Diario di M. Faustina Kowalska

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5.XII.1934.

Una mattina, dopo aver aperto la porta del convento per fare uscire i nostri operai addetti alla distribuzione del pane, entrai un momentino nella piccola cappellina, per fare una breve visita a Gesù e rinnovare le intenzioni del giorno.

« Ecco, Gesù, oggi tutte le sofferenze, le mortificazioni, le preghiere, le offro per il Santo Padre, affinché approvi la festa della Misericordia.

Ma Gesù, debbo dirTi ancora una parola.

Sono molto stupita per il fatto che mi ordini di parlare di questa festa della Misericordia, quando tale festa, a quanto mi dicono, esiste già.160

Quindi, perché dovrei parlarne? E Gesù mi rispose: « Chi mai ne è informato tra la gente? Nessuno.

E perfino coloro che debbono proclamare e dare delle istruzioni alla gente su questa Misericordia, spesso essi stessi non lo sanno.

Per questo desidero che questa immagine venga solennemente benedetta la prima domenica dopo Pasqua e che riceva culto pubblico, in modo che tutti possano esserne informati.

Fa' una novena secondo l'intenzione del Santo Padre, che deve essere composta di trentatré invocazioni, ripetendo cioè altrettante volte la breve preghiera alla Misericordia, che ti ho insegnato ».

La sofferenza è il tesoro più grande che ci sia sulla terra.

Essa purifica l'anima.

Nella sofferenza conosciamo chi ci è veramente amico.

Il vero amore si misura col termometro della sofferenza.

Gesù, Ti ringrazio per le piccole croci quotidiane, per le contrarietà che incontro nelle mie iniziative, per il peso della vita comunitaria, per l'interpretazione distorta delle mie intenzioni, per le umiliazioni che provengono dagli altri, per il comportamento aspro verso di noi, per i sospetti ingiusti, per la salute cagionevole e per le forze che vengono meno, per il ripudio della mia volontà, per l'annientamento del proprio io, per il mancato riconoscimento in tutto, per gli impedimenti posti a tutti i miei progetti.

Ti ringrazio. Gesù, per le sofferenze interiori, per l'aridità dello spirito, per le paure, i timori e i dubbi, per il buio fitto e le tenebre interiori, per le tentazioni e le diverse prove, per le angosce che è difficile descrivere, e soprattutto per quelle in cui nessuno ci capisce, per l'ora della morte, per la dura lotta che la precede e per tutta la sua amarezza.

Ti ringrazio, Gesù, che hai bevuto il calice dell'amarezza, prima di porgerlo a me raddolcito.

Ecco, ho accostato le mie labbra al calice della Tua santa volontà.

Avvenga di me secondo il Tuo volere; avvenga di me ciò che ha stabilito la Tua sapienza fin dall'eternità.

Desidero bere fino all'ultima stilla il calice della predestinazione, non voglio indagare su questa predestinazione, nell'amarezza c'è la mia gioia, nella disperazione la mia fiducia.

In Te, o Signore, quello che ci dà il Tuo Cuore paterno è tutto buono; non preferisco le gioie alle amarezze, né le amarezze alle gioie, ma Ti ringrazio di tutto, o Gesù.

La mia delizia consiste nello stare a contemplarTi, o Dio incomprensibile.

E in un'esistenza misteriosa che si aggira il mio spirito, poiché è là che sento di essere a casa mia.

Conosco bene la dimora del mio Sposo.

Sento che in me non c'è nemmeno una goccia di sangue che non arda d'amore per Te.

Bellezza eterna, chi Ti conosce una sola volta, non può più amare nessun'altra cosa.

Sento la voragine insondabile della mia anima, è che niente può colmarla, all'infuori di Dio.

Sento che sprofondo in Lui; come un granellino di sabbia in un oceano senza fondo.

20.XII.1934.

Una sera entrando nella cella, vidi Gesù esposto nell'ostensorio, come se fosse stato fuori all'aperto.

Ai piedi di Gesù vidi il mio confessore e dietro di lui un gran numero di ecclesiastici di altìssimo rango, con indumenti che non avevo mai visto, eccetto allora in visione.

E dietro a loro varie classi di ecclesiastici.

Più in là vidi una folla così vasta di gente che non riuscii ad abbracciarla con lo sguardo.

Vidi che dall'Ostia uscivano due raggi, come sono nell'immagine, che si unirono strettamente fra di loro, ma non si confusero e passarono nelle mani del mio confessore e poi nelle mani degli ecclesiastici e dalle loro mani passarono alla gente e tornarono nell'Ostia.

