Perchè un Dio uomo? |
Anselmo - Dobbiamo ora cercare come possa esistere un Dio-Uomo.
Infatti la natura divina e la natura umana non possono essere cambiate l'una nell'altra, così che la divina diventi umana e l'umana divina; né possono essere mescolate così che da due ne sorga una terza che non sia né totalmente divina né totalmente umana.
Infine, se fosse possibile che una si muti nell'altra, o sarebbe solo Dio e non uomo o solo uomo e non Dio.
Qualora poi si mescolassero così da farne nascere una terza dalle due che più non ci sarebbero - come da due animali di diversa specie, maschio e femmina, ne nasce un terzo, che non conserva integralmente né la natura del padre né quella della madre ma ne acquista una terza risultante dal miscuglio di tutte due - essa non sarebbe né uomo né Dio.
Dunque l'Uomo-Dio che cerchiamo non può provenire dalla natura umana e divina o per la mutazione dell'una nell'altra o per il miscuglio che scioglierebbe e l'una e l'altra in una terza, perché queste cose sono impossibili; e anche se potessero avvenire non sarebbero utili per ciò che cerchiamo.
Se poi si dice che queste due nature integre si congiungono in modo che uno sia l'uomo e l'altro sia Dio e che chi è Dio non sia anche colui che è uomo, è impossibile che ambedue facciano ciò che necessariamente deve essere compiuto: Dio non lo farà perché non ne ha il dovere, e l'uomo non lo farà perché non ne ha il potere.
Perché dunque sia l'Uomo-Dio a compiere quest'opera, è necessario che colui che la deve compiere sia ugualmente in se stesso perfetto Dio e perfetto uomo: non la può fare che un vero Dio e non la deve fare che un vero uomo.
Come dunque è necessario trovare, salvando l'integrità delle due nature, un Dio-Uomo, così non è meno necessario trovare che queste due nature si congiungano in unità di persona - come l'anima ragionevole e il corpo si congiungono nello stesso uomo - perché altrimenti non può essere che lo stesso individuo sia perfetto Dio e perfetto uomo.
Bosone - Tutto quello che dici mi piace.
Anselmo - Resta da indagare dove e come Dio assumerà l'umana natura: o l'assumerà da Adamo o creerà un nuovo uomo come già creò Adamo, senza bisogno d'altri uomini.
Però se crea un nuovo uomo senza prenderlo dalla discendenza di Adamo, egli non apparterrà al genere umano che è nato da Adamo.
Quindi non dovrà soddisfare per questo, poiché non gli appartiene.
Infatti come è giusto che l'uomo soddisfi per il peccato dell'uomo, così è necessario che colui che soddisfa sia quello stesso che pecca o uno della stessa stirpe.
Altrimenti né Adamo né la sua discendenza soddisferebbero per sé.
Quindi come il peccato si propagò in tutti gli uomini da Adamo e da Eva, così nessuno all'infuori di essi o di coloro che da essi nascono ha il dovere di soddisfare per il peccato degli uomini.
E poiché essi non possono, è necessario che colui che lo farà sia della loro discendenza.
C'è di più. Come Adamo e tutta la sua discendenza, se non avesse peccato, sarebbe rimasto nella giustizia da se stesso e non con l'aiuto di qualche altra creatura, così è conveniente, se questa stessa discendenza risorge dopo la caduta, che risorga e si rialzi da sé.
Infatti chiunque sia colui che restituisce l'umanità nel suo stato primitivo, questi sarà pure colui che la consoliderà in esso.
Anche quando Dio da principio creò la natura umana nel solo Adamo e non volle creare la donna che da lui - per fare sì che gli uomini si moltiplicassero con il concorso di ambedue i sessi - mostrò chiaramente che s'era proposto di fare soltanto per mezzo di Adamo quanto avrebbe fatto nella natura umana.
Quindi, se la discendenza di Adamo è rialzata da un uomo che non è della stessa discendenza, essa non otterrà quella dignità che doveva avere se Adamo non avesse peccato; e quindi non verrà restaurata integralmente e sembrerà che il disegno di Dio venga frustrato.
E certo queste due cose sono sconvenienti.
É quindi necessario che l'uomo che deve restaurare la stirpe di Adamo sia assunto dalla sua discendenza.
Bosone - Se, come ci siamo proposti, seguiamo la ragione, è indubbiamente così.
Anselmo - Cerchiamo ora se Dio debba assumere la natura umana da un padre e da una madre, come avviene per gli altri uomini, oppure dall'uomo senza donna o della donna senza uomo.
