La Scala del Paradiso

Indice

Grado XXVI

Della discrezione, cioè discernimento delle cogitazioni e delle vizia e delle virtudi

La discrezione in quelli che sono cominciatori, e deono essere introdotti ed informati, è lo verace conoscimento di quelle cose, che appartengono a loro medesimi.

La discrezione in quelli che sono in mezzo e proficienti, è uno sentimento intellettuale, il quale discerne propiamente il bene della grazia dal bene naturale e dal contrario, cioè dal vizio.

La discrezione in quelli che son perfetti, è vera scienzia ed uno sentimento posto in loro per divina illuminazione, per lo quale quelle cose che sono oscure in altrui, possono illuminare colla lucerna loro; ovvero universalmente parlando, la discrezione è detta ed è certo comprendimento della divina volontade in ogni tempo e in ogni luogo ed in ogni cosa, la quale è in soli quelli, che sono mondi di cuore e di lingua e di corpo, però che quegli ch'ae abbattute e vinte le tre vizia, insieme con esse ae distrutti gli altri cinque vizii; ma quegli ch'è negligente a combattere co' tre, neuno ne vincerà.

La discrezione è una conscienzia non contaminata ed un sentimento mondo.

Neuno che ode o vede nella vita monastica alcuna cosa sopra natura, si lasci cadere per insipienzia in infidelità ed indiscredenzia, però che là ove Iddio è, che è sopra natura, si fanno molte cose sopra natura.

Tutte le battaglie che 'l nimico fa contra di noi, in questi tre modi generalissimi avvegnono, però che esse vengono per nostra negligenzia o elle vengono per nostra superbia o elle ànno principio dalla sola invidia del demonio.

Lo primo è miserabile, lo secondo è più misero, ma il terzo è beato; e noi per nostra regola a dirizzare l'intenzione e la mente nostra, dinanzi ad ogni cosa colla invocazione di Dio usiamo senno ed industria in questo modo, che ci studiamo di conoscere la cagione onde viene il vento della tentazione, come fanno li marinai; ed onde viene il vento, da quella parte estendiamo le vele della resistenzia.

In tutte l'opere nostre, che sono secondo Iddio, le demonia ci parano tre fosse innanzi gli piè, acciò che cadiamo in alcuna di quelle; e la prima è che combattono che non facciamo quel bene, e se perdono questa battaglia, parano la seconda fossa, che combattono che 'l facciamo in tal modo, che non piaccia a Dio, mescolandoci alcun vizio; se questa seconda intenzione non possono asseguire, questi furoni parano la terza fossa, che stanno allato all'anima, e sì ci beatificano, sì come persone che in tutte le cose conversino secondo Iddio.

E contro alla prima battaglia si è la sollicitudine e l'aspettare della morte brievemente; contro alla seconda battaglia si è la subiezione e l'ubidienzia e il disprezzamento di noi medesimi; contro alla terza battaglia è sempre accusare ed incolpare noi medesimi, riguardando pure alli nostri difetti.

Questa fatica e questo dolore e questo sforzo dee essere in noi, ed a questo dovemo intendere del continuo, infino a tanto che nel nostro santuario della mente entri il fuoco divino, però che da poi non ci stanno appresso le presunzioni, imperò che lo Iddio nostro è fuoco, il quale consuma ogni infocazione e movimento e presunzione e cechità e tenebra dentro e di fuori, visibile ed intellettuale.

Ma le demonia ànno natura e propietade di fare tutte cose contrarie a queste che son dette, che fa Iddio nell'anima, però che quando circondano e prendono l'anima, e pervertono il lume della mente, d'allora innanzi in noi miseri non sarà vigilia, non sobrietà, non discrezione, non conoscimento, non vergogna, non reverenzia, se non privazione di dolore e di contrizione, insensibilità ed indiscrezione e privazione di conoscimento delli veraci beni.

Queste predette cose lo conoscono troppo più chiaramente quelli, che ritornano dalla fornicazione, e sottraggonsi dalla superbia della propia confidenzia, e dalla irreverenzia e dallo sfacciamento rivegnono in sentimento di sè medesimi, come dopo la sobrietà e lo svegliamento della mente, anzi di po' lo scioglimento della loro cechità, si vergognano di sè medesimi secondo la mente di quelle cose, che in prima parlavano ed operavano, mentre che viveano in quella cechità; e se non si oscurasse ed ottenebrasse in prima lo lume e lo dì dell'anima, le demonia non furerebbono, nè matterebbono, nè perderebbono.

Il furto è perdimento della sustanzia dell'anima e del suo stato; furto è operare il non bene come che 'l bene; furto è esser presa l'anima, non avvedendosene; la mattazione è la morte dell'anima razionale, quando cade nelle cose disoneste e sconvenevoli; la perdizione è dopo la iniquità operata cadere in desperazione.

Niuno alleghi impossibilità ne' comandamenti del Vangelio, però che sono alcune anime, che fecioro sopra quello che comanda il Vangelo; e questo ti faccia intendere quegli che amoe il prossimo più che sè, la qual cosa non contiene il comandamento di Cristo.

Più santi uomini fecioro questo, secondo che le storie narrano.

Confidinsi li viziosi umiliati, però che pogniamo che siano caduti in tutti i vizii e fosse, e lacciati in tutti i lacci ed infermati in ogni infermità; dopo la loro reversione alla sanità saranno fatti medici e lumiere e lucerne e governatori ad ogni gente, ammaestrando gli modi d'ogni infermità, e salvando per la propia esperienza coloro ch'erano disposti a cadere; e se alcuni di questi sono ancora tirannezzati e sforzati dalle infermità mortali, e dalli vizii e dalle passioni operate ed usate, questi possono insegnare colla sola parola, i quali pogniamo che insegnino, non reggano altri e non siano prelati, che forse insegnando per alcun tempo, si vergogneranno delle propie parole e cominceranno ad operare; ed adiverrà loro come vidi adivenire ad alcuni, i quali erano caduti nel luto, i quali giacendo fitti nei luto, narravano a quelli che passavano per quella via, il modo come erano caduti, acciò ch'eglino non cadessero in quel viaggio; e perch'elli si sollicitarono della salute altrui, Dio onnipotente liberò loro da quel luto.

Ma se quelli viziosi volontariamente si sommergono nelle concupiscenze e nelle delettazioni viziose, la loro dottrina sia il silenzio, attendendo a colui che disse, che Gesù Cristo incominciò prima a fare e poi ad ammaestrare.

Umili monaci, pensate che noi avemo a trapassare uno pelago veramente crudele e duro e pieno di molte ventora e di molte sozzure e di molte rivolte e d'aspri scogli e di bestie e di corsari e di soffiamenti e di grandi onde.

Per la sozzura dell'anima intendiamo lo furore subito e ferale come di fiera;

per le oscure rivolte dell'acqua intendiamo la disperazione, la quale circonda l'anima e poi la sommerge nel profondo;

per l'asperità degli scogli intendiamo la ignoranza, la quale tiene quello che è male, come fosse bene;

per le bestie intendiamo questo nostro corpo grave e salvatico colle sue animalitadi;

per li corsari intendiamo li ministri della vanagloria, li qua' rapiscon le nostre fatiche delle opere spirituali;

per l'onde intendiamo il ventre pieno ed enfiato, il quale col suo propio empito ci manda alla bestia;

per lo soffiamento intendiamo la superbia precipitata e gittata da cielo, la quale leva suso l'anima, e poi la dimerge infino nell'abisso.

A tutti quelli che son bene adottrinati di lettera, è manifesto che altre dottrine sono quelle, che imparano coloro che incominciano a leggere, ed altre sono quelle che imparano coloro che già sono introdotti, ed altre dottrine sono, nelle quali si esercitano gli maestri; e così è nella vita e conversazione spirituale, però che sono diversi li stati e l'esercizii de' cominciatori e de' proficienti e de' perfetti; però attendiamo saviamente, che essendo lungo tempo dimorati nella conversazione spirituale, non ci esercitiamo pur nell'opere de' cominciatori, però che come nell'imparare della lettera è grande vergogna ad andare i vecchi alla scuola de' fanciulli, così è grande offensione e danno fare il simile nella vita spirituale!.

Il perfetto alfabeto spirituale degl'incominciatori è questo: obedienzia, digiuno, ciliccio, cenere, cioè giacere in terra, lagrime, confessione e silenzio, umilità, vigilie, fortezza, freddo, nudità, fame, sete, fatiche, dolori, infermità, miseria, disprezzamento, contrizione, non rendere male per male, dimenticarsi delle 'ngiurie, amore di fraternità, mansuetudine, fede semplice e ferma sanza curiosità di questioni, privazione delle cure di questo secolo e della sollicitudine del mondo e della cura della carne, odio sanza odio, cioè perfetto e sanza vizio, degli parenti e della propia contrada e delle luogora deliziose, non avere affetto vizioso nè a sè nè a neuno domestico nè a neuna cosa; simplicità con innocenzia, mortificazione di volontà e amore di viltà.

Il numero e lo riposo de' proficienti è questo: privazione di vanagloria, essere sanza ira e sanza furore, buona speranza e dolce riposo, discrezione, fissa memoria dello giudicio eternale, dolce affetto e compassione, amore d'ospitalità, ammonizione commensurata, orazione monda e sanza mescolanza ed inseducibile, cioè che non possa ricevere inganno, impassibile si che non li possa essere rapita, modi ed affetti sanza avarizia.

Questa è la determinazione e il sermone e la legge delli spiriti e corpi perfetti in carne: avere cuore inimprigionevole, che non si possa legare nè imprigionare da neuna cosa terrena, perfetta carità e fonte d'umilità, levamento della mente a Dio, avere ricevuto Cristo e vestitosi di lui, impredabilità di lume e d'orazione, ovvero che non li possa essere tolto nè lume nè orazione, soprabondanza di soprasustanziale illuminazione di Dio, desiderio e piacimento di morte, odio di vita, fuga del corpo, interpellatore ed intercessore del mondo, sforzatore di Dio, compagno degli angeli nelli ministerii della salute dell'anime, abisso di scienzia spirituale, casa de' misterii, guardiano delle cose segrete di Dio, salvatore degli uomini per Gesù Cristo, Dio delle demonia, signore delle vizia, signoreggiatore e re del corpo e della mente, difensore della natura, libero ed alieno del peccato, casa d'impassibilità, seguitatore del Signore per l'aiutorio di Dio.

Non abisognamo di poca vigilia mentale quando il corpo inferma, però che le demonia veggendoci giacere a terra, e che non potiamo usare virtuosa esercitazione contra di loro, allora si sforzano dimpugnarci crudelmente.

Contra di quelli che stanno nel mondo, s'esercita lo demonio del furore e dell'ira, e alcuna fiata lo demonio della bestemmia; ma in quelli che sono fuori del mondo, se essi possono avere le cose necessarie, leggiermente esercitasi contra loro il demonio della gola e della fornicazione; ma se stanno in luoghi remoti e privati di consolazioni corporali, combatte il tiranno dell'accidia e della 'ngratitudine.

