Relatio et vota

Le virtù del Servo di Dio

Nel leggere la documentazione sulle virtù del Servo di Dio è facile rendersi conto dell'impegno costante, arduo, eroico, con cui Fratel Teodoreto lottava per raggiungere un grado sempre maggiore in ogni virtù.

È pure evidente la sua piena disponibilità a ricevere qualsiasi richiesta dal Signore, con la sicurezza incrollabile - proveniente dalla fede, dalla speranza e dall'amore vissuti in grado eroico - che assieme alla richiesta divina avrebbe altresì ricevuto le grazie necessarie per mettere in pratica quanto gli veniva indicato.

Questa docilità di spirito gli permise di seguite con rapidità, fermezza e diligenza le diverse chiamate divine che man mano perfezionarono nella sua anima la vocazione religiosa, e dentro questa, il ruolo di insegnante, di fondatore e di umile servitore di tutti a cui Dio lo chiamava.

Rifulge come prima virtù nella vita del Servo di Dio la Fede, e giorno per giorno non si dispensò dall'adoperarsi per vivere con sincerità e senza posa secondo la sua raccomandazione: « Chi ascolta con fede riceve sempre qualche luce » ( dalla testimonianza del Dott. Carlo Tessitore, Summ., p. 45 ).

Fede che lo portava ad avere uno spirito di continua preghiera, che lo spingeva ad una unione col Signore sempre più forte anche se a uno sguardo superficiale questo aspetto fondamentale poteva non trasparire.

Fratel Angelino Potrò Villata, dopo aver detto che quando il Servo di Dio pregava nella cappella « ciò che avveniva attorno al Servo di Dio non lo distraeva minimamente », aggiunge che Fratel Teodoreto « non pensava ad altro se non al Paradiso: lo si capiva da tutto il suo atteggiamento, dalle sue parole, dalle sue esortazioni che rivolgeva ai confratelli, ai ragazzi» ( Summ., p. 111 ).

Cioè la sua tede trasformava già ogni sua azione in partecipazione al fine a cui siamo chiamati da Dio: la santità, l'intimità con il Signore.

La Fede si esprimeva ugualmente, in modo costante ed eroico, in una vita di pietà profonda; si accostava tutti i giorni, senza mai abituarsi, alla Santa Comunione e lo faceva con profonda devozione e spirito raccolto, dando alla sua giornata un contenuto eucaristico.

Così viene notato dal teste Francesco Fonti: « Il Servo di Dio aveva glande fede e devozione nella SS.ma Eucaristia.

La manifestava nel suo edificante contegno con cui adorava Gesù Sacramentato, come io stesso vidi.

Non usciva dall'Istituto senza aver fatto una breve adorazione del SS.mo Sacramento in cappella e rientrando in casa il suo primo atto era di nuovo una visita al SS.mo Sacramento.

So che il Servo di Dio quando ebbe domicilio presso il Collegio S. Giuseppe in Torino assisteva abitualmente a diverse S. Messe.

Il Servo di Dio era solito al pomeriggio compiere una visita al SS.mo Sacramento e sovente noi andando a cercarlo lo trovavamo in cappella » ( Summ., p. 154 ).

La sua vita di pietà è pure piena di una devozione filiale verso la Madonna, devozione esemplare che ha toccato anche il cuore e l'intelligenza di tutti coloro che lo conoscevano.

Devozione anche « che egli inculcava ai catechisti, ai quali suggeriva la pratica di compiere mensilmente un pellegrinaggio collettivo al santuario della Consolata in Torino », come segnala il teste Francesco Fonti ( Summ., p. 155 ), e così acquistavano, seguendo il cammino di Fratel Teodoreto, la fortezza per seguire Gesù proprio imitando e trattando la Madonna.

Nello studiare il modo in cui Fratel Teodoreto si esercitò nella virtù soprannaturale della Fede, ci sembra doveroso far risaltare le testimonianze attorno allo zelo apostolico del Servo di Dio lungo la sua vita, fino all'ultimo giorno.

Fratel Angolino Villata segnala che « tutto l'apostolato del Servo di Dio era indirizzato a coltivare la fede in mezzo alla gioventù particolarmente povera, secondo lo spirito delle nostre Regole: cercava pure di rianimare la fede negli adulti, poveri e sbandati, per mezzo della ' Messa dei Poveri ' che era celebrata ogni domenica presso l'Opera Pia Lotteri, in via Villa della Regina, 21, Torino; dopo la Messa li radunava per la pulizia occorrente e per la refezione servendoli egli stesso coadiuvato dai giovani dell'Unione » ( Summ., p. 109 ).