Qualunque di questi tre modi venga scelto, si tratterà sempre di un discendente di Adamo e di Eva dai quali proviene ogni essere umano di ambedue i sessi; e certo nessuno di questi tre modi è per Dio più facile degli altri, così che debba sceglierne uno a preferenza degli altri.
Bosone - Procedi bene.
Anselmo - Tuttavia non si richiede molto per dimostrare che è più bello e più conveniente che questo uomo sia procreato dal solo uomo o dalla sola donna, senza l'unione dei sessi che è necessaria per tutti gli altri figli degli uomini.
Bosone - É abbastanza chiaro.
Anselmo - Quindi deve essere assunto o dal solo uomo o dalla sola donna.
Bosone - Non è possibile un altro modo.
Anselmo - Dio può creare l'uomo in quattro modi: o dall'uomo e dalla donna, come ordinariamente fa; o né dall'uomo né dalla donna, come creò Adamo; o dall'uomo senza la donna, come fece con Eva; o dalla donna senza l'uomo, come ancora non ha fatto.
Per provare dunque che anche questo modo è nell'ambito del suo potere e che è stato riservato per quest'opera, nulla di più conveniente che Dio assuma dalla donna senza l'uomo quell'umanità che è l'oggetto delle nostre ricerche.
Se poi sia meglio che il Dio-Uomo nasca da una vergine o da una non-vergine non c'è neppur bisogno di discutere, ma si può senza esitazione asserire da una vergine.
Bosone - Parli secondo i desideri del mio cuore.
Anselmo - Quello che abbiamo detto è fondato o inconsistente al pari di nuvola, come, a quanto dici tu, ci rimproverano gli infedeli?
Bosone - Nulla di più consistente.
Anselmo - Dipingi dunque non su vane finzioni ma sulla solida verità e di' che è assai conveniente che, come il peccato dell'uomo e la causa della nostra condanna hanno principio dalla donna, così la medicina del peccato e la causa della nostra salvezza nascano dalla donna.
E per impedire che le donne disperino di partecipare alla sorte dei beati, perché da una donna è venuto tanto male, bisogna dare loro la speranza che dalla donna venga tanto bene.
Dipingi anche questo: se era vergine quella che causò al genere umano tutto il male, a maggiore ragione è conveniente che sia vergine quella che è causa di tutto il bene.
Dipingi ancora questo: se la donna, che Dio trasse dall'uomo senza donna, è stata tratta da un uomo vergine, è maggiormente conveniente che l'uomo, che nascerà dalla donna senza uomo, nasca da una vergine.
Ma dei tratti che possono essere dipinti su questo argomento, cioè sulla necessità che il Dio-Uomo nasca da una donna vergine, sono sufficienti questi.
Bosone - Queste pitture sono molto belle e fondate sulla ragione.
Anselmo - Dobbiamo anche chiederci quale persona divina, dal momento che Dio è in tre persone, debba assumere l'uomo.
Poiché più persone non possono assumere un solo e identico uomo nell'unità della persona, è necessario che questa assunzione avvenga solamente in una persona.
Ho già parlato nella lettera indirizzata al Papa Urbano "sull’Incarnazione del Verbo", di questa unità di persona di Dio e dell'uomo e della persona divina in cui è più conveniente che essa avvenga.
Penso che soddisfi abbastanza la nostra richiesta.
Bosone - Tuttavia esponi ancora, sia pure brevemente, la ragione per cui debba incarnarsi la persona del Figlio piuttosto che quella del Padre e dello Spirito Santo.
Anselmo - Se si incarnasse qualche altra persona, ci sarebbero nella Trinità due Figli: il Figlio di Dio che è tale anche prima dell'incarnazione, e quello che per l'incarnazione è figlio della Vergine.
Nelle persone poi, che devono sempre essere uguali, ci sarebbe una disuguaglianza nella dignità delle nascite, poiché quello che nasce da Dio ne ha una più onorabile di quello che nasce dalla Vergine.
Inoltre se si fosse incarnato il Padre ci sarebbero due nipoti nella Trinità, perché il Padre sarebbe nipote dei genitori della Vergine attraverso l'uomo assunto; e il Verbo, pur non essendo nulla dell'uomo, sarebbe tuttavia nipote della Vergine, perché egli sarebbe figlio di suo figlio.
E questi sono inconvenienti che non si possono verificare nell'incarnazione del Verbo.