Puosimi a mente del lupo della fornicazione, che a quegli ch'era affaticato della infermità, aggiungea loro dolore e tristizia, però che in quelle fatiche e tristizie facea loro patire movimenti di carne e polluzioni; ed era stupore vedere la carne infra li dolori ed affrizioni bollire per dilettazione di concupiscenzia e di lussuria, e furiosamente essere vessata e stimolata; e tornando per visitarli, vidili giacere oranti e consolati, condutti a ciò dall'operazione divina e dalla compunzione; e non era maraviglia, però che per la infermità, quasi per una correzione di Dio, erano liberati da quella passione viziosa, e per la consolazione divina ripercossero l'affrizioni e dolori in tanto, che d'allora innanzi non voleano essere liberi dalla infermità; ed io vedendo questo, glorificai Iddio, il quale per lo luto della infermità corporale monda e purga lo luto della concupiscenza carnale dell'anima.

La mente intellettuale al postutto cuopre e veste un senso intellettuale, il quale essendo in noi e non in noi, non cessiamo di cercarlo, però che apparendo quello, quelle cose che sono di fuori, al postutto cesseranno d'operare le propie opere per volontà; e questo è quello che uno savio conoscendolo disse: « Tu troverai in te uno senso divino ».

La vita monastica dee essere fatta in sentimento di cuore, in opere, in parole, in cogitazioni ed in movimenti, e se non è così, già non sarà monastica, non tanto che sia angelica.

Altra cosa è la providenzia di Dio, ed altra cosa è l'aiutorio, ed altro è la custodia, ed altro è la misericordia di Dio, ed altro è la consolazione: il primo è in ogni natura, il secondo in solo li fedeli, il terzo è in quelli, che fedelmente e veramente son fedeli, lo quarto è in quelli che li servono, l'ultimo si dimostra e manifesta in coloro che l'amano.

Alcuna fiata quello che ad alcuno è medicina, ad alcuno altro è tosco mortale, e ad uno medesimo quello che ad alcuno tempo gli è medicina, ad altro tempo gli sarebbe beveraggio di morte.

Vidi un medico aspro, il quale uno infermo conquassato importunamente e gravemente lo ingiurioe, ed in quel modo non lo recoe ad altro che a disperazione; e vidi il medico, il quale dicendo allo 'nfermo vergogne opportunamente e piacevolmente, medicee il cuore superbo ed infiato, ed ogni puzzo e veleno ne votò e trasse da lui; e vidi questo infermo medesimo, che per la purgazione della sozzura alcuna fiata bevea la medicina dell'obedienza, e sollicitamente andava attorno servendo, e non dormiva e non posava; e vidi questo medesimo infermo alcuna fiata, che avea turbato l'occhio dell'anima, e posavasi e perseverava in silenzio e non dormia.

Chi à orecchi da udire, oda.

Sono alcuni, li quali quasi naturalmente anno inclinazione ed attitudine a continenzia, ovvero ad astinenzia, ovver a stare remoti e tranquilli, ovvero a castità, ovvero a non essere presunziosi e pronti, ovvero a mansuetudine, ovvero a compunzione; ma onde abiano queste cose, nol conosco, però che io non imparai di volere cercare curiosamente con superbia gli doni di Dio; e sono alcuni altri, i quali ànno la natura quasi contraria e resistente a queste cose predette, ma secondo la lor potenzia si fanno violenzia a sè medesimi, li quali pogniamo che alcuna fiata sieno vinti, io accetto più loro che li primi, come uomini che si sforzano a fare violenzia alla natura loro.

O tu, uomo, che ài la natura tanto atta a bene, non te ne tenere grande e non te ne levare in alto delle ricchezze che ài sanza fatica e sanza dolore, però che lo Signore datore de' doni, conoscendo dinanzi la tua molta infermità dell'anima, per la quale tu eri apparecchiato alla perdizione, volleti prevenire con le sue ricchezze, le qua' sono sanza tuo merito, acciò che in questo modo avessi parte nella salvazione; e non tanto la rea natura ne resiste ed è contraria, quando volemo crescere in virtù e nella conversazione monastica, ma ancora ne sono contrarie le dottrine non buone e li nutricamenti e li studii e li modi, che prendemmo nella piccolezza.

Lo lume delli monaci sono gli angeli, e lo lume di tutti gli altri uomini è la conversazione monastica; e però si debbono sforzare d'essere buona forma e buono esempio a tutte le genti in tutte cose che parlano ed operano, acciò che non deano a niuno cagione d'offensione in alcuna cosa, imperò che se lo lume intenebrisce, quanto diventeranno ottenebrati quelli che conversano secondo il mondo?

Adunque so mi volete ubidire, dicovi che è buona cosa non variare noi medesimi, e non partire nè dividere la nostra miserabile anima a combattere con mille migliaia e dieci volte dieci milia di nemici, però che noi non potemo tutte le loro malignità ed astuzie conoscere nè perfettamente trovare; e però si conviene, che con l'aiutorio della santa Trinità noi ci armiamo di tre virtudi contra le tre vizia principali, le qua' sono le radici, delle quali nascono tutte l'altre, e queste sono gola, vanagloria ed avarizia, le qna' si vincono con queste tre virtudi, cioè astinenzia, umilità, carità; perciò ci conviene d'esserne armati, e se così non faremo, molte fatiche a noi acquisteremo; ma se sarà con noi quegli che convertì il mare in terra secca, lo nostro Israel, cioè la mente, per la quale si vede Iddio, passerà questo mare sanza tempestade, e nell'acqua delle lagrime vedrae gli egizii suffocati; ma se quello non viene in noi, chi potrà sostenere i suoni dell'onde sue e di questa carne?

Se lo Signore si leverà in noi per l'attiva vita, saranno dispersi in noi li suoi nimici, e se per la contemplazione ci appresseremo a lui, fuggiranno quelli che ànno in odio noi e lui dalla faccia sua e dalla nostra.

Ma sollicitiamoci d'imparare le cose spirituali e divine non pur coll'udire e collo leggere, ma maggiormente con sudori e con fatiche e con dolori, però che nel tempo della morte ci conviene di mostrare opere e non parole; e prendiamo esempio delle cose temporali, che quelli che odono che in alcuno luogo è nascosto tesauro, per molta fatica lo vanno cercando per trovare, e poi che l'ànno trovato, con fatica e con dolore lo guardano, però che quelli che sanza fatica arricchiscono, leggiermente lo dispergono.

Grande cosa e malagevole è che le male usanze e gli ma' modi che aviamo presi, sopravinciamo, ma quelli che non cessano d'aggiugnercene più, o elli sono disperati della salute, o elli della obedienzia e della subiezione non megliorano; ma io so che Iddio può fare ogni cosa, e niuna cosa a lui è impossibile.

Alcuni mi domandarono d'una parola di Dio, la quale è grave a discernere, e secondo lo mio parere trapassa ogni persona, e non si contiene in niuno libro che a me sia pervenuto, però che diceano così: « Dell'otto cogitazioni della malizia qua' sono propiamente e distintamente le figliuole?

Ovvero delle tre principali quale è generatrice di ciascuna delle altre cinque? »

Ed io allegando la ignoranza di questa laudabile interrogazione, quelli cautissimi uomini parlarono così: «Madre della fornicazione è la gola; dell'accidia si è madre l'avarizia e la vanagloria; la tristizia è figliuola della gola e della vanagloria e dell'avarizia siccome l'ira; ancora la vanagloria è madre della superbia ».

E pregai ancora questi santi, degni d'essere ricordati, che mi dicessero delle figliuole di questi otto vizii, quale è la figliuola propiamente di ciascuno; e quelli mondi da vizii ed impassibili molto benignamente m'insegnaro, dicendo che non c'era ordine nell'imprudenti ed insensati, se non disordinazione ed inganno; e misermi a vedere quelli beati con piacevoli esempli alcune dimostrazioni, delle quali alcune ne scriveremo in questo sermone, acciò che da quelle siamo alluminati dell'altre.

Lo riso importuno e fastidioso alcuna volta nasce dalla fornicazione e dal troppo mangiare e bere; alcuna fiata dalla vanagloria, quando alcuno intra sè medesimo per istoltizia e vana letizia si leva in alto; alcuna fiata dalle delizie e dalli vani parlamenti e dalla malignità; alcuna fiata viene dalle demonia.

Lo molto sonno alcuna fiata nasce dal ben mangiare e dalla satollezza, alcune fiate dal digiuno, massimamente quando gli digiunatori si levano in superbia, alcuna fiata viene dall'accidia, ed alcuna fiata dalla complessione naturale.

Lo molto parlare alcuna volta viene dalla vanagloria, alcuna fiata dalla satollezza, alcuna fiata da stoltizia ed alienazione di mente, alcuna fiata dal movimento delle demonia.

L'accidia alcuna fiata nasce dalle delizie de' cibi, alcuna volta dalla privazione del timore di Dio, alcuna fiata dalla quiete ed alcuna volta dal molto parlare.

La biastemmia è propiamente figlia della superbia, e molte fiate viene però che non ci guardiamo di giudicare il prossimo di quello medesimo, ed alcuna fiata viene dalla importuna invidia del demonio.

La durizia del cuore alcuna volta viene dalla sazietà, ma più spesso nasce dalla insensibilità, però che amiamo alcuna cosa viziosamente.

L'amare alcuna cosa viziosamente alcuna fiata è dalla fomicazione o dalla vanagloria o dall'avarizia o dalla gola, o da molte altre cagioni.

La malignità è dalla propia reputazione e dalla superbia e dalla confidenza di sè e dal furore e dall'ira.

La ipocrisia è dall'arroganza e dal desiderio di piacere agl'uomini, e dalla regolazione e dalla compiacenzia della propia volontà, e dall'amore delle laude e del nome di santità.

Le cose contrarie a queste nascono dalle contrarie, e per non dicere molto, però che ci verrebbe meno il tempo, chi volesse singularmente dire, di tutte queste predette vizia n'è ucciditrice l'umilità, la quale chi possiede, ogni vizio à vinto.

Le genitrici di tutti li mali sono la delettazione della concupiscenza e la malignità, le quali chi possiede, non vedrà Iddio, e non basterà lasciare la prima, se non lascerà la seconda.

L'esempio del timore di Dio alcuno il prese dallo timore delli principi del mondo e dal timore delle bestie; ma l'esempio dell'amore e del desiderio di Dio ti sia l'amore corporale, però che non si vieta prendere dalle cose contrarie li esempli delle virtù.

Questa generazione si maligna gravemente, e tutta è piena di superbia e di vanità e d'ipocrisia; e però dimostrando d'avere le fatiche corporali della penitenzia, secondo ch'ebbono li nostri antichi padri, non è fatta degna d'avere le grazie loro spirituali, che io mi penso che giammai la natura umana non fu tanto povera di grazie spirituali quanto aguale, e giustamente questo patiamo, però che Dio non appare e non si manifesta alle fatiche, se non ad umilità e a simplicità, e se la virtù nella 'nfermità si fa perfetta, Iddio non discaccerà l'operatore umile.

Quando noi vedemo alcuno degli combattitori di Gesù Cristo essere corporalmente afflitto, non ci vogliamo studiare di conoscere il giudicio della sua infermità per malignità che crediamo essere in loro, ma maggiormente ricevendolo in simplice carità sanza malignità come nostro propio membro e come cavaliere ferito in battaglia, curiamolo colla compassione e con ogni consolazione, però che Iddio non manda le 'nfermità ai servi suoi pur per malignità che sia in loro, ma alcuna fiata la 'nfermità è mandata da Dio per purgazione delle offensioni, ed alcuna fiata è mandata per umiliare il sapere della prudenzia nostra.

