La musica

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Regole della pausa e cesura

13.16 - I semipiedi possono trovarsi all'inizio del metro …

M. - Sarebbero tutti questi, se non si dovesse sottrarne tre giacché si è detto già che il giambo non può esser posto dopo l'epitrito II.

Comunque la tua esposizione è buona.

Ed ora dimmi come suona al tuo udito questo metro:

Triplici vides ut ortu

Triviae rotetur ignis1

D. - Molto ritmicamente.

M. - Puoi anche dirmi di quali piedi è composto?

D. - No, e non trovo, mentre li scandisco, come sono in rapporto fra di loro.

Se pongo all'inizio un pirrichio o un anapesto o un peone III, quelli che seguono non s'accordano ad essi.

Posso ravvisare dopo il peone III un cretico e la sillaba finale lunga che il cretico non rifiuta, se è posta dopo.

Questo metro però non può essere formato regolarmente da questi piedi, se non viene interposta la pausa di tre tempi, ma qui non si ha pausa perché il metro soddisfa l'udito col ritorno a capo.

M. - Esamina dunque se deve cominciare da un pirrichio, poi si scandisce un dicoreo e poi uno spondeo, che completa i sei tempi, di cui due sono all'inizio.

Si può avere all'inizio anche un anapesto, poi essere scandito un digiambo in modo che la finale lunga con i quattro tempi dell'anapesto completi i sei tempi corrispondenti al digiambo.

Da ciò puoi comprendere che sezioni di piedi possono esser posti non solo alla fine, ma anche all'inizio dei metri.

D. - Adesso capisco.

13.17 - … e il piede compiuto alla fine

M. - E se io tolgo una sola sillaba lunga finale, così da avere questo metro: Segetes meus labor, non avverti che si ha il ritorno a capo con la pausa di due tempi?

Da ciò è chiaro che si può porre una parte del piede all'inizio del metro, un'altra alla fine ed un'altra in pausa.

D. - Sì, anche questo è chiaro.

M. - Ed è ciò che accade se in questo metro si scandisce un dicoreo completo.

Se invece un digiambo e si pone all'inizio un anapesto, si può osservare che la parte del piede posta in principio ha già quattro tempi e gli altri due richiesti sono in pausa alla fine.

Da questa constatazione apprendiamo che il metro può iniziare con una sezione del piede e finire con un piede completo, ma non senza pausa.

D. - Anche questo è evidente.

13.18 - Si dà anche la pausa non finale o cesura

M. - E puoi scandire il metro seguente e dire di quali piedi è formato?

Iam satis/ terris nivis/ atque dirae

Grandinis misit Pater et rubente

Dextera sacras iaculatus arces.2

D. - Posso porre all'inizio un cretico e poi scandire altri due piedi di sei tempi, uno ionico maggiore e un dicoreo e fare la pausa di un tempo che si aggiunge al cretico per completare i sei tempi.

M. - Al tuo esame è mancato qualche cosa.

Il dicoreo è alla fine e, data la pausa, la sua ultima sillaba che è breve passa per lunga.

Dici di no?

D. - Anzi dico di sì.

M. - Non bisogna dunque porre in fine un dicoreo, salvo che non vi sia la pausa nel ritorno a capo, altrimenti l'udito non percepirebbe un dicoreo, ma un epitrito II.

D. - È chiaro.

M. - Come lo scandiremo dunque questo metro?

D. - Non lo so.

M. - Poni attenzione dunque se il metro suona bene quando, nel pronunciarlo, dopo le prime tre sillabe faccio la pausa di un tempo.

Così alla fine non sarà richiesto alcun tempo di modo che vi può esser regolarmente un dicoreo.

D. - Suona con molta euritmia.

14.19 - Cesura mediana e finale

M. - Aggiungiamo anche questa regola all'arte poetica, e cioè che, quando si richiede, si osservi la pausa non soltanto alla fine, ma anche prima della fine.

