Abbandono alla divina Provvidenza

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Capitolo V

Lo stato di pura fede

Lo stato di pura fede è un misto di fede, di speranza e di carità in un solo atto che unisce il cuore a Dio e alla sua azione.

Queste tre virtù riunite non sono che una sola virtù, non sono che un solo atto, una sola elevazione del cuore a Dio e un semplice abbandono alla sua azione.

Ora come esprimere questa mescolanza divina, questa essenza spirituale?

Come trovarle un nome che renda bene la sua natura e la sua idea, e che faccia capire l'unità della sua trinità?

Queste tre virtù non sono che una sola fruizione e godimento di Dio e della sua volontà.

Si vede quest'oggetto adorabile, lo si ama e si spera da lui ogni cosa; questo può chiamarsi un puro amore, una pura speranza, una pura fede e a quest'unità mistica è rimasto il nome di pura fede, benché‚ sotto questo nome si debba intendere la trinità delle virtù teologali.

Non vi è niente di più certo di questo stato per quel che riguarda Dio, niente di più disinteressato per quel che riguarda il cuore.

Per ciò che riguarda l'unione di Dio e del cuore, essa ha dalla parte di Dio la certezza della fede, e dalla parte del cuore la certezza intessuta di timore e di speranza.

O unità desiderabile di queste tre eccellenti virtù!

Credete, dunque, anime sante, sperate, amate, ma mediante il semplice tocco che lo Spirito divino, di cui Dio vi fa dono, produce nel vostro cuore; è questa l'unzione di quel Nome di Dio che lo Spirito diffonde nell'intimo del cuore.

Ecco la parola e la rivelazione mistica, il pegno della predestinazione e di tutte le sue felici conseguenze: Quam bonus Israel Deus bis qui recto sunt corde.

Questo tocco divino nelle anime infiammate si chiama amore puro a causa del torrente di desiderio che trabocca su tutte le facoltà in una pienezza di fiducia e di luce.

Ma nelle anime inebriate di assenzio questo tocco si chiama fede pura.

Perché‚ l'oscurità, le ombre della notte sono totalmente pure.

Il puro amore vede, sente e crede; la pura fede crede senza vedere né‚ sentire: ecco da dove viene la differenza che si nota tra l'uno e l'altra.

Essa non si basa che su apparenze che tuttavia non sono le stesse.

Perché, nella realtà, come lo stato di pura fede non manca d'amore, così lo stato di puro amore non manca né di fede, né‚ di abbandono.

Ma questi termini vi si adattano a causa di quel che domina maggiormente in ciascuno di questi stati.

Il differente rapporto di queste virtù sotto tale tocco produce la varietà di tutti gli stati soprannaturali, e poiché‚ Dio li può mescolare con una varietà infinita, non vi sono anime che non ricevano questo prezioso tocco con qualche carattere particolare.

Ma che importa? É sempre fede, speranza e carità.

L'abbandono è un mezzo generale per ricevere le virtù secondo le diverse caratteristiche di questi tocchi.

Le anime non possono aspirare tutte alla stessa misura e allo stesso stato sotto i divini impulsi, ma tutte possono unirsi a Dio, tutte abbandonarsi alla sua azione, tutte essere spose piene di abbandono, tutte ricevere il tocco dello stato che è loro proprio; tutte, infine, trovare il regno di Dio e aver l'arte alla sua grandezza e all'eccellenza dei suoi benefici.

É un impero in cui ogni anima può aspirare a una corona d'amore o a una corona di fede; è sempre una corona, è sempre il regno di Dio.

C'è questa differenza, è vero, che le une sono nelle tenebre, le altre nella luce.

Ma che importa? Ancora una volta, purché‚ si sia uniti a Dio e ,alla sua azione.

E forse il nome dello stato che si cerca? E la sua distinzione e la sua eccellenza?

Niente affatto, è Dio stesso e la sua azione; il modo dev'essere indifferente all'anima.

Predichiamo, dunque, non più lo stato di pura fede o di puro amore, di croci o di dolcezze a tutte le anime; questo non può esser dato a tutte contemporaneamente e nello stesso modo.

Ma annunciamo a tutti i cuori semplici e che temono Dio l'abbandono all'azione divina in generale e facciamo capire a tutte che esse riceveranno con questi mezzi lo stato singolare che quest'azione ha scelto e ha destinato per loro da tutta l'eternità.

