Discorsi sul Vecchio Testamento

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Discorso sul responsorio del Salmo 41

1 - Chi dei suoi peccati accusa la fortuna, il destino, il diavolo, è perverso
2 - Il bene che fai è Dio che lo fa, il male che fai sei tu che lo fai
3 - Se fai il bene, non t'innalzare sopra quelli che non lo fanno
4 - Esempio del fariseo e del pubblicano

1 - Chi dei suoi peccati accusa la fortuna, il destino, il diavolo, è perverso

Benché in molti, abbiamo cantato con voce concorde perché in Cristo noi siamo uno. ( Rm 12,5; Gal 3,28 )

Infatti il popolo che dice al plurale: Padre nostro ( Mt 6,9 ) è lo stesso che dice [ al singolare ]: Ho detto: Signore, abbi pietà di me, risanami, perché io ho peccato contro di te. ( Sal 41,5 )

Molti vogliono peccare, ma si rifiutano di incolpare se stessi per i loro peccati.

Veda bene la vostra Santità come questi uomini superbi rifiutano di confessare a Dio.

Di tutto il male che compiono non vogliono sentirsi responsabili, ma cominciano a dire che è stata la fortuna o che è stato il destino.

O dice: "È stato il diavolo" per non dire: "Sono stato io".

Tolga ben di mezzo queste cose chi dice così, perché la fortuna non è che la vanità degli uomini e il destino la loro vacuità, e chi crede che il destino sia qualcosa è uno sciocco.

E il diavolo, anche se è il nostro nemico, ( 1 Pt 5,8 ) non può abbattere se non chi gli dà retta.

Non ha la forza per costringere, ma solo l'astuzia per lusingare.

Ora se parlasse solo il diavolo per lusingare al male e non parlasse [ anche ] Dio per insegnare il bene con le Scritture, potresti avere una scusa presso Dio.

Gli potresti dire: "A chi potevo dar retta se non a lui che mi parlava, dato che tu con me tacevi?".

Ma poiché non tace il diavolo che ti lusinga al male, ma non tace neanche Dio che ti comanda il bene, perché mai le tue orecchie, a metà tra il diavolo che ti lusinga al male e Dio che ti comanda il bene, si inchinano alle parole del diavolo e si distolgono dalle parole di Dio?

Quello ti dice: "Va' a rubare"; e Dio ti dice: "Non rubare".

Se dessi retta a tutti e due, saresti una canaglia.

E poi come potresti dar retta a tutti e due che comandano cose contrarie, quando Dio Cristo avverte: Nessuno può servire a due padroni? ( Mt 6,24 )

Vedi dunque come sei, tu che disprezzi Dio che ti ammonisce e dài retta al diavolo che ti inganna?

Almeno, quando lo fai, pensaci, e poi non farlo più.

E appena ti accorgi di aver fatto il male, confessalo a Dio, non dar la colpa al diavolo, in modo da poter dire con verità: Ho detto: Signore, abbi pietà di me; risanami, perché io ho peccato contro di te. ( Sal 41,5 )

Non è il destino che ha peccato, non è la fortuna che ha peccato.

Risanami, perché io ho peccato contro di te.

E che cosa farò? Se ho peccato, sono malato, se sono malato, risanami.

Questo è confessare al medico, è chiamare il medico.

Se dei tuoi peccati tu vuoi dare ad altri la colpa, come ho detto, o alla fortuna o al destino o al diavolo, e non a te stesso; oppure se delle tue opere buone a te stesso vuoi dare il vanto e non a Dio, saresti perverso.

Invece, qualunque male tu faccia, lo fai per tua malizia, e qualunque bene tu faccia, lo fai per grazia di Dio.

2 - Il bene che fai è Dio che lo fa, il male che fai sei tu che lo fai

Ma considerate come certi uomini, anche non volendo vanno talmente avanti nella bestemmia fino a mettere sotto accusa Dio stesso.

Quando uno comincia ad accusare la fortuna [ dicendo ] che essa lo ha costretto a peccare o che essa ha peccato in lui, quando comincia ad accusare il destino, gli si può chiedere: "Ma la fortuna che cos'è? Che cos'è il destino?".

Quegli cercherà di dire che al peccato lo hanno portato le stelle.

Vedete come a poco a poco la sua bestemmia cammina verso Dio.

Le stelle infatti chi le ha poste nel cielo? Non forse Dio, creatore di tutto?

Se dunque lui vi ha posto queste stelle, ed esse ti costringono a peccare, non ti par che sia lui l'autore dei tuoi peccati?

Vedi, o uomo, quanto sei perverso! Mentre Dio accusa i tuoi peccati non per punirtene, ma perché, punendo quelli, tu ne sia liberato, tu nella tua perversità, se fai qualcosa di buono l'attribuisci a te, se fai qualcosa di cattivo l'attribuisci a Dio.

Ravvediti da questa perversità. Correggiti, comincia a contraddire te stesso e a parlare diversamente a te stesso.

Prima che cosa dicevi? "Il bene che faccio, lo faccio io; il male che faccio, lo fa Dio".