Lo buono e ottimo e sempre buon re e Signore, quando vedrà alcuni essere oziosi e più pigri all'esercizio dell'opere virtuose, da indi innanzi umilia spesse fiate, per infermità la carne loro, acciò che per essa, quasi per una esercitazione e battaglia più remessa e più leggiere, si salvino; ed è alcuna fiata che Dio monda l'anima per le maligne cogitazioni e per li vizii, i quali ci assaliscono; però che per queste cose l'anima che giaceva in terra addormentata per la negligenzia, essendo punta e stimolata, si sveglia e sollicitasi all'orazione ed all'altre buone operazioni per non essere dannata.

Tutte le cose che ci adivengono, visibili o invisibili, le potemo ricevere bene e viziosamente e di mezzo modo.

Io vidi tre frati, li quali ricevettero danno, e l'uno di loro indignoe, l'altro non ricevette tristizia, l'altro si rallegrò molto.

Vidi più uomini lavoratori di campi, li qua' tutti seminavano d'uno seme, e ciascuno avea in questo suo seminare sua propia intenzione diversa dagli altri; ed uno seminava per pagare gli debiti suoi, l'altro per acquistare più ricchezze, l'altro per donare ed onorare il re, l'altro seminava per essere lodato da coloro che passavano, della sua operazione, l'altro seminava per astio del suo nimico, l'altro seminava per non essere improperato siccome ozioso.

Questo seme predetto è chiamato lo digiuno, l'astinenzia, la vigilia, fare le limosine, fare gli servigi agli infermi ed a' poveri, fare le peregrinazioni e l'altre buone opere.

Adiviene più fiate, se facendo li frati le buone operazioni a diritta intenzione per piacere a Dio, ci si mescola il vizio segretamente, siccome quando l'uomo trae l'acqua della fonte, insieme coll'acqua ci trae la rana nella secchia, e non se ne accorge;

e così operando le virtù, molte volte insieme con esse segretamente ci operiamo le malizie,

verbi grazia quando facciamo l'ospitalità, ci si mescola la gola,

colla carità del prossimo alcuna fiata ci si mescola la famigliarità e li parlamenti nocivi e l'amore carnale;

alla discrezione ci si mescola l'astuzia, la reputazione della propia sufficienzia e le duplicitadi;

alla prudenzia ci si mescola la malignità, alla mansuetudine ci si mescola la pigrizia, l'adulazione della lingua, l'oziosità e la gravità;

al zelo della giustizia ci si mescola la contradizione e lo piacimento della propia volontà, la propia regolazione e durizia, e non dare ad altrui udienzia;

allo silenzio ci si mescola lo tumore d'insegnare, lo giudicio e lo dispiacimento de' parlatori, la insofferenzia ed amaritudine ed indiscrezione;

al gaudio dello spirito si mescola la superbia, la giattanza e la propia reputazione;

alla speranza si mescola la pigrizia e la negligenzia e la tepiditade della contrizione e della penitenzia;

alla carità si mescola ancora lo giudicare,

alla remozione solitaria si mescola l'accidia e l'oziosità e l'esercizio inutile e sconvenevole;

alla castità si mescola l'arroganzia e l'amaritudine,

all'umilità si mescola il silenzio sconvenevole;

quando la giustizia è conculcata, e la propia confidenza.

A tutte le virtù predette siccome comune collirio, anzi come lo beveraggio mortale, si mescola la vanagloria.

Non ci contristiamo domandando noi a Dio alcuna buona cosa, e non essendo esauditi per lunghi tempi, però ch'egli vorrebbe che tutti fossimo mondi dai vizii in uno momento di tempo.

Tutti quelli che dimandano a Dio cosa buona e non la riportano, al postutto adivione per una di queste cagioni,

la prima delle quali è che dimandiamo innanzi al tempo convenevole;

la seconda ragione è che dimandiamo le cose spirituali indegnamente e vanagloriosamente;

la terza cagione è però che se quella cosa che dimandiamo, ci fosse data, ci leveremmo in superbia, e sarebbe cagione a noi di pericolo dell'anima;

la quarta cagione è però che se quella cosa ricevessimo, diventeremmo negligenti, che le demonia e le vizia si partino da l'anima o per alcun tempo o per sempre.

Niuno credo che di ciò dubiti, ma in quanti modi sia lo lor partimento da noi, pochi lo sanno.

Partironsi le vizia da alcuni, non solamente dagli fedeli, ma dagl'infedeli, salvo uno vizio, il quale adempie il luogo di tutti li altri vizii, esso solo rimagnendo, però ch'egli tiene il principato tra gli mali, però che fae si grande danno, che fue da cielo gittate.

Lo primo modo del partimento delle vizia si è che si consuma la materia, quando entra nell'anima il fuoco divino, come si consumano le legna, quando ci è messo di sotto il fuoco, ed essendo la selva diradicata e l'anima purgata, dormonsi poi le vizia, se noi in alcuno luogo non le ritraemo a noi per conversazione lotosa d'affetti carnali e materiali.

Le demonia si partono da noi volontariamente, acciò che non essendo noi impugnati, viviamo sanza sollicitudine, sicuri e sanza cautela e sanza studio spirituale; e sopravegnendo essi subitamente, rapiscano la misera anima nostra.

L'altro modo del loro partimento è questo, che da poi che ànno l'anima fatta essere usata perfettamente agli rei costumi, e qualificata sommamente e confettata dalle vizia, vedendo l'anima già essere fatta insidiatrice di sè per sè medesima, e da indi innanzi essere fatta impugnatrice di sè medesima, allora eglino si partono; e di questa cosa ne sono esempio li parvoli, li quali avendo presa la lunga usanza di succiare la poppa, non avendo la poppa, succiano poi li propii diti.

Conosco quanta impassibilità è nell'anima per la molta simplicità e laudabile purità; è però questi cotali giustamente sono aiutati da Dio, il quale, come dice il profeta, fa salvi coloro che sono diritti di cuore, e insensibilmente li libera da' mali, cioè da' vizii, però che sono come gli parvoli nudi e spogliati, e non molto conoscono.

La malizia ovvero vizio non è naturalmente nell'anima, però che Dio non è creatore de' vizii, ma molte virtù sono fatte in noi naturali da lui, delle quali queste son manifeste, cioè la misericordia, però che quelli che non parlano, son compassivi; l'amore, perciò che non solamente gli uomini, ma gli animali sanza ragione ànno in sè amore, il quale si dimostra in questo, che più fiate lagrimano, quando l'uno è privato dell'altro; la fede, però che da noi medesimi la parturiamo e producemo; la speranza, però che quando comperiamo, e quando prestiamo, e quando navichiamo, e quando seminiamo, sempre speriamo d'avere cose megliorate.

Adunque come mostrato è, la carità è naturale virtù in noi, e essa è legame della perfezione e plenitudine della legge; adunque le virtudi non sono di lungi dalla natura; vergogninsi dunque quelli, che allegano la impotenzia dell'opere delle virtudi.

Le virtù e le grazie sopranaturali son queste: la castità, la inirascibilità, l'umilità, l'orazione, le vigilie, il digiuno, la compunzione incessabile; d'alcune di queste sono maestri gli uomini, d'alcune son maestri gli angeli, d'altre esso Iddio, verbo e maestro e dottore.

Quando siamo raccolti infra due mali, dovemo eleggere quello che è più leggiere.

Più fiate stando noi in orazione, vengono li frati per parlare, ed è mestieri di fare una delle due cose, lasciare l'orazione, o turbare il frate, non rispondendogli: maggiore è la carità che l'orazione, però che l'orazione è virtù particulare, e la carità comprende tutte le virtù.

Ancora quando già io era giovane, stando una fiata in villa e sedendo a mensa insieme, fui compreso dalle cogitazioni della gola e della vanagloria: le cogitazioni della gola sollicitavano ch'io mangiassi bene, le cogitazioni della vanagloria ammoniano che dimostrassi astinenza; ed io temendo lo stolto figliuolo della gola, lascia'mi vincere alla vanagloria, però che cognosco che nelli giovani è cosa ragionevole, che 'l vizio del demonio della vanagloria vinca lo demonio della gola, però che apo quelli che stanno nel mondo, la radice di tutti i mali è l'avarizia, apo gli monaci è la gola.

Nelle persone spirituali spesse volte alcuni minimi vizii, gli qua' son sanza peccato, dispensativamente sono lasciati da Dio, acciò che per quelli minimi vizii, i quali sono sanza peccato, cioè sanza lasciamento della carità, vituperando molto sè medesimi, posseggano le impredabili ricchezze della verace umilità.

Quegli che non sta sotto obedienzia in subiezione, non può in principio possedere umilità, però che ogni persona che vuole imparare arte da sua industria e per l'albitrio della sua propia volontà, è mestieri che fantastichi.

Li padri santi diterminaro ragionevolmente, che la vita attiva si contenea in due generalissime virtù, cioè nella umile astinenza e nella semplice obedienzia, però che l'una uccide le delettazioni e concupiscenzie, e l'altra armando l'anima d'umilità, sì fa certa la uccisione; ed ancora per la verace umilità, la qual procede da obedienzia, discacciansi tutte le malignità.

Operazione dell'anime piatose è di dare a qualunque persona gli domanda, ma dare a chi non domanda, conoscendo la sua necessità, questa è operazione d'anime più piatose; ma non radomandare in giudicio la cosa che è tolta, potendola acconciamente radomandare, questa è operazione de' perfetti.

Cercando noi medesimi, in qualunque vizio ed in qualunque virtù siamo, non cessiamo d'esaminare se siamo nel principio o nel mezzo o nella finege.

Tutte le battaglie delle demonia contra noi da una di tre cagioni procedono, cioè o d'amore di concupiscenzia delle cose delettevoli, o da superbia, o dalla loro invidia, e gli ultimi sono beati, ma li primi sono sempre inutili; coloro di mezzo in tutto son miseri, però che non ànno neuna scusa.

È uno sentimento, e più propiamente parlando, è un'affezione ed uno abito e disposizione mentale, che è detto amatore e rapportatore di dolori, dal quale quello che n'è preso, non avrà paura e non si cesserà da neuno dolore.

Di questo sentimento furono prese l'anime degli marteri, però portarono dolcemente tutti i tormenti.

Altra cosa è la custodia delle cogitazioni ree, non lasciandole entrare, ed altra cosa è la conservazione della mente, combattendo di scacciare le ree cogitazioni che sono intrate, acciò che la mente non si contamini per esse, e quanta distanzia ae da oriente a occidente, tanto è più alta la prima che la seconda.

Altra cosa è orare contra le cogitazioni ree, ed altra cosa è incontra rispondere e parlare ad esse, ed altra è disprezzarle e soprastarle.

Il primo è delli comincianti, lo secondo de' proficienti, lo terzo è de' perfetti; ed al primo dà testimonanza la parola del Salmista, quando dice: Dio, intendi nel mio adiutorio, ed altre parole simili a queste; al secondo dà testimonanza, quando dice: Io risponderò a' miei avversarli parola contraditoria; e quando dice: Signore, àmi posto in contradizione agli nostri nimici; al terzo dà testimonianza, quando dice: Io amutolii e non apersi la bocca mia; ed ancora dice: Io puosi la guardia alla bocca mia, mentre che stava il peccatore contra di me; ed ancora dice: Li superbi andavano d'intorno a me pur malignando, e dalla tua contemplazione io non cessava.

Il secondo spesse fiate usa il primo modo, però che non è sempre apparecchiato ad usare lo secondo modo, ma il primo non può collo secondo modo discacciare gli nemici suoi; ma il terzo al tutto ae abbattute le demonia.