Non rattristiamo, non respingiamo, non allontaniamo nessuno dai gradi più elevati della perfezione.

Gesù chiama ad essa tutti, poiché‚ esige da tutti che siano soggetti alla volontà del Padre suo e che vengano a formare il suo Corpo mistico, le cui membra non possono chiamarlo con verità loro capo se non in quanto la loro volontà si trova perfettamente d'accordo con la sua.

Ripetiamo incessantemente a tutte le anime che l'invito di questo dolce e amabile Salvatore non esige da esse alcunché di difficile, né di straordinario.

Quello che egli domanda non è la loro iniziativa; egli non dèsidera altro che la loro buona volontà sia unita a lui per condurle, dirigerle e favorirle in proporzione a questa unione.

Sì, anime care , Dio non domanda che il vostro cuore; se cercate questo tesoro, questo regno in cui Dio solo regna, lo troverete.

Se il vostro cuore è totalmente votato a Dio, da quel momento è questo tesoro, questo regno stesso che desiderate e cercate.

Dal momento che si vuole Dio e la sua volontà, è di Dio e della sua volontà che si gode e questo godimento risponde al desiderio che ne abbiamo.

Amare Dio è desiderare sinceramente di amarlo.

Perché‚ si ama, si vuole essere strumento della sua azione, affinché‚ il suo amore si eserciti in noi e per mezzo di noi.

L'azione divina corrisponde non all'abilità dell'anima semplice e santa, ma alla sua volontà.

Corrisponde alla purezza dell'intenzione e non alle misure che si prendono, ai progetti che si fanno, al metodo che si escogita, né ai mezzi che si scelgono.

L' anima può ingannarsi in tutto questo e non è raro che ciò le avvenga.

Ma la sua rettitudine e la sua buona intenzione non l'ingannano mai, purché‚ Dio veda questa buona disposizione ecco che perdona tutto il resto, e considera fatto quello che essa farebbe infallibilmente se una lungimiranza sicura assecondasse la sua buona volontà.

La buona volontà non ha dunque niente da temere; se cade, non può cadere che sotto questa mano onnipotente che la guida e la sostiene in tutti i suoi smarrimenti.

E questa che l'avvicina alla mèta quando se ne allontana; che la rimette sulla giusta via, quando ne esce; che, infine, trova sempre una soluzione alle deviazioni in cui la fanno cadere lo sforzo e l'iniziativa delle facoltà cieche che la mettono fuori strada, facendole sentire come deve disprezzarle per non contare che su di essa e abbandonarsi totalmente alla sua guida infallibile.

Gli errori in cui cadono queste anime buone si concludono sempre nell'abbandono e un cuore buono non può mai trovarsi privo di risorse.

Perché‚ è parola di Dio che " tutto coopera al suo bene ".

É dunque l'abbandono che io predico, anima cara, e non uno stato particolare.

Io amo tutti gli stati in cui la grazia mette le anime e, senza amarne uno a preferenza dell'altro, insegno a tutte un mezzo generale per arrivare a quello che Dio assegna a ciascuna di esse.

Non chiedo a tutte se non la volontà di abbandonarsi interamente alla sua guida; egli le farà arrivare infallibilmente a quel che vi è di più eccellente per esse.

E la fede che predico loro: abbandono, confidenza e fede.

Che vogliano essere i soggetti, gli strumenti dell'azione divina, e credere che a ogni momento e in ogni cosa quest'azione si applica contemporaneamente a tutto, a seconda che trova in esse più o meno buona volontà.

Ecco la fede che io predico: non è uno stato particolare di pura fede o di puro amore, ma uno stato generale attraverso il quale ogni categoria di anime può accedere a quelle caratteristiche che costituiscono la diversità dell'impronta divina che la grazia produce in loro.

Ho parlato alle anime afflitte, parlo qui a ogni tipo di anime.

E il vero istinto del mio cuore quello di essere di tutti, parlare a tutti, annunciare a tutti il segreto evangelico e farmi tutto a tutti.

In questa felice disposizione sento un dovere che adempio senza fatica: piangere con quelli che piangono, rallegrarmi con quelli che sono nella gioia, parlare con gli ignoranti la loro lingua e usare coi sapienti i termini più dotti e più elevati.

