei pagani, che nel concilio era stato l'autore del sacro decreto emanato dagli apostoli, come poi ne fu l'esecutore.

Con il suo esempio mostrava quale fosse stata, nella questione dibattuta, la volontà dello Spirito Santo e che cosa si fosse deciso e reso obbligatorio.

È vero che, in occasione del suo ritorno a Gerusalemme, Giacomo gli disse: " Molti credono che tu avversi le pratiche legali tramandateci dai padri e sei nemico intollerante della legge.

Cos'è tutto questo? Ascoltami! Qui ci sono alcuni giudei venuti per la purificazione.

Lasciati purificare insieme con loro affinché tutti sappiano ".

Non gli fu detto: " Affinché tutti suppongano ".

Gli si prescriveva infatti un'osservanza religiosa, non gli si suggeriva una simulazione.

Gli disse dunque Giacomo: " Affinché tutti sappiano che tu sei un osservante fedele della legge e delle costumanze tramandate dai padri ". ( At 21,18-26 )

E Paolo, giudeo nato da giudei, s'adattò a compiere quei riti: lo fece però non per essere giustificato attraverso quelle pratiche, ma perché non si credesse che le condannava.

10 - Sta di fatto che egli compì quei riti.

Inoltre per evitare lo scandalo dei giudei egli circoncise Timoteo, ( At 16,1-3 ) nato da madre giudea, dal momento che questi accettava la cosa senza costrizioni.

Con questo egli mostrava di non condannare le norme legali; si ricusava soltanto di imporle ai gentili come necessarie alla salvezza.

Agiva quindi con quella indifferenza che spesso io vi ho sottolineato e ritengo che voi abbiate compreso a dovere.

Se non che, dopo che ebbe circonciso Timoteo, alcuni giudei, che stentavano a deporre la loro pelle d'una volta, anche per questo fatto esigevano che i pagani venissero circoncisi, dicendo che qualora non si fossero sottoposti a riti di quel genere non avrebbero conseguito la salvezza.

Da ciò è nata anche un'eresia.

Ci sono infatti anche ai nostri giorni alcuni che, pur credendo in Cristo, circoncidono i figli, convinti che senza tali pratiche non ci si possa salvare.

Quanto a Paolo, se circoncise Timoteo, lo fece con assoluta indifferenza: per un motivo di zelo, non perché ritenesse necessaria la cosa.

Viceversa questi altri, come ho detto, la ritenevano fondamentale per la salvezza; e questo a Paolo non piaceva, anzi ne rimproverava lo stesso Pietro.

I suoi avversari però, al fine di ingannare la gente, cominciarono a vantarsi dicendo che anche Paolo insegnava così.

Dicevano: " Quello che noi insegniamo lo crede anche lui: se si escludono questi riti, non ci può essere salvezza.

In realtà, se egli non era convinto di questa necessità, per qual motivo fece circoncidere Timoteo? ".

Ma Paolo aveva agito così in forza della libertà, non per necessità; per evitare lo scandalo dei giudei, non perché Timoteo conseguisse la salvezza.

Quando dunque egli s'accorse che i suoi avversari da quel suo gesto prendevano l'occasione per predicare una dottrina diversa e per suscitare sospetti maligni contro di lui, eccolo a rifiutarsi di circoncidere Tito. ( Gal 2,3 )

Dal che si ricava con chiarezza il motivo per cui accettò di circoncidere l'uno mentre si oppose alla circoncisione dell'altro.

Per l'uno accondiscese per non scandalizzare i giudei, per l'altro rifiutò per non offrire pretesti a gente di mala fede.

11 - Osservate ora come l'Apostolo sottolinei con chiarezza e precisione tutto questo nella sua lettera.

Scrive: Ma nemmeno Tito, pur essendo greco, come Timoteo, fu costretto a circoncidersi. ( Gal 2,3 )

E poi immagina che gli venga rivolta la domanda: " Perché mai Tito non fu costretto a farsi circoncidere se vi fu costretto Timoteo, che al pari di lui era greco? ".

Perché? Vuoi proprio saperlo? A causa di certi falsi fratelli che si erano infiltrati fra noi per spiare la nostra libertà. ( Gal 2,4 )

La circoncisione di Timoteo, non fu la necessità a imporla: si era nella libertà.

Quanto a Pietro, invece, gli fu rimproverato che considerasse la cosa come necessaria e non libera.

