La grandezza dell'anima

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Valore dell'anima nel regno dello spirito

33.70 - Primo grado, l'animazione

A. - Magari potessimo interpellare entrambi sull'argomento un uomo non solo dotto, ma anche eloquente, veramente saggio e perfetto.

Egli potrebbe spiegarci in modo eccellente, mediante l'esposizione e il dialogo, il valore dell'anima nel corpo, in sé e in relazione a Dio, al quale, dopo la purificazione, è assai vicina e nel quale ha il bene assoluto.

Ma poiché a me in questa opera manca un altro, mi faccio coraggio per non mancare io a te.

Ma ho questo vantaggio che mentre senza competenza espongo il valore dell'anima, prendo sicura coscienza del mio valore.

E prima di tutto limito una tua attesa troppo ampia e illimitata.

Non ti mettere in testa che io ti parli di ogni anima, parlerò soltanto di quella umana.

Di essa soltanto dobbiamo interessarci, se abbiamo un interesse per noi.

Prima di tutto dunque, ed è un fatto che tutti possiamo agevolmente verificare, l'anima con la sua presenza vivifica questo corpo terreno e mortale.

Aduna e mantiene le parti del corpo nell'uno e non permette che si disgreghino e si alterino.

Attiva la distribuzione del nutrimento nelle membra secondo eguaglianza, rendendo a ciascuno il suo.

Del corpo conserva la misura conveniente, non solo nella forma, ma anche nell'attuare la crescenza e la generazione.

È possibile tuttavia osservare che tali proprietà sono comuni all'uomo e alle piante.

Anche di esse si dice infatti che vivono, si osserva e si deve ammettere che ciascuna di esse si mantiene nella propria specie, si nutrisce, cresce e si riproduce.

33.71 - Secondo grado, la sensazione

Sali dunque il secondo gradino.

Osserva il potere dell'anima nei sensi, nei quali si riscontra una più evidente manifestazione di vita.

Non si deve infatti prendere in considerazione non saprei quale irriverente teoria, certamente grossolana e più legnosa degli alberi, di cui si assume la difesa, perché giunge a sostenere che la vite sente dolore, quando si coglie l'uva, e che le piante non solo sentono, quando si tagliano, ma addirittura vedono e odono.

Di questo errore blasfemo si parlerà altrove.

Per il momento, secondo quanto ho programmato, intendi quale sia il potere dell'anima nei sensi e nel movimento dell'essere più manifestamente animato, proprietà appunto che è impossibile avere in comune con esseri che sono immobilizzati dalle radici.

L'anima si esplica come movimento nel tatto e con esso percepisce distintamente il caldo e il freddo, il ruvido e il liscio, il duro e il molle, il leggero e il pesante.

Inoltre col gusto, l'odorato, l'udito e la vista distingue innumerevoli differenze di sapori, odori, suoni e forme.

In tutte queste funzioni cerca e appetisce le cose che sono convenienti alla natura del suo corpo, respinge e rifugge da quelle che sono contrarie.

Si isola dai sensi per un determinato spazio di tempo e rinnovandone le energie durante un certo periodo di ferie, per dir così, passa in rassegna dentro di sé, a frotte innumerevoli, le immagini degli oggetti che con i sensi ha immagazzinato.

Sono appunto il sonno e i sogni.

Talora anche, con l'esercizio disciplinato delle braccia e delle gambe, produce l'estetica del movimento e senza stancarsi regola l'armonia delle membra.

Rientra nei suoi poteri il congiungimento sessuale e mediante il legame fondato sull'amore tende a costituire l'unità fra i due sessi.

Provvede non solo alla generazione, ma anche all'allevamento, difesa e nutrimento della prole.

Si lega, mediante l'esperienza, alle cose, fra cui il corpo vive e con cui essa lo sostenta e malvolentieri, come se fossero membra, se ne distacca.

E la vivezza dell'esperienza, in quanto non è fratturata dalla distanza delle cose e dal flusso del tempo, si chiama memoria.

