La Genesi difesa contro i Manichei

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Libro I

6.10 - Con la materia informe, da lui creata, Dio creò l'universo

Ecco perché è assolutamente conforme alla ragione credere che Dio creò tutto dal nulla poiché, anche se tutte le cose con le loro forme particolari furono create a partire da questa materia, tuttavia questa stessa materia fu creata dal nulla assoluto.

Noi infatti non dobbiamo assomigliare a siffatti individui i quali non credono che Dio onnipotente potesse creare qualcosa dal nulla in quanto vedono che gli artefici e gli operai di qualsiasi specie non possono costruire alcun oggetto se non hanno una materia con cui foggiare o fabbricare qualcosa.

In realtà, perché possa compiere la sua opera, al carpentiere occorre il legname, all'argentiere l'argento, all'orefice l'oro, al vasaio l'argilla.

Se infatti essi non si servono della materia con cui fanno un oggetto, non possono far nulla, in quanto non sono essi a creare la materia.

Non è certamente il carpentiere che crea il legno e così dicasi di tutti gli altri di simile genere.

Dio onnipotente, al contrario, non aveva bisogno di servirsi d'alcuna cosa non creata da lui per compiere ciò che voleva.

Poiché, se per le cose che voleva creare gli fosse servita qualcosa ch'egli non aveva creato, non era onnipotente; ma credere una simile cosa è un sacrilegio.

7.11 - Perché la materie informe è chiamata terra invisibile, acqua, ecc.

La materia informe che Dio aveva creata dal nulla fu dunque chiamata dapprima "cielo e terra" e [ la Scrittura ] dice: Nel principio Dio creò il cielo e la terra, ( Gen 1,1 ) non perché ciò esistesse già, ma perché poteva esistere, dato che [ la Scrittura ] dice pure che il cielo fu creato in seguito.

Allo stesso modo che, se consideriamo il germe di un albero, potremmo dire che in esso sono le radici, il tronco, i rami, i frutti e le foglie, non perché vi siano già, ma perché nasceranno da esso; così [ la Scrittura ] dice: Nel principio Dio creò il cielo e la terra, creò cioè come una specie di seme dei cielo e della terra, essendo ancora confusa la materia del cielo e della terra.

Ma poiché era certo che da quel seme doveva aver origine il cielo e la terra, la stessa materia è chiamata precisamente "cielo e terra".

Questo modo d'esprimersi lo usa anche il Signore allorché dice: Non vi chiamerò più servi, poiché il servo non sa che cosa fa il suo padrone.

Io invece vi ho chiamati amici, poiché tutto ciò ch'io ho udito dal Padre mio l'ho fatto conoscere a voi; ( Gv 15,15 ) non perché ciò fosse già avvenuto, ma perché sarebbe avvenuto con assoluta certezza.

Infatti poco dopo dice loro: Ho ancora da dirvi molte cose, ma per ora non siete in grado di portarne il peso. ( Gv 16,12 )

Perché dunque aveva detto: Tutto ciò che ho udito dal Padre mio l'ho fatto conoscere a voi, se non perché sapeva che avrebbe fatto così?

Allo stesso modo poté essere chiamata "cielo e terra" la materia con cui ancora non era stato fatto il cielo e la terra, ma che tuttavia non doveva esser fatto con alcun altro elemento.

Innumerevoli sono le espressioni di tal genere che si trovano nelle Sacre Scritture.

Allo stesso modo avviene nel nostro parlare ordinario quando d'una cosa che speriamo si avvererà con assoluta certezza noi diciamo: "Fa' conto che sia già fatta".

7.12 Oltre a ciò questa materia ancora informe [ la Scrittura ] volle chiamarla anche "terra invisibile e caotica" perché, tra tutti gli elementi del mondo, la terra pare meno bella di tutti gli altri.

La chiamò, inoltre, "invisibile" per la sua oscurità e "caotica" per il suo stato informe.

La stessa materia la chiama altresì "acqua", al di sopra della quale si portava lo Spirito di Dio allo stesso modo che la volontà dell'artefice si porta sugli oggetti da foggiare.

Sebbene solo l'intelligenza di pochi sia capace d'intendere questo concetto, non so tuttavia se anche solo pochi possano esprimerlo con termini del linguaggio umano.

Per conseguenza senza dubbio questa materia fu chiamata non illogicamente anche "acqua" poiché tutte le cose che nascono sulla terra, sia gli animali che gli alberi o le erbe e cose dello stesso genere, cominciano a formarsi e a nutrirsi con sostanze liquide.