Dice: A causa di certi falsi fratelli che si erano infiltrati fra noi per spiare la nostra libertà e renderci di nuovo schiavi.

Per renderci - dice - di nuovo schiavi imponendo come necessario ciò che invece è oggetto di libera scelta.

E continua: Ma ad essi non ci piegammo neppure un'ora né ci assoggettammo.

Perché mai? Perché rimanesse in voi integra la verità del Vangelo. ( Gal 2,4-5 )

Qual era questa verità del Vangelo? Che il giudeo non fosse impedito, il pagano non fosse costretto; che i riti sacri del giudaismo non si condannassero nei giudei, non si imponessero ai pagani.

Qual era la verità del Vangelo? Che si può ottenere la salvezza per mezzo di Cristo senza ricorrere ai riti giudaici.

Ora proprio questo negavano quegli intrusi, ai quali, almeno apparentemente, s'era accodato anche Pietro.

Prosegue infatti: Agendo con simulazione si accodarono a Pietro anche altri giudei, tanto che lo stesso Barnaba si lasciò indurre a simulare come loro.

E prosegue: Ma io, vedendo che non si comportavano rettamente secondo la verità del Vangelo. ( Gal 2,13-14 )

È la frase di prima: Affinché rimanesse integra in voi la verità del Vangelo. ( Gal 2,5 )

Tu dunque noti come dovunque sia inculcata la verità, e con tutto ciò supponi ovunque la falsità: la trovi ovunque, perfino negli apostoli.

Non così Paolo. Egli vide che non si comportavano rettamente secondo la verità del Vangelo; ( Gal 2,14 ) vide soprattutto la convinzione per la quale ritenevano che i riti giudaici fossero necessari ai gentili per conseguire la salvezza, e constatò che non era affatto quella la verità del Vangelo. ( Gal 2,5 )

In effetti quei riti non erano più necessari per salvarsi, sebbene lo fossero stati, probabilmente, in antecedenza quando dovevano preannunziare il Cristo venturo.

Nel tempo infatti quando non era venuta la Pietra [in persona] era stato necessario il coltello di pietra. ( Gs 5,2; 1 Cor 10,4 )

12 - Scrive Paolo: Vedendo che non si comportavano bene secondo la verità del Vangelo, dissi a Pietro alla presenza di tutti. ( Gal 2,14 )

Dissi a Pietro: Paolo dice a Pietro, il minore al maggiore, il suddito al superiore.

Lo dissi e a Pietro e alla presenza di tutti.

Grande fiducia in Paolo, grande tolleranza in Pietro!

Dato che hai richiamato la nostra attenzione, ascoltiamo cosa tu, Paolo, dicesti a Pietro e dove glielo dicesti.

Vogliamo comprendere il tuo comportamento e le tue decisioni, sapendo che tuo proposito era di non dire mai falsità.

Scrive: Dissi a Pietro alla presenza di tutti: se tu che sei giudeo.

Che significa quel tu che sei giudeo se non " sei uno a cui è lecito praticare a tuo arbitrio dette osservanze "?

Eppure tu vivi secondo le costumanze dei gentili e non dei giudei.

Si riferisce al fatto che prima che arrivassero certuni della parte di Giacomo prendeva i pasti insieme con i pagani. ( Gal 2,12 )

Se dunque tu che sei giudeo vivi secondo le costumanze dei gentili e non dei giudei, avrebbe dovuto continuare dicendo: " Perché adesso torni a praticare i riti della religione giudaica? ".

Ma non gli disse questo.

Con grande fiducia passò al motivo che lo rendeva meritevole di rimprovero, al motivo per cui era sorta la discussione, al motivo che rendeva Paolo geloso della causa di Dio e lo spingeva a fare ogni sforzo per rimuovere gli ostacoli al Vangelo.

E di fronte a tutti disse a Pietro: Se tu che sei giudeo vivi secondo le costumanze dei gentili, come puoi costringere i pagani a vivere da giudei? ( Gal 2,14 )

Gli disse: Tu li costringi a vivere da giudei.

Ho spiegato in che modo.

Tu costringi i pagani a vivere da giudei, facendo tua l'opinione di quei tali che dicevano che altrimenti sarebbe stato impossibile conseguire la salvezza.

