Discorsi sui Santi

Indice

Nel natale del martire Cipriano

1.1 - Si commemora la "passione" di Cipriano
1.2 - L'esilio e il ritorno dall'esilio
2.3 - Suo arresto da parte di due messi
2.4 - Sollecitudine pastorale di Cipriano
3.5 - Come provvedere a se stesso. Ogni giorno è da considerarsi l'ultimo. S.Cipriano di fronte al proconsole
4.6 - Replica di Cipriano e sua condanna

1.1 - Si commemora la "passione" di Cipriano

Una così cara è pia solennità, nella quale celebriamo la "passione" del beato Martire, esige da parte nostra il discorso che è dovuto al vostro ascolto ed ai vostri cuori.

La Chiesa allora si trovò nella tristezza, non perché fosse un danno il morire di lui, ma per il desiderio di riaverlo, sempre desiderosa di vedere presente una così buona guida e maestro.

Ma la corona del vincitore consolò quanti aveva afflitto la sofferenza della lotta.

Ed ora, non solo senza tristezza, ma anche con profonda gioia, richiamiamo alla memoria, con la lettura e l'affetto, tutti quegli eventi che in quel tempo si compirono; ormai è concesso di fare di questo giorno motivo di letizia, non di timore.

Non abbiamo paura infatti che venga ad incutere spavento, ma ne attendiamo festosamente il ritorno.

Piace pertanto che si ricordi nell'esultanza tutta quella "passione", ormai superata, del fedelissimo e fortissimo e gloriosissimo Martire, in vista della quale, nell'apprensione, tennero fermo i fratelli.

1.2 - L'esilio e il ritorno dall'esilio

In quella situazione, se per la fedeltà nel testimoniare Cristo un primo tempo san Cipriano fu mandato in esilio a Curubi, ciò non gli recò alcun danno, ma a quella città fu di grande vantaggio.

Dove mai in realtà egli poteva essere inviato che non vi fosse presente colui del quale dava testimonianza e veniva perciò esiliato?

Infatti Cristo che affermò: Ecco, io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo, ( Mt 28,20 ) accoglieva il suo membro in qualsiasi luogo lo avesse confinato la rabbia del nemico.

O stolta incredulità di persecutore!

Se cerchi un luogo di esilio da imporre ad un cristiano, prima, se puoi, scoprine uno dal quale Cristo sia costretto ad uscire.

Tu credi di allontanare dalla sua patria un uomo di Dio, in Cristo mai esule e, nella carne, dovunque pellegrino.

Ormai però ci è gradito considerare e rievocare che cosa abbia comportato momento per momento la "passione" di lui dopo quella situazione che, per il nemico, era l'esilio e che Cipriano non aveva sperimentato come tale.

Infatti Cipriano, il santo martire caro a Dio, tornato dalla città di Curubi, dove era stato esiliato per ordine del proconsole Aspasio Paterno, se ne restava nei suoi campi e sperava che da un giorno all'altro andassero a ricercarlo, come gli era stato rivelato.

2.3 - Suo arresto da parte di due messi

A che più il prorompere della furia di sdegno del persecutore contro un animo sempre vigile, persino fortificato dall'intervento di una rivelazione del Signore?

Quando mai avrebbe potuto abbandonarlo nella "passione", colui che non permise fosse preoccupato prima di farne esperienza?

Ecco infine che vennero inviati due messi al fine di esporlo al martirio, i quali lo fecero salire con loro su di un carro e lo tennero in mezzo; ed anche questo fu un segno divino, perché ricordasse, rallegrandosene, di appartenere al corpo di colui che fu annoverato tra i malfattori.

E infatti Cristo fu posto in croce in mezzo a due ladroni così da mostrare un esempio di pazienza. ( Mc 15,27-28 )

Cipriano seguiva le orme di Cristo posto invece tra due messi, condotto da un carro al martirio.

2.4 - Sollecitudine pastorale di Cipriano

Restando in custodia delle guardie perché gli fu differito di un giorno il martirio, ed essendosi radunati in gran numero fratelli e sorelle a pernottare fuori le porte, raccomandò di proteggere le fanciulle.

Che dire di questo? con quale attenzione va ponderato? con quanta lode se ne deve parlare? con quale elogio va presentato?

Nell'imminenza della morte del corpo, nell'animo del pastore non si spegneva lo zelo ministeriale.

Fino all'ultimo giorno della sua vita, con mente equilibrata aveva cura di custodire il gregge del Signore: la mano incombente del carnefice sanguinario non scacciava dall'animo lo zelo del fedelissimo ministro.