E si richiede quando, a causa dell'ultima breve, è irregolare alla fine la pausa in sostituzione dei tempi dei piedi, come nel caso citato, oppure quando si pongono due piedi incompleti, uno all'inizio, l'altra alla fine, come in questo metro:

Gentiles nostros// inter oberrat equos //.3

Hai percepito, penso, che ho osservato la pausa di due tempi dopo le cinque sillabe lunghe e che si deve fare una pausa della medesima durata alla fine, mentre si torna a capo.

Se infatti si scandisce questo metro con la regola dei sei tempi, si ha per primo uno spondeo, secondo un molosso, terzo un coriambo e infine un anapesto.

Allo spondeo dunque e all'anapesto mancano due tempi per completare un piede di sei tempi.

Pertanto si fa una pausa di due tempi dopo il molosso prima della fine e di due dopo l'anapesto alla fine.

Se invece si scandisce con la regola dei quattro tempi, vi sarà una lunga all'inizio, poi si scandiscono due spondei e due dattili e infine chiuderà una lunga.

Si fa dunque una pausa di due tempi dopo entrambi gli spondei prima della fine e di due alla fine, in maniera da completare i due piedi, le cui mezze parti sono state poste una al principio e una alla fine.

14.20 - Metri senza cesura nei quali …

Talora tuttavia l'intervallo che si deve ai due piedi incompleti posti in principio e in fine è dato soltanto dalla pausa finale, se essa è tale che non ecceda un semipiede, come in questi due versi:

Silvae la/borantes/ geluque

Flumina/ constiterint/ acuto.4

Il primo metro infatti comincia da un palimbacchio, continua con un molosso e termina con un bacchio.

Si hanno quindi due tempi di pausa.

E se ne viene attribuito uno al bacchio, l'altro al palimbacchio, si avranno tre piedi di sei tempi ciascuno.

Il secondo metro comincia al contrario con un dattilo, continua in un coriambo e si chiude con un bacchio.

Si dovrà dunque osservare una pausa di tre tempi.

Di essi uno sarà dato al bacchio, due al dattilo; così in tutti i piedi si avranno i sei tempi.

14.21 - … la pausa va a completare il piede finale

Prima dunque si accorda il tempo che si richiede a completare il piede finale, poi a quello posto all'inizio.

L'udito non permette proprio che avvenga diversamente.

E non c'è da meravigliarsene, giacché nel ritornare a capo si riporta all'inizio ciò che è alla fine.

Ora nel metro già citato: Flumina/ constiterint/ acuto, mancano tre tempi per completare i sei di ciascun metro e se non si vogliono dare con la pausa ma col suono, possono essere impiegati con un giambo, un trocheo e un tribraco, giacché tutti hanno tre tempi.

Tuttavia l'udito stesso non tollera proprio che essi siano dati mediante il trocheo perché in esso la prima è lunga e l'altra è breve.

Bisogna al contrario che prima si percepisca ciò che è richiesto dal bacchio finale, cioè una sillaba breve e non una lunga che è richiesta dal dattilo iniziale.

Il fatto si può verificare con questi esempi:

Flumina/ constiterint/ acuto/ gelu.

Flumina/ constiterint/ acute/ gelida.

Flumina/ constiterint/ in alta/ nocte.

Nessun dubbio che i primi due si svolgono ritmicamente e il terzo no.

14.22 - La pausa di due tempi va distribuita fra i piedi incompiuti …

Ed ugualmente quando piedi incompleti richiedono un tempo ciascuno, se si vuol rendere con il suono, l'udito non tollera e due tempi siano ridotti a una sola sillaba.

Ed è giustizia degna di ammirazione.

Non conviene infatti che ciò che deve esser dato separatamente, non sia posto anche separatamente.

Pertanto nel metro: Silvae la/borantes/ geluque, se aggiungi alla fine una lunga in luogo della pausa, come in Silvae la/borantes/ gelu du/ro, l'udito non lo ammette, come al contrario ammette se si dice: Silvae la/borantes/ gelu et fri/gore.

Lo percepirai con piena soddisfazione se li ripeterai uno per volta.