Ma non si può negare che le funzioni suddette sono attuate dall'anima anche nelle bestie.

33.72 - Terzo grado, arti e cultura

Innalzati quindi al terzo grado, che è già esclusivamente dell'uomo.

Pensa alla memoria, non fondata nell'esperienza delle cose passate, ma nella trasmissione documentata di innumerevoli fatti stabilmente conservati, alle tante tecniche artigianali, alla coltivazione dei campi, alla costruzione di città, alle svariate meraviglie di edifici e monumenti, all'invenzione di tanti segni dell'alfabeto, della parola, della mimica, della musica di vario genere, della pittura e scultura, a tanti idiomi, a tanti istituti, a tante cose nuove e rinnovate, a tanti libri e monumenti simili per trasmettere la memoria del passato e a tanta cura della posterità per conservarla, ai diversi ranghi delle cariche, dei poteri, degli onori e dignità nella famiglia, nello stato, in pace e in guerra, nei riti profani e sacri, alla dialettica del ragionare e del dedurre, ai fiumi d'eloquenza, alla varietà delle poesie, alle mille diverse finzioni dello spettacolo e della comica, alla conoscenza della musica, all'esattezza della geometria, alle leggi dell'aritmetica, alla congettura del passato e del futuro dal presente.

Grandi cose ed esclusivamente umane.

Ma questa è ancora capacità comune ai dotti e agli indotti, ai buoni e ai cattivi.

33.73 - Quarto grado, purificazione e virtù

Lèvati quindi con lo sguardo al quarto grado, da cui iniziano la vita morale e la dignità spirituale.

Da questo punto l'anima ardisce reputarsi superiore non solo al proprio corpo ma, se è vero che muove una qualche parte dell'universo, allo stesso universo visibile, a non considerare propri i beni del corpo e a disprezzarli con criterio nel raffronto col proprio potere e bellezza.

E nell'atto che ne prende diletto, inizia gradualmente a separarsi dalle contaminazioni, a purificarsi totalmente e a rendersi pienamente monda e ornata, a fortificarsi contro tutte le cose, che tendono a distoglierla da un fermo proposito, a onorare l'umana convivenza e a non volere che si faccia agli altri ciò che non si vuole per sé, a seguire gli autorevoli insegnamenti dei saggi e a credere che sono per lei come parola di Dio.

In tale attività eccellente dell'anima esistono ancora lo sforzo e un grande aspro conflitto contro le difficoltà e le lusinghe del mondo.

Nell'esercizio della purificazione infatti rimane in sottofondo il timore della morte, il più delle volte non grande, talora fortissimo.

Non è tanto grande, allorché si crede con fermezza, dato che avere visione intellettuale di tale verità è consentito all'anima soltanto al sommo grado della purificazione, che l'universo è governato con si grande provvidenza e giustizia di Dio, che a nessun individuo può sopravvenire la morte fuori dell'equità, anche se per caso fosse un iniquo a infliggerla.

Si può temere invece fortemente la morte in questo grado, quando la fede nella verità suddetta è tanto meno ferma, quanto è più assillante la ricerca, e tanto meno se ne ha visione, quanto minore, a causa del timore, è la serenità indispensabile per investigare verità tanto arcane.

In seguito l'anima gradualmente avverte, per il fatto stesso del suo profitto, la differenza esistente fra lo stato di purificazione e di contaminazione.

Tanto più teme allora che, dopo la morte del corpo, Dio potrebbe esser meno clemente di lei nel vederla non purificata.

Niente poi è più difficile della conciliazione fra il timore della morte e la moderazione nelle soddisfazioni sensibili, come i pericoli stessi richiedono.

Ma l'anima ha tanto valore che anche questo è possibile con l'aiuto della giustizia del sommo vero Dio, dalla quale è conservato e ordinato l'universo.

Ad essa è dovuto non solo che il tutto esista, ma esista in maniera che meglio non sarebbe assolutamente possibile.

E ad essa l'anima si affida con pietà e sicurezza per aiuto e perfezionamento nell'opera tanto difficile della propria purificazione.