Tutti i suddetti nomi, dunque, sia "cielo e terra", sia "terra invisibile e caotica", sia "abisso con le tenebre", sia "acqua al di sopra della quale si portava lo Spirito di Dio" sono termini denotanti la materia informe, per far capire agli ignoranti una realtà sconosciuta con vocaboli noti, e non già con un solo vocabolo ma con molti perché, se fosse stato uno solo, non si credesse che si trattasse d'una cosa che si era soliti intendere con quel termine.

Fu dunque chiamata "cielo e terra" perché da essa sarebbe derivato il cielo e la terra.

Fu chiamata "terra invisibile e caotica", e "tenebre sopra l'abisso" per il fatto di essere informe, poiché, essendo priva di forma, non poteva né vedersi né toccarsi neanche se ci fosse stato uno che vedesse e toccasse.

Fu chiamata "acqua" perché si prestava facilmente e docilmente al potere dell'Artefice che lavorava, affinché mediante essa fossero formate tutte le cose.

Con quei nomi dunque veniva denotata la materia invisibile e informe, a partire dalla quale Dio creò l'universo.

8.13 - Si confuta la calunnia dei manichei circa Gen 1,4

Dio poi ordinò: Vi sia la luce. E la luce fu fatta. ( Gen 1,3 )

I manichei sono soliti criticare non questa frase ma quella seguente: E Dio vide che la luce è buona. ( Gen 1,4 )

Essi infatti dicono: "Dio dunque non sapeva che cosa fosse la luce e non sapeva che cosa il bene".

Sciagurati individui, ai quali dispiace che Dio si compiacque delle sue opere, sebbene vedano che cosa fa anche un artigiano - per esempio un falegname - per quanto a paragone della sapienza e potenza di Dio egli sia quasi un nulla, tuttavia sta lungamente a tagliare e a lavorare il legno, sgrossandolo con l'accetta e con l'ascia, o tornendolo e levigandolo sino a quando non sia condotto a perfezione nella misura di cui è capace secondo le regole dell'arte e nella misura che piace all'artefice che lo lavora.

Da ciò si dovrebbe forse dedurre ch'egli non conoscesse che cos'è il bene per il fatto che gli piace l'opera da lui fatta? Tutt'altro!

Lo conosceva ottimamente nell'intimo della sua anima, ove l'arte stessa è più bella degli oggetti costruiti con l'arte.

Ma ciò che l'artista vede interiormente rispetto all'arte lo manifesta esteriormente nell'opera, e un oggetto è perfetto se piace all'artista che lo ha fatto.

Vide dunque Dio che la luce è buona.

Con questa frase non si vuol far vedere che a Dio si rivelò all'improvviso nel suo splendore un bene fino allora ignoto, ma che egli piacque in quanto perfetto.

8.14 - Che cosa volle insegnarci Cristo coi meravigliarsi e con altri simili sentimenti

Che sarebbe, se la Scrittura avesse detto: "Dio si meravigliò che la luce è buona"?

Chissà quanto protesterebbero, quante discussioni rissose farebbero costoro!

In realtà la meraviglia suole derivare da fatti inattesi; eppure costoro leggono nel Vangelo - e lo lodano - che Gesù Cristo si meravigliò della fede di coloro che credevano. ( Mt 8,10 )

Ma chi mai aveva fatto nascere in quei tali la stessa fede, se non proprio lui che se ne meravigliava?

Ma anche supposto che l'avesse suscitata un altro, perché mai si sarebbe meravigliato lui che ne aveva la prescienza?

Se i manichei risolvono questo problema, potrebbero vedere che può risolversi anche quell'altro.

Se, al contrario, non lo risolvono, per qual motivo censurano queste cose ch'essi rifiutano come cose che non li riguardano, mentre non conoscono quelle che dovrebbero riguardarli?

Orbene, il fatto che nostro Signore si meraviglia, sta a significare che siamo noi quelli che dobbiamo meravigliarci, poiché siamo noi che abbiamo ancora bisogno di commuoverci come lui.

Tutti i sentimenti consimili dei Signore sono dunque indizi non d'un animo turbato ma del Maestro che ci dà un insegnamento.

Di tal genere sono anche le espressioni dell'Antico Testamento che non mostrano la debolezza di Dio ma la sua condiscendenza alla nostra debolezza.

In realtà, di Dio non può dirsi nulla in modo adeguato.

La Scrittura tuttavia dice le verità che noi possiamo capire affinché veniamo educati [ spiritualmente ] e possiamo raggiungere le realtà che non si possono esprimere con alcun linguaggio umano.

9.15 - In che senso Dio "separò la luce dalle tenebre" ( Gen 1,4-5 )

Dio poi separò la luce dalle tenebre e chiamò giorno la luce e notte le tenebre. ( Gen 1,4-5 )

Qui la Scrittura non dice: "Dio fece le tenebre", poiché le tenebre, come abbiamo detto più sopra, sono l'assenza della luce; ciò nondimeno fu fatta la separazione tra la luce e le tenebre.