Voglio mostrare che tutti possono aspirare, non alle stesse cose sublimi, ma allo stesso amore, allo stesso abbandono, allo stesso Dio, alla stessa sua opera e, con questo, tutti indistintamente a una eminente santità.

Quelli che vengono chiamati favori straordinari e privilegiati [ non sono chiamati così ] se non perché‚ ci sono poche anime abbastanza fedeli per rendersi degne di riceverli.

E quanto si vedrà chiaramente nel giorno del giudizio.

E si vedrà che non fu affatto una restrizione di Dio il rifiutarle, ma che fu per loro propria colpa se le anime sono state private di tante divine larghezze.

Che abbondanza di beni avrebbe fatto piovere nel loro seno la sottomissione totale di una buona volontà sempre costante!

Accade per l'azione divina come per Gesù: quelli che non avevano né fiducia in lui, né rispetto per lui, non ricevevano i favori che egli offriva a tutti; costoro non avevano che da prendersela con le loro cattive disposizioni.

Non tutti, è vero, possono aspirare alle stesse esperienze sublimi, agli stessi doni e agli stessi gradi di virtù; ma se tutti, fedeli alla grazia, vi corrispondessero ognuno secondo la propria misura, tutti sarebbero nell'esultanza, perché‚ arriverebbero a quel livello di eccellenza e di favore che soddisferebbe pienamente i loro desideri.

Sarebbero contenti secondo la natura e secondo la grazia, perché‚ natura e grazia si confondono negli aneliti che il desiderio di questo prezioso bene fa uscire dal profondo del cuore.

Se non si riceve la disposizione propria di un particolare stato, si riceverà la disposizione propria di un altro.

La pura fede ha i suoi, gli altri stati hanno i loro che li caratterizzano.

Ogni cosa nella natura ha ciò che conviene alla sua specie: ogni fiore la sua bellezza, ogni animale il suo istinto, ogni creatura la sua perfezione.

Così nei diversi stati della grazia: ognuno ha il suo dono specifico, e c'è la ricompensa per ognuno di coloro la cui buona volontà si adatta allo stato in cui la Provvidenza li ha posti.

Un'anima cade sotto l'azione divina dal momento che nel suo cuore nasce la buona volontà e quest'azione esercita una maggiore o minore influenza su di essa a seconda che è più o meno abbandonata.

L'arte di abbandonarsi non è che l' arte di amare; l'amore ottiene tutto, non gli si rifiuta niente.

Come potrebbe venire respinto? L'amore non può domandare che quello che vuole l'amore.

Può l'amore non volere ciò che vuole?

L'azione divina non guarda che la buona volontà; non è la capacità delle altre facoltà che l'attira, né la loro incapacità che l'allontana.

Trova un cuore buono, puro, retto, semplice, sottomesso, filiale e rispettoso? E tutto quel che le occorre.

Si impadronisce di questo cuore, prende possesso di tutte le sue facoltà e alla fine tutto risulta così ben concertato per il bene dell'anima che essa trova in ogni cosa motivo di santificazione.

Se dovesse entrare nell'anima ciò che può generare la morte, ecco che il contravveleno della buona volontà viene ad arrestarne gli effetti.

Anche se dovesse arrivare fino all'orlo del precipizio, l'azione divina l'allontanerebbe; o, se ve la lasciasse, la tratterrebbe dalla caduta.

Se vi cadesse, la tirerebbe fuori.

Dopo tutto, le colpe di queste anime non sono che colpe di fragilità e assai poco avvertite.

L'amore riesce a volgere ogni cosa a loro vantaggio.

Con suggestioni segrete fa capire loro quello che devono dire o fare a seconda delle circostanze: Intellectus bonus omnibus jacientibus eum.

É l'intelligenza divina con le sue illuminazioni che le accompagna in tutti i loro atti e le trattiene dall'incedere pericoloso a cui può condurle la loro semplicità.

Se muovessero qualche passo capace di indurle in situazioni alquanto rischiose, la Provvidenza prepara loro felici incontri che servono a ricomporre le cose.

Si ha un bel progettare contro di loro intrighi a non finire: la Provvidenza ne rompe tutti i nodi, ne confonde gli autori e spande su costoro uno spirito di vertigine che li fa cadere nelle loro stesse insidie.

Sotto la sua guida, le anime che si voleva cogliere di sorpresa fanno, inconsciamente, delle cose in apparenza inutili ma che servono a liberarle da tutti i fastidi in cui la loro rettitudine e la malizia dei loro nemici sembrava dovessero gettarle.