14.23 - … e di essi il più piccolo va all'inizio

Così, quando si pongono due piedi incompleti, quello dell'inizio non deve essere più grande di quello della fine.

L'orecchio lo rifiuta, come nel metro: Optimum/ tempus adest/ tandem, in cui il primo piede è un cretico, il secondo un coriambo, il terzo uno spondeo.

Si hanno dunque tre tempi di pausa, di cui due vanno allo spondeo posto in fine perché si abbiano i sei tempi, ed uno va al cretico posto all'inizio.

Se invece si dice: Tandem/ tempus adest/ optimum, introducendo la medesima pausa di tre tempi, ognuno può percepire che il metro torna a capo ritmicamente.

Conviene pertanto che il piede incompleto alla fine abbia la medesima lunghezza di quello dell'inizio, come in questo: Silvae la/borantes/ geluque, oppure che il più corto sia in principio e il più lungo alla fine, come in Flumina/ constiterint/ acuto.

E non a torto, perché da un lato se si ha l'uguaglianza non v'è disaccordo, e dall'altro se il numero è diverso, ma si va dal più piccolo al più grande, come si fa nella serie dei numeri, l'ordine stesso ristabilisce l'accordo.

14.24 - Pausa mediana e finale

E si ha un altra conseguenza.

Quando si impiegano i piedi catalettici, di cui stiamo trattando, se si fa pausa in due punti, cioè prima della fine e alla fine, la pausa prima della fine duri il tempo che è dovuto a completare l'ultimo piede e la pausa alla fine duri il tempo che si deve a completare il primo piede, giacché il mezzo tende alla fine e dalla fine si deve tornare al principio.

E se a completare l'uno e l'altro piede è dovuto un tempo eguale, non v'è dubbio che si deve osservare una pausa eguale prima della fine e alla fine.

E la pausa deve cadere dove termina un comma.

Nei ritmi che si fanno senza parole, con degli strumenti a percussione o a fiato, oppure con suoni inarticolati, non fa differenza dopo quale suono o battuta di tempo si fa la pausa.

Basta che si interponga la pausa regolare in base alle norme citate.

Perciò il metro più corto può essere di due piedi catalettici purché la loro durata complessiva non sia inferiore ad un piede e mezzo.

Abbiamo appunto detto dianzi che si possono disporre due piedi incompiuti, se ciò che si deve a completare entrambi non superi in durata mezzo piede.

Ecco un esempio: Montes/ acuti.

In esso si osserva una pausa di tre tempi alla fine, oppure di un tempo dopo lo spondeo e di due alla fine.

Altrimenti questo metro non si potrebbe scandire come si deve.

15.25 - Non si dà pausa mediana dopo sillaba breve

Si aggiunga anche alla nostra conoscenza che, quando si fa pausa prima della fine, non si deve avere in quel punto una parola che termina con sillaba breve.

Altrimenti, secondo la regola spesso ricordata, l'udito, data la pausa che seguirebbe, la percepirebbe come lunga.

Pertanto in questo metro: Montibus/ acutis, non si può fare la pausa di un tempo dopo il dattilo, come si poteva nel metro precedente dopo lo spondeo.

In effetti non si percepirebbe un dattilo, ma un cretico e conseguentemente non sarebbero più due piedi incompiuti, come stiamo osservando, ma sembrerebbe un metro formato da un dicoreo completo e da uno spondeo finale, con una pausa di due tempi da porsi in fine.

15.26 - Mobilità della pausa cesura …

Si deve notare anche che se si pone un piede catalettico in principio, o si restituisce in quel punto stesso mediante la pausa ciò che è dovuto a completarlo, come in Iam satis// terris nivis atque dirae, oppure alla fine, come in Segetes/ meus labor//.

Invece a un piede catalettico posto alla fine o si restituisce con la pausa in fine ciò che è dovuto a completarlo, come in Ite igitur/ Camoenae//, ovvero in uno dei punti mediani, come in questo: Ver blandum// viget arvis//, adest hospes hirundo //.5

Infatti il tempo dovuto a completare il bacchio finale, si può trascorrere in pausa o alla fine del ritmo, o dopo il primo piede che è un molosso, o dopo il secondo che è uno ionico minore.