33.74 - Quinto grado, costanza e serenità

Quando è stato ottenuto questo risultato, cioè allorché si sarà resa libera dalla sensibilità e monda dalle contaminazioni, l'anima si raccoglie in sé con piena serenità, non teme più nulla per sé e non si angustia per un qualsiasi suo motivo.

È dunque il quinto grado, poiché altro è effettuare la purificazione ed altro è il possederla, altro è l'atto con cui l'anima si riscatta dalla contaminazione e altro con cui non sopporta di tornare a contaminarsi.

In questo grado ha la piena coscienza del proprio valore.

In tale coscienza, con immensa e incredibile confidenza si muove verso Dio, cioè alla contemplazione della verità e a quell'altissimo arcano premio, per cui ha tanto sofferto.

33.75 - Sesto grado, verso la contemplazione

Ma quest'atto, cioè la tendenza ad avere intelligenza degli oggetti che sono al sommo grado della intelligibilità, è lo sguardo supremo dell'anima, perché altro più perfetto, migliore e più diretto non ne ha.

È quindi il sesto grado dell'atto stesso.

Altro è infatti che sia puro l'occhio dell'anima perché il suo sguardo non sia vano e presuntuoso e la sua visione erronea, altro è mantenere stabile la sanità ed altro dirigere lo sguardo, ormai sereno e sicuro, sull'oggetto della visione.

Ma vi sono alcuni che pretendono di farlo prima della purificazione e guarigione.

Ma saranno talmente abbacinati dalla luce ideale di verità da esser costretti a pensare che non solo in essa non v'è alcun bene ma un grande male, a negarle il nome di verità e a rifugiarsi con un certo gusto e soddisfazione degni di compatimento nelle proprie tenebre, che la loro infermità può sopportare, rinnegandone la cura.

Quindi per divina ispirazione e proprio a proposito dice il Profeta: O Dio, crea in me un cuore mondo e rinnova dentro di me uno spirito ben orientato. ( Sal 51,12 )

Lo spirito ben orientato è, credo, quello per cui l'anima non può smarrirsi per errore nella ricerca della verità.

Ma esso non può essere rinnovato in noi senza la purificazione del cuore, cioè se prima il pensiero stesso non si è contenuto e disciolto dalle insozzanti brame delle cose caduche.

33.76 - Settimo grado, nella contemplazione

Il settimo ed ultimo grado consiste nella contemplazione intellettuale della verità.

Non è un grado, ma uno stato definitivo che si raggiunge attraverso i vari gradi.

E quale sia la gioia, quale il godimento nel possesso del sommo e vero bene e di quale imperitura serenità sia il palpito, io non saprei dire.

L'han detto, nei limiti in cui giudicarono di poterlo dire, anime grandi e incomparabili.

E noi riteniamo che hanno veduto e vedono tuttora quell'oggetto.

Ed ora oso dirti quanto segue. Se noi siamo perseveranti nel tenere il cammino che Dio ci ordina e che noi abbiamo intrapreso, giungeremo, con l'aiuto della divina provvidenza, alla ragione suprema o sommo fattore o sommo principio dell'universo o, se si vuole, altro nome, con cui un essere tanto grande si possa più convenientemente designare.

Quando ne abbiamo puro pensiero, vedremo veramente quanto sotto il sole tutte le cose siano illusioni degli illusi. ( Qo 1,2 )

L'illusione è appunto apparenza e per illusi s'intendono tanto gli illusi dall'apparenza, quanto quelli che illudono o anche gli uni e gli altri.

Si può anche giudicare la differenza esistente fra le cose apparenti e quelle intelligibili, e come tuttavia anche le prime siano state create da Dio e siano piuttosto un non-essere in confronto con le altre, sebbene considerate in sé siano mirabili e belle.