Anche se non è necessario soffermarsi di più a dimostrarlo, penso che questo spirito di fede eroica si evince pure, benché i dati non siano abbondanti, dal comportamento del Servo di Dio nei mesi del servizio di leva.

Erano tempi nei quali l'ambiente castrense lasciava molto a desiderare dal punto di vista religioso e, nonostante ciò, il Servo di Dio non si lasciò vincere ne dai rispetti umani, ne dall'ambiente certamente non favorevole.

Anzi, per la naturalezza con cui viveva la sua fede in qualsiasi circostanza, tutti sapevano che la condotta del Servo di Dio era la conseguenza della dottrina che serbava nell'anima.

Infatti, il teste Mario Serra dice che « alla sera quando era nella sua brandina, soleva turarsi le orecchie per non ascoltare i discorsi troppo liberi dei compagni e che, quando venne il momento del congedo, quasi scappò di corsa dalla caserma per la gioia di poter tornare alla vita religiosa » ( Summ., p. 183 ).

La realtà della virtù della speranza nella vita del Servo di Dio è pure ben documentata nei documenti del Processo.

Appare chiaramente che il suo pensiero, il suo cuore e tutto il suo agire furono ben ancorati in Dio: « La speranza nel Servo di Dio era viva e sentita.

Ripeteva spesso: ' Il cielo è la nostra patria, a cui dobbiamo sempre tenere fisso lo sguardo e il pensiero ' ».

Per questo amore per il cielo si tenne sempre staccato dai beni di questa terra e dagli onori, come testimonia Fratel Ernesto Moretti ( Summ., p. 83 ); speranza che viveva non soltanto per lui ma che - ed e questo un dettaglio di grande importanza - sapeva inculcare negli altri, come afferma Fra Angolino Villata: « Il Servo di Dio, sia con le parole che con l'esempio, inculcava in tutti coloro che lo avvicinavano confratelli, allievi e persone esterne, la fiducia nella Provvidenza che lo animava» ( Summ., p. 111 ).

Ci sono pure precise testimonianze sulla speranza eroica del Servo di Dio in particolari momenti della sua vita, nei quali il ricorso a Dio era la sola via possibile per sormontare le difficoltà apparse.

Penso che rifulge ancora di più questa virtù in Fratel Teodoreto quando lo vediamo di fronte agli ostacoli che dovette vincere, e che i testi definiscono come una « prova molto grave » per la istituzione da lui fondata, come riferisce, per esempio, il teste Fra Ernesto Moretti ( Summ., pp. 83-84 ).

Sono del parere che è ben illustrala la consistenza e la gravita di quella « incomprensione ».

In quei frangenti, senza soffermarsi a giudicare le indicazioni che riceveva, senza dubbio con buone intenzioni, si dimostra la continua ed eroica disposizione di piena fiducia e speranza nella Divina Provvidenza con la quale reagì il Servo di Dio.

Speranza che a mio avviso potrebbe ben corrispondere al santo abbandono nelle mani di Dio che il Tanquerey nel « Compendio di Ascetica e Mistica », nn. 1296 e 1474, considera chiara manifestazione della via unitiva.

Nessun dubbio sulla carità vissuta dal Servo di Dio, in primo luogo verso il Signore e, tramite questo Amore, verso il prossimo.

Oltre agli innumerevoli atti di amore verso il Signore, che figurano nella Positio, il Dott. Domenico Conti testimonia che « in dieci anni di rapporti sempre più continuati e più intimi: non ho ma sentito usare da Lui espressioni che togliessero qualcosa alla gloria di Dio, alla fiducia e all'abbandono in Dio, senza condizioni, che dobbiamo avere verso di Lui » ( Summ., p. 218 ).

Si adoperava ardentemente e sempre per far sì che « nell'ambito della sua sorveglianza non accadesse nulla che potesse offendere il Signore.

Il suo occhio vigile arrivava là dove tanti altri occhi non arrivavano », come testimonia il teste Sig. Umberto Ughetto, che riassume l'esempio di amore di Dio lasciateci da Fratel Teodoreto affermando espressamente che il Servo di Dio « soffriva quando sentiva che Dio era offeso.

Allora ci invitava alla riparazione, a preghiere particolari » ( Summ., p. 95 ).

Un altro teste, il Dott. Pietro Fonti, conferma lo spirito di riparazione del Servo di Dio, frutto della sua carità verso il Signore, con queste parole: « Il Servo di Dio era addolorato per tutte le offese arrecate a Dio dagli uomini: faceva mortificazione ( a tavola per esempio ) e preghiere con spirito di riparazione.