E ciò che si deve a completare piedi incompiuti posti in mezzo deve essere restituito in quello stesso punto, come in Tuba terribilem sonitum// dedit aere curvo //.6

Se infatti si scandisce questo metro in modo da considerare il primo piede un anapesto, il secondo uno dei due ionici con cinque sillabe, dopo aver scomposto, s'intende, la lunga del principio o della fine in due brevi, il terzo un coriambo e l'ultimo un bacchio, tre saranno i tempi da restituire, uno in fine al bacchio, due in principio all'anapesto, in modo che si abbiano sei tempi ciascuno.

Ma l'intera durata dei tre tempi può essere posta in pausa alla fine.

Se invece si comincia da un piede intero, scandendo cinque sillabe per uno dei due ionici, di seguito si ha un coriambo e poi non si troverà altro piede compiuto.

Perciò si dovrà osservare la pausa per la durata di una lunga e, inseritala nel ritmo, si avrà un altro coriambo.

A chiudere resta un bacchio, il cui tempo mancante si restituisce con la pausa in fine.

15.27 - … secondo i vari modi di scandire

Dall'esposto risulta evidente, secondo me, che, quando si fa la pausa in punti mediani, si restituiscono tempi richiesti alla fine o tempi richiesti dove si fa la pausa.

Ma talora non è normativo fare la pausa in mezzo al metro, quando il metro può essere scandito in varie maniere; come nell'esempio citato.

Qualche altra volta invece è normativo, come in questo: Vernat temperies, aurae//, tepent//, sunt deliciae//.

Intanto è chiaro che questo ritmo può scorrere con piedi di sei e quattro tempi.

Se di quattro tempi, si deve far pausa di un tempo dopo l'ottava sillaba e di due alla fine.

Si può scandire per primo uno spondeo, secondo un dattilo, terzo uno spondeo, quarto un dattilo se si inserisce nel ritmo una pausa dopo la lunga poiché non è possibile dopo la breve, quinto uno spondeo, sesto un dattilo, l'ultima lunga con cui si chiude il ritmo e che si completa con due tempi di pausa alla fine.

Se invece si scandiscono piedi di sei tempi, si avrà per primo un molosso, secondo uno ionico minore, terzo un cretico che diviene un dicoreo per l'aggiunta della pausa di un tempo, quarto uno ionico maggiore, l'ultima lunga, dopo la quale si ha una pausa di quattro tempi.

Si potrebbe scandire anche in altro modo.

Si pone all'inizio una lunga, alla quale fanno seguito uno ionico maggiore, un molosso e un bacchio che diviene un antispasto; per l'aggiunta della pausa di un tempo, in ultimo un coriambo chiude il metro, sicché la pausa di quattro tempi alla fine va a completare la lunga sola posta all'inizio.

Ma l'udito rifiuta questo sistema di scandire, giacché una parte di piede posta in principio, a meno che non superi il semipiede, non si completa regolarmente dopo un piede completo con la pausa finale nel punto dovuto.

Noi sappiamo certamente, grazie agli altri piedi, il tempo che le è dovuto, ma non è percepita dal senso una pausa di determinata durata, se non è minore il tempo che si trascorre in pausa di quello che è occupato dal suono.

Quando la voce infatti ha enunciato la parte più lunga d'un piede, la più corta che rimane si rileva facilmente dovunque.

15.28 - Pause normative e facoltative

Pertanto v'è una scansione normativa, che abbiamo esposto, del metro presentato con l'esempio: Vernat temperies//, aurae// tepent//, sunt deliciae//; e si ha quando si fa pausa di un tempo dopo la decima sillaba e di quattro in fine.

Ma ve n'è un'altra facoltativa, se si vuole osservare una pausa di due tempi dopo la sesta sillaba, di uno dopo l'undicesima e di due alla fine.