Allora conosceremo quanto siano intelligibili gli oggetti, dei quali ci è stata richiesta la fede, con quanto salutare bontà siamo stati nutriti presso la madre Chiesa, quale sia il giovamento del latte, che l'Apostolo ha predicato di aver dato in bevanda ai piccoli. ( 1 Cor 3,2; Eb 5,12; 1 Pt 2,2 )

E prendere tale alimento è molto giovevole, finché si è nutriti dalla madre; disonorevole quando si è grandi; respingerlo, se è indispensabile, è degno di compatimento; disprezzarlo dopo averlo preso o odiarlo è delitto ed empietà; mungerlo e dispensarlo per l'uso è opera molto lodevole e caritativa.

Vedremo anche l'indefinito divenire e fluire della natura nell'attuare l'ordinamento divino, con tanta evidenza che accetteremo pure, con maggiore certezza di quella, con cui al tramonto si crede che il sole tornerà a levarsi, la resurrezione dei morti, da alcuni accolta con qualche riluttanza, da altri del tutto negata.

Ci sono alcuni, i quali scherniscono la dottrina che, per modello e inizio della nostra salvezza, il Figlio di Dio potentissimo eterno e immutabile ha assunto l'umanità, è nato da una vergine e gli altri aspetti misteriosi dell'avvenimento.

Ma noi potremmo ribattere lo scherno, come faremmo con quei fanciulli, i quali, nell'osservare un pittore che mentre dipinge guarda dei disegni, non riuscissero a pensare che è possibile dipingere un uomo anche se il pittore non osserva un'altra pittura.

V'è tanto godimento nella contemplazione della verità, nei limiti in cui è possibile contemplarla, tanta purità, tanta perfezione, tanta certezza dell'oggetto, da far pensare che non s'era mai avuta scienza di qualche cosa, quando sembrava di averne.

E affinché l'anima sia meno ostacolata nell'aderire tutta al tutto della verità, la morte, che prima si temeva, è desiderata come definitiva ricompensa, in quanto fuga totale e liberazione dal corpo.

34.77 - Vera grandezza nel riconoscimento di Dio …

Hai udito quanto grande è la potenza dominatrice dell'anima.

Riassumo brevemente. Come si deve ammettere che l'anima non ha l'essere che ha Dio, così si deve supporre che non v'è essere in tutto il creato che sia più vicino a Dio.

Per questo nella Chiesa cattolica si insegna per particolare tradizione divina che l'anima non deve adorare alcuna creatura.

Uso volentieri le parole, con cui la dottrina m'è stata trasmessa.

Si deve adorare soltanto il Creatore di tutte le cose che sono, da cui tutto, per cui tutto, in cui tutto, cioè l'immutabile Principio, l'immutabile Sapienza, l'immutabile Carità, un solo Dio perfettissimo, che è sempre stato e per sempre sarà, è stato sempre il medesimo e per sempre sarà il medesimo, di cui nulla è più inaccessibile e nulla più presente, che è difficile, dire dove è, e più difficile dove non è, con cui essere non è per tutti possibile e senza di cui essere è per tutti impossibile.

E v'è forse qualche altro attributo meno afferrabile dal pensiero, che tuttavia con maggiore proprietà si può dire umanamente di lui.

Questo Dio soltanto dunque deve essere adorato dall'anima, senza averne l'idea propria ma evitandone una impropria.

L'anima deve infatti per logica conseguenza ritenere che l'essere da lei adorato come Dio è superiore a lei.

Ma a sua volta si deve ritenere che la terra, i mari, le stelle, la luna, il sole e ogni cosa che si può toccare o vedere e infine lo stesso cielo, che non si può da noi vedere, non sono superiori all'essere dell'anima.

Anzi è apoditticamente certo che tutte queste cose sono di gran lunga inferiori di ogni singola anima, purché gli amatori del vero abbiano il coraggio di seguirla con costante impegno, mentre guida per vie note a pochi e quindi difficili.

34.78 - … e nel servizio al prossimo

Abbiamo già, detto che l'anima è superiore a tutti gli oggetti sensibili, che pertanto occupano lo spazio.

