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Lettera 11

Scritta dopo la precedente.

Fra le tante questioni di Nebridio A. sceglie la più difficile ( n. 1 ), il rapporto fra Incarnazione e Trinità ( n. 2-3 ).

L'Incarnazione fu un esempio di umiltà perché l'uomo ascenda a Dio ( n. 4 ).

Agostino e Nebridio

1 - Un quesito assai difficile

Mentre mi teneva in grande pensiero la questione, postami da te già da un pezzo anche con un certo tono di amichevole rimprovero, sulle misure da prendere per poter vivere insieme, e avevo deciso di risponderti e di chiederti risposta solo su questo e di non usare la penna per nessun altra cosa inerente ai nostri studi finché non fosse risolto tra noi questo problema, mi ha tranquillizzato di colpo un'osservazione brevissima e oltremodo rispondente a verità della tua ultima lettera: cioè che non dobbiamo darci pensiero di questo, perché o noi verremo da te sicuramente non appena ne avremo la possibilità, oppure quando potrai verrai tu da noi.

Perciò, reso tranquillo, come ho detto, su questo punto, mi sono messo ad esaminare con attenzione tutte le tue lettere, per vedere a quante io debbo ancora rispondere.

Ma in esse ho trovato tante questioni che, se anche si potessero risolvere facilmente, per il loro stesso cumulo sarebbero eccessive per l'ingegno e il tempo a disposizione di qualsiasi individuo.

E per giunta sono così ardue che, anche se me ne fosse stata proposta una sola, non esiterei a dichiararmi sovraccarico.

Questa premessa mira a far sì che tu smetta per un po' di tempo di pormi nuovi quesiti finché mi sia interamente liberato del debito, e mi risponda soltanto per farmi conoscere il tuo parere.

E questo pur sapendo quale danno sia per me, che, sia pure per questo breve periodo, cesso d'essere messo a parte dei tuoi sublimi pensieri.

2 - L'Incarnazione

Ascolta dunque il mio pensiero sulla mistica Incarnazione, che la religione cui siamo stati iniziati ci propone a credere e a conoscere come avvenuta per la nostra salvezza.

Questo quesito, cui ho scelto di dare una risposta a preferenza degli altri, non è certo il più facile di tutti, ma mi è parso più di ogni altro meritevole che vi dedicassi l'attività del mio pensiero.

Infatti le questioni che riguardano questo mondo non mi sembrano abbastanza pertinenti al conseguimento della felicità e, se pure procurano qualche soddisfazione quando vengono esaminate, tuttavia c'è da temere che occupino del tempo che dovrebbe essere impiegato per qualcosa di meglio.

Perciò, per quanto concerne il problema che mi sono proposto di trattare adesso, mi stupisco innanzitutto che ti colpisca il fatto che si dica che l'Incarnazione appartiene non solo al Padre e al Figlio ma anche allo Spirito Santo.

Questa Trinità infatti dalla fede Cattolica viene presentata e creduta talmente inseparabile ( e tale viene compresa anche da pochi santi e beati ) che, qualsiasi cosa venga da Essa compiuta, si deve ritenere compiuta insieme dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo.

E niente fa il Padre che non facciano anche il Figlio e lo Spirito Santo, niente fa lo Spirito Santo che non facciano anche il Padre e il Figlio, niente fa il Figlio che non facciano anche il Padre e lo Spirito Santo.

Ne consegue evidentemente che l'Incarnazione appartiene a tutta la Trinità: infatti se si è incarnato il Figlio ma non si sono incarnati il Padre e lo Spirito Santo, essi fanno qualcosa di diverso e d'indipendente l'uno dall'altro.

Perché dunque nei nostri misteri e nei nostri riti sacri l'Incarnazione si celebra attribuendola al Figlio?

Questo problema nella sua totalità è così arduo e verte su un argomento così importante che la sua spiegazione non può essere qui abbastanza facile né la sua dimostrazione abbastanza sicura.

Ma, poiché scrivo a te, io oso ciononostante accennare, piuttosto che spiegare, il mio pensiero, affinché tu possa ricavare il resto da solo, dato il tuo ingegno e la familiarità che v'è tra noi, per la quale tu mi conosci a fondo.

3 - Le proprietà delle Persone divine

Non v'è, o mio Nebridio, nessuna natura e nessuna sostanza assolutamente che non abbia in sé e non riveli questi tre elementi: in primo luogo di essere; in secondo luogo di essere questo o quello; in terzo luogo di rimanere per quanto può nello stato in cui si trova. Il primo ci rivela il principio stesso della natura da cui derivano tutte le cose; il secondo la forma in virtù della quale vengono create e in certo modo plasmate tutte le cose; il terzo, per esprimerci così, è il permanere di tutte le cose nello stato ad esse proprio.