Si avrebbe così all'inizio uno spondeo, cui fa seguito un coriambo, al terzo che è uno spondeo deve essere aggiunta la pausa di due tempi, sicché diventa un molosso o uno ionico minore, al quarto posto c'è un bacchio che con l'aggiunta della pausa di un tempo diviene un antispasto, con il coriambo al quinto posto si chiude il ritmo come suono, ma con due tempi in fine restituiti mediante la pausa allo spondeo collocato all'inizio.

E vi è un'altra scansione.

Se si vuole, si osserverà una pausa di un tempo dopo la sesta sillaba, di uno dopo la decima e l'undicesima e di due alla fine.

Si ha così per primo uno spondeo, secondo un coriambo, terzo un palimbacchio che diviene antispasto inserendo nel ritmo la pausa di un tempo, quarto uno spondeo che diviene dicoreo con l'interposizione della pausa di un tempo, cui fa seguito un'altra pausa di un tempo, e ultimo il coriambo chiude il ritmo, di modo che si ha la pausa di due tempi dovuti allo spondeo iniziale.

Esiste una terza scansione, se si osserva la pausa di un tempo dopo il primo spondeo e si mantiene il resto come nel sistema precedente.

Alla fine però si avrà la pausa di un solo tempo, poiché lo spondeo, posto all'inizio, con la pausa di un tempo che lo segue è divenuto un palimbacchio, di modo che la pausa finale che serve a completarlo è di un solo tempo.

Da ciò comprendi ormai che nei metri sono interposte delle pause, di cui alcune normative, altre facoltative.

Sono normative quando è richiesto qualche cosa per completare il piede, facoltative quando i piedi sono regolarmente compiuti.

15.29 - Varietà delle pause facoltative

Quanto si è detto dianzi, che cioè non si deve pausa superiore ai quattro tempi, è stato detto delle pause normative, poste nei punti in cui si devono completare i tempi richiesti.

Al contrario in quelle che abbiamo definito pause facoltative è anche permesso enunciare un piede e percorrerne in pausa un altro.

E se si farà con intervalli eguali, non si avrà più un metro, ma un ritmo, poiché non appare un limite determinato, da cui ricominciare.

Pertanto se, ad esempio, si vuole mediante pause ottenere una certa varietà fino a fare in pausa dopo il primo piede i tempi del secondo, non si può tuttavia continuare così all'infinito.

Ma è permesso con qualsiasi variazione, inserendo nel ritmo le pause, estendere il metro al numero stabilito di tempi, come in questo: Nobis// verum in/ promptu est//, tu si/ verum/ dicis.

Si ha facoltà di fare in esso, dopo il primo spondeo, una pausa di quattro tempi e di altri quattro dopo i due seguenti, ma non si avrà la pausa dopo i tre spondei finali perché sono compiuti i trentadue tempi.

Però è molto più conveniente e in certo senso anche più giusto far pausa soltanto alla fine, oppure nel mezzo e alla fine.

E questo si può ottenere sopprimendo un piede, così da avere: Nobis// verum in/ promptu est//, tu dic/ verum//.

Dunque anche nei metri degli altri piedi si deve osservare la seguente regola.

Con le pause normative tanto alla fine che nel mezzo, si attribuiscono i tempi richiesti a completare i piedi, ma non si deve fare una pausa superiore alla parte del piede occupata dall'arsi e dalla tesi.

Con le pause facoltative al contrario è concesso passare in pausa parti di piedi o piedi compiuti, come abbiamo dimostrato con gli esempi presentati dianzi.

Ma a questo punto si chiuda l'argomento della interposizione delle pause.

Indice

1 Petronio, attr. Terenziano, De metris 2862-63: G. L. 6, 409;
Mario Vittorino, Ars gramm. G. L. 6, 153, 34
2 Orazio, Odi 1, 2, 1-3
3 Terenziano, De metris 1796; G.L. 6, 379
4 Orazio, Odi 1, 9, 3-4
5 Varrone, Sat. Men. fr. 89
6 Terenziano, De metris 1913; G.L. 6, 382