C'è anche un altro motivo che rende l'incarnazione del Figlio più conveniente di quella delle altre persone: è meglio dire che il Figlio supplica il Padre e non che un'altra persona supplica le altre.
Così pure sia l'uomo, per il quale egli doveva pregare, e sia il diavolo, che egli doveva vincere, si erano attribuiti volontariamente una falsa somiglianza con Dio.
E quindi avevano peccato in modo tutto particolare contro la persona del Figlio, che è secondo la fede la vera somiglianza del Padre ( cf 1 Cor 4,4; Col 1,15 ).
A colui dunque che più direttamente è offeso dall'ingiuria, è pure più conveniente attribuire la punizione della colpa o il perdono.
Conseguentemente, avendoci la ragione inevitabilmente condotti ad affermare che è necessario che la natura divina e la natura umana s'uniscano in una sola persona e non in più persone di Dio e che evidentemente è più conveniente che si compia nella persona del Verbo che nelle altre, è necessario che il Verbo-Dio e l'uomo si uniscano in una sola persona.
Bosone - La via per la quale mi conduci è da così bene difesa dalla ragione che non potrei abbandonarla sia a destra che a sinistra.
Anselmo - Non sono io che ti conduco, ma colui che forma l'argomento del nostro dire e senza il quale nulla possiamo.
Egli ci conduce dovunque mantenendoci sempre nella via della verità.
Anselmo - Ora dobbiamo vedere se quell'uomo debba morire in conseguenza di un debito, come muoiono tutti gli altri uomini.
Ma, posto che Adamo non avrebbe dovuto morire se non avesse peccato, a maggiore ragione non dovrà morire questo nel quale non può esserci peccato perché Dio.
Bosone - Voglio che ti soffermi un po' su questo, perché sia che ammettiamo in lui la possibilità di peccare sia che la escludiamo, mi sorge una non piccola questione.
Se si dice che non può peccare, ciò sembra un po' difficile a credersi.
Infatti per parlare un po' di lui non più come di uno che non sia mai esistito - come abbiamo fatto fin qui - ma come di colui che conosciamo nella persona e nelle azioni: chi potrà negare ch'egli abbia la possibilità di compiere molte azioni che noi chiamiamo peccati?
Per esempio, come potremo dire che egli non poteva mentire, ( per tacere d'altre cose ) cosa sempre peccaminosa?
Così, parlando del Padre ai Giudei dice: "Se dicessi di non conoscerlo, sarei bugiardo come voi" ( Gv 8,55 ) e adopera queste parole "non lo conosco".
Ora chi potrà dire che egli non abbia avuto la possibilità di proferire queste tre sole parole senza le altre, di dire soltanto "non lo conosco"?
In questo caso, come lui stesso dice, sarebbe bugiardo, cioè sarebbe peccatore.
E dal momento che lo poteva fare, poteva pure peccare.
Anselmo Poté anche dire questo, ma non poté peccare.
Bosone - Dimostralo.
Anselmo - Ogni potere è subordinato alla volontà.
Quando dico: "posso camminare o parlare" sottintendo: "se lo voglio".
Se non si sottintende la volontà, non c'è più facoltà ma necessità.
Così quando dico: "posso contro la mia volontà essere trascinato o vinto", non accenno a una mia facoltà ma a una necessità e al potere di un altro.
Quindi "posso essere trascinato o vinto" non significa altro se non che un altro può trascinarmi o vincermi.
Possiamo dunque dire del Cristo che poteva mentire purché si sottintenda "se voleva".
E poiché non poté mentire contro la propria volontà né poté voler mentire, si può anche dire che egli non poté essere bugiardo.
Così dunque poté e non poté mentire.
Bosone - Ritorniamo ora a fare delle indagini a suo riguardo, come se ancora non fosse esistito e come abbiamo fatto da principio.
Affermo dunque: se non potrà peccare perché, come dici, non potrà volerlo, si conserverà giusto per necessità.
Quindi non sarà giusto in forza del libero arbitrio.
E qual ricompensa gli si dovrà per la sua giustizia?
Siamo soliti infatti affermare che intenzionalmente Dio ha creato l'angelo e l'uomo con una natura capace di peccare, perché potendo essi abbandonare la giustizia usassero del libero arbitrio per non farlo, meritando così la ricompensa e la lode, alle quali non avrebbero avuto diritto se fossero stati giusti per necessità.
Anselmo - Gli angeli che ora non possono più peccare non sono dunque degni di lode?