Impossibile cosa è che la sustanzia incorporale dal corpo sia terminata, ma a Dio creatore d'ogni cosa è possibile.

Siccome gli uomini che ànno il buono odorato sentono le cose odorifere che altri porta secretamente, così l'anima monda sente la soavità e 'l buono odore delle grazie de' prossimi, le quali grazie ella ae già ricevute da Dio e possedute; ed ancora aguale sente il fetore delli vizii che sono in altrui, de' quali essa è liberata, non sentendole queste cose l'altre persone.

Non è cosa possibile che ogni anima diventi e sia fatta impassibile, ma che ogni anima si salvi e riconcilisi con Dio, questo è possibile.

Coloro li quali le secrete ed ineffabili dispensazioni e visioni di Dio fatte nell'anime curiosamente vogliono cercare ed investigare, e segretamente nel cuore loro dicono che Dio è accettatore di persone, questi son figliuoli della propia reputazione, della superbia e dell'arroganza.

Il demonio dell'avarizia alcuna volta dimostra umilità, e lo demonio della vanagloria ammonisce di fare la limosina publicamente nel conspetto altrui; ma se saremo mondati da questi due vizii, non cessiamo di fare misericordia in ogni luogo.

Alcuni dissono che le demonia fuggono le demonia, e per paura davano luogo l'uno all'altro; ma io conosco che tutti cercano la perdizione nostra.

Ad ogni operazione spirituale visibile ed invisibile ed intellettuale è mestieri che gli vada innanzi lo proponimento propio e lo desiderio virtuoso fatto coll'operazione di Dio; e se queste cose non gli vanno innanzi, l'operazione non sarà spirituale, e se secondo che dice Salomone, ogni cosa ch'è sotto il cielo, ae propio tempo, maggiormente le cose spirituali deono avere propio tempo;

e se tutti i fatti della monastica religione sono santi, conviensi in tutti cercare lo propio tempo, ed a questo è mestiere d'intendere, acciò che non cerchiamo neuna cosa innanzi al suo tempo, però ch'è tempo di libertade e di mondazione di vizii, cioè impassibilità, in quelli che combattono legittimamente;

ed è tempo di passibilità e di battaglia de' vizii per la piccolezza de' combattitori;

tempo di lagrime e tempo d'indurazione di cuore,

tempo di subiezione e d'obedienzia, e tempo di comandare ed ordinare altrui;

tempo da digiuno e tempo da refezione,

tempo di battaglia col nimico corpo, e tempo di morte della 'nfocazione e del riscaldamento carnale;

tempo di vemo dell'anima e tempo di quiete di mente;

tempo di tristizia cordiale e tempo di gaudio spirituale;

tempo di dottrinare e tempo d'altrui imparare;

tempo di contaminazione per la superbia e per la propia reputazione, e tempo di purgazione e di mondizia per la umiliazione;

tempo di battaglia e di punga e tempo di quiete certa;

tempo di tranquilla remozione, e tempo di non occupante occupazione;

tempo d'orare sanza intermissione, e tempo di servire sanza simulazione ed infignimento.

Adunque le cose d'un tempo non le cerchiamo innanzi a quel tempo, essendo ingannati dalla superba prontezza; non cerchiamo di vemo quelle cose che sono di state; non cerchiamo nel tempo del seminare quelle cose, che sono nel tempo della mietitura, però che altro tempo è di seminare le fatiche ed i dolori, ed altro tempo di mietere le grazie ineffabili e segrete; e se non faremo così, non avremo nel tempo quello ch'è suo propio.

Alcuni sono, che ricevono da Dio secondo la sua segreta dispensazione le sante remunerazioni delle propie fatiche innanzi che si affatichino; alcuni le ricevono nel tempo che si affaticano, alcuni le ricevono di po' la fatica, alcuni le ricevono nel tempo della morte.

È da cercare qual di questi sia più umile, e la verità è che gli ultimi sono più umili.

Alcuna fiata procede la disperazione dalla multitudine de' peccati e dal peso della conscienzia e dalla importabile tristizia, però che l'anima si sommerge dalla smisurata multitudine delle piaghe, e dal pondo loro s'assorbisce nel profondo della desperazione; ed alcuna fiata proviene la disperazione dalla superbia e dal levamento, quando ci reputiamo quasi indegni di quel cadimento che ne adiviene.

Chi si pone a mente questa cosa, troverà la propietà in ciascuna, che colui si dà ad una insofferenza ostinata, questo altro prende la cagione della desperazione dalla sua virtuosa esercitazione, la qual cosa non è convenevole, quegli si medica per l'astinenza e per la fiducia della buona speranza, questo altro si medica e sanasi per l'umilità e per lo non giudicare neuno.

Non ci conviene che ci turbiamo nè fuggiamo, quando vedemo che quelli che fanno l'opere maligne, dicono le parole buone, però che in paradiso la superbia e la prudenzia della propia reputazione esaltando quel serpente, lo fece dannare.

In tutte le cose che ti studi di fare, che ti sieno commesse d'altrui, ed in tutte tue conversazioni o comandate d'altrui o non comandate, visibili od intellettuali, se tu vuoi conoscere se l'arai fatte secondo il piacere di Dio, questo sia forma e regola, che se noi da poi che avremo fatta quella cosa, non riceveremo più umilità nell'anima, che quella che noi in prima possedevamo, non pare a me che quella abbiamo fatta secondo il piacere di Dio, o grande o piccola cosa che sia stata; e questa è la certificazione del piacimento divino in noi, che siamo più piccoli.

In quelli che sono nello stato del mezzo, è lo segno del piacimento divino lo cessamento degl'impugnatori e delle battaglie; ma in quelli che sono perfetti, la certificazione della divina volontà è lo diposito e l'accrescimento e la soprabondanzia del lume divino.

Quelle cose che son picciole apo gli grandi, non sono al tutto picciolo, ma quelle che sono grandi apo gli piccoli, non sono al postutto perfette.

L'aire purgato dimostra il sole chiaro, e l'anima liberata dalle sue presunzioni e fatta degna della remissione de' peccati, al postutto vide lo lume divino.

Altra cosa è il peccato, ed altra cosa è la negligenzia, ed altra cosa è l'oziosità, ed altra cosa è il vizio, ed altra cosa è il cadimento; chi queste differenzie può cercare, per Dio cerchile saviamente.

Sono alcuni, i quali sopra ogni cosa beatificano l'operazione de' miracoli e l'altre grazie spirituali, le quali si veggiono palesemente, non conoscendo che sieno altre grazie spirituali molto più grandi, le qua' sono occulte, e però non si possono perdere.

Quegli che perfettamente è mondato, vede l'anima del prossimo in che cose è inchinata, ed in che ae posto l'affetto suo, quantunque non veggia essa anima sustanzialmente; ma colui che è proficiente e non è ancora perfetto, conosce conjetturando dell'essere dell'anima del prossimo per lo corpo, cioè per alcuni atti e modi corporali, e non perfettamente.

Molte fiate uno piccolo fuoco purga molta materia, cioè molto pattume, siccome uno piccolo forame fae perdere tutto quello ch'era stato acquistato con molta fatica, e così è spiritualmente, che uno picciolo incendio della carità di Dio ch'entra nell'anima, consuma molta immondizia; ed uno picciolo vizio, al quale l'anima non resiste, la conduce in perdimento d'ogni grazia che avea.

È uno riposo dalle impugnazioni carnali, che Dio dà ad alcune persone, il quale fa svegliare la virtù della mente; simigliantemente sono stimoli ed impugnazioni carnali date a quegli che l'ànno in odio, per lo quale odio fanno molta macerazione alla carne loro, acciò che non ci confidiamo in noi ne in nostra penitenzia, se non in Dio, il quale incognitamente mortifica la nostra viva carne.

Quando noi vedemo che alcune persone amano noi secondo Iddio, studiamci d'avere ad essi grandissima reverenzia, e fugiamo d'avere inverso di loro audacia e fiducia di presunzione, però che non è niuna cosa che tanto discioglia l'amore e rechi lo dispiacimento e l'odio, quanto la presuntuosa confidenzia ed audacia.

L'ottimo sguardo dell'anima è molto intellettuale sanza imaginazione e fantasia, e dopo lo isguardo delle sustanzie sanza corpo, cioè degli angeli, trapassa ogni altro sguardo imaginario; e però spesse fiate li viziosi li sentimenti che sono nell'anime altrui, poterono conoscere per lo molto amore che avevano ad essi, e spezialmente e maggiormente quando non erano sommersi sotto lo loto dell'amor camale, e se nulla cosa è che tanto s'opponga e resista alla natura immateriale, come la mente e lo 'ntelletto, quanto che la cosa materiale, chi legge intenda.

Ponere cura in queste cose, che appaiono sensualmente nelli mondani, resiste alla divina providenzia, ma in noi monaci resiste alla intellettuale scienzia, e questi cotali infermi dell'anima essendo, riconoscono la superna visitazione di Dio inverso di loro per li pericoli corporali e per le tentazioni di fuori, ma li perfetti la riconoscono per lo spirito e per lo accrescimento delle grazie spirituali.

Quando ci ponemo a giacere, è uno demonio che viene a noi, e colle maligne e sozze ricordazioni ci saetta, acciò che noi essendo tenuti dalla pigrizia, non ci leviamo ad adorare e non ci armiamo contra esso, ma adormentandoci ne' sozzi pensieri, veggiamo i sozzi sogni; ed è un'altro demonio, chiamato corriere delli spiriti maligni, il quale essendo noi svegliati, incontanente ci voca, anzi ci comprende, e lo primo pensiero della mente nostra contamina; e però ti sforza di dare a Dio le primizie del tuo dì, cioè li primi pensieri, però che 'l di sarà di quegli, che prima il prende.

Uno virtuoso operatore disse a me una parola degna d'essere udita, che disse così: « Da essa mattina conosco tutto il corso del dì mio ».

Molti sono li viaggi della salute e di piacere a Dio, e simigliantemente della perdizione, però che spesse volte adiviene, che alcuna cosa ad uno sarà pericolosa e contraria alla salute, la quale ad un'altro sarà prospera e convenevole, e la 'ntenzione di ciascuno sarà piacevole a Dio.

Combattono con noi le demonia, che nelle tentazioni che a noi vegnono, facciamo o diciamo alcuna cosa sconvenevole, e se di questo non ci possono vincere, induconci che di quella vittoria che avemo di quelle tentazioni, ne rendiamo grazie a Dio superbamente, cioè che non l'attribuiamo tutta a Dio.

Quelli i quali per virtù e per scienzia sanno le cose superne, essendo partite l'anime dalle corpora, ritornano suso alle cose superne, che amarono e desiderarono; e quelli i quali colla mente e coll'affetto sanno le cose terrene di sotto, se ne vanno alle luogora delle pene, e nullo mezzo è dato dopo lo partimento dell'anime.

Una delle cose create ricevette l'essere in altra cosa e non in sè ed è cosa miracolosa, come ella ae natura di poter sussistere sanza 'l corpo, nel quale ricevette l'essere.

Sono le sante figliuole virtudi parturite dalle madri virtudi, le qua' madri Dio solo generò, donandole; ed usare questa medesima regola nelli contrarii delle virtudi, cioè nelle vizia, non è insipienziaze.

Moisè, anzi esso Dio, comandò nella legge che l'uomo che fosse troppo pauroso, non intrasse in battaglia, acciò che l'ultimo errore dell'anima non sia peggiore che il primo cadimento del corpo, e ragionevolmente.