Il pensiero che sarebbe stato martire non gli faceva dimenticare di essere vescovo: era preoccupato più del rendiconto che doveva al Principe dei pastori per le pecore a lui assegnate, che della risposta da dare al proconsole incredulo sulla propria fede.

Indubbiamente amava colui che aveva detto a Pietro: Mi ami tu? Pasci le mie pecore. ( Gv 22,17 )

E ne pasceva le pecore per le quali, imitandolo, si disponeva a versare il sangue.

Consapevole di avere non solo un Signore leale, ma anche un avversario tutta malizia, raccomandò di proteggere le fanciulle.

Pertanto, contro il leone apertamente aggressivo, agguerriva, per la testimonianza, l'anima virile; contro il lupo che insidiava il gregge, proteggeva il sesso femminile.

3.5 - Come provvedere a se stesso. Ogni giorno è da considerarsi l'ultimo. S. Cipriano di fronte al proconsole

Provvede veramente a se stesso chi pensa a Dio come al giudice davanti al quale ciascuno renderà conto della vita vissuta quaggiù e dell'incarico da lui affidato: allora ogni uomo riceve - come attesta l'Apostolo - secondo le opere compiute finché fu nel corpo, sia in bene, sia in male. ( 2 Cor 5,10 )

Si dà pensiero di sé chi, vivendo di fede e operando in modo che l'ultimo giorno non gli procuri ansietà, considera ultimo ogni giorno e così persevera fino all'ultimo giorno in una condotta di vita accetta a Dio.

In tal modo aveva cura di sé il beato Cipriano, e vescovo di una misericordia senza limiti e martire fedelissimo, non come sembrava ammonirlo la lingua maligna del diavolo, per bocca dell'empio giudice di cui si era impossessato, col dire: "Rifletti".

Lo vedeva infatti irremovibile nella sua decisione quando gli disse: "L'ordine di compiere i riti ti viene dagli imperatori"; e quello replicò: "Non lo faccio".

Continuò a dire: "Rifletti".

È questa la lingua maligna del diavolo; anche se non di quello che non sapeva che dicesse, era tuttavia di chi parlava per lui.

In realtà, il proconsole si faceva forte degli ordini a lui impartiti da loro, non era portavoce degli imperatori, ma assecondava il principe delle potenze dell'aria, di cui dice l'Apostolo: il quale opera nei figli ribelli. ( Ef 2,2 )

Cipriano sapeva che operava anche per mezzo della lingua del proconsole, cosa che questi ignorava.

Sapeva, ripeto, Cipriano, ascoltando dal proconsole quel "Rifletti", che quanto stoltamente diceva la carne e il sangue, lo diceva malignamente il diavolo e intuiva che erano in due a compiere la medesima azione; vedeva l'uno con gli occhi, l'altro con la fede.

Questo non voleva che morisse, l'altro che non meritasse la corona.

Perciò si manteneva calmo verso questo, era guardingo con quello; a questo replicava apertamente, quello vinceva nel segreto.

4.6 - Replica di Cipriano e sua condanna

Rispose: "Fa' ciò che ti è stato ordinato: in una cosa tanto giusta non c'è da riflettere".

In verità gli aveva già detto: "Rifletti".

A questo la risposta: "In una cosa tanto giusta non c'è da riflettere".

Infatti sta a riflettere chi dà consiglio o chi lo chiede.

Però il proconsole non voleva ricevere consiglio da Cipriano, ma piuttosto lo esortava a ricevere il suo.

Quello però disse: "In una cosa tanto giusta non c'è da riflettere".

Non rifletto ancora perché tuttora non sono indeciso; infatti mi ha liberato da ogni esitazione la stessa Giustizia.

Ma il giusto vive nella certezza della fede per morire tranquillo nella carne.

Avevano preceduto Cipriano molti Martiri, che egli aveva infiammato con le sue ardentissime esortazioni per vincere il diavolo; ed era certamente giusto che, da forte, seguisse nel martirio quanti aveva mandato innanzi, verace nella parola; perciò: "In una cosa tanto giusta non c'è da riflettere".

Che dire a queste parole? Quale la nostra gioia davanti a questo?

Di tanta gioia di cui siamo ripieni, che cosa deve traboccare dal nostro cuore e dalle nostre labbra, se non la stessa espressione ultima del venerando Martire?

Infatti, dopo che Galerio Massimo ebbe data lettura della sentenza: "Condanniamo Tascio Cipriano alla pena di morte con la spada", quello disse: "Rendiamo grazie a Dio!".

Dunque, poiché è nostra la "memoria" che è qui, luogo di così grande evento, la festività di un giorno tanto solenne, l'esposizione di un esempio massimamente salutare, con tutte le fibre dei nostro essere, diciamo anche noi: Rendiamo grazie a Dio.

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