Ora, se è possibile che esista qualcosa che non sia questo o quest'altro e non conservi le proprie caratteristiche; o che sia questo o quello senza avere l'esistenza e senza conservare le proprie caratteristiche quanto più può; oppure che conservi le sue caratteristiche per quanto lo concedono le potenze che ha in sé, e ciononostante non esista e non sia questo o quello, è anche possibile che nella Trinità una Persona faccia qualcosa separatamente dalle altre.

Ma se comprendi che qualunque cosa esista deve necessariamente e al tempo stesso essere questo o quello e mantenere la propria natura per quanto può, evidentemente le tre Persone non fanno nulla indipendentemente l'una dall'altra.

Vedo che di questa questione io ho esposto finora la parte per causa della quale la soluzione diventa difficile; ma ho voluto soltanto farti vedere in poche parole ( se pure ho realizzato il mio proposito ) con quanto acume e verità venga intesa nella Chiesa Cattolica l'inseparabilità di questa Trinità divina.

4 - Perché il Verbo si è incarnato

Ora ascolta come la difficoltà che colpisce la tua mente possa perdere la sua forza.

La caratteristica che è attribuita in proprio al Figlio si può estendere anche al metodo e a una certa tecnica ( se usiamo appropriatamente questo termine in cose di tal genere ) e all'intelligenza dalla quale la mente stessa è plasmata mediante la conoscenza delle cose.

Poiché dunque mediante l'Incarnazione si è ottenuto l'effetto di suggerirci, sotto la maestà evidente di certi principi, una norma di vita ed un esempio di adempimento dei precetti, non senza ragione tutto questo è attribuito al Figlio.

Infatti in molte cose ( che io lascio alla tua considerazione e alla tua prudenza di pensare ), pur essendo insite molte qualità, tuttavia una si distingue e in maniera tale che non senza ragione acquista la denominazione di proprietà specifica di quell'oggetto.

Ad esempio, nei tre generi di questioni sopra accennate, anche se si domanda se una cosa esiste, è implicita altresì la domanda: che cos'è? - giacché certamente non può essere senza essere qualche cosa -; ed anche la domanda se sia buona o cattiva: infatti qualsiasi cosa esista merita una valutazione; perciò quando si domanda di un oggetto che cosa sia, esso deve necessariamente esistere ed essere oggetto di valutazione.

Allo stesso modo quando si domandano le qualità di una cosa, essa, evidentemente, è anche qualche cosa.

Così, pur essendo tutti i particolari indissolubilmente uniti fra di loro, tuttavia la questione non prende il nome da tutti, ma a seconda dell'intenzione di colui che pone il quesito.

Era dunque necessaria agli uomini una norma, dalla quale fossero permeati e formati come si conviene.

Tuttavia non possiamo dire che questo stesso effetto, che si verifica negli uomini per mezzo di tale regola, non esista o non si debba desiderare.

Ma prima cerchiamo di apprendere i mezzi per giungere alla conoscenza e per rimanerci.

Bisognava dunque prima additarci qualche norma e regola di vita.

E questo si ottenne attraverso il disegno divino dell'Incarnazione che si deve attribuire propriamente al Figlio, in modo che, per mezzo del Figlio, derivasse la conoscenza del Padre stesso ( cioè dell'unico principio da cui derivano tutte le cose ), ed una certa soavità e dolcezza interiore e ineffabile nel permanere in questa conoscenza e nel disprezzare tutte le cose mortali: e questo è il dono e il compito che si attribuisce propriamente allo Spirito Santo.

Perciò, sebbene tutte le cose vengano compiute in perfetta comunione ed unità [ dalle tre Persone ], bisognava tuttavia farcele vedere separatamente, a causa della debolezza di noi che siamo caduti dalla unità nella molteplicità.

Nessuno infatti riesce ad elevare un altro alla condizione in cui egli si trova se non discende in qualche modo nella situazione in cui si trova l'altro.

Hai qui una lettera che non è tale da aver posto fine alla tua inquietudine su questo argomento, ma è forse tale da aver fornito un punto di partenza preciso per le tue speculazioni; sicché tu possa col tuo ingegno, a me ben noto, investigare il resto e giungere a darne una spiegazione con l'aiuto della pietà, su cui bisogna soprattutto fondarsi.

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