Per i catechisti dispose nel Regolamento delle preghiere e delle mortificazioni in riparazione dei peccati: egli ci invitava ad essere in queste pratiche uniti a Gesù Crocifisso: su questo insisteva e ne aveva fatto la sua ragione di vita » ( Summ., p. 136 ).

Pensiamo che si potrebbe ben dire che tutta la vita del Servo di Dio, piena di zelo apostolico per le anime, e del desiderio di impartire la buona dottrina, di far conoscere Cristo agli uomini e di aiutare gli uomini ad amare Cristo, sia il segno più palese della sua carità verso il prossimo, radicata sempre nel suo incontenibile amore alla Trinità Beatissima.

Questo zelo gli diede lungo la sua vita una fortezza perseverante, nel pensiero dell'incontro definitivo con Dio, sempre pronto a seguire il consiglio di S. Giovanni Climaco: Quando mortalis imperator... ad suum nos obsequium evocat, statim ad nomen respondemus... Caveamus ergo, ne regum Rege, et Domino Dominantium, Deoque deorum, nos ad caelestemn hanc militiam citante, ex inertia et vecordia illum detrectemus ( Scala Paradisi, MG 88, 640 A ).

Secondo lo spirito della sua Congregazione Religiosa - ed è una riprova della sua piena adesione allo spirito de suo Fondatore, alla regola e ai propri Superiori in qualsiasi circostanza - questa carità lo condusse a spendere « totalmente la sua vita nell'esercizio delle opere di misericordia spirituale e corporale.

Emerge tra tutte, la sua attività per l'istruzione dei giovani, per la loro formazione cristiana e per la preparazione di altre anime che dedicassero la loro vita a questo medesimo scopo » ( Dott. Pietro Fonti, Summ., p. 137 ).

Anche se si tratta solo di un cenno, dato che tutti abbiamo potuto ammirare l'intensità della donazione del Servo di Dio verso gli altri, mi considero obbligato a segnalare che, fra tutte le sue opere di misericordia rivolte ai più bisognosi, merita di essere messa in particolare rilievo la « Messa del povero », dove si raggiunge l'apice dell'identificazione del Servo di Dio con i bisognosi nella sublimità del rinnovamento del Sacrificio del Calvario per la salvezza di tutti.

Le testimonianze raccolte sulle altre virtù appaiono anche molto soddisfacenti.

Nel vivere la virtù della prudenza, ed in particolare nel consigliare e nel ricevere consigli, che è la prima delle funzioni nelle quali secondo S. Tommaso ( S. Th. II-II, q. 47, a. 8 ), questa virtù si manifesta, il Servo di Dio eccelle chiaramente ed in modo assai notevole nei suoi rapport con il Servo di Dio Fra Leopoldo Musso.

Diversi testi ne parlano.

Il Sig. Giovanni Cesone, dell'Istituto secolare « dell'Unione Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria Immacolata », teste n. 4, ne riferisce dettagliatamente.

Dopo aver affermato la sua profonda convinzione sulla virtù della prudenza nel Servo di Dio, attesta: « Sono infatti convinto che Fratel Teodoreto seguì le indicazioni e i consigli di fratel Lepoldo basandosi sopra i fatti straordinari avvenuti nell'epoca delle rivelazioni privale di fratel Leopoldo dall'anno 1912 al 1922: e precisamente questi fatti straordinari:

1) la previsione realizzata di un istituto religioso laico quando neppnr se ne parlava di istituti religiosi laici;

2) la guarigione quasi istantanea da grave malattia avvenuta nel 1915 a Grugliasco dopo aver ricevuto un biglietto di fratel Leopoldo, il quale del resto l'aveva assicurato che non sarebbe stato chiamato in cielo dal Signore prima di aver risolto tutti i problemi essenziali riguardanti l'Unione Catechisti, come Fratel Teodoreto mi confidava verso la fine della sua vita » ( Summ., p. 29 ).

Un'ulteriore analisi di questi aspetti viene falla nel cap. IX della « Nuovissima esposizione della vita del Servo di Dio », costruita soprattutto con i nuovi documenti apportati dal teste Dott. Carlo Tessitore.

Sulla base della sua dichiarazione, e anche se della guarigione del Servo di Dio non si fa menzione, non resta nessun dubbio sulla prudenza vissuta dal Servo di Dio, prima, nel chiedere di parlare con Fr. Leopoldo, e poi nel lasciarsi guidare dai suoi consigli veramente spirituali.