Della bene discreta discrezione

Come lo cerbio molto riscaldato desidera le fonti dell'acque, cosi è desiderato dalli monaci lo comprendimento della volontà di Dio sopra quelle cose, che al loro stato s'appartiene, e non solamente di quello che a Dio piace, ma eziandio del contrario e di quello che è di mezzo modo; delle qua' cose ci è mestiere di fare lungo parlamento e forte ad interpretare, e non è maraviglia, però che voler sapere qua' sono le cose che a noi appartengono, le quali sanza dimoranza e sanza tardanza ci conviene di fare, secondo quella parola della santa Scrittura, che dice: Guai a quegli che indugia di di in di e di tempo in tempo; e qua' son le cose che ci convegna di fare molto mansuetamente e con gravità e circonspezione, secondo l'altra parola della Scrittura santa, che dice: La battaglia si vuole fare con molto senno; ed anche dice: Tutte le vostre opere sieno fatte onestamente ed ordinatamente; queste cose e le simiglianti, che sono gravi a discernere ed a conoscere subito, e bene e chiaramente e discretamente, non è opera di persona di comune stato, però che David, che avea Dio in sè e lo Spirito Santo che parlava in lui, spesse fiate di questo pregava Iddio, secondo che appare nelle parole che disse ne' salmi, che alcuna fiata disse: Signore, insegnami di fare la volontà tua, però che tu se' lo Dio mio; ed anche disse: Signore, dirizzami nella verità tua; ed anco disse: Signore, manifestami la via, per la quale io debba andare, però ch'io ae posposta ogni cura ed ogni sollicitudine e vizio, ed abbo levata a te l'anima mia.

Tutti quelli, i quali sopra quelle cose che ànno a fare, vogliono conoscere la volontà di Dio e quello che a lui piace, debbono in prima mortificare li piacimenti e le volontà loro, e con fede e con simplicità pregare l'anime de' padri spirituali ovvero delli frati, e con umilità di cuore e sanza nulla dubitazione di pensieri dimandando, riceveranno quelle cose che essi consigliano, quasi fossero dette dalla bocca di Dio, quantunque le cose dette e consigliate da loro sieno contrarie al senno ed alla intenzione ed al piacimento loro, avvegna Iddio che quelli che sono domandati ed interrogati, non siano al tutto spirituali, però che non è ingiusto Iddio che inganni l'anime, le quali umiliandosi con fede e con innocenzia, si commettono al giudicio ed al consiglio del prossimo, però che se quelli che sono in questo modo interrogati, fossero inrazionali, quegli che parla in essi, è immateriale ed invisibile.

Di molta umilità furono pieni quelli, li quali sanza dubitazione secondo questa regola sono andati, e se al profeta nel sonare del saltero li fue aperto e manifesto quello, che s'avea posto in cuore di sapere, dovemo pensare quanta differenza sia dalla mente razionale e dall'anima intellettuale al suono della cosa non animata.

Molti sono, i quali non possendo andare per questo viaggio perfetto ed agevole per l'arroganza del cuor loro e per lo compiacimento di sè medesimi, volendosi studiare di comprendere in sè medesimi lo piacimento di Dio, indussero molte e varie autoritadi, e trovarono più modi, per li quali questa cosa venisse fatta.

Alcuni di loro tennero questo modo, che la volontà e cogitazione loro fecero cessare da ogni affetto vizioso sopra quella cosa che voleano sapere, cioè che non si curavano più del sì che del no, ed offerendo a Dio la volontà loro nuda da ogni propio affetto, in certi dì participaro il conoscimento della divina volontà in uno di questi modi, ovvero che la mente intellettuale, come è l'angelo, parlava intellettualmente alla mente loro, ovvero che l'una delle due intenzioni perfettamente era stricata dell'anima, o l'affermativa o la negativa.

Alcuni altri per la tribulazione che sopravenne e dissipoe tutto lo sforzo loro, che aveano messo per fare alcuna cosa, compresero che non era volontà di Dio che quella cosa fosse fatta, secondo le parole che santo Paolo scrisse alla chiesa di Tessalonica, dicendo: Volendo io venire a voi una fiata e due, impedimentimene Satanas.

Alcuni altri per contrario per l'aiutorio non espettato, che sopravenne in questa cosa che voleano fare, compresone che fosse piacimento di Dio, secondo la parola che santo Paolo dice: Dio dà lo suo aiutorio a ogni uomo, che elegge ed ama di ben fare.

Quegli il quale per illuminazione possiede Iddio in sè medesimo nelle cose sopra include e non espettate, non se ne vuole in questo secondo modo certificare, però che dubitare ne' giudicii delle cose e permanere sanza certificazione, le più fiate è segno d'anima non alluminata, ma amatrice di vanagloria, però che Iddio non è ingiusto, che ischiuda e cacci da sè quelle anime, le quali con umilità dimandano.

La diritta intenzione debbono dimandare li uomini a Dio in quello che è da fare ed in quello che è da ritardare, però che tutte le cose monde da affetto vizioso e da ogni contaminazione, fatte propiamente per piacere a Dio e non per altro, pogniamo che non fossero al tutto in sè buone, a noi saranno imputate per buone, però che la 'nquisizione e 'l cercamento delle cose che sono sopra noi, non possiede sicuro fine, però che il giudicio di Dio de' fatti nostri è segreto ed ineffabile, però che spesse fiate dispensativamente, cioè per nostra utilità, vuole Iddio che ci sia nascosta la volontà sua, però ch'egli sa che se la sapessimo, non la ubidiremmo, anzi la discacceremmo e riceveremmone più battiture.

Lo cuore diritto e libero dalla varietà delle cose, navicando nella nave della innocenza, sanza pericolo dell'anima navica.

Sono alcune anime virili e forti, le quali per lo divino amore con umilità di cuore si sforzano di fare opere sopra loro potenzia, e sono alcuni coraggiosi superbi, che fanno questo medesimo; ma la intenzione de' nostri nimici si è d'induceme a far cose, che siano sopra la nostra virtù per farsi derisione di noi.

Vidi alcuni che aveano inferme l'anime e le corpora, li quali per la multitudine dell'offensioni si sforzavano di fare nella conversazione dello stato loro quelle cose, ch'erano sopra la potenzia loro, alli quali io dissi che apo Dio la penitenzia era estimata secondo la quantità della umilità, e non secondo la quantità delle fatiche.

Alcuna fiata lo nutricamento ch'è fatto della persona dal principio, gli è cagione degli ultimi mali; alcuna fiata ci è cagione la conversazione e la compagnia colla quale dimoriamo, ma spesse fiate l'anima perversa basta alla perdizione di sè medesima.

Quegli che si parte e cessa dalle due prime cagioni, sarà libero dalla terza, ma chi avrà la terza, in ogni luogo sarà cattivo, però che niuno uomo è più fermo e più puro che 'l cielo.

Da quelli che sono infedeli, e da quelli che non tengono la diritta fede, dopo la prima e seconda ammonizione cessiamoci; ma a quelli che vogliono imparare la verità, non cessiamo di bene fare insino in eterno, e l'uno e l'altro di questo facciamo a conservazione del cuore nostro.

Molto è fuori di ragione quell'uomo, il quale udendo le virtù sopra natura che furono nelli santi, si dispera e perde sè medesimo; maggiormente per questo si dovrebbe correggere e recarsi ad una di queste due cose, che ovvero si dovrebbe sollicitare a seguitare li santi, confidandosi della santa fortezza di Dio, ovvero che dovrebbe inducersi a molta condennazione di sè medesimo, ed a conoscimento della infermità e fragilità che è con esso, per la tre fiate santa umilità.

Sono alcuni demonii più maligni che i maligni, i quali non solamente ci consigliano che operiamo il peccato, ma induconci che ci traiamo altrui per farci meritare più gran pene.

Vidi alcuno che apparò da un'altro una maligna usanza, e quegli da cui imparò, ritornando al senno, cominciò a fare penitenzia e cessossi dal male, ma per l'operazioni ree del suo discepolo, la sua penitenzia fu sanza fortezza.

Molta è veracemente la malignità delli spiriti e da pochi visibile, e credo io che a quelli pochi non sia visibile tutta, siccome quando vivemo in dilizie e siamo satolli, spesse fiate vegghiamo meglio molto, e digiunando ed indebiliti miserabilmente siamo sommersi dal sonno; stando remoti e tacendo, avemo il cuore indurato, e colla compagnia siamo compunti, stando affamati ed attenuati per l'astinenzia, siamo dal sonno tentati, ed essendo satolli non semo tentati; stando in indigenzia e penuria, diventiamo scuri di mente e aridi e indevoti, e bevendo il vino, semo allegri e devoti e apparecchiati a compunzione; di queste cose, chi può, per Dio allumini coloro che sono sanza lume, però che noi di queste cotali cose ne siamo sanza lume; ma dicemoci questo, che questa cotale permutazione non è sempre dalle demonia, però che alcuna fiata è dalla complessione corporale.

Di questa concidenzia delle cose predette, la quale è grave a discernere, preghiamo Iddio umilemente e puramente che la ne tolga; e se avendo fatta questa deprecazione per tempi a Dio, n'adiviene pur a quel modo che prima, conosciamo che questa cosa non è da demonio al postutto, ma è da natura, ma più fiate questa cosa è fatta in noi per divina dispensazione, imperò che Iddio per la benignità sua ne vuole visitare noi ingrati, quando stiamo entro nelle cose contrarie alla sua visitazione ovver volontà; e questo per torre a noi al postutto la superbia e la propia reputazione, però che non ci potemo gloriare che Dio ci vicitasse per nostro ben fare.

Dura cosa e crudele è ricercare curiosamente il profondo de' giudici i di Dio, e veramente i curiosi navicano nel mare dell'arroganza e della superbia, e per la infermità di molti è da dirne alcuna cosa.

Domandò alcuno ( uno di quelli che ànno occhi da vedere ) e disse: « Per che è che Iddio conoscendo innanzi il cadimento e 'l perdimento di alcuni, alcuna fiata gli adorna di grazie spirituali e di miracoli? »

E quegli disse: « Acciò che tutti gli altri spirituali armasse di certezza e fermassegli in verità ».

La legge antica siccome imperfetta comandò che l'uomo attenda a sè medesimo, ma lo nostro Signore Gesù Cristo siccome sopra perfetto comandò la cura e l'aiutorio del frate, quando disse nel santo Evangelio: Se peccherà in te il fratello tuo, e l'altre cose che seguitano.

Se la tua correzione, anzi maggiormente lo reducimento a memoria, sarà monda da vizio ed umilemente fatta, non ti cessare di fare quello che Cristo disse, e spezialmente verso quelli che 'l ricevono; ma se a questo non se' pervenuto, almeno fa quello che dice la legge: Abbi cura di te, e non ti maravigliare, vedendo li tuoi amici diventare tuoi nimici quando gli riprendi, però che quelli che sono più vacui di timore e leggieri di senno, sono strumenti dell'opere delle demonia, massimamente contra coloro che sono nemici e riprenditori delle vizia loro.

In una cosa che è in noi, a me viene maggior ammirazione, come è questo, che nell'opere delle virtudi avendo Iddio per aiutatore e li santi angeli, e nel contrario avendo solo il nimico demonio, noi c'inchiniamo più tosto alli vizii; ed io a queste cose cercare e trovare diligentemente, dicere non voglio e non posso.