Bosone - Lo sono certamente, perché tale impossibilità l'hanno meritata in quanto poterono peccare e non vollero.
Anselmo - Che cosa dici allora di Dio che non può peccare e non ha meritato l'impeccabilità evitando il peccato quando ne aveva la facoltà?
Non è degno di lode per questa sua giustizia?
Bosone - A questo voglio che risponda tu in mia vece.
Infatti se dico che non è degno di lode, so di mentire; se poi dico ch'è lodevole temo di indebolire l'argomento che ho esposto parlando degli angeli.
Anselmo - Gli angeli non devono essere lodati della loro giustizia perché poterono peccare, ma perché, in conseguenza di ciò, la loro impeccabilità proviene in qualche modo da loro.
E in questo sono simili a Dio, che ha da se stesso tutto quello che ha.
Diciamo d'altronde di qualcuno che dà una cosa quando non la prende pur potendolo, e che dona la esistenza a una cosa quando potendola distruggere non la distrugge.
Così dunque, quando l'angelo poté togliersi la giustizia e non se la tolse, farsi peccatore e non si fece, a ragione si conclude che lui stesso si è data la giustizia e lui stesso si è reso giusto.
In questo senso dunque ha la giustizia da sé, perché la creatura non la può avere in altri modi; e per questo è da lodarsi per la sua giustizia, ed è giusto non di necessità ma per il libero arbitrio, perché impropriamente si parla di necessità dove non c'è alcuna coazione o proibizione.
Conseguentemente poiché Dio ha perfettamente da sé tutto quello che ha, è sommamente degno di lode per i beni che ha e conserva non in forza di qualche necessità ma, come ho detto prima, per la sua eterna immutabilità.
Così quell'uomo, che sarà pure Dio, sarà giusto da se stesso e sarà quindi da lodarsi in quanto ogni bene ch'egli avrà, l'avrà da se stesso non per necessità ma dalla libertà.
Quantunque infatti la natura umana abbia da quella divina tutto ciò che avrà, tuttavia egli avrà sé da se stesso, poiché le due nature saranno una persona.
Bosone - Mi hai accontentato e vedo chiaramente che egli non potrà peccare, eppure dovrà ugualmente essere lodato per la sua giustizia.
Ma ora penso che ci si debba chiedere perché mai, dal momento che Dio può creare un simile uomo, non creò così anche gli angeli e i primi due uomini, affinché allo stesso modo non potessero peccare e dovessero venire lodati per la loro giustizia.
Anselmo - Capisci quello che dici?
Bosone - Mi sembra di sì e chiedo perché non li abbia fatti tali.
Anselmo - Perché non era necessario e neppure possibile che tutti costoro fossero identificati personalmente con Dio, come invece affermiamo di questo uomo.
E se domandi perché non lo fece in tutte tre le persone divine o almeno in una seconda, rispondo che la ragione esigeva che ciò non avvenisse in alcun modo, anzi lo proibiva assolutamente perché Dio nulla compie senza motivo.
Bosone - Mi vergogno d'averti chiesto ciò. Prosegui pure e di' quello che dovevi.
Anselmo - Diciamo dunque che quest'uomo, non essendo peccatore, non doveva morire.
Bosone - Te lo devo concedere.
Anselmo - Ci rimane da chiedere se egli possa morire secondo la natura umana, essendo secondo quella divina sempre incorruttibile.
Bosone - Perché dovremo dubitarne dal momento che egli deve essere un vero uomo e ogni uomo è naturalmente mortale?
Anselmo - Non penso che la mortalità appartenga alla pura natura umana, ma a quella corrotta.
Infatti se l'uomo non avesse mai peccato e se la sua immortalità fosse stata confermata e fosse divenuta immutabile, non sarebbe stato naturalmente meno uomo.
E quando i mortali risorgeranno nella incorruttibilità ( cf 1 Cor 15,42 ) non saranno uomini meno veri.
Infatti, se la mortalità appartenesse essenzialmente alla natura umana, non potrebbe mai essere uomo colui che è immortale.
Dunque la corruttibilità o la incorruttibilità non appartiene alla genuinità della natura umana, poiché né l'una né l'altra costituisce o distrugge l'uomo, ma una contribuisce alla miseria e l'altra alla beatitudine dell'uomo.
Tuttavia, poiché nessun uomo è risparmiato dalla morte, l'aggettivo "mortale" è posto nella definizione di uomo da quei filosofi che non credettero che tutto l'uomo un giorno avrebbe potuto o potrebbe essere immortale.