Noi produciamo rumore col gridare, mentre produciamo silenzio non facendo rumore, poiché il silenzio è assenza di rumore e tuttavia distinguiamo con un senso speciale il rumore dal silenzio e chiamiamo rumore la prima cosa e silenzio la seconda.

Allo stesso modo dunque che si ha ragione di dire che produciamo il silenzio, così in molti passi delle Sacre Scritture si dice con ragione che Dio produce le tenebre per il fatto che non concede o sottrae la luce nei momenti e nei luoghi che vuole.

Ora, tutto ciò è stato detto per aiutarci a capire.

In quale lingua infatti Dio chiamò giorno la luce e notte le tenebre?

In quella ebraica o nella greca, nella lingua latina o in qualche altra?

E così, riguardo a tutte le cose alle quali diede un nome, si può chiedere quale lingua usò per denominarle.

In Dio però c'è solo pura intelligenza senza emissione di suoni né diversità di lingue.

La Scrittura ciò nondimeno dice: chiamò, cioè "fece chiamare", perché distinse e ordinò tutte le cose in modo che si potessero discernere e ricevere un nome.

Ma solo in seguito e a suo luogo esamineremo se veramente si deve intendere così l'espressione "Dio chiamò", poiché quanto più riusciremo a penetrare le Scritture e ci familiarizziamo con esse, tanto più diventano chiari i loro vari modi di esprimersi.

Noi infatti ci esprimiamo dicendo così: "Questa casa la costruì quel padre di famiglia", cioè "la fece costruire", e molte altre simili espressioni si trovano in tutti i libri delle Sacre Scritture.

10.16 - I giorni della creazione computati da un mattino all'altro ( Gen 1,5 )

E fu sera e fu mattina: il primo giorno. ( Gen 1,5 )

Anche a questo punto i manichei fanno una critica ingiusta poiché pensano che la Scrittura si esprima in questo modo come se il giorno cominciasse dalla sera.

Essi non capiscono che l'opera creatrice - l'opera cioè con cui fu fatta la luce e la luce fu divisa dalle tenebre e la luce fu chiamata giorno e le tenebre notte - non capiscono dunque che tutta quanta quest'opera creatrice si riferisce al giorno; in seguito, dopo quest'opera, come se il giorno fosse finito, si fece sera.

Ma siccome anche la notte fa parte del proprio giorno, la Scrittura non dice ch'era passato il primo giorno se non quando, passata anche la notte, spuntò il mattino.

Così in seguito i restanti giorni vengono computati da un mattino all'altro.

Ora, quando è spuntato il mattino ed è passato il primo giorno, la seguente opera creatrice comincia dal mattino già spuntato e, dopo la stessa opera, si fa sera e di poi mattina e passa il secondo giorno e così di seguito passano tutti gli altri giorni.

11.17 - Come le acque furono divise dal firmamento ( Gen 1,6-8 )

Dio inoltre disse: Vi sia il firmamento nel mezzo delle acque e ci sia separazione tra le acque, e così fu.

E Dio fece il firmamento e separò le acque che sono al di sopra del firmamento e Dio vide che è una cosa buona. ( Gen 1,6 )

Per quel ch'io ricordo, i manichei non hanno l'abitudine di criticare queste frasi.

Tuttavia, per il fatto che le acque furono separate affinché le une fossero al di sopra del firmamento e le altre al di sotto del firmamento, poiché dicevamo che la materia informe fu denotata col nome di acqua, credo che la materia corporea delle realtà visibili fu separata da quella incorporea delle realtà invisibili per mezzo del firmamento del cielo.

Poiché, pur essendo il cielo una realtà materiale bellissima, tuttavia qualsiasi creatura invisibile supera perfino la stessa bellezza del cielo; pochi però capiscono che le creature invisibili sono al di sopra del cielo non per il posto che occupano, ma per la superiorità della loro natura; quantunque su questo argomento non si debba affermare nulla senza ragione perché è oscuro e lontano dalla percezione sensibile dell'uomo, ma comunque stia la cosa la si deve credere prima di comprenderla.

E fu sera e fu mattina: secondo giorno. ( Gen 1,8 )

D'ora in poi queste formule, che s'intervallano come un ritornello, sono da intendere e spiegare nel senso esposto più sopra.

12.18 - L'ammassamento delle acque è la stessa formazione delle acque ( Gen 1,9-10 )

E Dio disse: le acque che sono sotto il cielo si raccolgano in un sol luogo e appaia l'asciutto. E così avvenne.