Se tutte le cose create servassero lo stato, nel quale furon poste nella creazione, l'uomo che è fatto alla imagine di Dio, come s'è accostato col loto, come dice santo Gregorions?

E se alcuna cosa delle cose create è fatta altro ch'ella non fue creata, al postutto ciascuna cosa desidera la sua generazione; ma però che 'l Figliuolo di Dio venne a salvare la imagine sua e la carne fare immortale, ed acci data podestà d'essere fatti figliuoli di Dio, con ogni studio e con ogni industria ci doviamo sforzare di vincere col divino aiutorio le nostre concupiscenzie, acciò che lo loto della carne nostra riduciamo insieme coll'anima al conspetto di Dio; e chi a questo non prende studio, non à cagione di scusa, da poi che la via e la porta è aperta per lo merito della passione di Cristo.

L'udito delle virtudi e delle perfezioni degli padri spirituali isveglia la mente e l'anima degli uditori a desiderio di seguitargli; ma l'udito delle dottrine loro ae natura di conducere quelli che ne sono desiderosi a seguitamento.

La discrezione è lucerna delle tenebre, ed è riducimento a via di coloro, che ne sono errati, e illuminazione di coloro che palpano per la cechità.

Quegli che è discreto, è trovatore della sanità e mondatore delle infermitadi.

Secondo due modi suole adivenire, quando alcuni si meravigliano delle piccole cose, però che o egli n'è cagione la molta ignoranzia nella quale son posti, o egli è per cagione d'umilità che è in loro, però che quelli che sono umili, sempre magnificano ed esaltano li beni del prossimo.

Studiamoci ed isforziamoci non solamente di combattere colle demonia, ma eziandio di soprastarli, però che colui che combatte, alcuna fiata sospigne, alcuna fiata è sospinto; ma quegli che soprasta, sempre perseguita il nimico.

Quegli che vince le vizia, piaga le demonia, ma quegli che simulasi vizioso, questi per questa cosa inganna gl'inimici, e permane non impugnato da essi.

Ad uno frate fu detta vergogna, e quegli non essendo turbato niente, anzi orando colla mente, cominciossi poi a lamentare di quella vergogna, che gli era detta, nascondendo la sua impassibilità per quella infinita passibilità.

Un'altro frate, non avendo al postutto appetito di prelazione, se ne mostrò molto oppresso da quello desiderio.

Come potroe parlare della castità di colui, che mostrò d'entrare nel luogo delle meretrici per cagione di peccato, e trasse la fomicazione a studio di virtù?

Uno che dimorava in solitudine, essendogli portata una mattina per tempo una uva matura, incontanente che fue partito quegli che l'avea apportata, con grande empito la divoroe, non avendo di ciò niuno appetito, per dimostrarsi alle demonia ch'egli era goloso.

Un'altro avendo perduto poche fronde di palma, tutto il dì s'infinse d'esserne dolente.

Molto studio è mestieri a questi cotali, che volendo ingannare li demonii, non inducano in inganno sè medesimi.

Veracemente questi son quegli, de' quali dice san Paulo: Come ingannatori sono reputati, ma sono veraci.

Quegli che vuole offerere a Gesù Cristo il corpo casto e dimostrargli il cuore mondo, dee guardare bene sè medesimo con inirascibilità e con astinenzia, però che sanza queste due cose ogni nostra fatica è inutile.

Come sono negli uomini diversi e differenti gli lumi degli occhi, così sono molte e differenti le obumbrazioni che si fanno nell'anima dal sole intellettuale, però che alcuna si fa per lagrime corporali, alcuna per lagrime intellettuali, alcuna per l'audito delle parole, alcuna per lo gaudio e per l'allegrezza mossa nell'anima, alcuna dalla remozione e dalla quiete, alcuna dalla obedienzia.

Dopo queste è quest'altra: quando l'anima per lo ratto del proprio modo offera la mente a Cristo secretamente ed ineffabilmente nel lume intellettuale.

Sono le virtudi e sono le madri delle virtudi.

Chi à prudenza, combatte maggiormente a possedere le madri; delle madri solo Iddio n'è maestro colla sua propia operazione, ma delle figliuole molti ne sono maestri.

Attendiamo a noi di questo, che l'astinenzia del cibo non ristoriamo per sonnolenzia, però che questo è opera degli stolti, ma il contrario è opera de' savii.

Vidi alcuni operatori, che per alcuna circonstanzia condescendettono un poco al ventre, ed incontanente essi uomini virili e forti affrissoro e cruciaro la misera carne col vegghiare tutta la notte, istando in orazione, e da indi innanzi con gaudio si corressero, fuggendo la sazietà.

Combatte acutamente il demonio dell'avarizia colli professori della povertà, e se non gli vince, allotta sì ci adduce, per cagione di poterli vincere, la cura e la pietà de' poveri, ed in questo modo quelli che erano, fatti immateriali, cioè fuori dell'impacci del mondo, gli volle fare essere materiali.

Quando siamo contristati delli nostri peccati, acciò che 'l demonio non ci possa conducere in desperazione, ricordianci del comandamento che fece Cristo a san Piero, che perdonasse al peccatore sette volte settanta, e quello ch'egli à comandato ad altri che faccia, maggiormente lo ci farà egli; ma quando semo superbi, ricordianci della parola che dice santo Iacobo: Chi peccherà in una cosa, cioè in superbia, è fatto reo in prevaricazione di tutte le comandamenta di Dio per la inobedienza.

Sono alcuni inganni degli maligni spiriti invidiosi, i quali volontariamente si partono dalli santi, acciò che non gli sieno cagione d'acquistare corone, avendoli molestati, ed essendo vinti da essi.

Beati sono li pacifici, e niuno il contradice, ed io vidi essere beati quelli che operavano le nimistadi, però che due essendo legati insieme con affetto d'amore fomicario, uno diacono dottore di scienzia probatissimo ci seminoe tra loro odio, accusando l'uno all'altro, come fossero detrattori e maldicenti l'uno dell'altro, ed in questo modo questo sapientissimo con umana astuzia confuse la malizia del demonio, mettendo l'odio ed isciogliendo il legame fornicario.

È alcuno, il quale lascia d'osservare uno comandamento per adempiere l'altro comandamento.

Vidi due giovani legati insieme per affetto di carità secondo Dio, ma per non offendere la conscienzia altrui, si dilungaro l'uno dall'altro a tempo, certificandosi insieme della propia cagione.

Come sono contrarie le nozze agli lamenti, così si discordano in sè medesime la disperazione colla superbia, ma amendue insieme sono dallo inganno delle demonia, accordati in uno animo contra noi.

Sono alcuni de' maligni demoni, li quali immettono in noi la interpretazione ovvero esposizione delle divine Scritture, e questa cosa amano di fare ne' coraggi de' vanagloriosi, spezialmente di quelli che sono esercitati in dottrinare altrui, acciò che a poco a poco ingannandoli nelle resie e nelle biastemmie di Dio si grinducano, che dalla conturbazione che riceve l'anima, cioè quando non è ricevuta quella esposizione della Scrittura che pare all'uomo, intendimento che pare all'uomo avere ricevuto in sè medesimo dalla santa Scrittura sanza altro dottore, a queste cose dovemo conoscere che quella teologia, anzi machilogia overo vanilogia fu da demonia e non da Dio, però che li doni che sono da Dio, danno pace alla mente ed una allegrezza dentro piena di timore.

Le cose fatte ricevono ordine e principio dal fattore, ed alcune ricevono il fine, ma la virtù possiede fine infinito, onde dice David, il quale fece gl'inni e li cantici de' salmi: D'ogni consumazione vidi la fine, ma ampio ed infinito molto è il tuo comandamento.

Alcuni buoni operatori della virtù attiva andaron nella via della contemplazione, e se la carità non verrà meno, e il Signore guardi l'entrata del tuo timore e l'uscimento della carità tua, la possessione del fine suo veramente è infinita, nella quale crescendo noi, giammai non cesseremo nè in questo presente secolo nè nell'altro di prendere ed accrescere lume a lume e scienzia a scienzia, quantunque questo detto ad alcuni paia peregrino; ma pertanto io così dico, o beato.

E non direi io che le sustanzie intellettuali, cioè gli angeli, fossero sanza profitto, ancora maggiormente determino di quelle, che sempitemalmente ricevono gloria e scienzia sopra scienza.

Non ti maravigliare se alcuna fiata le demonia immettano gli buoni sentimenti, ed a questi sentimenti spiritualmente ci contradicano, imperò che la loro intenzione è per queste cose volere conoscere le intenzioni e le cogitazioni che sono nascoste nel cuore.

Non volere essere amaro giudice di quelli, i quali con parole magnificamente amaestrano altri, vedendo essi, che ad operare sono più pigri, però che spesse fiate lo difetto dell'opera s'adempie per l'utilità della parola, però che non possedemo tutte le cose tutti noi igualmente, però che in alcuni abondano più l'opere che le parole, ma in alcuni abondano più le parole che l'opere.

Il Signore non fece e non creò il male, però furono ingannati alcuni, che dissero che alcuni vizii erano naturali nell'anima, non cognoscendo che le propietadi poste nella natura sin da principio, e l'altre che vegnono dopo tempo, noi l'avemo trasportate in opere viziose; verbi grazia: il seme generativo fu posto in noi per la generazione de' figliuoli, e noi l'abbiamo trasportato in fomicazione e lussuria e concupiscenzia; lo furore irascibile è in noi contro agli serpenti e contro le vizia, e noi l'usiamo contra 'l prossimo; lo zelo è in noi per seguitare ed amare le virtii, e noi l'usiamo in male.

Naturale è all'anima desiderare onore e gloria, ma la supema; per natura è superbire, ma contro alle demonia; simigliantemente è il gaudio, ma in Dio e per Dominedio e per le buone opere del prossimo.

Abiamo ricevuto lo ricordamento delle ingiurie e lo desiderio delle vendette, ma contro all'inimici dell'anima; abiamo ricevuto il desiderio del cibo, ma non di divorazione e di lussuria e di troppo mangiare ed ebbrietà.

L'anima ch'è sanza pigrizia, esercita contra sè le demonia, ma essendo moltiplicate le battaglie, sono moltiplicate le corone, e chi non sarà ferito dagli impugnatori, non sarà coronato.

Quello che non si contrista e non si affatica sopra gli casi che gli occorrono, per la molta prontezza dello spirito, questo come legittimo combattitore sarà glorificato dagli angeli.

Tre notti fece uno sanza vita in terra, cioè Cristo, e quegli che vincerà tre ore, non morrà, verrà alla eternale vita.

Secondo la dispensativa correzione dopo il nascimento del sole in noi conobbe esso sole il suo tramontare, al postutto puose la tenebra nell'anima per lo nascondimento suo, e fu fatta la notte; ed in quella notte gli salvatichi catelli de' leoni trapassarono venendo a noi e partendosi la mattina, e tutte le bestie della selva, cioè li spinosi vizii, mugghiando per rapire da noi la speranza dell'aiutorio e della diliberazione, e dimandando a Dio l'esca loro; ma rinacque un'altra fiata il sole in noi della grazia per la oscura umilità, e le bestie sì ragunarono a sè medesime, e si sono ricollocate ne' letti loro nelli coraggi degli amatori delle concupiscenzie e non in noi.