Quindi per dimostrare che quell'uomo deve essere mortale non è sufficiente dire che sarà un vero uomo.
Bosone - Cerca dunque un'altra ragione, perché io non la conosco, se la ignori tu; un'altra ragione che provi che quello può morire.
Anselmo - Non c'è dubbio che essendo Dio sarà anche onnipotente.
Bosone - É vero.
Anselmo - Dunque se vorrà, potrà deporre la sua anima e riprenderla di nuovo ( cf Gv 10,17-18 ).
Bosone - Se non lo potesse, non sarebbe evidente la sua onnipotenza.
Anselmo - Qualora lo voglia, potrà non morire e potrà pure morire e risorgere.
Che deponga la sua anima senza l'intervento di un altro o che intervenga un altro a fargliela deporre col suo permesso, è cosa indifferente per quanto riguarda il suo potere.
Bosone - Non c'è dubbio.
Anselmo - Dunque se vorrà permetterlo, potrà essere ucciso; se non vorrà, non potrà essere ucciso.
Bosone - La ragione ci conduce inevitabilmente a questa conclusione.
Anselmo - La ragione ci ha pure insegnato che questo uomo deve necessariamente disporre d'un bene più grande di tutto ciò che è sotto Dio per offrirlo a lui spontaneamente e non a titolo di debito.
Bosone - É così.
Anselmo - Ma questo bene non può essere trovato sotto di lui o fuori di lui.
Bosone - É vero.
Anselmo - Dunque lo deve trovare in se stesso.
Bosone - É logico.
Anselmo - Quindi darà o qualcosa di sé, oppure se stesso.
Bosone - Non vedo altre possibilità.
Anselmo - Dobbiamo ora cercare quali debbano essere le modalità di questo dono.
Infatti non potrà dare a Dio se stesso oppure qualcosa di sé, quasi facendolo diventare di Dio, come se Dio non lo possedesse già in quanto ogni creatura è sua.
Bosone - É così.
Anselmo - Dunque questo dono di sé o di qualcosa di se stesso deve essere concepito nel senso che egli lo offrirà per l'onore di Dio, ma non in qualità di suo debitore.
Bosone - É la conseguenza di quanto abbiamo detto.
Anselmo - Posto che egli dia se stesso a Dio per obbedirgli, sottomettendosi alla sua volontà con la pratica costante della giustizia, con questo non gli dona affatto ciò che Dio non può esigere a titolo di debito.
Tutte le creature ragionevoli devono a Dio questa obbedienza.
Bosone - Non lo si può negare.
Anselmo - É necessario quindi che doni a Dio se stesso o qualcosa di sé in un altro modo.
Bosone - É la conclusione alla quale ci spinge la ragione.
Anselmo - Vediamo se per caso la soluzione non stia nel donare la propria vita, ossia nel deporre la propria anima o nel darsi alla morte per l'onore di Dio.
Infatti, non potrà esigere questo da lui perché, non essendoci in lui il peccato, non sarà obbligato a morire, come abbiamo detto.
Bosone - Non posso pensare altrimenti.
Anselmo - Esaminiamo ancora se ciò sia conforme alla ragione.
Bosone - Tu parla e io volentieri ascolterò.
Anselmo - Se l'uomo peccò per il piacere, non è conveniente che soddisfi con la sofferenza?
E se il diavolo lo vinse, portandolo a disonorare Dio, con tanta facilità che non possiamo pensarne una più grande, non è giusto che l'uomo vinca il diavolo per l'onore di Dio, espiando il peccato con la più grande difficoltà possibile?
Non conviene forse che colui che col peccato s'allontanò da Dio tanto da non potersi allontanare di più, con la soddisfazione si offra a Dio in tal maniera che non si possa attuarne una di maggiore?
Bosone - Non c'è nulla di più ragionevole.
Anselmo - L'uomo non può sopportare per l'onore di Dio nulla di più doloroso o difficile che la morte in modo spontaneo e gratuito; e l'uomo non può dare se stesso a Dio più totalmente che abbandonandosi alla morte per la sua gloria.
Bosone - Tutto questo è vero.
Anselmo - Dunque colui che vuole soddisfare per il peccato dell'uomo dovrà essere tale da poter morire se lo vuole.
Bosone - Capisco perfettamente che l'uomo che cerchiamo deve essere tale da non dover morire per necessità perché onnipotente, né per debito perché innocente, ma per libera volontà, essendo ciò necessario.