Il teste dice infatti così: « In questo episodio c'è tutto Fra Leopoldo, che ha bisogno di passare le notti davanti al SS. Sacramento ( dopo una lunga giornata di lavoro ) per soddisfare la sua sete di amore a Gesù, e c'è tutto Fra Teodoreto ' pius et prudens ' uomo di fede, veramente consacrato a Dio e sempre alla ricerca della volontà di Dio.

Nella diversità di stile c'è in entrambi la medesima fiamma, ed è quindi naturale che si capiscano subito e così bene» ( Nuovissima..., p. 26 ).

Sugli ulteriori rapporti tra i due Servi di Dio, ci pare che il supplemento d'informazione del teste Dott. Domenico Conti ed il commento fatto dal p. Caslao Per, O. P., raccolti alle pp. 27-28 della Nuovissima... siano sufficienti a manifestare l'infondatezza di ogni dubbio in proposito.

La eroicità con la quale il Servo di Dio visse le virtù della prudenza, della giustizia - e quindi dell'ubbidienza - della fortezza e della temperanza, si mette particolarmente in evidenza nelle dichiarazioni dei testimoni sulle incomprensioni che dovette soffrire il Servo di Dio da parte di altre persone, mosse senz'altro da buona fede e che poi non lesinarono le forze per aiutare Fratel Teodoreto nelle sue attività apostoliche e d'insegnamento ai più poveri.

Secondo il leste Domenico Conti, « l'obbedienza gli fu occasione delle prove più dolorose della sua vita.

Basti pensare quanto gli dovette costare il dire e il disdire di certi Superiori a proposito dell'Unione ch'egli aveva fondato, pii apprezzamenti talvolta poco benevoli di alcuni di essi circa pii scritti di Fra Leopoldo e d'altra parte l'impegno ch'egli sentiva nel doverli presentare come parola del Signore sia pure sulla base di un giudizio di umana prudenza, interamente subordinato all'eventuale giudizio della Chiesa » ( Summ., p. 228 ).

A queste incomprensioni si riferisce lo stesso teste Dott. Domenico Conti, che arriva a dire che « Fra Teodoreto dovette subire per quarant'anni una autentica persecuzione basata appunto sull'incomprensione.

Per quarant'anni dovette sentire la sua opera giudicata come impossibile, angusta, chiusa e pietistica » (Summ., pp. 214-215 ).

Nel far fronte a queste incomprensioni rifulgono certamente sia la speranza che la fortezza del Servo di Dio.

Vogliamo concludete questo nostro parere sulle prove apportate a testimonianza della eroicità di vita del Servo di Dio, aggiungendo qualche dichiarazione non raccolta nell'Informatio: « Egli era completamente staccato dalle cose terrene, dagli onori e dalle ricchezze.

Non parlava mai di sé, soltanto per caso venni a sapere che era direttore didattico e professore di disegno.

Non aveva, nelle sue conferenze, che pensieri di cielo» ( Summ., p. 111 ); e perciò pensiamo che si possano leggere come riferite a Fratel Teodoreto le parole di S. Agostino: Prope est Dominus. Quibus? forte altis? His qui obtriverunt cor ( Ps. 88, 19 ).

Mira res est, et in altis habitat et humilibus propinquat ( In Ioannis Ev. trac. 15, 25 ).

Ci è sembrato pure che nel profilo spirituale del Servo di Dio rifulga in modo del tutto particolare la virtù dell'umiltà che lo spingeva anche a rifiutare meriti ed onori che gli venivano tributati, a giusto titolo.

« Era di una umiltà estrema: non voleva mai apparire: nascondeva tutto, come se fosse l'ultimo.

Ogni successo era merito degli altri» ( Fr. Anastasio Spalla, Summ., p. 19 ).

« Il Servo di Dio eccelse pure nell'esercizio della virtù dell'umiltà.

Egli aveva come un dono nella capacità di nascondersi.

Nei suoi discorsi non metteva mai in risulto la sua persona o la sua opera...

Ho pure sentito dire che, in occasione di una solenne accademia il rev. Padre Giuliani O.P. ebbe particolari espressioni di elogio nei confronti del Servo di Dio, che fu costretto ad alzarsi ed a presentarsi alle Autorità e al pubblico.

Egli lo fece con palese difficoltà e fu tale il suo sforzo che fu indisposto per alcuni giorni » ( Dott. Francesco Fonti, Summ., p. 161 ).

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