Discorsi sui Santi

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Martedì dopo Pasqua

1 - Vi è presentata la promessa relazione sulla guarigione di un uomo

Ieri alla Carità vostra abbiamo promesso una relazione per cui vi si rende possibile ascoltare, sul caso dell'uomo guarito, quelle cose che non avete potuto cogliere con la vista.

Perciò, se fa piacere alla Carità vostra, o meglio, deve piacere quello che piace anche a me, entrambi i fratelli si pongano davanti a voi: questo perché coloro che non avevano veduto il fratello sanato, possano notare nella sorella il morbo che egli ha sofferto.

Si presentino, dunque, entrambi: l'uno cui è stata elargita la grazia e l'altra, per la quale bisogna implorare misericordia.

2 - Relazione presentata da Paolo al Vescovo Agostino

Ti prego, signore felicissimo e padre Agostino, di voler proclamare alla santa assemblea questa mia relazione che, secondo il tuo ordine, ho presentato.

Quando avevamo ancora residenza nella nostra patria, Cesarea di Cappadocia, il nostro fratello maggiore inveì con atroci e intollerabili ingiurie contro nostra madre, al punto di non esitare persino a colpirla con le proprie mani.

Tal cosa fu tollerata con sopportazione da tutti noi altri figli riuniti insieme, così che al nostro fratello, sul perché del suo agire, non dicemmo neppure una parola a favore di nostra madre.

Ma quella, ferita nella sua dignità femminile, sotto la spinta del dolore, decise di punire, maledicendo, il figlio che l'aveva oltraggiata.

Dopo il canto del gallo, affrettandosi al fonte del sacro Battesimo, andò ad invocare l'ira di Dio sopra il figlio suddetto.

Nelle sembianze di uno zio paterno, le si fece incontro non so chi, come s'intende, il demonio, e le domandò, per prima cosa, ove si recasse.

Quella gli rispose che andava a maledire suo figlio per un'intollerabile offesa ricevuta.

Quel nemico, però, potendo allora trovar posto facilmente nell'animo sconvolto della donna, la convinse a maledire tutti i figli.

E quella, tutta accesa dai velenosi consigli, prostratasi a terra, cinse con forza il sacro fonte, sciolti i capelli, nudatasi il petto, invocò da Dio soprattutto questo: che, raminghi dalla patria, andando in giro per terre straniere, incutessimo timore a chiunque, con il nostro esempio.

Un pronto effetto tiene dietro alle materne invocazioni e immediatamente un forte tremito s'impadronì delle membra del nostro fratello più grande per età e colpa, quale in me la Santità vostra ha potuto vedere fino a tre giorni fa.

Rispettando l'ordine secondo il quale eravamo nati, entro un solo anno, lo stesso castigo s'impossessò di noi tutti.

La madre, invece, notando che le sue maledizioni avevano raggiunto tanta efficacia, non poté tollerare assai a lungo la consapevolezza della propria empietà e il biasimo degli uomini: legatasi al collo un nodo scorsoio, con una più funesta conclusione, pose fine alla sua vita lacrimevole.

Di conseguenza, non tollerando il nostro disonore, tutti noi ci allontanammo, abbandonando la patria comune, e ci disperdemmo qua e là per luoghi diversi.

Ma, dei dieci fratelli che noi siamo, quello che nell'ordine di nascita viene dopo il primo, come abbiamo saputo, meritò di riacquistare la salute presso una "Memoria" del beato martire Lorenzo, che si trova nei pressi di Ravenna.

Io invece, sesto di loro secondo l'ordine di nascita, con questa mia sorella che, per età, mi segue, dopo aver appreso notizia dell'esistenza di luoghi sacri, nei quali Dio operasse miracoli presso qualsiasi popolo, in qualsiasi regione, mi mettevo in cammino con viva brama di tornare in salute.

Ma, per tacere degli altri celebratissimi luoghi di santi, nel mio pellegrinare raggiunsi pure Ancona, città dell'Italia, dove il Signore opera molti miracoli per l'intercessione del gloriosissimo martire Stefano.

Ma, in quanto ero riservato a questo luogo per divina predestinazione, non potei essere risanato altrove.

Neppure trascurai Uzala, città dell'Africa, dove si rende noto che il beato martire Stefano vi opera di frequente grandi miracoli.

Nondimeno, tre mesi fa, cioè il primo giorno di gennaio, sia io che mia sorella, che è qui con me ed è presa dallo stesso male, fummo avvertiti da una manifesta visione.

Una persona, dal volto luminoso, venerabile nei bianchi capelli, mi disse infatti che, al compiersi di tre mesi, mi sarebbe stata apportata la desiderata guarigione.

A mia sorella, invece, apparve in visione la Santità tua, in quell'aspetto nel quale noi qui presenti ti vediamo oggi.

Con questo, ci venne dato a intendere che dovevamo venire in questo luogo.

Attraverso altre città, lungo il percorso che qui ci conduceva, anch'io vedevo infatti assai spesso in seguito la Beatitudine tua, assolutamente tale quale ora io ravviso.

Avvertiti perciò da un palese volere divino, siamo giunti in questa città da circa quindici giorni.

Della mia sofferenza sono testimoni sia i vostri occhi, sia questa infelice sorella che, a insegnamento di tutti, mostra un esempio del male che ci ha colpiti insieme, così che quanti vedono in lei quale io sia stato, riconoscano quel che in me ha operato il Signore attraverso il suo Santo Spirito.

Pregavo ogni giorno con lacrime copiose nel luogo dove è la "Memoria" del gloriosissimo martire Stefano.

Ma, nella domenica di Pasqua, come hanno visto alcuni che erano presenti, mentre pregando in gran pianto mi tenevo ai cancelli, sono caduto improvvisamente.

D'altra parte, privo di sensi, non so dove mi sia trovato.

Dopo breve tempo, mi sono levato in piedi e non ho più avvertito tremito alcuno nel mio corpo.

Pertanto, non ingrato di questo beneficio di Dio, ho presentato questa dichiarazione; in essa ho reso noti anche quei particolari sulle nostre sventure che voi ignoravate e ciò che avete conosciuto della mia guarigione e salute, affinché vi degnate di pregare per mia sorella e di rendere grazie a Dio per me.

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