Ma se, oltre ad essi, nella realtà vi sono altri esseri creati da Dio, ve n'è qualcuno meno perfetto, qualcuno eguale.

È meno perfetta l'anima del bruto, eguale la sostanza angelica, più perfetto nessuno.

E se eventualmente qualcuno è più perfetto, il fatto è dovuto al peccato, non alla natura.

Ma non per questo diviene peggiore al punto che le si possa preferire l'anima del bruto.

Ed ella deve adorare soltanto Dio, perché egli soltanto ne è il Creatore.

Qualsiasi altro uomo, per quanto sapiente e perfetto, così qualsiasi anima ragionevole, per quanto in possesso della felicità, si devono soltanto amare, imitare e rispettare secondo il merito e l'ordine che loro spettano.

Infatti adorerai il Signore Dio tuo e a lui soltanto sarai sottomesso. ( Dt 6,13; Dt 10,20; Mt 4,10 )

Rendiamoci coscienti che si deve porgere aiuto all'anima dei nostri simili, che fossero nell'errore e nella sofferenza.

Potremo così comprendere che è Dio, per mezzo nostro, a compiere il bene che si compie.

Perciò non ci arroghiamo un merito nell'ingannevole desiderio di una vana gloria.

Basta questo a farci precipitare dall'alto in basso.

Non odiamo i viziosi, ma il vizio, non i peccatori, ma il peccato.

Dobbiamo avere volontà di soccorrere tutti, anche quelli che ci hanno danneggiato o hanno intenzione di danneggiarci o senz'altro vogliono che rimaniamo danneggiati.

Questa è la vera, perfetta e sola religione.

È proprio per suo mezzo che diviene compito della grandezza spirituale, di cui stiamo parlando, tornare in amicizia con Dio.

Con essa l'anima si rende degna della libertà.

Egli infatti ci libera da tutti, perché essergli sottomessi a tutti è vantaggioso ed essergli accetti nella condizione di schiavi è la perfetta e sola libertà.

Ma mi accorgo di avere oltrepassato i limiti del mio intento e di averti esposto a lungo senza dialogo molte idee.

Non me ne pento.

Tali idee sono qua e là in molte pagine delle scritture della Chiesa e sebbene mi sembri che, riunendole, ne ho agevolato l'intelligenza, non si possono tuttavia comprendere pienamente, a meno che con la fortezza al quarto dei sette gradi, con il mantenimento della pietà, con l'impegno a raggiungere una valida guarigione, si conduca la ricerca su tutto e con attenta capacità d'intendere.

Ognuno di quei gradi ha infatti una distinta e propria finalità.

Pertanto più propriamente li denominiamo atti.

35.79 - Varia terminologia

Stiamo appunto indagando sul potere dell'anima.

Ed è possibile che essa compia simultaneamente tutti questi atti, ma è cosciente di quello solo che compie con difficoltà o per lo meno con timore.

Un atto simile lo compie con molto maggior coscienza degli altri.

Nell'ascesa dal basso verso l'alto, il primo atto, a scopo d'intelligenza, sia chiamato animazione; il secondo, sensazione; il terzo, arte; il quarto, virtù; il quinto, serenità; il sesto, entrata; il settimo, contemplazione.

È possibile denominarli anche così: dal corpo, mediante il corpo, attorno al corpo, verso se stessa, in se stessa, verso Dio, presso Dio.

Anche così: con bellezza dall'altro, con bellezza mediante l'altro, con bellezza attorno all'altro, con bellezza al bello, con bellezza nel bello, con bellezza verso la bellezza, con bellezza presso la bellezza.

Su questi richiederai in seguito, se ti sembra che ci sia qualche cosa da chiarire.

Per il momento io ho voluto designarli con diverse espressioni affinché non costituisca per te difficoltà il fatto che altri li designano con altri nomi e diversamente li suddividono.

I medesimi concetti si possono con giustificata intuizione denominare e suddividere secondo numerosi criteri, ma in tanta abbondanza di criteri ciascuno usa quello che ritiene più conveniente.