Allora diranno intra sè le demonia: « Iddio à rifatta grande misericordia con loro », e noi diremo ad essi: « Dio à fatta grande misericordia con noi, e siamo fatti allegri, perseguitando voi »; e poi sarà adempiuta in noi la profezia d'Isaia, quando disse: Ecco che 'l Signore sedrà sopra una nuvola leggiera, cioè in ogni anima levata da tutta concupiscenza terrena, e verrae nel cuore egiziaco, cioè prima tenebroso, e saranno levati tutti l'idoli manufattine.

Se Gesù Cristo essendo onnipotente, fuggì corporalmente da Erode, correggansi gli audaci presuntuosi, che non mettano sè medesimi fra le cagioni delle tentazioni.

Per questo intendimento disse il profeta nel salmo:

Non dare in commozione il piè tuo, e non dormirà l'angelo che ti guarda.

Alla fortezza sì ci si appicca il tumore, come s'appicca una spina al cipresso.

Opera perpetuale sia a noi questa, che con una sottile intenzione della mente non cogitiamo possedere niuno bene, ma cerchiamo diligentemente la propietà di qualunque bene ci paresse d'avere, se ella è in noi; ed allora al postutto vedremo noi essere di lunge e strani da quel bene.

Simigliantemente cerchiamo li segni delli vizii, e vedremo esserne molti in noi, perchè essendo noi infermi d'ogni infermità, non poterne conoscere noi medesimi nè fare quelli beni, i quali sarebbono a noi agevoli a fare.

Questo adiviene o per la molta infermità o per lo profondo relassamento, o che l'uomo è molto abbandonato da Dio.

Il nostro Signore Iddio giudica l'anime secondo il proponimento del cuor loro; ma quelle cose che sono fatte secondo la propia virtù ed operazione, ricerca benignamente.

Grande è quegli, che niuna cosa minuisce nè lascia del bene, ch'egli può fare secondo la sua virtù, ma maggiore è quegli, il quale con umilità si sforza di fare que' beni, i quali sono sopra la sua virtù; ma lo demonio spesse fiate ne vieta col suo consiglio e suggestione, che non facciamo quelle cose che sono più leggieri, ed a noi sono convenevoli a fare, ed ammonisce che prendiamo a fare cose gravi ed inutili.

Truovo io Iosep figlio di Iacob patriarca essere beatificato, però che fuggì il peccato, non per dimostramento della impassibilità.

È utile a cercare in quali e in quanti peccati la fuga possegga la corona; però altra cosa è fuggire e schifare la malizia, ed altra cosa e più alta è correre e farsi innanzi al sole della giustizia.

La oscurazione è cagione d'offendere e d'incappare, lo incappare è cagione di cadere, lo cadere è cagione di morire.

Quelli che sono ottenebrati dal vino, sobriamente si svegliano coll'acqua, e quelli che sono ottenebrati dalle vizia, si svegliano colle lagrime.

La ignoranzia oscura, la concupiscenzia fa dentro peccare, la delettazione fa cadere, lo consentimento deliberato fa morire, l'opera coll'uso fa putire.

Altra cosa è la conturbazione della mente, ed altra cosa è la diffusione cioè dispargimento, altra cosa è la cechità; e la prima sana l'astinenzia umile, la seconda sana la remozione quieta e la orazione, la terza sana la obedienzia, e Cristo che fu fatto obediente infino alla morte.

La concupiscenzia conturba, la soperchia sollicitudine scialacqua e disperge, la propia volontade accieca la mente.

Noi estimiamo che sieno due purgazioni di quelli, che conoscono e desiderano le cose superne, come sono due purgazioni delle cose di terra.

Allo lavare è assimigliato il monasterio che vive secondo Iddio, però che in quello si purgano e lavano le sozzure e la abitudine e la grassezza e la deformità dell'anima; al tignere è assimigliata la vita solitaria di quelli, che ànno posta giù la lussuria e la gola e lo rancore e lo furore, e dal monisterio trapassano alla quiete della solitudine.

Alcuni dicono che ricadere in quelli medesimi peccati, de' quali fu uomo pentuto e confessato, addiviene però che non fece la penitenzia convenevole e condegna, e fecela, diminuta, la quale diminuzione resiste all'anima, che non li lascia far mondamento degli primi mali; ma è da cercare se è degnamente pentuto quegli che non ricade in quelli medesimi peccati, ma ricade in altri.

Alcuni perciò ricaddoro, che li primi cadimenti erano seppelliti nel profondo dello scordamento, cioè ch'erano al tutto scordati, ovvero che per amore della concupiscenzia sospicaro che Iddio fosse tanto benigno, che non ci facesse punizione, e però che ànno rinunziato la salute loro; e se a me non fosse posto in difetto, io direi che d'allora innanzi questo inimico non possono legare, vincendo e facendo loro violenza la tirannia della consuetudine.

Da cercare è quale è la cagione, che l'anima non può vedere le sustanzie spirituali secondo la natura che ànno, quando vegnono ad essa, essendo essa anima spirituale e non corporale; e la cagione potrebbe essere lo legamento, lo quale ae col corpo, il quale legamento solo lo legatore conosce.

Dimandommi uno di quelli che ànno intendimento, e disse: « Insegnami che voglio imparare quali spiriti sono quelli, che ànno natura di umiliare, e quali sono quelli, che ànno natura di levare la mente de' peccatori »; ed affermando me essere di questa questione ignorante, quegli che voleva da me imparare, in poche parole insegnò a me e disse: « Io ti doe il fermamento della discrezione; da indi innanzi faticosamente cerca dell'altre.

Lo spirito della fornicazione del corpo e dell'ira e della gola e dell'accidia e del sonno non levano in alto al tutto il corno della mente, ma lo spirito dell'avarizia e dell'amore del principare e della vanità e del molto parlare, e più altri sono usati d'aggiugnere male a male, cioè la superbia sopra quelli difetti che fanno operare, e lo spirito del giudizio sta appresso a questi ».

Qualunque monaco andoe alle persone mondane, ovvero che le ricevesse, e della loro partita dopo ora e dopo dì ne ricevette saetta di tristizia e non maggiormente allegrezza, siccome persona liberata da impedimento ovvero da uno laccio, questi è gabbato ovvero schernito dal demonio della vanagloria ovvero della malignità.

Dinanzi da ogni cosa cerchiamo onde viene il vento della tentazione, acciò che non estendiamo le vele da quella parte, onde non è mestiere.

Priega li vecchi operatori per carità, li quali ànno affritto le corpora loro nella santa esercitazione quasi del continovo con poco intervallo, e sforza li giovani a fare astinenzia, li quali ànno consumate l'anime loro nei peccati, narrando loro la memoria delle pene etemali.

Non è possibile a tutti da principio di purgare la gola e la vanagloria, ma impertanto incontanente non vogliamo per le delizie e per li conviti cacciare e vincere la vanagloria, però che questa vittoria della vanagloria partorisce pur vanagloria; ma dico delli cominciatori, che ànno bisogno d'essere ammaestrati maggiormente; adunque maggiormente per indigenzia e povertà orando interpelliamo contro ad essa, però che verrà ora, e già è a quelli che vogliono, che Iddio la metterà sotto i piè nostri, e la ci farà vincere e conculcare.

Non sono impugnati i giovani di quelli propii vizii, de' quali sono impugnati i vecchi, ma ispesse volte ànno infermitadi contrarie al tutto; però beata, beata, beata l'umilitade, però che essa è certa e vera e ferma medicina alli giovani ed alli vecchi contro ogni infermitade.

Non ti turbare di questa cosa, che aguale ti diroe.

Rade sono l'anime diritte e sanza malignitade liberate della malizia, della ipocrisia e dell'avolteria, alle quali è contrario il conversare con gli uomini, li quali stando con uno che sappia guidare, quasi da uno porto di quiete solitaria possono intrare in cielo, e non abbisognano di sopportare le turbazioni de' rumori e degli scandali, che sono nelle congregazioni delle monasteria, ma abbisognano di non provarle; li lussuriosi possono essere sanati dagli uomini, li maligni dagli angeli, li superbi da Dio.

Quasi una specie di carità alcuna fiata pare lasciare fare al prossimo che viene a noi, tutto quello che vuole, dimostrando noi di ciò tutta allegrezza; ma è da cercare se la penitenzia è discioglitiva delli beni come delli mali, in qual modo e quanto e quando.

Molta discrezione ci conviene avere, acciò che sappiamo quando è da stare fermi a contastare ed in qua' cose, ed infino a qua' cose dovemo combattere colle materie delle vizia, e quando dovemo ristare, però che alcuna fiata è buono fuggire innanzi che vegna la battaglia per la nostra infermità, acciò che non periamo nella battaglia.

Attendiamo e guardiamo in qual tempo ed in qual modo il fiele potremo votare e trarre del cuor nostro per l'amaritudine, e la superbia per le riprensioni, e qua' demoni son quelli che esaltano, e qua' son quelli che umiliano, e qua' son quelli che indurano, e qua' son quelli che consolano, e qua' son quelli che ottenebrano, e qua' son quelli che si mostrano d'alluminare, e qua' sono quelli che fanno diventare altrui pigri, e qua' son quelli che son maliziosi e qua' son quelli che ci contristano, e qua' son quelli che ci allegrano.

Quando dal principio, essendo intrati in vita religiosa, ci vedremo essere più viziosi, che non eravamo nella nostra conversazione mondana, non ci sbigottiamo, però che è mestieri che in prima si rimuovano tutte le cagioni delle materie delle vizia, e da poi venire la perfetta sanità; ma infino a quel tempo le bestie stavano nascoste e non si poteano vedere.

Quelli che sono appressati alla perfezione, se alcuna fiata per alcuno accidente in alcuna piccola cosa son vinti dalle demonia, con ogni industria si studino di rapire incontanente cento tanti ad essi, cioè di fare molto meglio che prima.

Secondo che le ventora alcuna fiata conturbano la parte di sopra del mare per lo tranquillo soffiare, ed alcuna fiata conturbano il profondo per la forte importunitade così pare a me che sia delle oscure e tenebrose ventora della malignità, però che 'l sentimento del cuore delli viziosi tutto il fanno tempestare, ma di quelli che sono proficienti, turbano la superficie della mente; però questi la propia tranquillità sentono essere ferma sanza essere contaminata.

Propia cosa delli perfetti è conoscere sempre nell'anima, quale è la cogitazione e la intenzione della coscienzia, e quale è la immissione di Dio, e quale è la immissione delle demonia, non mettendo da principio tutte cose contrarie.

Qui finisce il capitolo della discrezione, il cui lume addirizza l'anima alle cose celestiali, e conducela suso senza ruina e cadimento.

Ancora del grado ventesimo sesto

Questo seguente capitolo è una recapitulazione breve delle cose sopradette della discrezione.

La fede ferma è madre dello abrenunziamento delle cose mondane, e lo contrario è manifesto.

La certa speranza è porta di non avere affetto di neuna cosa nè amore viziosamente, e lo contrario è manifesto.

La carità di Dio fa l'anima essere peregrina a questo mondo, e lo contrario è manifesto.

La obedienzia e la subiezione nasce dalla negazione e dalla condennazione di sè medesimo, e dall'appetito della sanità spirituale.

La madre dell'astinenzia è lo attento pensiero della morte, e la fissa memoria del fiele e dell'aceto del nostro Signore Gesù Cristo.