Oh, le sottili astuzie di questa buona volontà!

Quanta prudenza nella sua semplicità, quanta saggezza nella sua innocenza e sincerità, quale misterioso segreto nella sua rettitudine!

Guardate il giovane Tobi, non è che un fanciullo, ma Raffaele è al suo fianco; con una tale guida egli cammina con sicurezza, niente lo spaventa, niente gli manca.

Gli animali che incontra gli forniscono viveri e medicine; e il pesce che si slancia per divorarlo diventa suo nutrimento.

Non si occupa che delle nozze e del banchetto perché, nell'ordine della Provvidenza, è quello il suo impegno presente.

Non che non abbia altri affari, ma essi sono abbandonati a quella intelligenza incaricata di assisterlo.

E vengono sbrigati così bene che a lui non sarebbe mai riuscito altrettanto, e si risolvono in ogni sorta di benedizione e prosperità.

Tuttavia la madre piange ed è nella più viva amarezza mentre il padre è pieno di fede; il figlio poi diviene motivo di gioia e di consolazione per tutta la sua famiglia.

Che gli altri, o Signore , ti domandino ogni sorta di doni, moltiplichino le loro parole e le loro preghiere; quanto a me, mio Dio, non ti chiedo che un solo dono e non ho che questa preghiera da farti: " Dammi un cuore puro! ".

O cuore puro, come sei fortunato!

E attraverso la tua semplicità che tu vedi Dio, attraverso la vivezza della tua fede.

Lo vedi in ogni cosa e a ogni momento, operante dentro e fuori di te; sei in ogni cosa suo suddito e suo strumento, egli ti guida in tutto e ti conduce ovunque; e tu non te ne preoccupi, ma lui pensa a ogni cosa per te.

A lui basta che tu desideri quel che accade e deve accadere per suo ordine; egli conosce la tua disposizione.

In preda allo stupore, tu cerchi di distinguere in te questo desiderio, ma non lo scorgi.

Oh, quanto a lui, lo vede bene!

Ma quanto è grande la tua ingenuità!

Ignori che Cos'è un cuore ben disposto?

Non è altro che un cuore in cui si trova Dio: vedendo in esso tutte le sue stesse inclinazioni, egli sa che questo cuore sarà sempre soggetto ai suoi ordini.

Sa, al tempo stesso, che tu non conosci quello che ti conviene, perciò si incarica lui di dartelo.

Poco gli importa di contrariarti: tu vai a levante, lui ti conduce a ponente; stai per urtare gravemente in uno scoglio, egli volta il timone e ti conduce in porto.

Senza conoscere né carta, né rotta, né vento, né marea, tutti i tuoi viaggi sono felici.

Se i pirati ti insidiano la rotta, un colpo di vento inaspettato ti mette immediatamente fuori della loro portata.

O buona volontà! O cuore puro! Gesù ha saputo metterti nel giusto posto quando ti ha situato tra le evangeliche beatitudini.

Quale felicità più grande che possedere Dio, mentre egli ci possiede a sua volta!

Stato delizioso e pieno di fascino: si dorme placidamente sul seno della Provvidenza, ci si rallegra con le delizie della divina Sapienza, senza preoccuparsi del successo della propria corsa, che non subisce alcuna interruzione e prosegue sempre, attraverso gli scogli e i pirati e le continue tempeste, nel modo più felice!

O cuore puro, o buona volontà, tu sei l'unico fondamento di tutti gli stati spirituali.

E a te che sono dati ed è per mezzo tuo che recano profitto i doni della pura fede, della speranza, della pura confidenza e del puro amore.

Sul tuo tronco sono innestati i fiori del deserto, voglio dire le grazie preziose che si vedono sbocciare quasi unicamente nelle anime perfettamente distaccate in cui Dio, come in un soggiorno disabitato, pone la propria dimora escludendo ogni altra presenza.

Tu sei quella sorgente feconda da cui partono tutti i ruscelli che vengono a irrorare sia l'aiuola dello Sposo che il giardino della sposa.