E le acque ch'erano sotto il cielo si raccolsero in un sol luogo e apparve l'asciutto e Dio chiamò terra l'asciutto e mare l'ammasso delle acque.

E Dio vide ch'è una cosa buona. ( Gen 1,9-10 )

A proposito di questo passo i manichei obiettano: "Se il tutto era pieno di acque, in qual modo queste potevano raccogliersi in un sol luogo?"

Ma, come è stato già detto più sopra, col nome di acqua è denotata la materia, sulla quale si portava lo Spirito di Dio e con la quale Dio avrebbe formato tutte le cose.

Ora, al contrario, quando viene detto: L'acqua che è sotto il cielo si raccolga in un sol luogo, viene detto affinché la materia corporale riceva la forma specifica propria delle acque visibili di questo nostro mondo.

Proprio questo ammassarsi delle acque in un sol luogo è la formazione delle acque di quaggiù che noi tocchiamo e vediamo.

Ogni forma infatti si dispone secondo la norma dell'unità.

Inoltre, in qual senso deve intendersi l'espressione: Appaia l'asciutto, se non nel senso "che la materia riceva la sua forma visibile" che adesso possiede questa terra che noi vediamo e tocchiamo?

Ciò dunque ch'era chiamato "terra invisibile e caotica" denotava la confusione e l'oscurità della materia, e ciò ch'è chiamato "acqua", al di sopra della quale si portava lo Spirito di Dio, denotava a sua volta la medesima materia.

Adesso, al contrario, Dio forma l'acqua e la terra del nostro mondo servendosi della materia ch'era chiamata con i medesimi nomi prima che ricevesse le forme che attualmente noi vediamo.

Certamente si dice che nella lingua ebraica viene chiamata "mare" ogni massa di acque, siano esse salate che dolci.

13.19 - Perché la terra produce alberi infruttiferi ed erbe velenose ( Gen 1,11 )

E Dio ordinò: la terra produca erbe commestibili dei campi che portino seme secondo la propria specie e la propria somiglianza, e alberi da frutto che producano frutti e abbiano in sé il seme, ciascuno a propria somiglianza. E così avvenne.

La terra allora fece spuntare erbe commestibili aventi seme ciascuna secondo la propria specie, e alberi fruttiferi producenti frutti e aventi in sé il seme ciascuno secondo la propria somiglianza e la propria specie sulla terra.

E Dio vide che è cosa buona. E fu sera e fu mattina: terzo giorno. ( Gen 1,11-13 )

A questo punto i manichei sono soliti obiettare: "Se Dio fece nascere dalla terra l'erba commestibile e gli alberi fruttiferi, chi fece nascere tante piante erbacee spinose o velenose che non servono di nutrimento e tanti alberi che non producono alcun frutto?".

A costoro si deve rispondere in modo che agli indegni non sia svelato alcun mistero e non sia mostrato loro per quale prefigurazione di realtà future sono state dette tali espressioni.

Si deve dire dunque che, a causa del peccato dell'uomo, la terra fu maledetta perché producesse spine e non perché a soffrire il castigo fosse essa che è priva di sensazione, ma perché ponesse ognora sotto gli occhi degli uomini la colpa del peccato dell'uomo, affinché fossero ammoniti di allontanarsi una buona volta dai peccati e tornare ad osservare i precetti di Dio.

Le piante erbacee velenose invece sono state create per castigare o mettere alla prova i mortali, e tutto ciò a causa del peccato, poiché proprio dopo il peccato originale siamo diventati mortali.

In verità gli uomini vengono scherniti mediante gli alberi infruttuosi affinché intendano quanto è vergognoso stare nel campo di Dio, cioè nella Chiesa, senza produrre il frutto di opere buone, e abbiano inoltre paura d'essere abbandonati da Dio per lo stesso motivo che anch'essi nei loro campi abbandonarono gli alberi infruttiferi e non li coltivano più.

La Scrittura dunque non dice che prima del peccato dell'uomo la terra producesse unicamente erbe nutritive e alberi fruttiferi; dopo il peccato invece noi vediamo nascere dalla terra molti vegetali irti di spine e infruttuosi, credo per il motivo già detto.

Ecco infatti le parole rivolte al primo uomo dopo che aveva peccato: Maledetto sia per te il suolo riguardo a tutte le tue opere, con dolore e con gemiti ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita, spine e rovi esso produrrà per te e tu mangerai l'erba commestibile del tuo campo, col sudore del tuo volto mangerai il tuo pane fin a quando non tornerai nella terra da cui sei stato tratto, poiché tu sei terra e in terra tornerai. ( Gen 1,17-19 )

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