La verità è ben altra: il bene che fai è Dio che lo fa, il male che fai, sei tu che lo fai.

Se l'intendi in questo modo, non è inutile il tuo canto: Ho detto: Signore, abbi pietà di me; risanami, perché io ho peccato contro di te. ( Sal 41,5 )

Perché se ciò che è male lo fa Iddio e ciò che è bene lo fai tu, tu dici contro Dio un'iniquità.

Sentite su questo che cosa dice il salmo: Non alzate la testa contro il cielo e non dite iniquità contro Dio. ( Sal 75,6 )

Era infatti un'iniquità quella che dicevi contro Dio, per cui tutto il bene lo volevi attribuire a te e tutto il male a lui.

Alzando la testa superbamente dicevi iniquità contro Dio.

[ Solo ] umiliandoti puoi parlare con equità.

E quale è l'equità che esprimerai umiliandoti? Ho detto: Signore, abbi pietà di me; risanami, perché io ho peccato contro di te. ( Sal 41,5 )

3 - Se fai il bene, non t'innalzare sopra quelli che non lo fanno

Perciò quel salmo, dopo aver detto: Non alzate la testa contro il cielo e non dite iniquità contro Dio, subito soggiunge: Poiché non dall'oriente, non dall'occidente, non dal deserto, non dalle montagne, ma da Dio viene il giudizio; è lui che umilia l'uno e innalza l'altro. ( Sal 75,6-8 )

Due uomini egli vede, ossia due specie di uomini.

Quali sono i due uomini che vede? Uno che insuperbisce, l'altro che confessa; uno che dice equità, l'altro che dice iniquità.

Quale dice equità? Colui che dice: "Io ho peccato". E quale dice iniquità? Colui che dice: "Non ho peccato io, ma la fortuna ha peccato, il destino ha peccato".

Nel vedere perciò questi due uomini, uno che dice equità, l'altro iniquità, uno umile l'altro superbo, non ti stupire di quanto viene detto: Ma da Dio viene il giudizio; è lui che umilia l'uno e innalza l'altro. ( Sal 75,8 )

Ed è ancora poco quanto ti ho detto, o fratello, di non parlare in modo da attribuire a te il bene che fai e a Dio il male che fai.

Ma per il bene stesso che fai, anche se lo attribuisci a Dio e a Dio ne rendi grazie, però ti innalzi sopra gli altri che ancora non fanno il bene e vuoi sembrare a te stesso come uomo di perfetta giustizia ( perché omicidi non ne fai, adulteri non ne fai, furti non ne fai, e poi digiuni, e poi dài in elemosina ); se per questo ti sembra di aver attinto le vette della giustizia e disprezzi coloro che non agiscono nello stesso modo, e te ne vanti come il sano che guarda dall'alto l'ammalato, allora Dio in questo non ti approva.

Per quanto tu abbia progredito, devi badare non al cammino fatto, ma a quello che ti resta da fare, finché la strada non sia finita e tu non gioisca nella patria, innalzato nel [ la persona del ] re della stessa patria, il quale si è fatto umile per te.

4 - Esempio del fariseo e del pubblicano

Proprio per questo il Signore porta l'esempio di quei due nel tempio.

Così dice il Vangelo: Contro alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri disse questa parabola: Due uomini salirono al tempio per pregare; uno era fariseo e l'altro pubblicano. ( Lc 18,9-10 )

I farisei erano molto in vista tra i giudei, o perché ritenuti dotti o perché ritenuti santi.

I pubblicani invece erano considerati come scellerati peccatori.

Salirono dunque tutti e due al tempio per pregare, e il fariseo cominciò col dire: O Dio, ti ringrazio.

E badate che egli ringraziava Dio per il bene che aveva.

Ma vedete che egli viene condannato perché disprezzava l'altro che considerava peccatore.

Attenti alle parole che seguono: Ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ingiusti, ladri, adulteri, e neppure come questo pubblicano. ( Lc 18,11 )

Lo guardò e lo disprezzò. Si sentì superiore e nulla chiese per sé, ma semplicemente ringraziò di quanto aveva come se già fosse perfetto.

E cominciò a catalogare davanti a Dio i suoi meriti: Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo. ( Lc 18,12 )

Era venuto dal medico per essere curato, ma ostentava le sue membra sane e nascondeva le ferite.

Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. ( Lc 18,13 )

Vedete che non cercò di non accusarsi. Si accusava e si percuoteva.

Col pugno si batteva il petto, col timore la coscienza e confessava a Dio.

Or badi la vostra Santità come [ Dio ] umilia l'uno e innalza l'altro. ( Sal 75,8 )

Udite le parole conclusive del Signore: lo vi dico in verità: il pubblicano discese dal tempio giustificato, a differenza dell'altro. ( Lc 18,14 )

E come se gli chiedessi: "Perché mai, Signore?" egli ti risponde: Perché chi si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato. ( Lc 18,14 )

Seguendo questa via dell'umiltà, fratelli carissimi, progredite, tenendovi lontani da ogni ingiustizia e malignità.

Purificate di giorno in giorno i vostri costumi coll'aiuto di Dio al quale confessate.

Rivolti [ al Signore … ].

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