Questo non intese fare Paolo quando insieme con quei giudei compì il rito della purificazione; ( At 21,26 ) e così, quando circoncise Timoteo, ( At 16,3 ) in nessun modo costringeva i pagani a vivere da giudei, a tenore di quella indifferenza per la quale nulla conta la circoncisione come nulla conta conservare il prepuzio. ( 1 Cor 7,19 )

Egli dunque non costringeva i pagani a vivere da giudei; e perché non si pensasse a costrizioni di qualsiasi genere, eccolo rifiutarsi a circoncidere Tito. ( Gal 2,3 )

Nessun dubbio quindi che Paolo mai costrinse i pagani a vivere da giudei: non lo fece lui personalmente e, non avendolo fatto lui, poté a buon diritto riprendere Pietro.

13 - Mi sia consentito supporre che anche Paolo abbia commesso lo stesso errore di Pietro, sebbene non lo si trovi attestato e manchino completamente le prove.

Lo dirò non perché così la pensi io, ma per adeguarmi all'opinione di certuni.

Ammettiamo dunque per un momento che Paolo si sia comportato come Pietro e che abbia rimproverato a Pietro la colpa in cui era egli stesso caduto.

Dovremmo concludere che tutt'e due erano meritevoli di riprensione più agevolmente che non ammettere dentro dinoi quella detestabile tignola che è la falsità o il sospetto di falsità nella Scrittura, quasi che un verme velenoso possa esservisi introdotto per roderne tutte le pagine.

Sì, dobbiamo temere molto chiunque voglia insinuarci la persuasione che Paolo abbia scritto menzogne in una sua lettera: lettera canonica che egli consegnò alla Chiesa e dai posteri è stata divulgata come tale.

Vi scongiuro! Temete questo male.

Temiamolo tutti, per non doverlo in seguito piangere inutilmente tutti.

Non è un male leggero questo! Vi metto sull'avviso: spaventato io stesso, incuto spavento anche a voi.

Perdonate questa mia preoccupazione, anche perché ci è dato parlarvi più raramente di quanto voi vorreste.

A noi, dico, non è dato parlarvi se non di rado e da questo luogo, mentre ci sono altri che vengono a brontolarvi agli orecchi tutte le volte che lo vogliono, e trovano questi orecchi sempre aperti.

Non intendo dire che lo facciano maliziosamente - non vorrei offenderli -; voi comunque dovete evitare questi mentitori e comportarvi con loro in modo che essi si ravvedano, e non succeda che voi siate da loro portati fuori strada.

Essi vi diranno: " È una montatura che Pietro si comportò così ed è anche una montatura il fatto che Paolo intervenne a correggerlo.

Non corrisponde a verità quanto scrive Paolo nella sua lettera, e cioè che Pietro meritava la riprensione; ( Gal 2,11 ) non è vero quel che scrive Paolo nella sua lettera, e cioè che li vide non comportarsi rettamente secondo la verità del Vangelo; non è vero quel che scrive Paolo nella sua lettera, e cioè che Pietro costringeva i pagani a vivere da giudei, ( Gal 2,14 ) ma è tutta una messa in scena ".

Se le cose stessero davvero così, cosa dovremmo ritenere per vero [ nella Scrittura ]?

Quale pagina non dovremmo ritenere sospetta di menzogna?

14 - Ecco noi siamo uomini sui quali [ la Scrittura ] esercita tutta la sua inoppugnabile autorità; eppure questi tali trovano difficile arrendersi ai tuoni e ai fulmini della verità.

Dove andremo a finire?

A chi ricorreremo se, per esempio, io voglio dire a uno: " È cosa buona sposarsi ma non sposarsi è meglio, come scrive l'apostolo Paolo "? ( 1 Cor 7,38 )

Arriva uno che condanna le nozze e mi dice: " Effettivamente Paolo condanna il matrimonio, ma quello che scrive lo scrive camuffando la verità, che non sarebbe stato possibile far accettare a persone deboli.

Siccome esigere la continenza è cosa difficile, per questo egli afferma che lo sposarsi è cosa buona, pur sapendo invece che si tratta di cosa cattiva ".

" Come provi questa tua affermazione, come dimostri che Paolo mente quando afferma che chi dà a marito [ la figlia ] fa bene? ". ( 1 Cor 7,38 )

Risponde: " Come lo dimostro?

Dal fatto che sono una finzione le parole: Vedendo che [ Pietro ] non si comportava bene secondo la verità del Vangelo.