E in quel momento mi vidi in cella mentre entravo.

22.XII.1934.

Quando mi toccò in settimana d'andare a confessarmi, capitai che il mio confessore stava celebrando la S. Messa.

Nella terza parte della S. Messa vidi il Bambino Gesù, un po' più piccolo del solito e con la differenza che aveva una piccola fascia di colore violetto, mentre di solito l'aveva bianca.

24.XII.1934. Vigilia di Natale.

La mattina durante la S. Messa ho sentito la vicinanza di Dio; il mio spirito inavvertitamente si è immerso in Lui.

Improvvisamente udii queste parole: « Tu sei una gradevole dimora per Me; in te il Mio Spirito riposa ».

Dopo queste parole sentii lo sguardo del Signore nel profondo del mio cuore e vedendo la mia miseria, mi umiliai in spirito ed ammirai la grande Misericordia di Dio, considerando che l'altissimo Signore si accosta ad una tale miseria.

Durante la santa Comunione la gioia inondò la mia anima; sentii che ero strettamente unita alla Divinità; la Sua onnipotenza assorbì tutto il mio essere.

Per tutta la giornata avvertii in modo particolare la vicinanza di Dio e, sebbene gli impegni non mi permettessero per tutta la giornata di andare nemmeno per un momento in cappella, tuttavia non ci fu un solo istante in cui non fossi unita a Dio.

Lo sentii in me in una maniera più sensibile di qualunque altra volta.

Salutai senza posa la Madonna, immedesimandomi nel Suo spirito e La pregai, affinché m'insegnasse il vero amore di Dio.

Ad un tratto udii queste parole: « Durante la S. Messa di mezzanotte ti comunicherò il segreto della Mia felicità ».

La cena fu prima delle sei; nonostante la letizia ed il chiasso esterno che c'è quando ci si scambia l'oplatek, durante lo scambio vicendevole degli auguri non venni privata nemmeno per un istante della presenza di Dio.

Dopo cena ci affrettammo col lavoro ed alle nove potei andare all'adorazione in cappella.

Avevo ottenuto il permesso di non andare a riposare, ma di attendere la Messa di mezzanotte.

Ne gioii enormemente; dalle nove alle dodici avevo tempo libero.

Dalle nove alle dieci feci l'adorazione per i miei genitori e per tutta la mia famiglia.

Dalle dieci alle undici feci l'adorazione per il mio direttore spirituale, ringraziando anzitutto Dio, che si era degnato di darmi qui in terra questo grande aiuto visibile, come mi aveva promesso e, in secondo luogo, per impetrargli luce, affinché potesse conoscere la mia anima e guidarmi come piaceva a Dio.

Dalle undici alle dodici ho pregato per la santa Chiesa e per il clero, per i peccatori, per le missioni, per le nostre case.

Le indulgenze le ho offerte per le anime del purgatorio.

Ore dodici. 25.XII.1934. Messa di mezzanotte.

Appena uscì la santa Messa, il raccoglimento interiore s'impadronì di me, la gioia inondò la mia anima.

Durante l'offertorio vidi Gesù sull'altare; era di una bellezza incomparabile.

Il Bambinello per tutto il tempo guardò verso tutti, tendendo le manine.

Quando ci fu l'elevazione il Bambinello non guardò verso la cappella, ma verso il cielo; dopo l'elevazione si rivolse di nuovo verso di noi, ma per poco tempo, poiché come al solito venne spezzato e mangiato dal sacerdote.

La fascia l'aveva bianca.

Il giorno dopo vidi la stessa cosa e lo stesso vidi il terzo giorno.

E difficile esprimere la gioia che avevo nell'anima.

Questa visione si ripeté durante tre sante Messe, esattamente come nelle prime.

Anno 1934. Primo giovedì dopo Natale.

Avevo dimenticato completamente che oggi era giovedì, perciò non ho fatto l'adorazione.

Sono andata assieme alle consorelle in dormitorio alle ore nove.

Stranamente non riuscivo a dormire.

Mi sembrava che avessi ancora qualche cosa da fare.

Ripassai mentalmente i miei impegni, ma non riuscii a ricordarmi niente del genere; la ricerca andò avanti fino alle dieci.

Alle ore dieci vidi il Volto martoriato di Gesù.

Ad un tratto Gesù mi disse queste parole: « Ti ho attesa per dividere con te le Mie sofferenze; chi infatti comprende le Mie sofferenze meglio della Mia sposa? ».