Oh, come puoi ben dire a tutte le anime: guardatemi bene, sono io che genero il bell'amore, quell'amore che sceglie sempre quanto c'è di meglio per stabilirvisi; io faccio nascere quel [ timore ] dolce ed efficace che produce l'orrore del male e lo fa evitare senza turbamento; io faccio sbocciare le rette conoscenze che rivelano le grandezze di Dio e il valore della virtù che l'onora; è da me, infine, che si elevano gli ardenti desideri, animati da una speranza santa che fa praticare costantemente il bene nell'attesa di quel possesso divino il cui godimento dovrà costituire un giorno, come già adesso ma in modo più delizioso, l'eredità delle anime fedeli.

Tu puoi invitarle tutte a venire attorno a te per arricchirsi dei tuoi inesauribili tesori.

E da te che hanno origine tutti gli stati e tutte le vie spirituali, e in te offrono [ ciò che hanno ] di bello, di attraente, di seducente; tutto traggono dal tuo tesoro.

Questi frutti meravigliosi di grazia e ogni genere di virtù, che si vedono prorompere da ogni parte e di cui ci si nutre, non sono che prodotti dei tuoi rami da cui si colgono come in un giardino di delizie.

É sulla tua terra che scorrono il latte e il miele; le tue mammelle stillano il latte, sul tuo petto riposa il sacchetto della mirra e dalle tue dita scorre con abbondanza e in tutta la sua fragranza l'aroma che attende solo una leggera pressione per essere estratto.

Andiamo, dunque, anime care, corriamo, voliamo da questa madre d'amore che ci chiama.

Che cosa aspettiamo? Muoviamoci subito, andiamo a perderci in Dio, nel suo stesso cuore, per inebriarci di questa buona volontà.

Poniamo nel cuore la chiave dei tesori celesti, prendiamo poi la nostra strada verso il cielo senza timore di trovarla chiusa; questa chiave aprirà tutte le porte.

Non c'è luogo segreto in cui non potremo penetrare; niente sarà chiuso per noi, né il giardino, né la cella del vino, né la vigna, se vorremo respirare l'aria dei campi non dipenderà che da noi andarvi di buon mattino.

Infine andremo e torneremo, entreremo e usciremo a nostro piacimento muniti della chiave di Davide , la chiave della scienza, la chiave dell'abisso in cui sono racchiusi i tesori profondi e inesauribili della Sapienza divina.

E con questa chiave divina che si aprono le porte della morte mistica e delle sue sacre tenebre; per mezzo di essa si discende negli inferi e nella fossa dei leoni.

É essa che sospinge le anime pure nelle oscure prigioni per trarle fuori sane e salve; essa le introduce in quel felice soggiorno in cui l'intelligenza e la luce hanno posto la loro dimora, là dove lo Sposo prende il suo riposo pomeridiano, dove si impara ben presto, non appena lo si scorge, come si può ottenere un bacio della sua bocca.

Là si salgono con fiducia i gradini del talamo nuziale per imparare i segreti dell'amore.

O divini segreti che è bene tener nascosti e che nessuna bocca mortale potrebbe mai esprimere!

Amiamo, dunque, anime care.

Tutti i beni, per arricchirci, non attendono che l'amore.

Esso produce la santità e tutto quello che l'accompagna.

La santità è nella sua destra; la tiene nella sua sinistra per farla scorrere con abbondanza in tutti i cuori aperti alle sue divine effusioni.

O divino germe dell'eternità, non è possibile tessere a sufficienza le tue lodi!

Ma perché‚ parlare tanto di te? Val meglio possederti nel silenzio, che lodarti con deboli parole.

Che dico? Bisogna lodarti, ma solo perché‚ si è posseduti da te; perché, dal momento che tu possiedi un cuore, leggere, scrivere, parlare, agire o fare ogni altra azione, è per lui la stessa cosa.

Non si brama più niente, non si evita niente; o solitari, o apostoli, o sani, o malati, o semplici, o eloquenti, si è solo più come tu detti al cuore.

E il cuore, tua eco fedele, lo ripete alle altre facoltà.

In questo composto materiale e spirituale, che tu vuoi considerare come tuo regno, è il cuore che regna sovrano sotto i tuoi auspici; poiché‚ esso non ha altri impulsi che quelli che gli ispiri tu, ogni cosa gli piace nel modo che tu gliela presenti.

Quelle che la natura o il demonio vorrebbero sostituirgli non fanno che disgustarlo e causargli orrore, e se permetti che talvolta si lasci sorprendere, è solo per renderlo più saggio e più umile.

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