Non è infatti vero che Pietro non si comportava rettamente secondo la verità del Vangelo.

Lo dimostro ancora - prosegue - dalle parole: Io dissi a Pietro di fronte a tutti: se tu che sei giudeo vivi secondo le costumanze dei gentili, come puoi costringere i pagani a vivere da giudei? ( Gal 2,14 )

In realtà Pietro non costringeva i pagani a vivere da giudei.

Orbene come nel dire queste cose Paolo usa un parlare simulato, così fa quando dice: Chi dà a marito [ la figlia ] fa bene, ( 1 Cor 7,38 ) tenendo presente che gli uomini, carnali come sono, non avrebbero accettato l'ideale sublime della verginità.

Una cosa aveva in testa, un'altra ne esigeva ".

Se le cose stessero davvero così, a chi dovremo ricorrere [ per stabilire la verità ]?

Quali oracoli andremo a consultare?

In effetti la parola di Dio tramandata a noi dalle Scritture canoniche deve essere veramente per noi come un oracolo.

Se temiamo che anche in esse possa essersi insinuata la falsità, dove andremo a trovare la verità?

Dove saremo sicuri di essere dalla parte della verità?

Vi scongiuro! Sappiate individuare per tempo il verme [ velenoso ] di cui vi sto parlando, per tenervene lontani.

Non fatelo entrare nello scrigno del vostro cuore!

Se ve lo fate entrare e non sbattete prontamente i vostri vestiti, non troverete nulla che non ne sia intaccato.

15 - Mosso da profonda sollecitudine vi ho esposto quanto ritenevo necessario esporvi.

Vi ho trattenuto a lungo, miei cari: è stata la mia preoccupazione per voi a trattenervi.

Noi che esponiamo [ la verità ] e ci scriviamo libri, scriviamo in maniera molto differente da come sono scritti i libri sacri e canonici.

Noi scriviamo mentre progrediamo nella conoscenza: ogni giorno impariamo qualcosa, dettiamo mentre seguitiamo a ricercare, parliamo e tuttavia bussiamo ancora.

Certamente, per quanto mi è possibile, non mi stanco di parlare e di scrivere, tutte le volte che posso rendermi utile ai fratelli.

Vi debbo però esortare, carissimi, a non voler prendere per Scrittura canonica nessuna delle mie dispute e nessun libro contenente i dibattiti tenuti da me o attribuiti a me.

Dalle sacre Scritture ricaviamo le norme per giudicare, nei nostri scritti non rifuggiamo dall'essere giudicati.

Anche noi, naturalmente, dobbiamo preferire e desiderare che, e scrivendo e parlando, diciamo la verità ed evitiamo l'errore; ma poiché riuscire in questa impresa è difficile, c'è il canone [ della Scrittura ] a darci la sicurezza.

Esso è paragonabile al firmamento, dove sono collocati i luminari, cioè i vari libri della Scrittura che potremmo immaginare situati tra le acque superiori e quelle inferiori, ( Gen 1,6 ) cioè fra le schiere degli angeli e le famiglie degli uomini.

Gli uni sono al di sopra, gli altri al di sotto.

Consideriamo la Scrittura come scrittura [ di Dio ]: guardiamola come a Dio che ci parla; non andiamo a cercare in essa l'uomo e i suoi errori.

Non per nulla infatti a vantaggio della Chiesa è stato fissato il canone: compito, questo, che lo Spirito Santo ha riservato a se stesso.

Ne consegue che, se uno legge dei libri scritti da me, mi giudichi pure come vuole, e se ho detto cose ragionevoli, segua non me ma la ragione.

Se viceversa ho dimostrato le mie affermazioni con testimonianze chiare della parola di Dio, non segua me ma la divina Scrittura.

Ancora: se uno vorrà condannare qualcuna delle mie affermazioni, che io al contrario ritengo essere esatta, sento che egli non fa bene, tuttavia provo maggiore stizza verso colui che per lodarmi presenta il mio scritto come appartenente al canone che non verso colui che in esso condanna anche ciò che non merita d'essere condannato.

Ve ne scongiuro! Sebbene vi veda quanto mai attenti, quasi che foste venuti da poco e cominciaste adesso ad ascoltarmi, non voglio aggiungere altro, affinché riteniate bene a mente le parole che vi ho detto qui alla fine.

Rivolti al Signore, ecc.

Indice

1 Vergilius, Buc. 3, 94-95