Aiutatrice della continenzia è la tranquillità e l'orazione e lo stare remoto; la impugnazione della infiammazione della carne è lo digiuno umile, la combattitrice e la repugnatrice delle laide e sozze cogitazioni è la contrizione della mente, la fede e la peregrinazione son morte dell'avarizia, la compassione e la carità derono il corpo, la devota orazione è morte dell'accidia, la memoria del giudizio è operatrice della prontezza a ben fare, la medicina del furore è l'amore delle vergogne e lo canto consolato deglinni della chiesa.

La compassione e la povertà sono soffocamento dell'ira e della tristizia, la contemplazione delle cose intellettuali è temperamento de' diletti sensuali, lo silenzio e la quiete sono espugnatori della vanagloria; ma se tu stai nello stato di mezzo degli proficienti, cerca la vergogna e sì la seguita.

La superbia visibile si la medicano gli contrarti e contristanti accidenti, ma la invisibile medica solo Iddio invisibile.

Delle bestie sensibili intoscate lo cerbio sì n'è ucciditore, ma di tutte le intelligibili l'umilità.

Una delle cose che sono sensibili colle propietadi che sono secondo la sua natura, efficacemente e manifestamente dà ad intendere le cose intelligibili.

Come è impossibile che il serpente si spogli del cuoio vecchio, s'egli non entra per lo forame stretto, così noi non gitteremo le nostre antiche male usanze e lo vestimento dell'uomo vecchio e i modi viziosi, se non andiamo ed intriamo per la via stretta ed angosciosa del digiuno e della mortificazione delle sensora e della propia volontà e delle vergogne.

Siccome alcuni animali volatili, però che ànno molta carne, non possono volare in cielo, così adiviene a coloro, che la carne loro notricano in delizie ed in dilettanze.

Come lo loto secco non dà dilettanza alli porci, così la carne mortificata non dà quiete alle demonia.

Come la moltitudine delle legne umide fa molto fummo, e spesse fiate affoga e ispegne la fiamma del fuoco, così la tristizia sopra misura molte fiate fa l'anima piena di fummo e tenebrosa, e disecca l'acqua delle lagrime.

Come il cieco è reprobo saettatore, così il discepolo che contradice e litiga, sarà perduto.

Come il ferro provato può arrotare il ferro molle, così lo frate sollecito spesse volte fa salvare lo frate negligente.

Come l'uova messe sotto al letame ovvero stabbio fanno li pulcini, così le ree cogitazioni non manifestate prorompono e pervegnono nell'opere.

Come li cavalli correndo insieme, è sollicitato l'uno dall'altro e confortato, così la congregazione e la buona compagnia sè medesima sollicita a ogni ben fare.

Come le nuvole nascondono il sole, così le maligne intenzioni oscurano e fanno perdere la mente.

Come l'uomo che è sentenziato e va a ricevere la morte, non parla degli spettacoli, cioè delle cose belle che pendono per la via, così l'uomo che veramente piange, non si curerà giammai del ventre suo.

Come li poveri, vedendo gli tesori degli re riconoscono più la povertà loro, così l'anima udendo e leggendo le virtù grandi delli padri santi, al postutto si umilia più, tenendosi più vile.

Come il ferro va alla calamita non volendo, ed obbedisce, però che è tratto dalla secreta virtù della natura, così coloro, che sono qualificati e compresi dagli vizii e dagli modi ed usanze ne, le quali aveano seguitate per la propia volontà, sono tirannizzati e sforzati da essi.

Come l'olio non volendo fa diventare lo mare mansueto e placabile, così il digiuno spegne le infiammazioni del corpo, che non sono volontarie.

Come l'acqua essendo messa nelli condotti stretti corre in alto, così l'anima molte fiate essendo stretta per li pericoli, sale a Dio per penitenzia e salvasi.

Come quello che porta le spezie odorifere, non volendo egli, è conosciuto dagli altri per l'odore, così quegli che ae lo spirito di Dio, per l'opere e per l'umilità si fa manifesto.

Come il vento conturba l'abisso, così il furore sopra tutti gli altri vizii conturba la diliberazione della mente.

Come le cose, le quali l'uomo non vede cogli occhi, per lo solo audito non le desidera molto d'assaggiare, così quelli che sono casti e vergini del corpo, ànno molto leggieri tentazioni di carne.

Come li furi non entrano leggiermente a furare in quella casa, là dove veggiono poste l'armi reali, così quegli che congiugne l'orazione al cuor suo, formandola secondo la necessità che a sè sente, non patisce leggiermente depredazione dalli ladroni intellettuali.

Come la neve non produce fiamma, così quegli che cerca onore in questa vita presente, non goderà dell'onore dell'altro secolo.

Come uria favilla di fuoco spesse fiate arde molta materia di selva, così si truova uno bene che può estricare moltitudine di grandi offensioni.

Siccome non si può uccidere una forte bestia sanza l'arme, così sanza l'umilità non si può possedere la inirascibilità.

Come secondo natura non si può vivere sanza cibo, così infino alla morte non si conviene essere negligente chi si vuole salvare.

Siccome gli raggi del sole, entrando per la finestra in casa, ci alluminano, sì che ci vedi allora volare la sottilissima polvere, così quando lo timore di Dio viene al cuore, tutti li peccati e difetti suoi li dimostra.

Come quelli pesci che si chiamano granchi, non si possono sforzare d'andare velocemente, però che alcuna fiata vanno innanzi, ed alcuna fiata tornano adietro, e però leggiermente si prendono, così l'anima che alcuna fiata ride ed alcuna fiata piagne, ed alcuna fiata, usa le dilizie, ed alcuna fiata s'affrigge colle penitenzie, non può andare innanzi neente.

Come quegli che dormono, agevolmente son rubati, così quegli che allato al mondo operano le virtù e fanno vita religiosa, patono il simigliante.

Come quegli che combatte col leone, se rivolge gli occhi in altra parte, al postutto perde; così adiviene a quegli che ae a combatter colla carne sua, s'egli la vuole nutricare e quietare.

Come quegli che sale nella scala fracida e vecchia e tarlata perisce, così sotto gli onori e la gloria e le prelazioni e la fama perisce quegli che l'ama, però che l'amore di queste cose è contrario alla verace umilità, e colui che ae questo amore, è mestiere che caggia in pericolo.

Come è impossibile che l'uomo affamato non abbia memoria del pane, così è impossibile non ricordarsi della morte e del giudizio quegli che è sollecito della salute dell'anima.

Come l'acqua estrica e consuma le lettere, così la grazia delle lagrime può estricare e distruggere l'offensioni e le colpe.

Come sono alcune lettere, che non si possono spegnere coll'acqua, ma distruggonsi per altro modo, così sono alcune anime, le quali non posson lagrimare nè piangere, ma per la tristizia e per l'amaritudine e per la molta contrizione e 'l dolore e li sospiri lavano e stricano li peccati.

Come la moltitudine delle stercora genera la moltitudine di vermini, così la moltitudine de' cibi genera la moltitudine di cadimenti e di maligne cogitazioni e di sogni.

Come quegli che à legati i piè, non può acconciamente andare, così quegli che tesaurizza la pecunia, in cielo non può entrare.

Come la piaga recente e calda leggiermente si medica e sana, così le piaghe vecchie di molto tempo patiscono il contrario, e sono forti a sanare, avendoci la cura della medicina.

Come non è possibile che l'uomo morendo vada, così chi si dispera è impossibile che si salvi.

Quegli che ae la fede dritta ed opera gli peccati, è assimigliato a quegli che ae il volto sanza occhi, ma quegli che non ae la fede e fa alcune buone opere, è assimigliato a colui che mette l'acqua nel vaso forato.

Come la nave che à buono governatore, sanza pericolo entra in porto, così l'anima che à buono pastore, quantunque abbia commessi molti mali, leggiermente entra in cielo.

Come quegli che non à guida, quantunque sia savio, leggiermente erra nella via, così quegli che per sua volontà e propio arbitrio presume di seguitare vita monastica, se avesse tutta la sapienzia del mondo, leggiermente si perde.

Quegli ch'è infermo del corpo, ed ae operate crudeli offensioni, vadasi per li viaggi della umilità, però che in altro modo non si può salvare.

Come quegli che è infermo di lunga infermità, non può in uno battere d'occhio ricevere e possedere sanità, così lo 'nfermo delle passioni delle vizia non può subitamente soprastare e vincere le vizia.

D'ogni vizio e d'ogni virtude abbi il segno della sua quantità, cioè del principio e del mezzo e del fine, ed in questo mezzo conoscerai il tuo profitto, cioè quanto se' proceduto in bene o in male.

Come quelli che cambiano l'oro allo loto, patiranno il danno, così quelli che narrano e manifestano le cose spirituali per le temporali.

La remissione de' peccati molti ricevettono subitamente, ma la impassibilità niuno la può subitamente possedere, però che si richiede molto tempo e desiderio coll'operazione di Dio e l'aiutorio della grazia.

Cerchiamo quali sono le bestie ovvero uccelli, che li nostri frutti assediano mentre seminiamo, e quali mentre che sono in erba, e quali nel tempo della mietitura, acciò che sappiamo porre li lacci convenevoli por prenderli.

Come non è convenevole che quegli che ae la febbre, uccida sè medesimo colle propie mani, così non è convenevole che infino alla morte l'uomo si disperi.

Come che l'uomo ritornando da seppellire il padre, se va alle nozze è svergognato, così è cosa sconvenevole che quelli che ànno a piagnere i peccati loro, cerchino di prelazione e onore e riposo e gloria in questo mondo dagli uomini.

Siccome altre sono l'abitazioni degli cittadini ed altre quelle degli contadini, così al postutto conviene che sia diverso lo stato e 'l modo di vivere di quelli, che piangono li peccati loro, per li quali sono obligati a pena, da quelli dell'innocenti.

Come lo re non fa cacciare della cavalleria quello cavaliere, che ae ricevute le crudeli ferite in faccia nella battaglia, anzi più l'esalta, così lo monaco che à patito molti pericoli dalle demonia, lo re celestiale lo incoronerà.

Lo sentimento dell'anima è la sua propietà, ma il peccato percuote il suo sentimento.

La sensificazione, cioè l'operazione del sentimento, genera la cessazione ovvero la diminuzione del male, ed essa sensificazione nasce dalla conscienzia.

La conscienzia è parola e ragione e reprensione del nostro custode angelo dato a noi nel battesimo; e però è che quelli che non ànno la illuminazione del battesimo, non sono tanto ripresi nè percossi nella mente del male che fanno, ma molto più oscuramente.

Lo menimamento del male genera abrenunciamento del male, e questo è principio di penitenzia; il principio della penitenzia è principio di salute, il principio di salute è il proponimento buono; il proponimento buono è portatore delle fatiche e de' dolori, e questo è principio delle virtudi; il principio delle virtù è lo fiore, ed elli è principio delle operazioni.

La pullulazione delle virtù è l'attenzione e continuazione dell'opera, ma lo frutto dell'attenzione è continuata meditazione e l'abito; lo figlio dell'abito è la qualificazione del bene, ed essa è generatrice di timore.

Lo timore partorisce l'osservanza dei comandamenti di Dio, la custodia de' comandamenti è segno di carità, il principio della carità è moltitudine d'umilità, la moltitudine dell'umilità è pullulazione d'impassibilità, la sua possessione è pienitudine di carità, la quale è perfetta inabitazione di Dio in coloro, che per la impassibilità son mondi di cuore, però ch'essi vedranno Iddio.

A lui sia onore e gloria col Figliuolo unigenito e vivificante Spirito Paraclito ora e sempre e in saecula saeculorum.

Amen.

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