Anselmo - Ci sono ancora molti altri motivi per i quali quell'uomo assai convenientemente riveste la somiglianza e il modo di agire degli altri uomini escluso il peccato ( cf Eb 4,15 ); motivi che si manifestano da soli con maggiore chiarezza e facilità nella sua vita e nelle sue opere di quanto avrebbe potuto manifestarli la ragione prima dell'esperienza.
Chi potrebbe spiegare fino a qual punto era necessario e saggio che colui, che doveva redimere gli uomini e ricondurli dalla via della morte e della perdizione alla via della vita e della beatitudine eterna con i suoi insegnamenti, vivesse con gli uomini ( cf Bar 3,38 ) e mentre con la parola insegnava loro come dovessero vivere, nella vita si donasse loro come esempio?
Come poi sarebbe stato dì esempio ai deboli e ai mortali, insegnando loro a non allontanarsi dalla giustizia per le ingiurie, gli oltraggi, i dolori e la morte, se non avessero conosciuto ch'egli aveva esperienza di tutte queste cose?
Bosone - Tutte queste ragioni mostrano con evidenza che doveva essere mortale e partecipare a tutte le nostre prove.
Ma tutte queste prove costituiscono la nostra miseria. Sarà dunque egli pure misero?
Anselmo - Niente affatto.
Come una gioia che uno gusta contro la sua volontà non ha niente a che fare con la beatitudine, così non è una miseria assumere una prova senza necessità, con sapienza e di buon grado.
Bosone - Bisogna concederlo.
Bosone - Ma - dimmi - in questa somiglianza che egli deve avere cogli uomini, deve essere inclusa anche l'ignoranza assieme alle altre debolezze?
Anselmo - Perché, dubiti che Dio conosca tutto?
Bosone - Perché quantunque a causa della natura divina debba essere immortale, tuttavia a causa di quella umana sarà mortale.
Che motivo c'è allora di escludere che quell'uomo possa essere veramente ignorante allo stesso modo che sarà veramente mortale?
Anselmo - L'assunzione dell'uomo nell'unità della persona di Dio sarà fatta sapientemente dalla somma sapienza, e quindi non assumerà ciò che nell'uomo non presenta alcuna utilità anzi è controproducente per l'opera che quello stesso uomo dovrà compiere.
L'ignoranza infatti a nulla gli servirebbe, anzi gli nuocerebbe in molte cose.
Come senza una immensa sapienza potrebbe egli compiere le azioni così numerose e così grandi che deve compiere?
Oppure, come gli uomini gli crederebbero, se lo sapessero ignorante?
Se poi non lo conoscessero tale, a che gli servirebbe quella ignoranza?
Inoltre, posto che non si ama se non ciò che si conosce, come non ci sarà alcun bene che egli non ami, così non ci sarà alcun bene che egli ignori.
Ora nessuno conosce perfettamente il bene se non colui che lo sa distinguere dal male.
E anche questa distinzione nessuno la sa fare se ignora il male.
Dunque, come quello di cui parliamo dovrà conoscere perfettamente ogni bene, così non potrà ignorare alcun male.
Avrà quindi ogni scienza, sebbene non la manifesti pubblicamente nei rapporti con gli uomini.
Bosone - Ciò che dici appare bene nell'età adulta; nella infanzia invece, come non avrà l'età adatta per la manifestazione della sua sapienza, così non solo non avrà la necessità d'averla ma neppure la convenienza.
Anselmo - Non ho detto che farà sapientemente quell'incarnazione?
Infatti Dio sapientemente assumerà la mortalità, di cui farà sapientemente uso in quanto essa deve essere assai utile.
Invece non potrà sapientemente assumere l'ignoranza, perché non è mai utile, ma sempre nociva, eccetto quando serve a impedire che la cattiva volontà - che in lui non ci sarà mai - faccia il male.
Infatti, benché non produca altri danni, l'ignoranza è nociva per il solo fatto che priva del bene della scienza.
E per soddisfare brevemente le tue domande dirò che sin da quando comincerà a esistere quello uomo sarà sempre ripieno di Dio come di se stesso.
E quindi non sarà mai privo della sua potenza, fortezza e sapienza.
Bosone - Sebbene sempre avessi creduto che nel Cristo non c'era l'ignoranza, tuttavia te l'ho domandato per sentirne il motivo.
Infatti spesso siamo certi di qualche cosa ma non la sappiamo provare con delle ragioni.
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