36.80 - Premessa al De libero arbitrio e De vera religione

Dunque Dio sommo e vero, mediante legge inviolabile e fissa, con cui ordina ogni essere che ha creato, assoggetta il corpo all'anima, l'anima a se stesso, quindi tutto a sé e non la abbandona in nessun atto, distribuendo tanto la pena che il premio.

Egli ha giudicato che è sovrana espressione d'armonia che ogni essere esistente sia com'è e sia disposto in differenti ordini naturali.

Non si ha pertanto da nessuna parte la dissonanza che turba chi riflette sull'universo.

Inoltre ogni pena ed ogni premio dell'anima conferiscono sempre qualche cosa in egual misura alla giusta armonia e all'ordine di tutta la realtà.

All'anima è stato dato il libero arbitrio.

Vi sono alcuni che con futili dimostrazioni tentano di demolirlo.

Sono ciechi al punto da non capire che non potrebbero neanche sostenere tale tesi inconsistente e sacrilega senza una volontà autonoma.

Tuttavia il libero arbitrio non è stato dato all'anima perché, sconvolgendo con esso qualche aspetto della realtà, turbi una parte della divina legge razionale.

È stato dato appunto dal dominatore sommamente sapiente e invitto di tutto il creato.

Ma è di pochi intuire tale verità, come va intuita, e non si diviene capaci di tanto se non con la vera religione.

È vera religione quella con cui l'anima, mediante la riconciliazione si lega di nuovo a Dio, dal quale s'era disciolta, per così dire, col peccato.

È essa dunque che nel terzo grado imbriglia l'anima e comincia a guidarla, la purifica nel quarto, la rinnova nel quinto, la introduce nel sesto, la nutrisce nel settimo.

E ciò avviene talora più celermente, talora più lentamente, secondo che ciascuna anima è più degna per merito d'amore.

Ma Dio agisce su ogni cosa con somma giustizia, misura e armonia, comunque si contengano volontariamente le anime soggette alla sua azione.

È certamente arduo problema quello del giovamento che ricevono i bimbi della prima infanzia con l'uso dei sacramenti.

Per fede si deve ammettere che se ne ha un certo giovamento.

La ragione lo troverà, quando si renderà indispensabile la ricerca.

Mi accorgo però che da tempo ho proposto molti argomenti di ricerca anziché fornirti una buona volta le soluzioni.

Sarà comunque molto utile, se si ricerca con la guida della pietà.

36.81 - Chiusura e congedo

Stando così le cose, non ci si può sentir contrariati dal fatto che l'anima è stata unita al corpo per muoverlo e dominarlo.

Non era possibile ridurre in modo migliore all'uno un ordine reale tanto grande e divino.

Così non si deve presumere di ricercare le condizioni dell'anima in un corpo soggetto alla morte e alle debolezze, dal momento che è stata giustamente, a causa del peccato, assoggettata alla morte e può anche in questo stato rendersi degna per virtù; ovvero quale condizione avrà dopo la morte del corpo, dal momento che la pena della morte necessariamente deve rimanere, finché rimane il peccato, e premio della virtù e della pietà è Dio stesso, cioè la verità stessa.

Pertanto, se vuoi, poniamo fine una buona volta a un discorso tanto lungo e adoperiamoci con grande vigilanza e pietà ad eseguire i comandamenti di Dio.

Non v'è altra possibilità di sfuggire a tanti mali.

Se ho detto qualche cosa di meno chiaro di quanto desideravi, cerca di ricordarlo per chiedermene in altra occasione.

Non mancherà a noi che lo cerchiamo quegli che di tutti è maestro.

E. - Sono stato tanto preso dal tuo discorso che ho ritenuto sconveniente interromperlo.

E se tu vuoi porre fine al discorso e hai ritenuto di dover esporre per il momento così sommariamente i tre problemi che rimanevano, io accetto la tua decisione.

In seguito, nell'indagine di tanto grandi problemi, troverò un tempo più opportuno per riguardo alle tue occupazioni e cercherò di essere anche io più opportuno.

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