Chiesi perdono a Gesù per la mia tiepidezza, piena di rossore e confusa, non osando rivolgere lo sguardo a Gesù, ma col cuore contrito chiesi a Gesù che si degnasse di darmi una spina della Sua corona.

Gesù mi rispose che mi avrebbe concesso questa grazia, ma l'indomani, e subito la visione scomparve.

Al mattino, durante la meditazione, sentii una spina dolorosa dalla parte sinistra del capo; il dolore mi durò per tutto il giorno e pensai continuamente a come Gesù avesse potuto resistere al dolore di tutte quelle spine che sono nella Sua corona.

Unii le mie sofferenze alla sofferenza di Gesù e le offrii per i peccatori.

Alle quattro, quando sono andata per l'adorazione, ho visto una delle nostre allieve che offendeva Dio terribilmente con dei peccati impuri di pensiero.

Ho visto pure una certa persona a causa della quale peccava.

Un fremito di spavento ha attraversato l'anima mia ed ho pregato Dio, per i dolori di Gesù, che si degnasse strapparla da quell'orribile miseria.

Gesù mi rispose che le avrebbe concesso la grazia, non per suo merito, ma per la mia preghiera.

Allora compresi quanto dovremmo pregare per i peccatori e specialmente per le nostre educande.

La nostra è una vita veramente apostolica; non so immaginare una religiosa che viva nelle nostre case, cioè nella nostra Congregazione, che non abbia spirito apostolico; lo zelo per la salvezza delle anime dovrebbe ardere nei nostri cuori.

O mio Dio, come è dolce soffrire per Te, soffrire nel più segreto del cuore, nel più grande nascondimento, immolandosi come vittima non notata da alcuno, pura come il cristallo, senza alcuna soddisfazione né partecipazione affettiva.

Il mio spirito arde per un amore attivo, non perdo tempo per nessuna fantasticheria, prendo singolarmente ogni istante, poiché questo è in mio potere; il passato non mi appartiene più, il futuro non è ancora mio, procuro di utilizzare con tutta l'anima il tempo presente.

4.1.1935. Primo capitolo161 di Madre Borgia.162

In questo capitolo la Madre ha messo in evidenza la vita di fede e la fedeltà nelle piccole cose.

A metà del capitolo ho udito queste parole: « Desidero che nel momento presente ci sia in voi più fede.

Che grande gioia Mi procura la fedeltà della Mia sposa nelle piccole cose! ».

Ad un tratto rivolsi lo sguardo sul crocifisso e vidi che Gesù aveva il capo rivolto verso il refettorio e che le Sue labbra si muovevano.

Quando ne parlai alla Madre Superiora, mi rispose: « Vede, sorella, come Gesù esige che la nostra sia una vita di fede ».

Quando la Madre se n'era andata in cappella ed io ero rimasta a mettere in ordine la stanza, tutto ad un tratto sentii queste parole: « Di questo a tutte le Suore, che esigo che vivano con spirito di fede nei confronti delle Superiore nel momento attuale ».

Chiesi al confessore di sciogliermi da questo impegno.

Quando parlai con una persona che avrebbe dovuto dipingere l'immagine, ma per certi motivi non la dipinse, durante il colloquio con lei sentii nel mio intimo questa voce; « Desidero che essa sia più obbediente ».

Compresi che anche i più grandi sforzi, se non hanno il sigillo dell'obbedienza, non sono graditi a Dio; parlo di un'anima consacrata a Dio.

O Dio, come è facile conoscere la Tua volontà in un ordine religioso!

Noi, anime consacrate, dal mattino fino a notte abbiamo chiaramente indicata la volontà divina e nei momenti di incertezza abbiamo i Superiori, attraverso i quali parla Iddio.

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160 A Cracovia, all'incrocio fra Via Smolensk e Via Felicjanska, c'è una chiesetta costruita nel 1650 sul portale della quale c'è la dedica: alla Divina Misericordia (vedi Appendice n. 11).
La festa patronale di quella chiesa viene celebrata il 14 settembre, ricorrenza dell'Esaltazione della Santa Croce.
È forse a questa che si riferisce Santa Faustina
161 Veniva chiamata così la riunione delle suore, durante la quale la superiora della casa rivolgeva una breve esortazione, faceva qualche osservazione sull'osservanza delle norme religiose e le suore si accusavano delle mancanze esteriori
162 La « Madre », cioè la superiora della casa.
A Wilno allora era superiora M. Botgia Edvige Tichy (1887-1970).
Ebbe l'incarico di infermiera e di superiora a Wilno e a Walendów.
È stata teste nel processo informativo della Santa